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Ucraina, cosa sono Articolo 4 e Articolo 5 della Nato e perché possono farci entrare in guerra.
L'Articolo 4 è stato richiesto da Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia.
Alessio Esposito
24 febbraio 2022
https://www.ilmessaggero.it/mondo/guerr ... 25162.html La Nato è pronta a fare la sua mossa dopo l'attacco all'Ucraina da parte della Russia. L'Alleanza Atlantica si riunisce sulla base dell'Articolo 4 del suo Trattato (consultazioni in risposta a minacce), ribadendo la propria disponibilità a utilizzare l'Articolo 5: risposta armata congiunta in caso di aggressione esterna contro uno qualsiasi degli alleati. L'Articolo 4 è stato richiesto da Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia. La Nato non invierà truppe in Ucraina, poiché non fa parte dell'Alleanza, ma è pronta a intervenire se invece uno dei suoi Stati membri venisse attaccato.
Ucraina, dalle bugie di Putin alla previsione di Biden: cosa è successo nell'ultimo mese che ha portato alla guerra
Nato, cos'è l'Articolo 4
Secondo l'Articolo 4 del Patto Nord Atlantico: «Le parti si consulteranno ogni volta che, nell'opinione di una di esse, l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata». Ciò vuol dire che ogni qual volta uno Stato si senta in pericolo, può chiedere consultazioni con gli alleati Nato per affrontare insieme la minaccia.
Cos'è l'articolo 5
A questo punto può entrare in scena l'Articolo 5: «Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti». In altre parole: se uno degli Stati è sotto attacco, è previsto l'intervento militare degli alleati. L'Ucraina non fa parte della Nato e perciò non è prevista l'attivazione dell'Articolo 5. Tuttavia, proprio attraverso l'Articolo 4, i Paesi confinanti che si sentano minacciati possono comunque arrivare a richiedere un intervento militare congiunto della Nato.
Stoltenberg: «Non vogliamo inviare truppe in Ucraina»
Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha detto in conferenza stampa: «Abbiamo appena terminato un incontro di emergenza del Consiglio dell'Atlantico del Nord per discutere della situazione. Il Consiglio ha anche affrontato la richiesta di Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia di tenere consultazioni urgenti consultazioni in base all'articolo 4 del trattato di Washington. Questo è un momento grave per la sicurezza in Europa».
Stoltenberg ha spiegato: «Non ci sono truppe Nato in Ucraina al momento, non abbiamo né piani né intenzioni di dispiegare le truppe Nato in Ucraina ma stiamo incrementando truppe nella parte orientale dell'Alleanza in territorio Nato. L'Ucraina è un partner di valore, ma non abbiamo truppe e non abbiamo piani di inviare truppe in Ucraina».
Pare che non tutti si stiano rendendo conto di quanto sta avvenendo. Sta crollando il mondo post 1989 e l'ordine che da lì si era costituito
Schierarsi con Nato e Ue è da sovranisti
Marco Gervasoni
24 Febbraio 2022
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1645687352Pare che non tutti si stiano rendendo conto di quanto sta avvenendo. Sta crollando il mondo post 1989 e l'ordine che da lì si era costituito. Chi pensava che, con la fine di Trump, sarebbe ritornato il multipolarismo, si è dovuto ricredere: Trump era un sintomo della fine, non la sua causa. Ora in questo nuovo mondo, in cui il principio della forza prevale, è chiaro che spadroneggiano i regimi autoritari come quello russo e paratotalitari come quello comunista cinese. La situazione è molto più grave rispetto alla già esecrabile guerra in Crimea: allora un blocco sino-russo non si era ancora consolidato e le mire imperali russe non ancora cosi evidenti. Perciò oggi è importante per l'Italia restare al di là della nuova ideale cortina di ferro che si sta formando: con la Nato e con l'Unione europea che, nonostante la loro debolezza, sono destinate, di fronte alla minaccia della egemonia neo orientale, a diventare più solide. Tutto questo comporta mutamenti importanti nello scenario politico: da sempre, e soprattutto nell'età contemporanea, l'ordine esterno determina in maniera quasi draconiana quello interno. Così come durante la guerra fredda vi era uno spazio di legittimità politica, che escludeva i comunisti in quanto parte del campo nemico, oggi si sta creando una nuova area di legittimità, che ha nella adesione ferrea, senza ambiguità e condizioni, alla Nato e alla Ue, il suo primo credo. Chi è fuori da quest'area, rischia di non governare mai. Questo pone un grande dilemma ai sovranisti, critici verso la Ue e pure verso la Nato. Se già negli anni scorsi l'anti europeismo aveva reso problematica la loro presenza al governo, oggi è impossibile immaginarvi qualcuno che dimostri comprensione per Putin; quella che stanno manifestando, con la loro ambiguità, diversi esponenti della destra sovranista europea, a cominciare da Marine Le Pen. Insomma un conto è Berlusconi, peraltro intrattenente rapporti con un Putin allora più liberale, che possiede un pedigree democratico intangibile e membro autorevole del Ppe, altra cosa Salvini. Da cui ci aspettiamo una più netta e radicale condanna dell'espansionismo russo. Quanto a Giorgia Meloni, pure più decisa del leader leghista nel definire Putin, si accorgerà in questo giorni, ospite dai Repubblicani americani, come essi giudichino Biden non troppo interventista ma troppo poco, e come essi condividano con il presidente americano e con la Nato il senso della missione contro il neo espansionismo russo. Non si tratta solo di interesse nazionale: o meglio sì, nel senso che essere fedeli a Ue e Nato è oggi, ancor più di ieri, il modo migliore, o forse il solo, di difendere l'interesse della nazione.
Aerei schierati sul fianco est: ora si muove la Nato
Paolo Mauri
24 febbraio 2022
https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1645719017Mosca ha rotto gli indugi e cominciato il suo attacco all'Ucraina. Quanto temuto, ma ampiamente previsto dalle nostre colonne, è accaduto riportando la guerra in Europa dopo una parentesi durata poco più di venti anni, da quando cioè l'Alleanza Atlantica ha colpito la Serbia nel 1999.
Attualmente l'invasione russa è in corso secondo quattro direttrici principali: dalla Crimea, dal Donbass, da Kharkiv e dalla Bielorussia verso Kiev. Si segnala anche uno sbarco anfibio nella zona di Odessa ma non è confermato; opzione comunque altamente probabile per considerazioni di tipo strategico. Mentre gli occhi del mondo guardano a Kiev, è bene ricordare quello che, nelle scorse settimane, ha fatto la Nato per rinforzare il suo fianco orientale in modo da rassicurare i suoi alleati e schierare un dispositivo militare che possa fungere da deterrente.
