Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » ven apr 13, 2018 4:02 pm

Cristiani in Siria


La Siria cristiana sostiene Assad
(di Davide Pellegrino)
2018/04/12

http://www.oltrelalinea.news/2018/04/12 ... iene-assad

“Gli ultimi sviluppi della guerra in Siria mostrano che non vi è la volontà di lasciare in pace questo Paese; al contrario, attori regionali e potenze mondiali sembra stiano cercando sempre più un pretesto per intervenire con una durezza ancora maggiore, e combattere. Damasco sta chiedendo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di inviare una commissione di inchiesta. Tuttavia USA, Regno Unito e Francia vogliono adottare il pugno di ferro e non sembrano accettare alcun compromesso”. Queste le parole del vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, commentando il clima di tensione venutosi a creare in seguito alla farsa dell'”attacco chimico” a Douma, recentemente bonificata dall’esercito siriano e teatro di giubili da parte della popolazione.

La cristianità, in Siria, sta con Bashar al-Assad. È il ringraziamento più bello per le sue visite, ogni 25 dicembre, presso il Monastero di Nostra Signora a Saydnaya, costruito nel V secolo e appartenente al Patriarcato Ortodosso di Antiochia dove rende onore alle origini del suo Paese e alle sue tradizioni. La Siria, infatti, nella storia, è stata crogiolo del Cristianesimo per la prossimità di Damasco con la Gerusalemme e la presenza di luoghi simbolici. Basti pensare al Sacrario di San Giovanni Battista nella Moschea degli Ommayadi, a San Simeone, luogo di riferimento per gli stiliti, oppure Santa Tecla a Maaloula, cittadella divenuta tristemente famosa, nel 2013, per il massacro e la distruzione parziale del patrimonio culturale perpetrati dai miliziani qaedisti di Jabhat al-Nusra.

Nessuno, che sia musulmano, ebreo o profugo, pensa di minarne la sacralità. È il riconoscimento di quanto avvenuto a Sadad, villaggio cristiano sulla strada per Palmira. Qui, durante l’assedio avvenuto nel 2013 ad opera dei Fratelli Musulmani, l’esercito siriano ed Hezbollah dormirono nelle case dei cristiani per rassicurarli. Li fecero sentire parte integrante della comunità. Che l’Occidente, che affonda le radici in questa religione, prenda esempio.



Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... stiana.jpg


Il Natale a Damasco
Il presidente siriano Bashar al Assad e la moglie Asma si sono recati a sorpresa nella chiesa “di nostra Signora di Damasco” per festeggiare il Natale. Così il leader di confessione alawita si conferma custode della minoranza cristiana in Siria
Sebastiano Caputo - Lun, 21/12/2015

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/nat ... 06724.html

In Siria si svolsero alcuni degli episodi più significativi della predicazione dell’apostolo Paolo.
A Damasco - quarta città santa del mondo islamico dopo Mecca, Medina e Gerusalemme, allo stesso tempo però indica storicamente il territorio in cui si attestano nel 43 d.c i primi gruppi cristiani - viene adorata la tomba di San Giovanni Battista intorno alla quale tra il 705 e 715 i califfi edificarono la Grande Moschea, una delle più maestose del mondo arabo-musulmano. Ma i luoghi del cristianesimo in Siria sono ovunque, non solo nella capitale. Come a Seydnaya, un villaggio arroccato sulle montagne che è stato uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti per i fedeli cristiani, e dove ancora oggi si trova il monastero di Nostra Signora, costruito nel V secolo, appartenente al Patriarcato ortodosso di Antiochia. Come a Maaloula, una cittadina che possiede le tracce della guerra, dove si parla tuttora l’aramaico intorno al convento semi-distrutto di Santa Tecla, anch’esso costruito nel IV secolo. Come ad Aleppo,una città divisa dalla guerra, ma che in tempo di pace ospitava 300mila cristiani e che dopo Il Cairo e Beirut veniva considerata la terza città del Medio Oriente per numeri di credenti.
Oggi dal punto di vista numerico appunto, pur essendo un gruppo eterogeneo suddiviso in tre patriarcati - greco-ortodosso, greco-melchita e siriano ortodosso - questo rappresenta una delle tre comunità cristiane più importanti del Vicino Oriente, con i maroniti del Libano e i copti d’Egitto. Per questo motivo Papa Francesco nell’ultimo Angelus prima della natività si è interessato a quella comunità di credenti che sopravvive a stento con grandi difficoltà di fronte all'avanzata di Daesh e di Al Nusra. “Anche quest’oggi mi è caro rivolgere un pensiero all’amata Siria, esprimendo vivo apprezzamento per l’intesa appena raggiunta dalla Comunità internazionale. Incoraggio tutti a proseguire con generoso slancio il cammino verso la cessazione delle violenze ed una soluzione negoziata che porti alla pace”, ha affermato Bergoglio.
Ma prima ancora che venisse raggiunto l’accordo in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - documento che, dopo tanto tempo, stabilisce un punto di incontro tra le posizioni di Mosca e Washington - il presidente siriano Bashar al Assad e la moglie Asma si sono recati a sorpresa nella chiesa “di nostra Signora di Damasco” situata non lontano da Jobar (quartiere in mano ai terroristi), un’area particolarmente esposta ai bombardamenti. Nelle foto e i video rilanciati dalla pagina Facebook dalla prima "donna siriana", i due vengono accolti con gioia per poi essere invitati dai giovani coristi ad assistere alle prove dei canti. Così Bashar Al Assad, uomo di confessione alawita (ramo dell’Islam sciita) si presenta ancora una volta come custode della minoranza cristiana in Siria, Paese in cui il Natale è una festa per tutti, musulmani. compresi.


La parlamentare cristiana: "Assad non è un dittatore, il Papa interceda per la Siria"
Intervista a Maria Saadeh, 41enne e di religione cristiana, eletta come indipendente alle elezioni politiche subito dopo l’inizio della guerra
Sebastiano Caputo - Ven, 25/09/2015
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/par ... 75429.html

Da Damasco – Pochi sanno che nel parlamento siriano esiste un’opposizione composta da tutta una serie di piccoli gruppi politici e che su 280 deputati, 30 sono donne. Tra queste emerge Maria Saadeh, 41enne e di religione cristiana, eletta come indipendente alle elezioni politiche subito dopo l’inizio della guerra.

L’abbiamo incontrata e intervista in esclusiva per IlGiornale.it nella capitale siriana in occasione della conferenza internazionale per la pace “Step for Syria” organizzata da esponenti della società civile.

Come rispondete a chi dice che siete una parlamentare in un regime dittatoriale?

Sono in particolare i media occidentali che definiscono la Siria, senza averne il diritto, una dittatura. Noi siriani non lo pensiamo affatto, soprattutto ora che ricordiamo la qualità della vita del nostro Paese prima della guerra. La Siria è civilizzazione, è cultura, è religione, è storia, è una terra che dà lezioni di umanità al mondo intero. Quello a cui noi facciamo oggi fronte è contro l’umanità. Allora i governi occidentali non ci venissero a dire che viviamo in una dittatura, per loro è solo un pretesto, per distruggere il nostro patrimonio. Io come cittadina siriana, come donna, che ha visto con i suoi occhi le falsità recitate a gran voce da Stati Uniti ed Europa, posso dirvi che la loro strategia è stata quella di scegliere dei rappresentanti che a parole parlavano a nome dei siriani ma che in realtà lavoravano per gli interessi occidentali. Per questo motivo ho deciso di candidarmi come parlamentare, per avere una tribuna legale, e parlare veramente a nome del popolo siriano, e dire agli occidentali che si sono sbagliati e che non potranno cancellare il nostro patrimonio, la nostra storia e il nostro avvenire. E poi diciamocelo, la democrazia occidentale è una bugia.

Quando Lei era una cittadina e appena eletta in Parlamento cosa rinfacciava a Bashar al Assad?

C’erano molti disaccordi! Ma ora il problema non è più se ci sono o meno, qui in Siria è in corso una guerra internazionale contro lo Stato. È nostro dovere, del governo e dell’opposizione, difenderlo. È nostro dovere difendere la nostra sovranità politica, economica e militare. Il governo ha fatto molti errori ma chi non ne ha mai fatti? Il mio dovere da deputata è di farli notare e correggere e, allo stesso modo, di dire alla stampa e ai giornali siriani di mediatizzare i veri problemi della gente comune, così da non lasciare margine di pressione alle potenze straniere. Oggi viviamo una guerra che viene da fuori, dobbiamo rimanere uniti, maggioranza e esposizione.

Chi erano questi manifestanti che nel 2011 scendevano nelle strade per manifestare contro il governo?

Vi racconterò un aneddoto personale. Quando ero ancora architetto avevo degli operai che lavoravano per me. All’inizio della crisi non li vedevo mai nei cantieri perché partecipavano in massa alle manifestazioni. La verità è che questi non venivano a lavorare non perché condividevano le ragioni della protesta ma perché venivano pagati molto di più da chi orchestrava il tutto!

Molti di quei manifestanti che erano in buona fede e che si sono fatti manipolare hanno raggiunto Bashar Al Assad quando la situazione si è aggravata?

Certo perché non si trattava di una vera rivoluzione. Settimana dopo settimana sono cadute le maschere.

Nel 2013 avete incontrato il Papa in Vaticano, cosa vi siete detti?

Ho chiesto di incontrarlo mandandogli una lettera a nome di tutto il popolo siriano, musulmani compresi, e ho ricevuto una risposta tramite l’ambasciata che è qui nel mio Paese. Così l’ho incontrato in Vaticano. Papa Francesco nel suo ruolo deve aiutarci prendendo una decisione precisa in vista della pace. Lui che è una figura così amata nel mondo può far capire che la causa siriana è anche la causa di tutta l’umanità.

Forse è anche grazie a Lei che è stata organizzata una veglia per la pace in Siria?

Non lo so però sono l’unica siriana che ha fatto visita al Papa. Può darsi.

E i cristiani che posizione hanno sulla guerra e sul governo?

Faccio una premessa. Io non parlo a nome dei cristiani ma a nome di tutti i siriani indipendentemente dall’etnia o dalla religione di riferimento. La Siria è la culla culturale e religiosa del cristianesimo dunque è nel loro interesse la pace.

Come giudica l’intervento dei russi nel conflitto siriano?

Purtroppo sono i russi ad aiutarci. Dico “purtroppo” perché storicamente abbiamo avuto ottimi rapporti con l’Occidente a parte ora che conducono una battaglia contro di noi da 4 anni. È in corso una guerra internazionale di conseguenza è inevitabile che dobbiamo combatterla al fianco di altri Paesi che appoggiano la nostra causa. Sono fiera e onorata se la Russia come altre nazioni stanno dalla nostra parte.

Crede che la pace in Siria debba essere raggiunta con un governo di transizione oppure attraverso una vittoria militare del partito Baath a cui fa capo Bashar Al Assad?

Credo che se le dimissioni del presidente Bashar Al Assad vengano decise da lui senza pressioni internazionali potrebbe nascere un governo di transizione, tuttavia non sono d’accordo sul fatto che lui debba lasciare il suo incarico perché qualcuno dall’estero lo ha deciso al suo posto. Il futuro della Siria lo decidono soltanto i siriani.

Ma il popolo siriano ha degli strumenti istituzionali per farsi sentire?

Assolutamente si. Ci sono delle elezioni, c’è un’opposizione, ci sono tanti partiti politici, e soprattutto tutti hanno il diritto di candidarsi.


I cristiani siriani e libanesi complici del nazismo maomettano iraniano contro gli ebrei e Israele
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » ven apr 13, 2018 9:37 pm

La guerra mondiale con la Siria come epicentro si allontana perché...
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
13/04/2018

http://m.dagospia.com/maglie-la-guerra- ... che-171501

La guerra mondiale con la Siria come epicentro si allontana perché non si è mai avvicinata, e forse alla fine di tutto questo casino con previsioni apocalittiche resteranno sul campo soprattutto quei deputati, senatori, aspiranti e passati premier italiani che hanno sparato cazzate come se piovessero.

Peggio, hanno rinverdito l'antiamericanismo viscerale che fu, nel tempo, che sembrava passato, dei comunisti e dei fascisti, lo hanno shakerat, e se lo sono bevuto alla salute di Zar Putin, nuovo idolo nazionale che manco il Che. Seguono nell'ordine delle icone spolverate Bashar Assad, che lui al popolo ci tiene e le armi chimiche mai, Kim jong-un, che al popolo ci tiene anche di più e col nucleare ci gioca alla domenica, e poi il mito della Grande Cina e il suo nuovo conducator Xi JinPing, che come frega lui sui dazi, e come copia le cose in quella bella plastica che basta soffiarci sopra per distruggerla, nessuno.

Resto in attesa di citazione commossa dell'articolo 11 della Costituzione più bella del mondo, magari fatta da un ex orgoglioso Padano o da un grillino dei Quartieri,, e poi parto per una vacanza urgentissima. Il quale Putin poi ha mandato in giro doverosi toni minacciosi in risposta ai micidiali tweet di Donald Trump, ma si è ben guardato da minacciare conflitti mondiali, anzi tanto nelle telefonate speciali tra Washington e Mosca, quanto in quella col premier israeliano Netanyahu, il presidente russo ha invitato tutti a stare calmi come sta calmo lui.

Proviamo a ricostruire quel che davvero è stato detto in questi giorni, così forse improvvisati esperti di politica estera che siedono al Senato e alla Camera molto orgogliosi di se medesimi, cecchini di professione dei giornaloni e delle Tv, ex post-comunisti confusi sotto la tenda del circo vuoto che si aggrappano alla Nato come ultima risorsa dopo essere stati antiamericani per tutta la loro storia, putiniani in servizio permanente effettivo che si dichiarano moderati, liberali, però non conoscono la vecchia regola mai superata secondo la quale o stai con Washington o stai con Mosca, pacifisti foderati di arcobaleno, si danno pace, chissà.

Magari capiscono che se nei prossimi mesi davvero pensavo di contrastare l'asse franco tedesco, l'attivismo di Macron, lo strapotere della Merkel, se sognano di imporre nuove regole a Bruxelles, e con Washington Londra, Gerusalemme, che devono fare gli accordi, è a loro che devono sembrare affidabili, non a Mosca. Notare la differenza di toni fra i nostri convulsi dibattiti ideologici e le dichiarazioni di Macron e Merkel.

Abbiamo le prove dell'utilizzo di armi chimiche, dichiara Emmanuel Macron, intervistato in diretta da TF1. La Francia, prosegue, vuole "togliere la possibilità di utilizzare armi chimiche al regime siriano, affinché mai più si debbano vedere le immagini atroci viste in questi giorni, di bambini e donne che stanno morendo". Quanto ai tempi di un eventuale intervento, il capo dell'Eliseo si è limitato ad affermare: "Ci sono decisioni che prenderemo quando lo riterremo più utile ed efficace".

Merkel conferma invece la linea storica tedesca di non intervento, avvenne già con l'operazione contro Gheddafi in Libia. La Germania non parteciperà a una possibile operazione militare occidentale contro Damasco per il presunto attacco chimico compiuto a Douma. Così la cancelliera tedesca Angela Merkel. Parlando alla stampa a Berlino, la Merkel però aggiunge che "è evidente che la distruzione delle armi chimiche siriane non è stata completa". Quindi, nessun sottile distinguo, nessuna domanda capziosa su chi mentirebbe e perché.

In Inghilterra Theresa May dopo un tentennamento iniziale si prepara a contribuire a qualunque forma di intervento. Washington prende nota, è evidente. A che tipo di risposta sta pensando, tutti alla guerra? Più che il segretario alla difesa Mattis, è interessante quel che ha detto il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, per un anno capo della Cia, ora alle audizioni per la conferma del Senato "La guerra è sempre l'ultima risorsa. Ci sono poche persone che temono la guerra più di quelli di noi che hanno servito in uniforme. E c'è una grande differenza tra una presenza militare e una guerra".

Ma siccome la Russia negli otto anni di Obama, Hillary Clinton, John Kerry, ha fatto come le pareva, siccome “La Russia continua a operare in modo aggressivo, grazie ad anni di soft policy” “Now over“, adesso è finita, dice Pompeo

Ed è finita già da un po', nonostante Donald Trump e la sua Amministrazione abbiano le mani legate, nell'agire verso Putin in modo efficace, in modo che porti a un negoziato complessivo, dal Russia Gate.

“L’elenco delle azioni compiute da questa Amministrazione per alzare il prezzo a Vladimir Putin è lungo. Stiamo ricostruendo il nostro già forte comparto militare e ricapitalizzando il nostro deterrente nucleare. Abbiamo imposto sanzioni più dure ed espulso più diplomatici e funzionari dell’intelligence russi dagli Stati Uniti che mai dalla Guerra fredda. Se non guidiamo le richieste di democrazia, prosperità e diritti umani in tutto il mondo, chi lo farà?”.

Aggiungo io che un anno fa, appena insediato il governo, Trump autorizzò un attacco di missili punitivo dopo un episodio di uso di armi chimiche in Siria analogo all'ultimo.

Che cosa significano queste dichiarazioni nel contesto dell'ultimo incidente,ovvero l'attacco chimico di Douma , per il quale gli americani accusano i russi e i russi accusano un complotto filo-americano? Che cosa significano le conseguenti minacce di attacco e contrattacco, a colpi di missili smart che stracciano qualsiasi scudo, annunciati via Tweet da Trump, per rispondere alla promessa russa di abbattere qualsiasi aereo o missile americano sulla Siria e di bombardare i battelli di lancio?

Significano che è cambiata la politica, ma che ancora non c'è alcun piano militare preciso, quindi che si è aperto tutto lo spazio possibile per le contrattazioni e i negoziati.

L’eventuale intervento, a cui parteciperanno Francia, Arabia Saudita e Regno Unito, è ancora da formulare . Nessuno vuole togliere dal potere Bashar el Assad. Però bisogna ottenere qualcosa di più di quello che è stato ottenuto un anno fa quando gli americani bombardarono con una salva di missili Tomahawk la base siriana da cui partì il jet responsabile dell’attacco chimico a Khan Sehykhun.

Siccome fioccano anche in questi giorni le dietrologie sull'imbroglio, le convinzioni e certezze che mai Assad bombarderebbe il suo popolo con armi chimiche, vale la pena ricordare che una commissione Onu dopo mesi di inchiesta e indagine sul campo ha concluso senza alcun dubbio che quell’ attacco lo ha ordinato lui, Assad. Alle anime belle ricordo che così fanno i dittatori, anche senza apparente ragione, perché il popolo va tenuto in ogni modo nel terrore e oppresso, si strilla al complotto e i cretini col culo al caldo ci cascano.

L’effetto attacco fu limitato, oggi si dice troppo limitato. Di fatto i russi furono avvertiti in tempo, gli iraniani sono rimasti dove erano, Assad si è spaventato e ha continuato a usare armi non convenzionali, come gli ordigni arricchiti al cloro di Douma, ma anche prima e altrove, molte volte in questi mesi.

Naturalmente anche se serve che la capacità di dissuasione questa volta sia più alta, serve anche di non colpire direttamente dei militari russi, e la stessa cosa vale per Mosca. Sono i famosi cadaveri dei nostri ragazzi che è necessario che non tornino a casa in una bara avvolti nella bandiera.

Tanto è vero che in quasi tutte le postazioni è stata issata la bandiera russa.

Putin ha parlato a lungo con Benjamin Netanyahu, che in Siria ha colpito già numerose volte, anche il giorno dopo l'attacco di Douma. Israele segue il suo criterio di difesa della sicurezza dell'interesse nazionale, è l'Iran e le sue mire la preoccupazione e il nemico principali. Se Putin parla con Israele, e certamente per mandare segnali e messaggi a Washington, ma è anche per fornire rassicurazioni sul ruolo della Russia.

Insomma, il mondo non è dipinto di rosa, il Medio Oriente è sempre stato the Hell's Kitchen, la cucina dell'inferno del mondo, Washington tira avanti cercando di contenere la situazione in attesa di arrivare al vero showdown, che è quello con Teheran. Se poi a certi fini politici di casa nostra Trump era piaciuto perché lo ritenevano un burattino di Putin, purtroppo mannaggia si sono sbagliati.



Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 13/04/2018, a pag.10 con il titolo "L'Europa spaccata sulla Siria. Solo Macron e May in guerra" l'analisi di Fiamma Nirenstein.

http://www.informazionecorretta.com/mai ... A.facebook

Ogni ora potrebbe essere quella in cui si decide se i missili americani colpiranno gli obiettivi siriani. Ma non è detto che sia quella fine del mondo che viene profetizzata dalla maggior parte dei media. È vero, Donald Trump grida, twitta risoluzioni che andrebbero presentate con giacca e cravatta, minaccia, usa espressioni poco fini all'orecchio educato dei giornalisti e degli intellettuali europei. Ma su questo piove un giudizio politico esagerato e minaccioso, poco elaborato, e quindi, in una parola, molto conformista. L'Europa si muove con più cautela ma capisce che Trump ha ragione quando minaccia di colpire Assad: la Germania resta fedele al suo storico ritegno post seconda guerra mondiale, e la Merkel promette solo di «segnalare» l'uso di armi chimiche, ma Macron, anche se ancora non ha deciso, lascia pensare che al solito la Francia mobiliterà l'esercito, e Theresa May ha spostato due suoi sottomarini verso la Siria. L'Italia senza governo condanna l'uso di armi chimiche, ma non si schiera sulla falsariga di Berlino. Nice (carini), new (nuovi), smart (intelligenti), i missili annunciati che «arriveranno in Siria» contro «quell'animale che usa il gas per uccidere» sono già in realtà da quelle parti.