Nei giorni scorsi, come ha scritto Lorenzo Vita su Il Giornale, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, contestualmente all'annuncio delle sanzioni contro la Russia, ha dato ordine di rafforzare la presenza militare americana nel Baltico e nei Paesi più vicini alla Federazione Russa: il Pentagono ha inviato circa 800 soldati della 173esima brigata aviotrasportata stanziati in Italia, presso la base “Ederle” di Vicenza, nel Baltico, con voli che sono continuati anche nella notte mentre diversi caccia F-35A dell'Usaf sono stati spostati dalla base di Spangdahlem, in Germania, in Lettonia.
Elicotteri da attacco Ah-64 Apache sono in movimento verso l'Estonia per rafforzare il dispositivo militare Nato Enhanced Forward Presence (Nato EFP) che difende i confini nord orientali dell'Alleanza. Come già affermato da Vita, si tratta di movimenti che non alterano la proporzione tra le forze in campo, ma lanciano un chiaro messaggio di supporto nei confronti di quei Paesi membri della Nato che si sentono sempre più a rischio proprio per la vicinanza alla Russia.
Anche il meccanismo di Air Policing dell'Alleanza è stato rinforzato nelle scorse settimane: in Romania, ad esempio, dov'è già presente da tempo un distaccamento di Eurofighter Typhoon dell'Aeronautica Militare, sono giunti altri velivoli tedeschi dello stesso tipo. Diamo quindi uno sguardo generale a quello che è l'attuale schieramento delle forze della Nato in Europa Orientale.
Il sito specializzato The Aviationist ci ragguaglia sul dispiegamento delle forze aeree. Vi abbiamo già raccontato dei 4 bombardieri strategici B-52H giunti a Fiarford (UK) dalla base aerea Usa di Minot, che hanno effettuato diverse missioni, come quella nel Baltico ma anche un'inusuale visita presso l'aeroporto Leos Janacek di Ostrava, nella Repubblica Ceca.
Gli F-15C e D statunitensi del 48esimo stormo di Lakenheath, sempre nel Regno Unito, sono stati rischierati presso la base aerea di Lask nella Polonia centrale, il 10 febbraio scorso per migliorare la “posizione di difesa collettiva della Nato e supportare la missione di Air Policing”. Altri 6 F-15, ma della versione E da attacco (anche nucleare) dei 15 giunti dalla Carolina del Nord, dopo un primo schieramento a Lakenheath durato alcuni mesi sono stati dislocati per alcune settimane a gennaio presso la base aerea di Amari, in Estonia.
Gli F-16C dell'Usaf, presenti nella base area di Spangdahlem, sono stati riposizionati in Romania lo scorso 11 febbraio, di supporto ai Typhoon tedeschi e italiani. Un comunicato delle forze aeree rumene di questa mattina riferisce che sono intervenuti per intercettare, scortare e accompagnare a terra un Sukhoi Su-27 ucraino “fuggitivo”. Altri F-16 presenti ad Aviano (Pn), hanno effettuato almeno due missioni Cap (Combat Air Patrol) con munizionamento reale nello spazio aereo rumeno.
Quattro caccia spagnoli Eurofighter sono atterrati alla base aerea di Graf Ignatievo, in Bulgaria l'11 febbraio sempre a supporto dell'Air Policing Nato mentre 4 F-16 portoghesi insieme ad altri 4 polacchi e a 4 danesi sono giunti nei Paesi Baltici per la medesima missione.
I voli dei velivoli da ricognizione elettronica di vario tipo, siano essi i droni RQ-4 o i più grandi quadrigetti RC-135, ormai non si contano: da mesi la Nato (e la Svezia sul fronte baltico) sta attentamente monitorando (con sensori attivi e passivi) tutto il confine orientale dell'Alleanza dal Baltico sino al Mar Nero, senza dimenticare il Mediterraneo Orientale e quello di Norvegia al seguito delle esercitazioni aeronavali russe che si sono tenute in quei settori.
Per quanto riguarda le forze di terra la Nato ha rinforzato i suoi battaglioni di reazione rapida del Nato EFP già presenti nei Paesi dell'Europa Orientale, in particolare in Polonia, Romania e nei Baltici. Come riporta il Times, il Canada intede quasi raddoppiare la consistenza del suo dispiegamento in Lettonia, dove guida uno dei quattro gruppi tattici della Nato nella regione, con l'invio di altri 460 uomini, parallelamente a una fregata, aerei di sorveglianza, pezzi di artiglieria e un'unità di guerra elettronica. Ottawa ha anche messo in allerta 3400 soldati per unirsi alla forza di risposta rapida della Nato. Il Regno Unito ha già inviato altri 800 soldati in Estonia, mentre la Germania ha inviato altri 350 uomini in Lituania e si è detta pronta a schierarne altri se necessario.
Gli Stati Uniti, in generale, stanno inviando più di 3000 unità aggiuntive nell'Europa Orientale – ivi compresi gli 800 uomini della 173esima brigata aviostrasportata – insieme a unità di veicoli corazzati da combattimento Stryker che dovrebbero arrivare in Romania, Bulgaria e Ungheria.
Poco fa, il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha affermato che "In risposta all'ammassamento militare russo stiamo già rafforzando le nostre difese collettive di terra, in mare e nei cieli e nelle scorse settimane gli alleati nordamericani ed europei hanno mobilitato migliaia di soldati nella parte Est dell'alleanza e messo in stand-by altre truppe. Abbiamo oltre 100 jet in massima allerta che proteggono il nostro spazio aereo e oltre 120 navi alleate in mare dal Nord al Mediterraneo", andando così ad aumentare sensibilmente la presenza dell'Alleanza sul suo fianco orientale.
La situazione andrà attentamente monitorata, perché questo aumento di uomini e mezzi della Nato, a così breve distanza dalle operazioni belliche russe, porta con sé il rischio di incidenti tra le parti che potrebbero rapidamente degenerare.
IL VASO DI PANDORA
Niram Ferretti
24 febbraio 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Tutto già previsto, tutto già deciso, tutto concordato. L'aggressione all'Ucraina era chiaramente pianificata e gli Stati Uniti sapevano che era solo questione di poco tempo, dopo i Giochi olimpici in Cina, per non fare uno sgarbo a Xi Jinping. Non sapevano la data, e ne hanno anticipate un paio, non erano quelle giuste, ma quello che conta è la sostanza.
La guerra inizia con un vecchio espediente già utilizzato da Adolf Hilter con l'occupazione della Cecoslovacchia nel 1939.
Bisognava soccorrere i fratelli tedeschi nei Sudeti. Qui si tratta dei fratelli russi della Crimea. Il soccorso ai fratelli dei Sudeti portò poi all'invasione della Cecoslovacchia e al suo conseguente smembramento. Qui il soccorso ai fratelli russi ha lo scopo di sottomettere l'Ucraina e di riportare indietro le lancette della storia.
Ovviamente secondo i megafoni della propaganda del Cremlino, non si tratta di una guerra, si tratta di una operazione di protezione, anzi di "de-nazificazione".
l'Ucraina va liberata dai nazisti e dal governo nazista dell'ebreo Zelensky.