L'avvertimento alla Russia fa sentire sull'orlo di una crisi bellica mai vista e gli animi eccitati danno del pazzo a Donald Trump. Ma non è affatto pazzo: se esaminiamo le sue decisioni, in 16 mesi ha rovesciato la politica di Obama, ma non ha rovesciato l'ordine mondiale in senso bellicistico. La guerra c'era, la presenza russa e iraniana l'hanno resa fatale perché Assad è peggiore dell'immaginabile, e per necessità ambedue lo sostengono. Trump annuncia una reazione degli Usa e dei loro alleati contro un dittatore che oltre ad aver fatto fuori centinaia di migliaia di persone, ha fatto uso di un'arma abbietta, che non solo uccide, ma uccide fra tormenti anche bambini e neonati. Duma è stata «liberata» col gas, Assad e i suoi festeggiano per le strade la strage. Trump da presidente della più grande potenza mondiale, prende responsabilità dell'uso del gas. Contesta alla Russia il suo sostegno ad Assad, segnala la sua insofferenza per le alleanze strette con lui e critica la Turchia, che ha appena partecipato a un summit di spartizione. Come ha scritto il famoso storico militare Victor Davis Hanson viviamo, per Trump, in due mondi: quello fattuale, e quello dell'ansia e delle fantasie zelote, come del resto tipico dell'antiamericanismo. Se si pensa a quel che è stato il mondo in questi anni, il conflitto lo domina: sei guerre mediorientali, 20 anni di terrorismo palestinese che si sviluppa in terrorismi di ogni genere fino alla guerra islamista dell'Isis, l'11 settembre, i genocidi del Rwanda, della Cambogia, dei Balcani, le minacce nucleari di Pakistan e Corea del Nord, la marea degli immigrati che ha distrutto i confini europei, la guerra russa in Ucraina e in Crimea. Trump si è trovato in un mondo terremotato, e ha agito: l'Isis è distrutto, la Nato è meglio finanziata, i sauditi stanno riformandosi, Israele è tornato un alleato. Il mondo non rischia affatto di prendere fuoco più che al tempo di Obama: semmai sia la Nord Corea sia l'Iran, i due Paesi più pericolosi, ci pensano due volte prima di giocare pesante. Se Trump usa i suoi missili contro Assad, starà attento a evitare obiettivi russi. Quanto all'Iran, la variante israeliana gioca per suo conto: nel giorno della memoria della Shoah, Netanyahu ha ribadito che il popolo ebraico non accetta che un Paese che giura la sua distruzione sieda sui suoi confini e costruisca le sue strutture per la guerra. Anche Israele, se gli iraniani dovessero rispondere come promesso all'attacco all'aeroporto T4 in Siria, starà attento, agendo, a evitare i soldati russi di stanza in Siria. È difficile immaginare che Assad come Saddam Hussein nel '91 risponderà a un attacco americano colpendo Israele. Se dovesse accadere, Assad sa che ha concluso la sua carriera.



In Siria la "Terza guerra mondiale" dura meno di un'ora
di Daniele Raineri
2018/04/14

https://www.ilfoglio.it/esteri/2018/04/ ... sad-189374

Roma. Dopo una settimana di attesa in cui sono stati molto citati la guerra americana in Iraq (durata otto anni), l’intervento Nato in Libia (durato otto mesi) e anche il possibile scoppio della “Terza guerra mondiale”, questa notte è arrivata la rappresaglia militare occidentale in Siria ed è durata meno di un’ora. Poco dopo le quattro del mattino locali America, Francia e Regno Unito hanno attaccato tre obiettivi, uno nell’area della capitale Damasco e due nei pressi della città di Homs: un centro di ricerca legato al programma clandestino per produrre armi chimiche e due installazioni militari usate per produrre e nascondere le armi chimiche (in forma ancora inerte) e anche un centro di comando dell’esercito siriano incorporato in uno dei siti.

Gli americani hanno lanciato 118 missili da tre navi – quindi il doppio dei 59 missili lanciati un anno fa contro la base di al Sheyrat per un’azione di deterrenza che si è rivelata inutile – e anche fatto decollare bombardieri B-1, gli inglesi hanno fatto alzare quattro aerei Tornado e i francesi hanno usato i loro Rafale. Prima dell’alba sono arrivate anche molte notizie di esplosioni e di bombardamenti vicino altre basi, soprattutto attorno alla capitale Damasco, ma si trattava della risposta della contraerea siriana. Le caserme della Quarta divisione della Guardia repubblicana comandata da Maher al Assad, fratello del presidente Bashar, e del gruppo libanese Hezbollah – due bersagli molto importanti e anche simbolici – non sono state colpite come invece era sembrato nei primi momenti.

Il Pentagono ha detto che l’intervento è da considerarsi finito e che è stato un colpo singolo, “one shot”, ma che si ripeterà in caso di altri attacchi con armi chimiche. Ha inoltre ripetuto di essere sicuro della responsabilità del governo siriano per l’uccisione di quaranta civili con armi chimiche avvenuta a Duma una settimana fa, anche grazie a intercettazioni. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha spiegato che si tratta di un’azione per impedire “la normalizzazione della guerra con armi chimiche”. E’ interessante che la definizione di “attacchi con armi chimiche” sia stata allargata anche agli attacchi con i barili bomba al cloro sganciati dagli elicotteri, molto rudimentali e meno letali dell’agente nervino sarin usato con certezza nell’agosto 2013 e nell’aprile 2017, ma capaci in alcune circostanze di causare numerose vittime.

La Russia, che in settimana aveva minacciato di “abbattere tutti i missili in volo e distruggere le piattaforme di lancio”, quindi le navi americane, non ha reagito e si è limitata a un commento da parte dell’ambasciatore russo a Washington, Anatoly Antonov, che scrive che l’azione militare è stata “un insulto al presidente russo” e “non resterà senza conseguenze”. Il tono del governo siriano è di sfida. “Le anime onorevoli non possono essere umiliate”, ha detto il presidente Bashar el Assad. Forse si aspettava conseguenze più pesanti, e stamattina si è fatto filmare brevemente mentre camminava nel suo palazzo di Damasco – per smentire chi diceva che avesse abbandonato la capitale.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » sab apr 14, 2018 6:31 am

Attacco alla Siria


Usa, Gb e Francia attaccano la Siria. Colpiti un centro di ricerca, un sito di stoccaggio per armi chimiche a Homs e un posto di comando
VINCENZO NIGRO
2018/04/14

http://www.repubblica.it/esteri/2018/04 ... -193809913

TEL AVIV – Esattamente a una settimana dagli attacchi con gas chimici di Douma, il presidente americano Donald Trump ha annunciato che gli Usa assieme a Francia e Gran Bretagna hanno lanciato una serie di bombardamenti in Siria. «Il nostro obiettivo è distruggere le capacità di lanciare armi chimiche del regime siriano», ha detto Trump in diretta televisiva alle 21 ora di Washington, ed ha anche aggiunto che «andremo avanti il tempo necessario per distruggere le loro capacità».

Contemporaneamente a Londra la premier Theresa May ha dichiarato che «non c’erano alternative all’uso della forza». In una nota diffusa ai media, la May sostiene «ho ordinato alle forze britanniche di condurre attacchi coordinati e mirati per ridurre il potenziale dell'armamento chimico del regime siriano e dissuaderne l'uso».

Pochi minuti dopo le 3 ora di Damasco, la tv siriana e alcuni giornalisti accreditati in Siria hanno confermato che gli attacchi erano in corso, e che alcune esplosioni si sono sentite anche nei dintorni della capitale siriana. L’impressione è che al momento Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna abbiano utilizzato soprattutto missili da crociera, lanciati da unità navali oppure da sommergili (come quello che Londra aveva appena spostato al largo della Siria). Il governo francese ha fatto vedere sui suoi account Twitter aerei Rafale in decollo per l’operazione in Siria, mentre 4 Tornado britannici decollati prevedibilmente dalla base cipriota di Akrotiri hanno messo a segno l’operazione contro una installazione vicino Homs.
Un’ora dopo il discorso di Trump, il Segretario alla Difesa James Mattis ha tenuto una conferenza stampa al Pentagono assieme al capo di stato maggiore Joseph Dunford. «Gli obiettivi presi di mira sono tutti collegati al programma di armi chimiche dell’esercito siriano», ha detto il ministro. In particolare un centro di ricerca scientifica nella capitale, un sito di stoccaggio per precursori di armi chimiche a Ovest di Homs e un posto di comando situato nei pressi del secondo obiettivo.

«Questo è un chiaro messaggio per Assad», ha detto Mattis: «L’anno scorso il regime di Assad non ha compreso bene», ha spiegato il ministro riferendosi al precedente attacco militare Usa in Siria. «Questa volta abbiamo colpito in maniera più dura insieme ai nostri alleati. Se dovessero perpetrare un altro attacco con armi chimiche dovranno rispondere ancora di più alle loro responsabilità». Per Mattis sono stati usati due volte il numero di missili o di sortite aeree utilizzati un anno fa, quando per la prima volta l’amministrazione Trump decise di colpire Assad dopo un altro bombardamento chimico del suo esercito. Fonti del governo di Damasco citate da alcuni media americani hanno subito parlato di "danni limitati". Fonti del regime di Assad affermano che contro la Siria "sono stati lanciati circa 30 missili, un terzo dei quali sono stati abbattuti". A riverlarlo l'agenzia Reuters in un tweet.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » sab apr 14, 2018 6:32 pm

Luca Fusai sul caso siriano
14/04/2018
https://www.facebook.com/shar.kisshati/ ... 6201200493

Due paroline riassuntive sulla realtà storica.
La Siria era protettorato francese, poi divenne una nazione araba (araba?) che dal 1948 iniziò una propria feroce campagna imperialistica. Sia contro Israele che contro altri paesi arabi. Contro Israele partecipò a tutte le guerre possibili e immaginabili, venendo sempre sconfitta ma sempre attaccando con ferocia. Nel 1973, nel Kippur, l'esercito siriano fece di tutto per massacrare l'esercito israeliano; il Capo dell'Esercito incitava i propri soldati a trucidare i nemici prigionieri e i suoi soldati gli ubbidirono pienamente. Sappiamo di israeliani catturati e crocifissi dai siriani. È scritto bene: ''crocifissi''.
Accadde questo. Una volta incassata l'ennesima sconfitta, il padre dell'attuale Assad dovette accettare il dato di fatto ma migliorò comunque il proprio armamento e il proprio esercito. L'Unione Sovietica era la sua anima nera che lo riforniva di tutto.
Non potendo distruggere Israele, il dittatore dilagò sul Libano, che la Siria riteneva da sempre una propria ''provincia''.
Per cui a Beirut e dintorni venne fuori una guerra civile mostruosa destinata a durare anni e a uccidere migliaia di persone; e alla fine, verso la metà degli anni Novanta, in Libano stazionavano circa trentamila soldati siriani. Fine della sovranità libanese. Ancora oggi il Libano non è uno stato ma una 'dependance' siriana.

Nel frattempo Assad riempiva di cadaveri lo stesso territorio siriano:Il 2 febbraio 1982, la popolazione di Hama, in stragrande maggioranza, sunnita, guidata da 150 ufficiali, insorse contro il potere dittatoriale del suddetto Assad, alawita, come reazione a una serie di arresti di elementi sunniti.
Nei quattro giorni in cui ebbero il controllo della città, vennero uccisi circa 300 militanti ba'thisti e i militari di un'unità di paracadutisti inviata dall'esercito. Le forze armate siriane, organizzate e guidate, secondo indiscrezioni, dal fratello stesso del Presidente, Rifaʿat al-Asad, replicarono con un durissimo assedio e lo spietato bombardamento di Hama, durati 27 giorni, nel corso dei quali praticarono la politica della "terra bruciata" su un terzo della cittadina — che vantava numerosi gioielli architettonici, per lo più d'età zengide e ayyubide — che venne di fatto raso al suolo. Nell'abbandonare la città, l'esercito e le forze di sicurezza del regime si dettero a massacri sanguinosi persino all'interno delle varie colonie di rifugiati politici ospitati all'interno di Hama, torturando e giustiziando gli oppositori politici, veri o presunti, della dittatura. Il tutto venne alla ribalta con grave ritardo, visto il ferreo controllo censorio operato dal regime siriano su tutti i mezzi d'informazione, facilmente distratti dalla contemporanea dalle ''terribilissime'' operazioni israeliane in Libano contro i 'poveri e indifesi' palestinesi di Arafat. La repressione di Hama fu descritta come ''l'atto singolo più letale messo in atto da un governo arabo contro il suo stesso popolo nel Vicino Oriente moderno'' (Robin Wright, Dreams and Shadows: the Future of the Middle East, Penguin Press, 2008, pp. 243-244.).

Il figlio di Assad, ha oggi tentato di ripetere le gesta del padre quando anni fa una vasta ribellione di ispirazione laica scoppiò in gran parte dello Stato. La capacità dell'esercito e la sua forza stava per avere completa ragione dell'insurrezione quando al movimento originario si sovrappose l'elemento islamico e integralista che riuscì a infiammare nuovamente la lotta contro il potere centrale.
A quel punto la Siria divenne uno dei punti di emanazione di formazioni filo-Isis e la guerra divenne sempre più sanguinosa e sempre più incancrenita. Fu in questo momento in cui Obama decise di dare il via NON A UN BOMBARDAMENTO SELETTIVO DIMOSTRATIVO SULLA SIRIA MA AD UNA SERIE DI BOMBARDAMENTI MASSICCI E VOLTI ALLA DESTABILIZZAZIONE E CADUTA DI ASSAD. Sarebbe stato un disastro nel disastro: far cadere Assad in quel momento, quando le formazioni integraliste erano in controllo del 70% del territorio nazionale avrebbe di fatto creato un nuovo stato islamista. Fortunatamente lo stato maggiore americano riuscì a imporsi sulle follie di Obama.
Nella situazione odierna è difficile dire quale sia la strada migliore. Certo sbagliatissima o meglio disastrosa fu la scempiaggine militare condotta da Sarkozy e guardacaso da Obama contro Gheddafi. Un avvertimento come quello di stanotte potrebbe al contrario essere salutare per il 'degno' erede del massacratore di Hama. Lasciando perdere i fervorini occidentali anti-Putin che non interessano a nessuno. Quel che è sicuro è il fatto che l'Italia debba starne fuori in assoluto: non siamo nessuno e non abbiamo alcun mezzo per fare niente. Ci restano solo gli occhi per piangere.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » dom apr 15, 2018 3:16 am

STRIKE!
Niram Ferretti
14 aprile 2018

http://www.linformale.eu/strike

No, non si è trattato dell’apocalisse. L’attacco missilistico americano in Siria su obbiettivi calibrati, con l’appoggio del Regno Unito e della Francia, avvenuto questa notte ha ottenuto il risultato che si era prefissato. Non un regime change, mai stato nelle intenzioni dell’Amministrazione Trump, non una zampata aggressiva e dissennata, non un piano segreto noto soprattutto ai complottisti che si affastellano con le loro teorie demenziali sui social network e altrove. No, i neocons non stanno tornando. Trump non ha nessuna intenzione di esportare via bombardieri B-1 e missili Tomahawk la democrazia in Siria.

Alla Casa Bianca, ora, la squadra d’assetto e d’assalto è formata da realisti impenitenti che hanno come principio guida quello della deterrenza, della vigilanza e dell’avviso cautelativo. Mike Pompeo, nuovo Segretario di Stato in pectore ma soprattutto John R. Bolton, il grande teorico di una America che first of all sa identificare chi sono i regimi ostili agli interessi americani, non sono romantici idealisti che vogliono proporre gli USA come faro per il mondo. Si tratta innanzitutto di mettere in chiaro che ci sono precise linee di confine, in una guerra in cui gli Stati Uniti sono già impegnati dal 2011, che essi non ammetteranno che siano attraversate.

La linea rossa tracciata da Barack Obama a Bashar al Assad nel settembre del 2013, e da lui bellamente superata con l’attacco di Kafr Zita già nel 2013 e soprattutto con quello di Khan Sheikhun nel 2017 che causò il primo raid americano, è ora ulteriormente ribadita con un secondo intervento. Ne seguiranno sicuramente altri se Vladimir Putin, il “garante” della distruzione dell’arsenale di armi chimiche di Assad nel 2013 (cosa di cui molti oggi sembrano essersi dimenticati), non farà capire al suo protetto che alla fine il suo uso di armi chimiche causa anche a lui dei problemi di gestione.

L’attacco chimico di Douma certifica nuovamente come Assad non abbia alcuna intenzione di desistere quando si tratta di affrettare una vittoria laddove metodi meno spicci costerebbero tempi più lunghi di assedio e costi maggiori in termini di uomini, cose che il rais di Damasco non può permettersi.

La questione delle armi chimiche è quella fondamentale per comprendere il senso dell’intervento americano, a tutela della Convenzione Sulle Armi Chimiche del 1993 sottoscritta anche dalla Siria. Il loro uso, in contrasto con le normative stabilite, senza che vi sia una risposta forte e determinata, è solo un segnale devastante per regimi canaglia e per chi è alla loro guida. Si tratta di mostrare un’altra volta ad Assad e a chi lo tutela che l’uso di armi non convenzionali ha un costo molto maggiore della decisione di non usarle. Tutto il resto, la coltre di inganno stessa della Russia con gli abituali rodati metodi di disinformazione, le farneticazioni sullo scoppio della Terza Guerra Mondiale, le apologie di Putin e di Assad che conterrebbero le orde islamiche (mentre l’Iran si infeuda in Siria ed esporta il terrorismo in quasi tutta la regione), è opera buffa, teatro per le solite tricoteuses antiamericane.

Tornando alla realtà, il bombardamento di stanotte è stato assai preciso nel colpire un centro di ricerca scientifica nell’area di Damasco utilizzato per la ricerca e la produzione di armi chimiche e biologiche, un deposito di armi chimiche a ovest di Homs e un altro deposito per lo stoccaggio di armi chimiche sempre a Homs. “Uno strike perfettamente riuscito” ha tweetato Donald Trump a cui, di rincalzo, si è aggiunto in serata Benjamin Netanyahu: “Deve essere chiaro al presidente Assad che il suo scriteriato sforzo di acquisire armi di distruzione di massa, il suo smodato disprezzo per la legge internazionale e il suo mettersi a disposizione per il venire in essere in Siria di un avamposto per l’Iran e i suoi alleati mettono in pericolo il paese”.

Che sia chiaro ad Assad è da vedere, più certo è che lo sia al garante russo.




ALCUNE COSE SULLA SIRIA E L'INTERVENTO AMERICANO
Niram Ferretti
15 aprile 2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

In questi giorni, a proposito della Siria si sono ascoltate cose che voi umani non avreste mai immaginato di sentire. I rossobruni, sapete quelli che si stringono appassionatamente intorno ai regimi reazionari, agli uomni forti e mandati dal Destino, ci hanno spiegato che Assad è tanto bravo e insieme a lui Putin. In Siria, Assad e Putin difendono la civiltà dagli islamisti dell'ISIS e di altre sette, sono lì apposta, e meno male che ci sono se no chissà che succederebbe. Questi americani guerrafondai che si inventano inesistenti attacchi chimici, perchè Assad sta vincendo su tutto il fronte e non ha bisogno di usare agenti chimici (loro che non sono mai stati in Siria neanche un'ora, conoscono palmo a palmo il territorio), sono dei destabilizzatori. D'altronde non vi ricordate la guerra del Golfo? Che casino hanno combinato? Volete mettere quando in Iraq c'era un altro uomo forte, nerboruto, con la divisa verde oliva che gassava con l'acido ciandrico i curdi ribelli e sterminava gli iracheni sciiti? Ma si sa, per mantenere l'ordine ognitanto ci vuole la mano forte, come quella di Putin in Cecenia o al teatro Dubrovka nel 2002 quando le forze speciali russe usarono l'agente chimico Specnaz provocando la morte per soffocamento dei 39 combattenti ceceni rifugiati al suo onterno, peccato, che insieme a loro morirono anche tutti i 129 ostaggi catturati. Ma non si guardi troppo al sottile, per fare una frittata bisogna rompere le uova.

Peccato che gli assadisti e i filoputiniani si dimenticano sempre di ricordare che sì, certo, Assad ammazza a destra e manca miliziani jihadisti e anche, parliamone, insurrezionisti come quelli che si ribellarono nel 2011, quando in Siria, dell'ISIS non c'era ancora traccia, ma ha alle spalle la Repubblica Islamica dell'Iran, il cui scopo, udite, udite, è quello di esportare con le armi e il terrorismo la versione millenarista sciita dell'Islam.
Loro vanno bene.

Assad e Putin difendono la Siria dal turpe califfato, poi se lì si insedia Teheran, che problemi volete che ci siano? Garantirà il garante, cioè l'altro uomo forte, Putin, che l'Iran non sconfini, così come ha garantito nel 2013 (lui garantisce sempre) che lo stockpile delle armi chimiche di Assad sarebbe stato distrutto. Armi chimiche di Assad? Eh sì. Nel 2013 fu lo stesso Putin ad ammettere che c'erano, se no cosa avrebbe garantito di distruggere? Ma un momento. Come mai Assad aveva le armi chimiche? Non aveva firmato anche il di lui augusto padre, la Convenzione di Ginevra del 1993 contro il loro uso? Strano. Mica tanto. Stiamo parlando del clan Assad non del clan Kennedy.

Ma torniamo ai nostri giorni e agli Stati Uniti. Tralascio il demenziale Diego Fusaro, uno che sulla scorta del buffone Slavoj Žižek, ha trasformato la disciplina di Platone, di Kant e Husserl, in avanspettacolo (ogni epoca si merita i suoi "filosofi"), il quale usa metacategorie fumettistiche per spiegarci che gli USA sono il male e l'Iran e la Siria sono il bene (e all'epoca del Terzo Reich sappiamo da che parte sarebbe stato), ma ci dispiace che altri, come per esempio Magdi Allam, siano caduti nella trappola per topi.

No, Trump non è un boss cattivo. Non è Totò Rina. È semplicemente un presidente americano che interviene in Siria perchè ci sono linee rosse che, diversamente dal suo predecessore Obama, non intende che siano oltrepassate. Non ha alcuna intenzione di rovesciare il gassatore alawita, ma di fare capire a lui e ai suoi padrini, quello russo e quello iraniano, che è finita l'epoca dell'arrendevolezza americana. Bisognerà farsene una ragione folks. Alla Casa Bianca ora, come Consigliere per la Sicurezza Nazionale c'è John R. Bolton, una delle più lucide intelligenze politiche americane, non un bombarlo, no, lasciamo queste idiozie a Vittorio Zucconi e a Pampurio Rampini, ma un realista al cubo che conosce Clausewitz a memoria e sa che la diplomazia funziona solo se dietro c'è la minaccia dell'esercizio della forza.

Gli USA sono qui di nuovo, e non piace, non piace, non piace. Hanno garantito l'ordine mondiale dalla Seconda Guerra Mondiale a oggi, e non spariranno, no. Non ancora. Continueranno a intromettersi laddove riterranno di doverlo fare.

Personalmente preferisco sentirmi garantito dagli Stati Uniti che dalla Russia, ma sono gusti personali, ognuno ha i propri. Capita anche a Israele di pensarla allo stesso modo, e questo mi conforta ulteriormente.