Ce ne è anche per l'azione "immorale" della NATO. E sentire Putin accusare la NATO di immoralità è come si fosse ascoltata dal Marchese De Sade una perorazione in favore della castità. Ma l'uomo è questo.
Ora la questione veramente rilevante, anzi enorme, è quella che interpella l'Occidente, in primis quello gli USA, perché se a Putin verrà concesso di portare a compimento la sua missione, si apriranno le porte dell'inferno. L'Occidente mostrerebbe infatti la sua capitolazione, e verrebbe dato a potenze avverse alla democrazia, in primis la Cina, il segnale che l'ordinamento post-bellico e post-Guerra fredda di cui gli Stati Uniti sono stati i garanti per più di settanta anni, è finito.
Le potenze antidemocratiche, Cina in testa, Russia subito a seguito, agirebbero ulteriormente di conseguenza, perché là dove il ventre è molle si avanza, dove si incontra la resistenza si arretra. È sempre stato così e così sarà sempre.
Ci sarebbe molto da dire, ma non è questo il momento, su come l'Europa, in testa la Germania seguita poi dall'Italia, abbia creato una dipendenza energetica nei confronti di uno Stato retto da un criminale, della sua miopia, del suo cinismo, della sua spregiudicatezza, ma ora si tratta di dire altro, di dire che questa situazione avrà delle conseguenze catastrofiche, e che queste conseguenze sono già in atto adesso, sotto i nostri occhi.
Il vaso di Pandora è stato aperto.
Il segretario della Nato Jens Soltenberg ha dichiarato che un attacco cibernetico contro le infrastrutture di un Paese alleato può far scattare una risposta militare collettiva dei membri
Federico Giuliani
25 Febbraio 2022
https://www.ilgiornale.it/news/mondo/na ... 1645829289L'articolo 5 del trattato dell'Alleanza Atlantica, invocato una sola volta dagli Stati Uniti all'indomani dell'11 settembre, implica l'assistenza militare dell'intera Nato nel caso in cui un membro dovesse subire un attacco. Il tema della difesa collettiva è stato sbandierato nelle ultime ore da Jens Stoltenberg, il segretario generale dell'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord.
Il rischio di un cyber attacco russo
Nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles, Stoltenberg ha dichiarato che un attacco cibernetico contro le infrastrutture di un Paese alleato può far scattare l'articolo 5 della Nato. Il segretario, dopo aver sottolineato che la Nato "protegge ogni alleato e ogni centimetro del suo territorio", non ha voluto precisare "a che punto esatto (dell'attacco, ndr) questo avverrebbe". Certo è che le sue parole sono un chiaro avvertimento alla Russia, che nei giorni scorsi si è scatenata contro i sistemi ucraini.
Il malware che ha creato diversi problemi a Kiev si chiama Hermetic Wiper o KillDisk.NCV. Ma è ben poca roba rispetto a quello che, secondo alcuni analisti, potrebbero fare gli hacker di Mosca. "Dopo la tempesta di DdoS (anagramma di Distribuited denial of service) dei giorni scorsi, proseguita per parecchie ore, è stato lanciato questo malware. Ma temo sia solo una parte del vero attacco", ha spiegato Alessandro Curioni, tra i massimi esperti di cyber security in Italia. La Russia potrebbe quindi alzare il tiro e colpire le infrastrutture dell'Ucraina ancora più duramente di quanto fatto fino ad ora. Ecco perché Stoltenberg ha richiamato il citato articolo 5, affiancato dall'articolo 4.
L'articolo 4 e 5
Stoltenberg ha, di fatto, annunciato l'attivazione dei piani di difesa dell'Alleanza Atlantica citando gli articoli numero 4 e 5 del suddetto trattato dell'Alleanza Atlantica. Ma che cosa includono? Il primo afferma che i membri della Nato – tutti – sono chiamati a consultarsi qualora uno di loro denunci una minaccia nei confronti della propria integrità territoriale, indipendenza politica o, più in generale, sicurezza. Il secondo, ed è quello sul quale vale la pena soffermare la nostra attenzione, prevede una risposta militare collettiva e congiunta di tutti i membri Nato se uno di loro viene attaccato.
Unendo i punti, tra avvertimenti e messaggi indiretti, è facile intuire come la Nato abbia voluto sferrare uno schiaffo al Cremlino. Non solo invitando Svezia e Finlandia alle ultime consultazioni mentre la Russia chiedeva che non entrassero a far parte dell'Alleanza. Ma anche paventando l'ipotesi di un attacco collettivo a fronte di determinate situazioni. Il summit di Pratica di Mare del 2002, quello che sancì il disgelo tra Nato e Russia, appare ormai come un ricordo lontanissimo e sbiadito.
"La decisione presa da Putin di attaccare l'Ucraina è un terribile errore strategico che costerà caro alla Russia nei prossimi anni sia in termini economici che politici", ha ribadito Stoltenberg, senza usare mezzi termini. "Il Cremlino sta cercando di far sì che la Nato e l'Ue forniscano meno sostegno ai nostri partner. Quindi la nostra risposta collettiva deve essere più supporto: in Paesi come Georgia, Moldova e Bosnia ed Erzegovina, per aiutarli ad avere successo con le loro riforme democratiche, e seguire la strada che hanno liberamente scelto", ha aggiunto. Il problema è che non sappiamo quanto lo schiaffo sferrato dalla Nato abbia spaventato la Russia. È probabile che abbia invece contribuito a farla ulteriormente irritare.
CAMPO DI APPARTENENZA
Niram Ferretti
25 febbraio 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Il presidente lettone Egils Levits: «La cosa più importante è isolare il regime criminale russo dal mondo, come si è fatto con la Corea del Nord».
Come dargli torto? Bisognerebbe chiederlo alla Germania e all'Italia, alle varie Merkel (la grande statista tedesca la più grande figura salita al Cancellierato dopo Otto Von Bismarck), ai vari Macron e Draghi, e predecessori vari, che con la Russia hanno stretto legami di dipendenza energetica.
Il regime criminale di Putin che evidenziamolo, non è la Russia, non rappresenta la Russia, ma solo se stesso, è stato legittimato per decenni, lo si voleva fare entrare ancora di più in Occidente di quanto sia già entrato. E anche adesso sentiamo illuminati e imparziali commentatori, i quali ci dicono che la NATO è obsoleta, che andrebbe tolta di mezzo, in modo da lasciare proprio campo del tutto libero alla Russia in Europa occidentale. Sono gli stessi che durante la Guerra Fredda erano dalla parte dell'Unione Sovietica contro l"l'imperialismo americano".
Li ritoviamo tutti oggi adunati sotto la bandiera della Federazione Russa, contro l'Amerika proterva. Rossobruni nostalgici dell'uomo forte, ontologicamente avversi all'ordinamento occidentale post Seconda guerra mondiale e Guerra Fredda. E di fatto sono coerenti, perché Putin è esattamente questo quello che vuole, smantellare quell'ordinamento, farlo a pezzi per crearne uno nuovo spostato interamente a Est, il progetto euroasiatico decantato da Alexander Dugin, antidemocratico, reazionario, fascio-comunista.