Ben fatto, Donald
L'intraprendente - Giovanni Sallusti
14/04/2018

http://www.lintraprendente.it/2018/04/ben-fatto-donald

Guarda un po', a noi non piacciono macellai che si dilettano a gasare il proprio popolo, né autocrati di purissima scuola Kgb, né Guardie della Rivoluzione islamista. Ci piace, invece, un presidente pronto a riaffermare di fronte alla barbarie la presenza del mondo libero

E invece, guarda un po’, noi stiamo con l’America. E invece, riguarda un po’, a noi non piacciono macellai conclamati che si dilettano a gasare il proprio popolo, né autocrati di purissima scuola Kgb che vogliono restaurare improbabili fasti di improbabili imperi sguazzando nel putrido stagno mediorientale, né Guardie della Rivoluzione islamista che mettono il piede in Siria per farne un trampolino dell’auspicata rivoluzione islamista universale. Capiamo che rischia di apparire una posizione démodé, in tempi di candidati premier del centrodestra (ma a questo punto bisognerebbe chiarire quale centro e, soprattutto, quale destra) che twittano genericità antiamericane pescate di peso dal repertorio della sinistra arcobaleno, di opinionisti “liberali” che vanno in fregola d’amore appena odono note moscovite (e persino pechinesi, a questo siamo arrivati, alla Cina del Partito Unico e dei laogai come alfiere del liberismo), di un generale clima bipartisan ormai pazzotico e fuori controllo, dove si parla senza più alcuna percezione del ridicolo di “atto di guerra” e di “imperialismo” del dollaro per un episodico raid mirato, solo strutture siriane, solo arsenali chimici, no basi russe e no civili (che non è esattamente la preoccupazione principale dell’aviazione di Assad-Putin quando macella bambini, ma pare che le bombe dei dittatori facciano meno male di quelle delle democrazie).

Eppure, la verità è questa. Nella tormentata Siria, responsabile principale il riottoso e imbelle Barack Obama, la più grande disgrazia si sia abbattuta sul mondo libero in tempi recenti, c’è un tiranno alawita, espressione di una minoranza del Paese, che da anni infierisce su larghi strati del suo popolo, alimentando il terrorismo jihadista indirettamente, e per la verità anche direttamente (chiunque possegga due nozioni di Medio Oriente sa che dalle carceri di Assad sono stati scientemente liberati molti quadri dirigenti di Al Qaeda e dell’Isis, perché è interesse prioritario del massacratore giustificare i massacri in nome della lotta all’islamismo sunnita, mentre intanto si offre sponda all’islamismo sciita). Tra le mille e più colpe obamiane, c’è quella di non aver mai fatto valere con questo genocida l’autoproclamata “linea rossa”, la reazione punitiva di fronte all’uso immondo di bombe chimiche sui civili. È proprio in quel momento che Vladimir Putin intuisce che può provare a farsi Zar planetario rispetto a quel che è per peso oggettivo del suo Paese, una potenza regionale, causa disimpegno inaspettato dell’attore principale. Bene, nel frattempo sono successe tante cose. La principale è che il popolo americano ha portato alla Casa Bianca un signore con una missione ben precisa, ribaltare l’agenda perdente obamiana: Donald Trump. Il quale già l’anno scorso mandò i Tomahawk di fronte alla linea rossa violata, e in questi giorni ha replicato. Si tratta sempre di un attacco dimostrativo (per quanto strillino i pacifinti ormai monopolisti nell’arco costituzionale italico), ma d’intensità maggiore al precedente, e condotto stavolta con due alleati che avranno alcuni limiti di visione (molti più lui di lei), ma quando la cronaca s’incendia si rammentano sempre della propria collocazione atlantica e occidentale: la May e Macron. Sono stati colpiti depositi delle armi chimiche del regime (una notizia non messa in discussione da alcuno, che già da sola smonta la vulgata filo-assadista sull’assenza di tali dispositivi di morte), luoghi per lo stoccaggio e per la logistica. È stato ulteriormente indebolito l’arsenale del regime (obiettivo tattico) ed è stato dimostrato che l’aviazione alleata può colpire quando vuole in Siria (obiettivo strategico). Lo sa bene lo stesso Putin, uomo molto più accorto e multiforme di quanto immagini la sua acefala tifoseria nostrana, tanto che ha fatto la voce grossa ad uso delle agenzie di stampa su non meglio specificate “conseguenze” per gli attaccanti, ma nella realtà dei comandi militati si è coordinato alla virgola con Washington, per evitare collisioni deflagranti e soprattutto per evitare di mettere davvero alla prova lo scudo antiaereo russo di fronte al fuoco del Paese più avanzato del mondo, militarmente e tecnologicamente.

Specularmente, l’iniziativa di Trump si colloca a distanza siderale dalle caricature che ne fanno i detrattori, peraltro spesso in barba al principio di non contraddizione. The Donald non è né il rigido isolazionista che ci ha raccontato questo mainstream tarlato per più di un anno (America First vuol dire anzitutto America prima nel mondo, ormai dopo offensive commerciali e Tomahawk in azione dovrebbe essere chiaro) né il fanatico guerrafondaio che lo stesso mainstream pretende di rifilarci ora dalle colonne degli stessi giornali e dalle poltrone degli stessi studi televisivi, senza un minimo orrore di sé. Non è nemmeno un neoconservatore a tutto tondo, di limpida linea reaganian-bushiana (nonostante stia intelligentemente mantenendo il meglio di quella scuola, vedi incarico pesantissimo sulla Sicurezza Nazionale dato a un fiero occidentalista come John Bolton, tutt’altro che estraneo all’offensiva aerea contro Damasco). Piuttosto, Trump sta aggiornando alla complessità contemporanea un approccio ben radicato nella storia della destra repubblicana americana, un pragmatismo dei principi che rimanda alla presidenza Nixon (negozia da posizioni di forza, non impegnarti in un’escalation militare con l’avversario, ma ricordagli la potenza americana ogni volta che costui forza la mano), alla presidenza di Theodor Roosevelt (tratta sempre con la mano tesa, ma tenendo nell’altra un nodoso bastone), a una Weltanschauung che non impegna gli Stati Uniti a “rimuovere il male dal mondo”, ma a ricordare che la barbarie non ha l’ultima parola, e che dittatori e piromani vari del diritto dovranno sempre fare i conti con la potenza del mondo libero. “A Iran e Russia chiedo: che tipo di nazione vorrebbe mai essere associata agli omicidi di massa di uomini, donne e bambini innocenti? Nessuno può riuscire a sostenere, per un lungo periodo, Stati canaglia, brutali tiranni e dittatori assassini”. Eccoli, i destinatari veri dei Tomahawk sganciati da Trump, gli obiettivi in filigrana, eccola la partita geopolitica a lungo termine. L’America non è più inerte di fronte ai giochi di guerra di Putin, l’America non accetta che gli ayatollah filoterroristi di Teheran portino in fondo il progetto di egemonizzare il Medio Oriente, l’America torna a difendere i suoi alleati nell’area, Israele in primis. Ben fatto, Donald.



PRONTI E CARICHI
Niram Ferretti
15/04/2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il linguaggio della diplomazia più efficace è quello del "siamo pronti e carichi" pronunciato da Nikki Haley all'ONU dopo l'intervento dell'ambasciatore russo. Il riferimento è ad Assad ma anche ai suoi padrini e garanti e a eventuali prossimi usi di armi chimiche.
Il linguaggio estwoodiano della Haley segue quello di Mike Pompeo, il nuovo Segretario di Stato americano che in merito alla Russia ha dichiarato, "L'epoca della diplomazia soft è terminata".
E' finita anche l'abitudine agli USA morbidi a cui Barack Obama aveva abituato l'Occidente e che piaceva così tanto all'Iran, plasticamente rappresentata dall'immagine dei marinai americani con le mani intrecciate dietro la nuca in ginocchio sul pontile di una nave catturata dagli iraniani.
L'immagine, del 2016, fece il giro del mondo e disse della debolezza americana al mondo musulmano più di un intero trattato sull'argomento.
Con Donald Trump questa immagine non la vedremo più, c'è da scommetterci. Come c'è da scommettere che la presenza americana in Siria durerà ancora a lungo.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » dom apr 15, 2018 9:33 am

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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » dom apr 15, 2018 9:36 am

Demenze o contro Trump o contro gli USA

Siria, Mosca: "Attacco a Douma fatto da 007 occidentali. Intervento Usa e alleati a Damasco? Nuovi profughi in Europa"
di F. Q. | 13 aprile 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... pa/4290653

“Abbiamo dati inconfutabili: l’attacco chimico di Douma, in Siria, è stato organizzato. E i servizi speciali di un paese, che ora sta cercando di essere nelle prime file della campagna russofoba, sono stati coinvolti in questa messa in scena“. All’indomani delle dichiarazioni di Usa ed Europa sull’uso delle armi chimiche da parte di Assad in Siria lo scorso 7 aprile, il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov interviene e attribuisce la responsabilità dell’attacco ai Paesi occidentali. E in particolare il portavoce del ministero, Igor Konashenkov, spiega di avere le prove video di un coinvolgimento diretto della Gran Bretagna nell’organizzazione della “provocazione” del presunto attacco chimico nella Ghuta, aggiungendo che i “cosiddetti Caschi bianchi” hanno ricevuto pressioni da Londra fra il 3 e il 6 aprile per affrettarne la realizzazione. Una nuova schermaglia contro la Gran Bretagna, dove la tensione con la Russia rimane alta anche sul caso Skripal, l’ex spia russa che il Regno Unito ritiene sia stata avvelenata proprio da Mosca.

Ma a insistere sulla responsabilità russa sono gli Stati Uniti, dove la portavoce del Dipartimento di stato Heather Nauert ha dichiarato che Washington ha le prove che l’attacco con armi chimiche in Siria è stato condotto da Assad. E più di una indiscrezione sui media nelle ultime ore parla di campioni biologici prelevati a Duma in cui sono state trovate tracce di cloro e gas nervino. Allo stesso tempo, però, l’ambasciatrice Usa all’Onu Nikki Haley, durante il Consiglio di Sicurezza, ha riferito che Donald Trump “non ha ancora preso una decisione in merito a possibili azioni in Siria, ma se gli Stati Uniti e gli alleati decidessero di agire, sarebbe in difesa di un principio su cui siamo tutti d’accordo. Tutte le nazioni e tutte le persone – ha aggiunto – verrebbero danneggiate se consentissimo ad Assad di normalizzare l’uso delle armi chimiche“, ha precisato, sottolineando che secondo Washington le forze del presidente siriano hanno usato tali armi almeno 50 volte dall’inizio della guerra.

Nelle sue dichiarazioni, poi, Lavrov aggiunge che gli Usa e i suoi alleati, nel caso in cui decidano di intervenire a Damasco, rischiano di dovere affrontare una nuova ondata di migranti in Europa. “Dio non voglia che in Siria vi siano azioni avventate come quelle avvenute in Libia o in Iraq” ha proseguito Lavrov, sottolineando che in Siria sono sufficienti “piccoli incidenti per provocare di nuovo ondate di migranti verso l’Europa, e in altre direzioni, che non servono affatto a noi e ai nostri vicini europei”. Uno scenario che per il ministro può essere “accolto positivamente solo da quanti stanno oltreoceano e attendono di nascondersi mentre portano avanti gli sforzi per distruggere questa intera regione al fine di promuovere i loro progetti geopolitici”.