Alexander Dugin
Aleksandr Gel'evič Dugin (in russo: Александр Гельевич Дугин?; Mosca, 7 gennaio 1962) è un politologo e filosofo russo.
https://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr ... 4%8D_Dugin Dugin sviluppa il pensiero di Martin Heidegger, specialmente il concetto geofilosofico del Dasein, come centro al contempo universale e particolare, uno e molteplice, coniugandolo con il pensiero della scuola tradizionalista, ossia René Guénon e Julius Evola. Dugin ha svolto un ruolo importante nella filosofia Russa dopo la caduta del Muro di Berlino, traducendo e contestualizzando i succitati autori. Il suo testo più importante, e sintesi del suo pensiero, è "La quarta teoria politica" pubblicato nel 2009 (in inglese come The Fourth Political Theory).
Secondo Dugin le forze della civiltà occidentale liberale e capitalista rappresenterebbero quella che gli antichi Greci chiamavano ὕβρις (hybris), "la forma essenziale del titanismo", dell'anti-misura, che osteggia il Cielo che "è la misura—in termini di spazio, tempo, essere". In altre parole l'Occidente sintetizzerebbe "la rivolta della Terra contro il Cielo". In una prospettiva escatologica, "una volta che il Cielo reagisce, gli dei restaurano la misura". A quello che lui definisce universalismo "atomizzante" dell'Occidente, Dugin contrappone un universalismo apofatico, un "Uno" come quello di Platone che si fletterebbe nella molteplicità degli esseri e dei loro modi di esistere, e che si esprime nella politica dell'idea di "impero".
Dugin ha stretti legami con il Cremlino e le forze armate russe, avendo servito come consigliere del presidente della Duma di Stato, Gennadiy Seleznyov, e del membro di spicco di Russia Unita, Sergei Naryshkin.[6] Per questi motivi la stampa lo ha soprannominato "il Rasputin del Cremlino" e "l'ideologo di Putin" descrivendolo come un suo consigliere o ispiratore filosofico, sebbene abbia criticato le sue collaborazioni con l'Occidente.
È inoltre noto anche al di fuori della Russia per aver teorizzato la fondazione di un "impero euro-asiatico" in grado di combattere l'Occidente guidato dagli Stati Uniti d'America. A tal proposito è stato l'organizzatore e il primo leader del Partito Nazional Bolscevico dal 1993 al 1998 (assieme ad Eduard Limonov) e, in seguito, del Fronte Nazionale Bolscevico e del Partito Eurasia, trasformatosi poi in associazione non governativa. L'ideologia Eurasitica di Dugin mira pertanto all'unificazione di tutti i popoli di lingua russa in un unico paese attraverso lo smembramento territoriale coatto delle ex–repubbliche sovietiche. Anche per questo le sue posizioni politiche sono state definite come "fasciste".
Nel 2019 Dugin e Bernard-Henri Lévy (considerati esponenti ideologici di spicco degli opposti sovranismo e mondialismo) si sono confrontati sul tema di quella che è stata definita "la crisi del capitalismo" e l'insurrezione dei populismi nazionalisti.
L’avvertimento della Russia: “Svezia e Finlandia non entrino nella Nato”
Autore Federico Giuliani
26 febbrauio 2029
https://it.insideover.com/guerra/lavver ... -nato.htmlLa Russia ha lanciato un importante avvertimento al blocco occidentale: nel caso in cui Finlandia o Svezia dovessero aderire alla Nato, Mosca reagirà con una seria risposta. Una risposta non meglio specificata, certo, ma che non lascia presagire niente di buono. Soprattutto alla luce di quanto sta avvenendo in Ucraina, dove l’esercito russo ha ormai assediato Kiev e chiesto al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, di deporre le armi. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha lanciato un appello ai militari ucraini perché “prendano il potere” a Kiev, rovesciando il presidente Volodymyr Zelensky e il suo entourage, che ha definito “banda di neo-nazisti e drogati”. “Prendete il potere nelle vostre mani. Mi sembra che sarà più facile negoziare tra noi”, ha detto Putin all’esercito ucraino in un intervento trasmesso dalla televisione russa.
Da quanto lascia intendere Mosca, Putin sarebbe pronto a iniziare negoziati solo se la controparte accetta questo principio. Qui entrano in gioco anche Svezia e Finlandia, altre due nazioni che, come l’Ucraina, sono situate in posizioni geografiche strategiche, a ridosso della Russia. È per questo che il governo russo non ha alcuna intenzione di assistere all’avvicinamento di Stoccolma ed Helsinki alla Nato. Lo spettro di avere a che fare con due minacce percepite a pochi passi dai confini nazionali non fa certo piacere al Cremlino. Che infatti ha subito voluto chiarire la faccenda mettendo le mani avanti. Scendendo nel dettaglio, l’avvertimento arriva da Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo.
Nel corso di una conferenza stampa, Zakharova ha spiegato che se uno dei due Paesi nordici citati cercherà di aderire all’alleanza atlantica questo avrà “gravi conseguenze militari e politiche” che richiederebbero “al nostro Paese di adottare misure reciproche”. Zakharova ha quindi aggiunto che “l’impegno del governo finnico a una politica militare di non allineamento è un fattore importante nell’assicurare sicurezza e stabilità nel Nord Europa”.
Le richieste di Mosca
La posizione della Russia è dunque chiara: la Nato non deve in alcun modo cercare di corteggiare Svezia e Finlandia né, più in generale, includere Paesi che possano circondare Mosca e mettere pressione sul Cremlino. Ricordiamo che la Finlandia, neutrale dalla fine della Seconda guerra mondiale, ha recentemente ventilato l’idea che in futuro possa unirsi all’Alleanza Atlantica.
A questo proposito la risposta russa è emblematica: la Russia “non può non notare i persistenti tentativi della Nato” di allargarsi includendo Finlandia e Svezia, compiuti “in particolare dagli Usa”. E poi arriviamo al punto focale del comunicato del ministero russo: Mosca considera “un importante fattore della sicurezza la politica di non-allineamento” di quegli Stati (intendendo, ovviamente, Finlandia e Svezia).
Cosa vuole la Russia
Il fatto che il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, avesse annunciato di aver invitato Finlandia e Svezia, a partecipare all’ultimo vertice di emergenza dell’Alleanza sugli eventi in Ucraina ha insospettito Mosca. “Tutti gli Stati partecipanti all’Osce, comprese Finlandia e Svezia, hanno riaffermato il principio che la sicurezza di alcuni Paesi non dovrebbe essere costruita a scapito della sicurezza di altri Stati”, ha evidenziato, ancora, la stessa Zakharova.
A proposito del vertice, i capi di Stato e di governo della Nato partecipanti hanno partorito un durissimo comunicato contro la Russia. L’invasione dell’Ucraina, “brutale, del tutto immotivata e ingiustificata” e che ha “di fatto infranto la pace nel continente europeo”, è “un terribile errore strategico, per il quale la Russia pagherà a caro prezzo, sia economicamente che politicamente, negli anni a venire”. All’incontro, come detto, hanno partecipato anche Finlandia, Svezia e Unione europea. Mentre a gettare ulteriore benzina sul fuoco, al termine dell’incontro, c’ha pensato Joe Biden. “Al vertice della Nato di oggi hanno preso parte anche i nostri stretti partner, Finlandia, Svezia e Unione europea: il Presidente Putin ha fallito nel suo obiettivo di dividere l’Occidente”, ha affermato il Presidente americano in un comunicato diffuso dalla Casa Bianca.
Nato, via alla Forza di risposta. "Invitate" Svezia e Finlandia. Scontro aperto anche all'Onu
Valeria Robecco
26 Febbraio 2022
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1645862579I leader della Nato sono compatti nella loro condanna senza appello, e al termine del vertice fanno sapere che procederanno "a tutti i dispiegamenti necessari per assicurare una forte e credibile deterrenza e difesa attraverso l'Alleanza ora e in futuro"
Nato, via alla Forza di risposta. "Invitate" Svezia e Finlandia. Scontro aperto anche all'Onu
New York. La decisione di Vladimir Putin di attaccare l'Ucraina è «un terribile errore strategico per il quale la Russia pagherà un prezzo severo nei prossimi anni in termini politici ed economici». I leader della Nato sono compatti nella loro condanna senza appello, e al termine del vertice virtuale di emergenza fanno sapere che procederanno «a tutti i dispiegamenti necessari per assicurare una forte e credibile deterrenza e difesa attraverso l'Alleanza ora e in futuro», ma «le nostre misure sono e restano preventive, proporzionate e non sono improntate a un'escalation». Per la prima volta in assoluto è stata attivata la Forza di risposta della Nato come misura difensiva in risposta all'invasione russa. Un segnale forte e chiaro. «É un momento storico - ha commentato il comandante supremo dell'Alleanza, generale Tod Wolters - Queste misure di deterrenza sono prudenti e migliorano la nostra velocità, reattività e capacità di protezione del miliardo di cittadini che abbiamo giurato di difendere».
Il presidente americano Joe Biden - che ha sentito nuovamente il collega ucraino Volodymyr Zelensky - continua a coordinare la risposta occidentale ribadendo l'intenzione di difendere «ogni centimetro del territorio Nato» rafforzandone il fianco orientale. Nel comunicato al termine del vertice, diffuso dalla Casa Bianca, i leader hanno precisato di aver «attivato i piani di difesa per prepararci a rispondere ad una serie di evenienze e rendere sicuro il territorio dell'Alleanza», ribadendo l'impegno «di ferro» verso l'articolo 5 del trattato, quello sulla mutua difesa. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha precisato che per rafforzare il fianco Est dell'Alleanza sono stati già dispiegati migliaia di uomini e 100 aerei, a cui si aggiungono circa 20 unità navali nel Mediterraneo. «La Russia ha ridotto in frantumi la pace sul continente europeo. Ciò contro cui abbiamo messo in guardia per mesi è arrivato nonostante tutti i nostri sforzi per trovare una soluzione diplomatica», ha affermato sempre Stoltenberg, sottolineando che Mosca ha la totale responsabilità della deliberata e premeditata invasione a sangue freddo. «Invitiamo la Russia a cessare immediatamente la sua azione militare», ha aggiunto parlando ai leader dei 30 paesi membri dell'Alleanza. Stoltenberg ha anche fatto sapere che «ci stiamo preparando all'evenienza di attacchi informatici agli stati Nato, che possono tecnicamente innescare l'articolo 5 del trattato, e siamo concentrati per evitare una crisi a riguardo».
Al vertice, su suo invito, hanno partecipato oltre all'Ue anche Finlandia e la Svezia, suscitando l'immediata reazione di Mosca. La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha avvertito che la Russia «non può non notare i persistenti tentativi della Nato» di allargarsi includendo Finlandia e Svezia, compiuti «in particolare dagli Usa», e sottolineando che il suo Paese considera «un importante fattore della sicurezza la politica di non-allineamento» di quegli Stati.
Al Palazzo di Vetro dell'Onu, intanto, la Russia intende bloccare con il veto la bozza di risoluzione americana in Consiglio di Sicurezza che condannava «con la massima fermezza l'aggressione di Mosca», chiedendo di «cessare immediatamente l'uso della forza» e di «ritirare subito, completamente e incondizionatamente tutte le sue truppe militari dal territorio ucraino entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti».
Il fallimento era scontato, ma Washington puntava ad ottenere la più estesa maggioranza possibile per dimostrare che Mosca è isolata a livello internazionale. Il voto su un testo simile dovrebbe seguire nei prossimi giorni in Assemblea Generale, dove le risoluzioni non sono vincolanti ma i 193 membri non hanno il diritto di veto.
FALSE ALTERNATIVE
Giovanni Bernardini
26 febbraio 2022
https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 3782314488Biden ha parlato: “l’unica strada sono le sanzioni, qualsiasi altra opzione porterebbe alla terza guerra mondiale”
Così il “guerrafondaio” che voleva “circondare” la Russia dimostra di essere quello che è: un vecchio coniglietto incapace di far fronte agli eventi.
Cosa farebbe Biden se un bel giorno Putin chiedesse agli USA la restituzione dell’Alaska? Continuerebbe a sostenere che l’unica alternativa è quella fra la guerra atomica e sanzioni che non servono ad una mazza?
E cosa farebbe se la Cina attaccasse Taiwan?
O se Putin invadesse la Polonia?
Praticamente gli occidentali, che qualche cretino continua a considerare “guerrafondai”, stanno teorizzando che bisogna lasciar fare ai prepotenti quello che vogliono, se non c’è la guerra atomica.
Ma le cose non stanno così.
Anche i prepotenti, anche i dittatori sanno fare i loro calcoli, sanno capire fin dove val la pena di tendere la corda. Sanno benissimo che una guerra totale, neppure voglio scrivere la parola “atomica”, sarebbe la fine anche per loro.
Stalin non ha mai superato il punto di non ritorno nelle sue provocazioni contro l’occidente. Hitler ha sempre scommesso che le democrazie occidentali non avrebbero reagito alle sue azioni da pirata. E si è assicurato l’appoggio sovietico prima di attaccare la Polonia.
Cedere ai prepotenti non elimina il rischio di guerre, lo amplifica.