Nonostante i toni accesi e lo scontro a distanza tra Cremlino e Casa Bianca, però, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan rassicura: il clima tra Russia e Stati Uniti “si sta calmando”, e ha spiegato di aver parlato di come riportare la pace in Siria durante colloqui con il presidente russo Vladimir Putin e quello americano Donald Trump. Inoltre il capo del Cremlino, ha riferito il suo portavoce Dmitri Peskov, e il suo omologo francese Emmanuel Macron oggi hanno parlato al telefono di Damasco.


Siria, attacco di Usa, Regno Unito e Francia. Trump, May e Macron: "Intervento contro armi chimiche". Putin: "Atto di aggressione, viola il diritto". Onu: "Evitare escalation"
di F. Q. | 14 aprile 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... on/4292116

Stati Uniti d’America, Regno Unito e Francia hanno attaccato la Siria nella notte. Gli obiettivi, ha spiegato il presidente americano Donald Trump in un discorso alla nazione, sono associati al potenziale di armi chimiche del dittatore siriano Bashar al Assad. L’attacco è stato ordinato a una settimana dall’attacco chimico alla città siriana di Douma. Trump, in un discorso per certi versi drammatico, ha definito l’uso di gas chimici in Siria un “atto spregevole” qualificandolo come “crimini di un mostro“. Poco dopo il discorso di Trump hanno parlato, con forma diversa ma sostanza identica, anche la premier britannica Theresa May e il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron. La May, in particolare, ha precisato che l’obiettivo “non è un cambio di regime“, ma dissuadere “il regime” dal fare uso di armi chimiche. Stessa nettezza da parte di Macron: “La linea rossa fissata dalla Francia nel maggio 2017 è stata oltrepassata“.

Non si è fatta attendere la risposta della Russia. “Le azioni degli Usa e dei loro alleati in Siria non rimarranno senza conseguenze” ha dichiarato l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov secondo quanto riporta la Tass, la principale agenzia di stampa russa.

Si è trattato di un’operazione unica durata poco più di un’ora, partita intorno alle 3 della notte italiana, nel corso della quale sono stati colpiti tre obiettivi legati alla produzione o stoccaggio di armi chimiche: un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito a ovest della città di Homs e un importante posto di comando situato vicino. I missili sono partiti da alcuni bombardieri e da almeno una delle navi militari americane nel Mar Rosso. In azione anche fregate e caccia francesi e britannici. Sono stati oltre 100 i missili lanciati, ma “un numero considerevole” sarebbe stato “intercettato e abbattuto” dai sistemi di difesa di Damasco, secondo la versione di Mosca. Un’operazione, dunque, che presenta ancora numerosi punti oscuri, a partire dalle modalità del coordinamento dell’azione e dal fatto che questa sia stata preventivamente comunicata al Cremlino: una circostanza negata dal capo di Stato maggiore delle forze armate americane, Joseph Dunford, e invece sostenuta dalla ministra della Difesa francese, Florence Parly.

La prima reazione di Damasco è stata rivolta a sminuire i risultati dell’operazione: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Assad, i danni sono limitati. Anche Mosca ha di fatto ridimensionato le conseguenze degli attacchi, sostenendo che i missili in arrivo sono stati in gran parte intercettati e distrutti dai sistemi di difesa siriani, tutti “fabbricati in Unione Sovietica oltre 30 anni fa”. Mosca però non ha esitato a condannare le azioni degli Usa e dei loro alleati che “non resteranno senza conseguenze”. Vladimir Putin ha parlato di “atto di aggressione” e ha annunciato che la Russia chiederà una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Anche Teheran, l’altro grande alleato di Assad, ha fatto sapere che “gli Stati Uniti e i loro alleati sono responsabili per le conseguenze regionali che seguiranno all’attacco”, con la guida suprema Khamenei che ha definito Trump, Macron e May “criminali“.

E mentre il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres invita alla “moderazione e alla responsabilità”, il segretario generale della Nato Stoltenberg ha dato il suo sostegno all’operazione. Un appoggio all’attacco è arrivato anche da Unione Europea, Germania, Giappone, Canada e Israele. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni – costantemente informato – ha detto che “non può e non deve essere l’inizio di un’escalation” precisando che “l’Italia non ha partecipato” all’attacco in Siria e soprattutto che “il supporto logistico che forniamo agli Stati Uniti, in questo caso particolare abbiamo insistito e chiarito che non poteva in alcun modo tradursi nel fatto che dal territorio italiano partissero azioni direttamente mirate a colpire la Siria”. Allarmato il commento del leader della Lega Matteo Salvini: “Pazzesco, fermatevi”. Seguito da quello di Silvio Berlusconi: “In queste situazioni è meglio non pensare e non dire nulla”.

Siria, iniziati i bombardamenti coordinati Usa-Francia-Uk

CRONACA ORA PER ORA

11.29 – Parigi: “Altri raid se ci saranno nuovi attacchi chimici”
“Gli obiettivi fissati sono stati raggiunti”: lo ha detto il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, intervistato da BFM-TV sugli attacchi in Siria, e avverte: “Se la linea rossa (quindi gli attacchi chimici) sarà di nuovo oltrepassata, ci saranno altri raid, ma penso che la lezione sia stata compresa”.

11.21 – Putin: “Gli Usa aggravano catastrofe umanitaria”
“Con le loro azioni, gli Usa stanno aggravando ulteriormente la catastrofe umanitaria in Siria” e “stanno provocando un’altra ondata di profughi da questo paese e dalla regione in generale”. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin commentando l’attacco occidentale in Siria. Secondo il leader del Cremlino, gli Usa “stanno causando sofferenze alla popolazione civile e sono indulgenti con i terroristi che torturano la popolazione siriana da sette anni”.

11.10 – Forze aree russe in stato di combattimento
Le forze aeree difensive russe sono state messe in stato di combattimento. Lo fa sapere lo Stato Maggiore russo, citato da Interfax, dopo l’attacco occidentale di stanotte in Siria.

11.08 – May: “No contatti preventivi con Mosca”
Rispondendo a una domanda specifica, nel corso di una conferenza stampa a Downing Street, la premier Theresa May ha poi negato che vi siano stati contatti preventivi con Mosca sull’attacco di stanotte, almeno da parte del suo Paese: “Il Regno Unito non è stato coinvolto in nulla del genere. Ma è stata fatta un’approfondita e appropriata pianificazione prima di questa azione per assicurare di poterne minimizzare l’impatto sui civili”.

11.07 – Gentiloni: “Con Usa alleanza forte e particolare”
“L’Italia non ha partecipato a questo attacco militare, lo hanno condotto gli Stati Uniti e i due Paesi europei membri del Consiglio di sicurezza, la Francia e il Regno Unito. Sono Paesi alleati, con gli Usa la nostra alleanza è molto forte e particolare. Il supporto logistico che forniamo tradizionalmente ai nostri alleati e agli Stati Uniti in particolare, in questo caso” non si è tradotto “nel fatto che dal territorio italiano partissero azioni direttamente mirate a colpire la Siria”. Lo dice Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi.

10.57 – Mosca: “Non ci sono vittime”
“Stando ai dati preliminari”, in seguito ai raid in Siria “non ci sono vittime né tra i civili né tra i militari siriani”: lo ha dichiarato il capo del dipartimento generale operativo dello Stato maggiore russo, Serghiei Rudskoi, durante un incontro con la stampa.

10.47 – Gentiloni: “Ora bando ad armi chimiche e diplomazia”
“Non è il momento dell’escalation, è il momento di mettere al bando le armi chimiche, della diplomazia e del lavoro per dare stabilità e pluralismo alla Siria dopo sette anni di un conflitto tormentato e terribile”. Lo dice il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in una dichiarazione sulla Siria a Palazzo Chigi.

10.45 – Gentiloni: “In Italia solo supporto logistico a Usa”
“L’Italia non ha partecipato” all’attacco in Siria e “il supporto logistico che forniamo agli Stati Uniti, in questo caso particolare abbiamo insistito e chiarito che non poteva in alcun modo tradursi nel fatto che dal territorio italiano partissero azioni direttamente mirate a colpire la Siria”. Lo dice il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in una dichiarazione sulla Siria a Palazzo Chigi.

10.44 – Berlusconi: “Governo di tutti? Spero di no”
Dopo l’attacco serve un governo di tutti? “Spero di no. Credo che si debba ripartire dal centrodestra che è la coalizione che ha vinto le elezioni”. Così il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha bocciato l’idea che l’escalation militare in Siria spinga verso un governo che veda la partecipazione di tutte le forze politiche.

10.44 – Gentiloni: “Non dev’essere inizio escalation”
“L’azione circoscritta, mirata a colpire” le armi chimiche, “non può e non deve essere l’inizio di un’escalation. Questo è quanto l’Italia ha ribadito nei giorni scorsi e continuerà a ribadire”. Lo dice il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in una dichiarazione sulla Siria a Palazzo Chigi.

10.42 – Berlusconi: “Salvini? Meglio tacere”
“In queste situazioni è meglio non pensare e non dire nulla”. Così il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha bocciato laconicamente il duro commento di Matteo Salvini contro l’attacco missilistico ad opera di Usa, Francia e Regno Unito.

10.41 – Berlusconi: “Attacco acceleri formazione governo”
“Trump ha voluto avere al suo fianco la Francia e il Regno Unito, questo vuol dire che dovremmo con sollecitudine avere un nostro governo. Questa crisi deve accelerare la sua formazione”. Lo ha detto il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi.

10.41 – Gentiloni: “Azione motivata da uso armi chimiche”
L’azione di questa notte è stata una risposta “motivata all’uso di armi chimiche”. Lo dice il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in una dichiarazione sulla Siria a Palazzo Chigi.

10.36 – May: “E’ un messaggio alla Russia”
Gli attacchi di stanotte mirano a “dissuadere dal barbaro uso delle armi chimiche in Siria e oltre”. Lo afferma la premier britannica Theresa May legando indirettamente i raid al caso dell’avvelenamento a Salisbury dell’ex spia russa e di sua figlia e lanciando così un monito a Mosca. “L’uso recente di un agente nervino nelle strade del Regno Unito è parte di uno stesso cammino”, dice, e i bombardamenti sulla Siria “manderanno anche un chiaro segale a chiunque creda di poter usare armi chimiche con impunità”.

10.33 – Russia: “Abbattuti 71 missili su 103”
La difesa aerea siriana ha abbattuto 71 su 103 missili cruise lanciati dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Lo riferisce la Difesa russa, aggiungendo che non ci sono stati feriti e che i siti militari siriani hanno subito solo danni minori.

10.29 – May: “Attacco non resterà il solo, ma soluzione politica”
“La comunità internazionale non resterà ferma tollerando l’uso di armi chimiche, il nostro intervento militare non resterà indipendente e solo. Restiamo impegnati a risolvere il conflitto in Siria convinti che la migliore soluzione resti quella politica. Lo sappiamo tutti”. Lo ha dichiarato la premier britannica Theresa May.

10.24 – May: “Attacco legale e giusto”
La premier conservatrice britannica Theresa May ha definito “legale e giusto” l’attacco di stanotte contro la Siria, giustificandolo sulla base dei “precedenti del regime siriano nell’uso di armi chimiche”.

10.22 – Merkel: “Raid sono risposta necessaria ed appropriata”
I raid aerei in Siria degli alleati sono stati una risposta “necessaria e appropriata” agli attacchi chimici. Così la cancelliera tedesca, Angela Merkel, dopo l’operazione militare congiunta di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia in Siria.

10.19 – Corbyn: “Le bombe non salvano vite e non portano pace”
“Le bombe non salvano le vite e non portano la pace”. Così oggi il leader laburista britannico Jeremy Corbyn sui raid in Siria. Raid “legalmente discutibili” che rischiano di aggravare “un conflitto già devastante”. “La Gran Bretagna – accusa Corbyn – avrebbe dovuto assumere un ruolo di leadership” per “spingere Russa e Usa a concordare un’investigazione indipendente guidata dall’Onu” sul presunto attacco chimico di Duma, non “seguire le istruzioni” di Trump. Corbyn critica poi Theresa May per non aver chiesto l’ok in Parlamento.

10.19 – Putin: “Montatura attacco chimico pretesto per raid Usa”
Gli Stati Uniti hanno usato un attacco chimico montato per condurre un raid in Siria: lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin. “Ancora una volta, proprio come un anno fa quando gli Usa attaccarono la base siriana di Shayrat, un attacco chimico costruito contro i civili è stato usato come pretesto, questa volta a Duma, un sobborgo di Damasco”. Putin ha quindi ribadito che gli esperti militari russi non hanno trovato tracce di cloro o altri agenti chimici nella zona del presunto attacco con armi chimiche.

10.07 – Putin: “E’ un atto di aggressione”
Il presidente russo Vladimir Putin ha definito l’attacco occidentale contro la Siria “un atto di aggressione” contro un Paese che sta combattendo il terrorismo sul suo territorio. Lo riportano le agenzie russe.

10.06 – Putin: “Violazione del diritto internazionale”
L’attacco occidentale in Siria senza un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu è una violazione del diritto internazionale: lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin, citato dalla tv filo-Cremlino Russia Today.

10.04 – Parigi: “Colpito principale centro ricerca armi chimiche”
“I mezzi navali ed aerei della Francia” hanno colpito alle tre di questa notte “il principale centro di ricerca di armi chimiche e altri due siti di produzione” del “programma chimico clandestino” del regime di Damasco: lo ha annunciato la ministra della Difesa francese, Florence Parly. “La capacità di sviluppare, mettere a punto e produrre armi chimiche è stata colpita”, ha aggiunto la ministra.

9.58 – Putin vuole riunione d’urgenza all’Onu
La Russia ha intenzione di chiedere una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu per discutere l’attacco della coalizione occidentale in Siria: lo ha detto Vladimir Putin, citato dalla Tass.

9.50 – Francia ha colpito con fregate e aerei da caccia
La Francia ha mobilitato fregate multimissione nel Mediterraneo ed aerei da caccia per colpire in Siria: lo ha annunciato questa mattina la ministra della Difesa, Florence Parly, in una dichiarazione all’Eliseo. “Sono state dispiegate nel Mediterraneo fregate multimissione, accompagnate da imbarcazione di protezione e sostegno – ha detto la Parly – al tempo stesso è partito all’inizio della notte un raid aereo da diverse basi aeree in Francia, che ha raggiunto le coste della Siria”. “Questi diversi mezzi – ha detto la ministra – hanno effettuato lanci di missili da crociera in modo perfettamente coordinato, in stretta sincronizzazione con i nostri alleati americani e britannici”.

9.49 – Putin condanna fortemente l’attacco in Siria
La Russia condanna fortemente l’attacco in Siria: lo ha dichiarato il presidente Vladimir Putin, citato dalla Tass.

9.42 – Gentiloni parlerà alle 10.30
Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni farà una dichiarazione sulla Siria alle 10.30 nella sala dei Galeoni di Palazzo Chigi. Lo si apprende da fonti della presidenza del Consiglio.

9.42 – Tajani: “Europarlamento si riunirà lunedì”
“L’uso di armi chimiche è inaccettabile. L’Europa deve giocare un ruolo maggiore nel garantire la pace e nell’evitare l’aggravarsi di crisi umanitarie, come quella che soffrono i siriani”. Così il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani su Twitter, che annuncia: “Lunedì terremo un dibattito alla seduta plenaria a Strasburgo”.

9.41 – Khamenei: “Usa, Francia e Gran Bretagna hanno commesso un grave crimine”
La guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, ha definito Trump, Macron e May “criminali” dopo l’attacco congiunto di stanotte in Siria. “L’attacco di stamane sulla Siria è un crimine. Dichiaro fermamente che i presidenti degli Stati Uniti, di Francia e Gran Bretagna hanno commesso un grave crimine. Non otterranno alcun beneficio; proprio come non hanno fatto in Iraq, in Siria e in Afghanistan, negli ultimi anni, commettendo gli stessi atti criminali”, si legge nel tweet della guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei.

9.29 – Salvini: “Pazzesco, fermatevi”
“Stanno ancora cercando le ‘armi chimichè di Saddam, stiamo ancora pagando per la folle guerra in Libia, e qualcuno col grilletto facile insiste coi ‘missili intelligentì, aiutando per altro i terroristi islamici quasi sconfitti. Pazzesco, fermatevi”. Così Matteo Salvini su twitter sull’attacco in Siria.

9.03 – Tusk: “L’Ue è con gli alleati, dalla parte della giustizia”
“I raid di Usa, Francia e Gran Bretagna dimostrano che il regime siriano, insieme a Russia e Iran, non può continuare questa tragedia umana, non senza perdite. L’Ue è con i nostri alleati dalla parte della giustizia”. Così il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, dopo l’attacco militare congiunto lanciato in Siria da Usa, Francia e Gran Bretagna.

8.54 – Damasco, nessun danno a palazzi potere
Gli attacchi della coalizione occidentale non hanno causato danni nelle aree di Damasco in cui si trovano le sedi degli organi governativi e la residenza del presidente siriano Bashar al Assad. Lo riferisce l’agenzia di informazione russa, Interfax.

8.44 – Giallo su preallerta a Mosca, Usa e Francia si contraddicono
E’ giallo sul coordinamento dell’attacco militare congiunto di Usa, Francia e Gran Bretagna sulla Siria. Il capo di Stato maggiore delle forze armate americane, Joseph Dunford, sostiene che Washington non ha avvertito in anticipo il governo russo degli attacchi, né ha comunicato gli obiettivi nel mirino, al di là delle normali comunicazioni sulla ‘deconfliction’. Tuttavia queste dichiarazioni si scontrano con quanto affermato dalla ministra della Difesa francese, Florence Parly, la quale ha dichiarato che “con gli alleati, abbiamo fatto in modo che i russi fossero avvertiti in anticipo”.

8.06 – Russa non ha attivato sistemi di difesa
La Russia non ha attivato i suoi sistemi di difesa aerea dislocati in Siria. Lo fa sapere il ministero della Difesa, citato dalla Tass. I raid di Usa, Gran Bretagna e Francia sono stati contrastati unicamente dai sistemi antimissilistici siriani “S-125, S-200, Buk e Kvadrat”. “Sono sistemi prodotti oltre 30 anni fa in Unione Sovietica”, ha precisato il ministero russo.

8.05 – Damasco, centinaia in strada con bandiere Siria, Russia, Iran
Centinaia di siriani sono scesi in strada a Damasco dopo l’attacco militare congiunto di Usa, Gran Bretagna e Francia in Siria sventolando bandiere siriane, russe e iraniane in segno di vittoria e suonando i clacson delle auto in un atto di sfida. “Siamo i tuoi uomini, Bashar”, hanno urlato molti di loro. La tv di Stato ha trasmesso in diretta le immagini di una folla di civili mescolata agli uomini un uniforme.

7.48 – No segnali possibile risposta di Siria o Russia
Al momento non ci sono segnali di una possibile risposta delle forze di Damasco o di Mosca all’attacco sferrato da Stati Uniti, Francia e Regno Unito: lo affermano fonti delle forze Usa presenti in Siria per combattere l’Isis. Attualmente i soldati americani nel Paese mediorientale sono circa duemila.

7.31 – Onu, appello a moderazione e responsabilità. “Evitare escalation”
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha lanciato un appello “alla moderazione e alla responsabilità” definendo la situazione venutasi a creare con l’attacco in Siria “molto pericolosa”. “Bisogna evitare azioni che possano provocare un’escalation e peggiorare le sofferenze della popolazione siriana”, ha affermato il leader del Palazzo di vetro chiedendo unità ai Paesi del Consiglio di sicurezza.

7.26 – Mosca: “Molti missili intercettati ed abbattuti”
Un numero “considerevole” dei missili lanciati stanotte da Usa, Gb e Francia è stato “intercettato e abbattuto” dai sistemi di “difesa siriani”. Lo sostiene il ministero della Difesa russo.

7.19 – Gentiloni informato
Il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni è stato costantemente informato questa notte degli sviluppi degli attacchi militari in Siria, mantenendosi in contatto con i ministri Esteri e Difesa e con i vertici militari. Nelle prossime è prevista una sua dichiarazione presso la Sala dei Galeoni di Palazzo Chigi.

7.17 – Lanciati più di 100 missili su obiettivi
Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia hanno lanciato più di 100 missili da crociera e aria-terra su obiettivi militari e civili in Siria. Lo dice il ministero della Difesa russo. “Oltre 100 missili da crociera e missili aria-terra sono stati lanciati contro obiettivi militari e civili in Siria da navi statunitensi, britanniche e francesi”, ha affermato il ministero citato dalla Tass.

7.09 – Iran: “Ci saranno conseguenze nell’area”
“Gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno prove sull’attacco chimico in Siria e sono responsabili per le conseguenze regionali che seguiranno all’attacco deciso senza aspettare che prendessero una posizione gli ispettori dell’Opac”: lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Bahram Ghasemi, citato da alcuni media americani.

7.02 – Congresso contro Trump: “Non ha chiesto l’autorizzazione”
Scoppiano le prime polemiche negli Stati Uniti per la decisione di Donald Trump di sferrare un attacco alla Siria senza ottenere prima un’autorizzazione del Congresso. Anche alcuni deputati repubblicani si sono uniti al coro dei democratici guidati dalla leader della minoranza alla Camera Nancy Pelosi nel criticare il presidente che avrebbe violato la Costituzione. Secondo quanto riportano fonti del dipartimento di Stato, il segretario di Stato facente funzioni John Sullivan ha informato dell’attacco diversi membri del Congresso dopo che i bombardamenti in Siria erano già partiti.

6.56 – Tv siriana: “Tre civili feriti ad Homs”
“Tre civili sono stati feriti nell’attacco di stanotte alla base militare di Homs”. Lo riferisce la tv di Stato siriana.

6.50 – La Nato sostiene l’attacco
La Nato sostiene l’attacco di Usa, Gran Bretagna e Francia contro i siti di armi chimiche del regime siriano. Lo afferma il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg in una nota. L’azione di stanotte “ridurrà la capacità del regime di condurre ulteriori attacchi contro il popolo siriano con armi chimiche”, aggiunge Stoltenberg, ribadendo come sia “inaccettabile” l’utilizzo dei gas.