Rende i prepotenti sempre più aggressivi, li spinge ad avanzare sempre nuove richieste, fino a che la loro arroganza diventa talmente grande, le loro richieste talmente esorbitanti, impossibili da accettare che la alternativa diventa davvero la guerra, la guerra totale, assoluta. Ce lo insegna la storia tragica degli anni che hanno preceduto la seconda guerra mondiale. Se le potenze occidentali fossero intervenute dopo l’occupazione della Renania Hitler sarebbe stato bloccato, l’immane macello del secondo conflitto mondiale molto probabilmente evitato.
Non dico che oggi si debbano mandare truppe in Ucraina, si possono però mandare in gran quantità armi sofisticate ed istruttori. Soprattutto, sostengo che se ieri, PRIMA della aggressione di Putin, l’occidente avesse parlato chiaro il dittatore russo forse non avrebbe fatto ciò che ha fatto. Io ero contrario all’ingresso della Ucraina nella NATO, ma oggi, alla luce di quanto sta avvenendo, devo riconoscere che se l’Ucraina fosse entrata un anno fa nella NATO probabilmente oggi Kiev non sarebbe sotto assedio. Putin avrebbe avuto la certezza che il suo intervento avrebbe davvero provocato una guerra, non sanzioni da ridere. E probabilmente avrebbe ridimensionato le sue pretese. Magari limitandosi alla ragionevole richiesta che non venissero installati in Ucraina missili offensivi
Putin non è stupido. Sono altri ad esserlo.
Attaccati al gas, l'errore strategico dell'Europa sul gas di Putin
Luciano Capone
26 febbraio 2022
https://www.facebook.com/vittorio.quagl ... 4360581554Mentre Putin si preparava alla guerra dal 2014, l’Ue si è resa sempre più dipendente dalle sue forniture energetiche. Ciò rende più difficile una reazione immediata, ma la rende necessaria nel lungo termine
Se la Russia invade l’Ucraina e l’Europa prima non è riuscita a impedirglielo e ora fa fatica a reagire, è perché Vladimir Putin si è preparato a lungo a fare la guerra e a subirne le eventuali conseguenze. Mentre le leadership europee no. Così ora ci ritroviamo in una situazione in cui la debolezza strutturale dell’economia russa, che è l’eccessiva dipendenza dagli idrocarburi, è diventata il suo punto di forza. E con il paradosso che, con il prezzo del gas in costante aumento, l’Europa non solo non riesce a fermare la marcia di Putin su Kiev ma la sta finanziando.
Tutto ha origine dalla sottovalutazione della crisi in Ucraina a partire dal 2014. Dopo l’annessione russa della Crimea e l’abbattimento del volo della Malaysia Airlines, l’Unione europea insieme agli altri paesi occidentali ha imposto una serie di sanzioni (più lievi di quelle di cui si discute ora) che hanno avuto qualche effetto che è stato amplificato dal contemporaneo crollo del prezzo del petrolio, la principale fonte di export russo. Nel 2014 il rublo è crollato e il paese è entrato in una recessione da cui non si è ancora del tutto ripreso. La Russia ha reagito alle sanzioni occidentali con delle controsanzioni che però hanno prodotto più danni all’economia russa che a quella europea. Secondo le stime del Fmi, nel 2015 l’insieme di sanzioni e contro-sanzioni hanno ridotto il pil russo dell’1-1,5%, con un impatto di lungo termine cumulato pari a 9 punti di pil per via della riduzione degli investimenti. Mentre l’impatto sull’Europa è stato del tutto marginale. E questo per il semplice fatto che l’Ue assorbe circa il 40% dell’export russo, principalmente materie prime e idrocarburi, mentre la Russia rappresenta solo il 5% dell’export dell’Ue.
In questo senso, Mosca è molto più esposta alle sanzioni e all’interruzione delle relazioni commerciali con l’Europa che viceversa. E questo soprattutto se parliamo di un’economia come quella russa caratterizzata da una bassa crescita e seri problemi strutturali: invecchiamento della popolazione, produttività stagnante, scarsa integrazione nelle catene globali del valore ed eccessiva dipendenza dalle fonti fossili come gas e petrolio, che rappresentano circa il 20% del pil, il 40% delle entrate fiscali e il 50% dell’export. Ma Putin, ben consapevole di queste fragilità, ha passato gli ultimi 8 anni a prepararsi, a costruire dei cuscinetti di sicurezza e a rendere l’economia russa meno scoperta alle reazioni occidentali. Dalla crisi del 2014 la Russia ha ridotto la sua posizione esterna e de-dollarizzato la sua economia, ha adottato una politica fiscale austera, una incisiva riforma delle pensioni, ha portato avanti una politica “protezionista-autarchica” di import substitution e, grazie all’aumento del prezzo del petrolio, ha accumulato riserve internazionali ora pari a 640 miliardi di dollari (oltre il 40% del pil). Infine ha cercato e trovato sponde in Cina. Così, quando i prezzi dell’energia sono saliti, ha sferrato l’attacco all’Ucraina per portare a termine la sua opera di ri-conquista iniziata dopo la rivoluzione di Euromaidan del 2014 con l’annessione della Crimea.
Insomma, Putin ha scavato delle trincee e accumulato munizioni per rendersi più autonomo e si è attrezzato a resistere alle sanzioni occidentali. Esattamente ciò che non ha fatto l’Europa, su una materia prima strategica come il gas. Non solo la Russia è ancora il principale fornitore di gas dell’Ue, ma la sua incidenza è aumentata. Se nel 2015, dopo lo scoppio della crisi ucraina, la Russia rappresentava il 36% delle importazioni di gas nell’Ue nel 2021 quella quota è arrivata al 38%, dopo aver toccato il picco del 41% nel 2018. E così, mentre Putin si rendeva più autonomo dall’Europa, l’Europa si rendeva più dipendente dal suo gas. “Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni”, ha detto ieri alla Camera il premier Mario Draghi riferendosi alla scelta dell’Italia di abbattere la produzione domestica di gas negli ultimi decenni.
Ma purtroppo non si tratta di un errore solo dell’Italia. È stato l’errore strategico di tutta l’Europa, che ha valutato la crisi del 2014 come una specie di incidente di percorso nei rapporti con un partner tutto sommato affidabile: tanto da continuare ad affidargli i rubinetti del gas dell’Ue. E così l’eccessiva dipendenza dal gas, che è uno dei punti di debolezza dell’economia russa, si è trasformata nel punto di forza di Putin per via dell’eccessiva dipendenza dal gas russo dell’economia europea. L’errore delle leadership europee è stato enorme. Deve insegnare non solo che l’Ue deve reagire immediatamente alla sfida di Putin, ma che dovrà continuare a farlo nel medio e lungo periodo con un obiettivo strategico diverso da quello del 2014: ora è evidente che la Russia di Putin è una minaccia per la sicurezza e la stabilità dell’Europa.
NATO INDISPENSABILE
Niram Ferretti
26 febbraio 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Se il criminale del Cremlino travestito da Santo Redentore, raddrizzatore della decadenza occidentale (i dirigenti ucraini sarebbero "drogati e nazisti", l'Occidente sarebbe in mano alla "sodomia globale") ha ottenuto un risultato con la sua aggressione all'Ucraina è stato quello di ricompattare la NATO e di mettere in allarme altri paesi dell'Est.
Il parlamento della Finlandia discuterà la richiesta di adesione alla NATO. L'iniziativa popolare ha infatti superato la raccolta delle 50.000 firme di cittadini necessaria perché l'assemblea affronti l'argomento. Proprio oggi Mosca ha rivolto minacce a Helsinki e Stoccolma invitandole a non entrare nell'Alleanza Atlantica.
Però la NATO sarebbe obsoleta secondo alcuni "illuminati" commentatori, da Alexander Del Valle a Pietrangelo Buttafuoco, i quali non avrebbero nulla in contrario se la Russia tenesse in pugno l'Europa occidentale. L'importante è sbarazzarsi dell'ingombro americano, della loro "colonizzazione". Essere colonia della Russia sarebbe meglio, molto meglio.
I fatti messi in riga come birilli uno con l'altro. Fuori dalle penose tifoserie, dalle approssimazioni, dalle falsità, dalla propaganda. Paolo Mieli non ha il privilegio di confrontarsi qui su Facebook con i massimi esperti della questione, ma gli lasciamo comunque il diritto di parola.
Niram Ferretti
28 febbraio 2022
LA CRISI UCRAINA: LA NATO, UN PO' DI STORIA (E NOI)
di Paolo Mieli, Il Corriere della Sera
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Al cospetto delle atrocità compiute dai russi in Ucraina, rimane, inespressa, una piccola domanda. Quando è accaduto che noi occidentali abbiamo indotto l’Ucraina a varcare il Rubicone provocando l’ira di Putin. E quando è stato che Zelensky ha incautamente lanciato il guanto di sfida all’autocrate di Mosca. Che giorno? Che mese? Che anno?
La storia alle nostre spalle racconta cose diverse da quelle che si dicono e si scrivono in questi giorni. Dopo il crollo dell’impero sovietico, ci fu, nel 1994, una proposta della Nato alla Russia di un «Partenariato per la pace». Subito dopo, la Russia è stata accolta nel Consiglio d’Europa e nel G7. Nel 2002 Mosca è entrata nel Consiglio Nato-Russia. Quattordici anni fa (2008), nel consiglio Nato di Bucarest, gli Alleati annunciarono che l’Ucraina sarebbe potuta entrare, in un futuro imprecisato, nell’Organizzazione atlantica. Appena eletto Presidente degli Stati Uniti, Obama, nel 2009, volle verificare con l’allora segretario della Nato, l’olandese Jaap de Hoop Scheffer, lo stato della «pratica Ucraina e Georgia» (25 marzo). E, pur senza citarle esplicitamente, disse che le cose sarebbero andate avanti stando attenti a non urtare la suscettibilità russa.
Nel luglio di quello stesso anno (2009) Obama si recò a Mosca, incontrò Putin e furono rose e fiori. Poi venne il 2014 con piazza Maidan, la «rivoluzione arancione» a cui si accompagnò l’annessione russa della Crimea. Le cose si complicarono. Da quel momento la questione Ucraina-Nato è rimasta lì, sospesa. Niente è accaduto che possa giustificare l’apertura di una crisi di queste proporzioni.
Se n’è accorto Enrico Letta che, in anticipo sulla fase più drammatica dell’invasione dell’Ucraina, ha voluto fare chiarezza in modo definitivo. Annalisa Cuzzocrea («La Stampa»), gli ha posto una domanda diretta echeggiando quel che sostengono tanti (forse tutti) gli ex comunisti e molti liberal conservatori: «La Nato si è allargata troppo a est provocando questa reazione?». Il segretario del Pd le ha risposto in maniera franca: «È l’opposto. Quello che è successo dimostra che la Nato doveva far entrare l’Ucraina prima». E dimostra altresì, ha sostenuto Letta, «che l’Alleanza atlantica serve perché la democrazia va difesa». Poi il segretario del Pd ha aggiunto: «Abbiamo integrato l’Europa centro-orientale, Budapest, Vilnius, Varsavia, non possiamo tornare indietro». Più chiaro di così?
Va notato che, nei giorni successivi all’intervista, nessun dirigente o semplice militante del Pd si è sentito in dovere di aggiungere una chiosa alle parole del segretario. Neanche esponenti della sinistra esterna al Pd. Nessuno. Segno che o sono tutti distratti (il che non è da escludere) oppure l’intera comunità progressista italiana — eccezion fatta per l’Associazione nazionale partigiani — ritiene che l’Ucraina avrebbe dovuto essere ammessa e integrata nella Nato già una ventina d’anni fa. E che i fatti di questi giorni dimostrano che la Nato è un presidio della democrazia in Europa.
Letta, con poche e misurate espressioni, ha fatto giustizia di una leggenda riproposta negli ultimi giorni da molti «analisti». Cioè che nel 1991 alcuni leader occidentali (chi con precisione?) avrebbero preso con Gorbaciov l’impegno a non far entrare nella Nato le ex repubbliche sovietiche. Accadde qualcosa di ben diverso. L’allora segretario dell’Alleanza atlantica, Manfred Wörner (già ministro della difesa tra il 1982 e il 1988 nella Germania di Helmut Kohl), si impegnò con Gorbaciov a che l’organizzazione da lui guidata, a fronte dello scioglimento del Patto di Varsavia, mai avrebbe attentato alla sicurezza della Russia. Nient’altro.
Se qualcuno avesse fatto una promessa più impegnativa, non si capirebbe come sia potuto accadere che ben quindici di queste repubbliche siano poi entrate nell’Alleanza atlantica senza che Gorbaciov si sia sentito in obbligo di denunciare la violazione del presunto patto. Neanche Putin, al potere da più di vent’anni, ha mai protestato per il fatto che quindici repubbliche ex sovietiche sono state inserite nell’Alleanza atlantica «a dispetto» di quel fantomatico impegno del ‘91. Ernesto Galli della Loggia si è giustamente domandato giorni fa su queste pagine come mai Putin non si sia lamentato «per il fatto che la Polonia — membra anch’essa della Nato e confinante anch’essa con la russa Kaliningrad — potrebbe, se volesse sbriciolare in poche ore con un lancio di semplici missili da crociera la base della flotta russa del Baltico». Già, come mai?
Il fatto è che Enrico Letta, a differenza di alcuni suoi predecessori, non è particolarmente affascinato dall’antiamericanismo tuttora ben vivo dalle sue parti. E ha avuto l’audacia di dire qualcosa di non equivocabile. Qualcosa che renderà meno facile ai filorussi d’Italia — compresi quelli che adesso fanno atto di contrizione in pubblico — tornare alla carica quando tra qualche tempo sarà passata l’emozione per quel che di orribile è accaduto in questi giorni. Verrà il momento, ne siamo sicuri, in cui in molti torneranno a domandarsi pubblicamente se vale la pena fare dei sacrifici per gli ucraini i quali, a ben guardare, «se la sono cercata». Si dirà che Zelensky e i suoi sono responsabili dei torti subiti a causa della protervia con la quale, «sotto insegne naziste» (Putin), intendevano puntare dei missili contro Mosca e San Pietroburgo. Torneranno a sottolineare, quei molti, che l’impatto delle sanzioni è asimmetrico, nel senso che danneggia l’Italia più di quanto nuoccia agli Stati Uniti. E concluderanno che è giunta l’ora di prestar ascolto alle «ragioni dei russi». Cose già viste e sentite in passato, con altri dittatori, altre asimmetrie e altre «ragioni» dei prepotenti.
Quanto a Enrico Letta, se qualcuno tra un po’ lo metterà in croce per le dichiarazioni di cui si è detto, potrebbe proporsi come segretario generale della Nato (ne ha i titoli). Avrebbe il vantaggio di lasciarsi alle spalle le baruffe del «campo largo», con le quali pure ha dato prova di sapersi destreggiare in modo efficace. Ce ne sono altri mille che amano quel genere di cimento da «campieri», capaci, per giunta, di mordersi la lingua prima di pronunciar parole a favore della Nato. Lui, dati i tempi, non avrebbe difficoltà a far capire a una parte del mondo da cui proviene, che l’Alleanza atlantica è, forse, più importante.
La Germania prepara il maxi riarmo: 100 miliardi alle forze armate
Autore Andrea Muratore
28 dicembre 2022
https://it.insideover.com/difesa/la-svo ... ifesa.htmlQuella aperta dall’invasione russa dell’Ucraina è la più grande crisi securitaria europea dal 1945 oggi, tanto grave da cambiare equilibri che si ritenevano cristallizzati. Tra questi, spicca l’accelerazione della Germania oltre la tradizionale impostazione economicista-mercantilista della sua politica estera: il governo Spd-Verdi-Liberali guidato da Olaf Scholz ha in pochi giorni varato due importanti svolte che segnalano l’allontanamento da Mosca e il ritorno in una visione più atlantista. Da un lato, lo stop all’avvio del transito gasiero attraverso Nord Stream 2, dall’altro l’annuncio di un rilancio degli investimenti nelle forze armate. E la svolta, in quest’ultimo contesto, è storica.
Parlando ieri di fronte al Bundestag, il parlamento tedesco, il cancelliere è ufficialmente andato oltre l’identikit di fotocopia socialdemocratica di Angela Merkel, ha fatto un passo nella storia, ha cambiato radicalmente ciò che la Germania ha voluto e dovuto essere dal 1945 oggi, annunciando che il budget militare sarà portato a oltre 100 miliardi di euro. “D’ora in poi – ha detto Scholz – la Germania investirà più del 2% del PIL nella nostra difesa”, come negli anni scorsi Donald Trump aveva chiesto di fare alla Merkel in ottemperanza agli impegni presi nella Nato nel 2014.
Solo poche settimane fa Scholz aveva bloccato la fornitura di armi all’Ucraina chiesta con insistenza dagli alleati Verdi. Ora è in prima linea nell’armare Kiev dopo l’invasione. Solo poche settimane fa l’ex vice di Angela Merkel si era impegnato generosamente, con Emmanuel Macron, per fermare l’escalation, ben conscio delle conseguenze rovinose che ciò avrebbe comportato. Ora sceglie senza ambiguità il contrasto a Vladimir Putin. Solo poche settimane fa Scholz immaginava un quieto vivere fatto di amministrazione della realtà e di avanzamento graduale dell’agenda ereditata dalla Merkel. Ora spinge al decoupling energetico e apre addirittura all’esclusione di Mosca dallo Swift.
Il quadro securitario completamente mutato in Europa, a detta di Scholz, giustifica questa svolta: “Il mondo come lo conoscevamo non esiste più”. E alla Germania tocca tornare a pensare strategicamente rinforzando lo strumento militare, tuttora tallone d’Achille della sua postura globale.
Il giornale britannico The Spectator nel 2019 titolò: “Germany’s military has become a complete joke“, come ricorda Formiche, che aggiunge ricordando come “nel 2014, durante un’esercitazione Nato in Norvegia, un battaglione tedesco è stato costretto a usare un manico di scopa dipinto per simulare un’arma perché non ne aveva una vera” e che “quando nel 2019 la Germania ha preso il controllo della Very High Readiness Joint Task Force della Nato creata nel 2014 […] aveva promesso di mettere a disposizione 44 carri armati Leopard 2 e 14 veicoli corazzati di fanteria Marder, ma in realtà ne aveva rispettivamente solo nove e tre”. Ursula von der Leyen e Annegret Kramp-Karrenbauer, ultime titolari della Difesa nell’era Merkel, hanno dovuto gestire diversi scandali e questioni roventi, dalle infiltrazioni neonaziste alla carenza di pezzi di ricambio per caccia e aerei. Ora, a detta di Scholz, cambierà tutto. E non a caso il Financial Times parla di un cambio di rotta che stravolge decenni di politica estera tedesca, tra le ovazioni e le standing ovation alle parole di Scholz dei deputati.
Il “falco” rigorista Christian Lindner, ministro liberale delle Finanze, ha approvato la mossa definendo che l’aumento della spesa pubblica per la Difesa è “un investimento per garantire il nostro futuro”. I Verdi da tempo premevano per questa svolta. Ma il cambiamento più grande riguarda proprio la Spd di Scholz. Il partito dell’Ostpolitik di Willy Brandt e dell’apertura alla Russia di Gerhard Schroeder, la formazione pacifista per eccellenza che aveva fatto a braccio di ferro con l’America di Bush nel 2003 dopo l’invasione dell’Iraq rimette l’elmetto e scende in campo. Accetta di mettere in conto quanto il mondo sia cambiato. Si prepara a una svolta strategica. Va oltre ogni tabù. “Pensare l’impensabile”, era solita ripetere la Merkel negli anni in cui il contesto globale si deteriorava. Il pensiero diventa azione. Scholz va oltre, realizza l’impensabile: l’obiettivo di trasformare la Germania in un pilastro della sicurezza euroatlantica, senza ambiguità. Sostituire i Typhoon e i Tornado della Luftwaffe con moderni F-35, ammodernare il parco-mezzi, i sistemi d’arma, la disponibilità di missili e artiglieria, la capacità di rifornimento all’esercito ucraino sarà il primo passo. La vera notizia è quella di un esplicito cambio di mentalità. La Germania, con buona pace di analisti e commentatori usi al determinismo geopolitico che la narravano potenza imbelle e pusillanime, gioca apertamente la partita securitaria e si schiera nel contrasto alla Russia. Non era una svolta banale e prevedibile fino a pochi giorni fa: e ciò condizionerà l’architettura securitaria europea a lungo.