6.15 – Nessun missile in area anti-aerea russe
Nessuno dei missili degli Usa e dei suoi alleati è entrato all’interno delle aree anti-aeree russe. Lo fa sapere il ministero della Difesa russo, citato da RT. “Nessuno dei missili da crociera lanciati dagli Usa e dai suoi alleati è entrato nella zona in cui le unità di difesa aerea russe stanno difendendo le strutture di Tartus e Hmeimim”, ha precisato il ministero della Difesa russo. Mosca dispone di una base navale a Tartus e di una base aerea a Hmeimim.

6.09 – Fonti Usa: “La nostra risposta non è finita”
“Non è finita. Quella che avete visto stanotte non è la fine della risposta degli Stati Uniti”: lo affermano fonti dell’amministrazione Trump, spiegando come il piano messo a punto dal Pentagono “prevede molta flessibilità che permette di procedere a ulteriori bombardamenti sulla base di quello che è stato colpito stanotte”. La più grande preoccupazione, si spiega inoltre, è l’accresciuta capacità della Russia rispetto allo scorso anno in termini di difese antimissili e antiaerea.

5.38 – Mosca: “Siria colpita quando c’è chance di pace”
“Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno realizzato l’attacco contro la Siria nel momento in cui il Paese aveva la possibilità di un futuro pacifico”. Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova su Fb. “Quelli dietro il raid rivendicano la leadership morale in questo mondo e sbandierano la loro esclusività e unicità”, afferma. “E in effetti ci vuole un tipo molto particolare di unicità per attaccare la capitale siriana in un momento in cui il Paese si trova finalmente davanti a una possibilità di pace”. Lo scrive la Tass.

5.37 – Damasco: “30 missili, 10 abbattuti”
Fonti del regime di Assad affermano che contro la Siria “sono stati lanciati circa 30 missili, un terzo dei quali sono stati abbattuti”. Lo scrive la Reuters in un tweet.

5.01 – Pentagono: “Massimo danno e rischi minimi per civili”
Il generale Joseph Dunford, in conferenza stampa con il capom del Pentagono James Mattis, ha affermato che l’attacco in Siria ha inflitto il massimo danno senza rischi non necessari per i civili.

4.35 – Pentagono: “E’ un chiaro messaggio per Assad”
“Questo è un chiaro messaggio per Assad”: così il capo del Pentagono James Mattis ha commentato l’attacco sferrato dagli Usa in Siria. “Lo scorso anno il regime di Assad non ha compreso bene”, ha detto Mattis riferendosi alla precedente attacco militare Usa in Siria: “Questa volta abbiamo colpito in maniera più dura insieme ai nostri alleati e ai suoi generali assassini. Se dovessero perpetrare un altro attacco con armi chimiche dovranno rispondere ancora di più alle loro responsabilità”.

4.28 – Tre obiettivi attacco, tra cui un centro di ricerca
Tre gli obiettivi specifici ai quali ha mirato l’attacco sferrato dagli Usa alle 21 ora di Washington, tutti associati con il potenziale di armi chimiche siriano, riferisce la Cnn citando fonti della Difesa Usa. In particolare un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito di stoccaggio per armi chimiche a ovest di Homs e un importante posto di comando situato nei pressi del secondo obiettivo.

4.27 – Pentagono: “Attacco proporzionato ma pesante”
Il capo del Pentagono James Mattis ha affermato che l’attacco sferrato contro il potenziale siriano di armi chimiche è stato proporzionato ma pesante, sottolineando tuttavia che ha mirato specificatamente al potenziale di armi chimiche siriano.

4.22 – Fonti Damasco: “Danni limitati”
Se la prima ondata di bombardamenti in Siria è finita i danni sono per ora limitati: lo afferma una fonte del governo di Damasco citata da alcuni media americani.

4.22 – Pentagono: “Questa ondata di attacchi è conclusa”
“Questa ondata di attacchi aerei è conclusa”. Lo ha detto il generale Joseph Dunford, in conferenza stampa insieme con il capo del Pentagono James Mattis.

4.18 – Missili colpiscono struttura militare di Homs
Alcuni missili hanno colpito una struttura militare a ovest della città di Homs che si pensa sia un sito in cui vengono prodotti e conservato agenti chimici: lo riportano alcuni siti americani citando il ministero della difesa britannico.

4.14 – Distrutti tre centri di ricerca scientifica
Tre centri di ricerca scientifica sono stati totalmente distrutti nel corso dell’attacco in Siria. Lo riportano alcuni media Usa citando il Syrian Observatory.

Siria, i bombardamenti visti da Damasco

4.11 – Macron: “La linea rossa è stata oltrepassata”
“La linea rossa fissata dalla Francia nel maggio 2017 è stata oltrepassata. Ho dato quindi ordine alle forze armate di intervenire questa notte nel quadro di un’operazione internazionale condotta in coalizione con gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna, diretta contro l’arsenale chimico clandestino del regime siriano”: lo ha annunciato il presidente francese, Emmanuel Macron, con un comunicato dell’Eliseo.

3.51 – May: “A Douma puro orrore, 75 morti, anche bambini”
“Ho ordinato alle forze britanniche di condurre attacchi coordinati e mirati per ridurre il potenziale dell’armamento chimico del regime siriano e dissuaderne l’uso”. Così la premier Theresa May in una nota diffusa in nottata da Downing Street nella quale si precisa che l’azione militare è realizzata con “gli alleati americani e francesi”. Nella nota, la premier britannica fa riferimento, per giustificare i raid, al presunto attacco chimico su Douma, in Siria, indicando un bilancio di “75 morti, inclusi bambini, in circostanze di puro orrore”.

Siria, il video messaggio di Theresa May che annuncia l'attacco in Siria

3.16 – Trump: “Obiettivi associati a potenziale armi chimiche”
“Ho ordinato all’esercito degli Stati Uniti di lanciare attacchi di precisione contro obiettivi associati al potenziale di armi chimiche del dittatore siriano Bashar al Assad”. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, parlando alla nazione dalla Casa Bianca e precisando che gli attacchi sono in corso in coordinamento con Francia e Regno Uniti.

3.09 – Trump: “Ho ordinato attacco in Siria”




Siria, il Pentagono avverte Assad coi missili e neutralizza l'aggressività di Trump
Roberto Festa
2018/04/14

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... to/4292499

Un primo elemento che si può dedurre dall’attacco Usa in Siria, con l’appoggio di Francia e Gran Bretagna, è la volontà di dare un segnale forte, senza però che il conflitto militare sfugga di mano. Da questo punto di vista, sono importanti alcuni segnali che Casa Bianca e Pentagono hanno offerto, mentre l’intervento era ancora in corso. Anzitutto, che si sarebbe trattato di “one-time shot”, un attacco singolo, isolato, senza una replica possibile. Donald Trump, nell’annunciare l’intervento, ha poi spiegato gli Stati Uniti non vogliono restare nell’area: “Pensiamo di portare a casa i nostri guerrieri”, ha detto. Per evitare un possibile, e temutissimo allargamento del conflitto, i generali americani hanno anche allertato i russi dello spazio aereo che i jet Usa avrebbero percorso (non gli obiettivi militari che sarebbero stati colpiti).

Una risposta “contenuta” è stata dunque la strada scelta dagli Stati Uniti. Risposta contenuta che però non significa risposta debole. Il Pentagono è stato molto attento a mettere in evidenza che l’attacco di queste ore è, da un punto di vista di forza militare, molto più forte di quello scattato nel 2017, come reazione all’uso di armi chimiche a Khan Shaykhun. Un anno fa erano stati usati 59 missili, questa volta circa il doppio; allora si era fatto ricorso solo ai missili, questa volta sono stati utilizzati missili e jet. L’avvertimento che gli Stati Uniti lanciano al presidente Assad è quindi un passo ulteriore rispetto al passato; ma non vuole essere un passo affrettato. Lo dimostra anche la pubblicazione, da parte della Casa Bianca, dei documenti che comproverebbero l’uso di armi chimiche da parte del regime siriano a Douma il 7 aprile: le testimonianze di chi dice di aver visto elicotteri sganciare “barrel bombs”; foto dei siti colpiti; gli effetti sulla salute delle popolazioni colpite. La pubblicazione di queste “prove” è un elemento che si va dunque ad aggiungere a una strategia che punta a essere limitata e “giustificata”.

Il fatto che l’amministrazione Usa abbia scelto questa strada ci dice un’altra cosa: che, per il momento, è il capo del Pentagono, il generale James Mattis, a condurre il gioco – e che quindi l’arrivo di John Bolton come consigliere alla sicurezza nazionale non ha prodotto quella svolta militarista che alcuni temevano. Nei giorni scorsi fonti del Pentagono avevano parlato di uno scontro duro tra Mattis – e il Chairman of the Joint Chief of Staff Joseph Dunford – e Bolton: se i primi due evocavano un attacco limitato, Bolton era per un coinvolgimento più profondo nel conflitto. Come la pensasse Mattis è chiaro anche da quanto il generale ha detto davanti alla Commissione Forze Armate della Camera Usa giovedì scorso: “Stiamo cercando di bloccare l’assassinio di gente innocente, ma ciò che mi interessa è come fare ciò evitando di perdere il controllo del conflitto”. Alla fine, è passata la linea di Mattis. E anche Trump, che era partito lancia in resta con una serie di tweet in cui prometteva dei “bei missili intelligenti sulla Siria”, alla fine ha dovuto adeguarsi. Anche il fatto di annunciare l’attacco da giorni, senza però mai farlo scattare, è probabilmente un segno del fatto che gli americani non abbiano puntato a una escalation del conflitto: in questo modo, si è dato tempo ad Assad di spostare la sua forza aerea nelle più sofisticate basi militari russe.

La rappresaglia Usa in Siria si colloca però, abbastanza ovviamente, in un contesto più vasto. Da un lato, le difficoltà interne che Trump sta ormai incontrando (in questo, anche i leader dei Paesi che hanno appoggiato gli Stati Uniti non sembrano messi meglio: Theresa May è in serie difficoltà su Brexit; Emmanuel Macron se la deve vedere con gli scioperi e con una popolarità a picco). Ma è Trump a vivere il momento più difficile. Le perquisizioni a uffici e abitazione del suo avvocato personale, Michael Cohen, sono un passo ulteriore della guerra che l’Fbi sta muovendo al presidente. L’uscita, in questi giorni, del mémoir di James Comey, l’ex direttore dell’Fbi licenziato proprio da Trump, è un colpo ulteriore. Pur senza portare nuovi indizi che possano rendere più precaria la situazione giudiziaria del presidente, Comey dipinge un ritratto spietato di Trump, paragonandolo a un boss della mafia. La guerra ormai aperta che settori importanti del governo stanno muovendo alla Casa Bianca può dunque indebolire prestigio ed efficacia delle scelte di questa amministrazione. Anche di quelle internazionali.

C’è poi un’altra questione. L’attacco/rappresaglia in Siria non ha sollevato grande opposizione al Congresso Usa; solo alcuni, per esempio la senatrice del Massachussetts Elizabeth Warren, lamentano il fatto che Trump non sia passato dal Congresso per l’autorizzazione all’intervento militare. Il tacito via libera a questa rappresaglia non significa però un assegno in bianco alle politiche internazionali di questa amministrazione. Soltanto due settimane fa Trump in un comizio diceva di voler ritirare definitivamente il contingente militare americano in Siria. Oggi bombarda la Siria. Questa dimensione ondivaga e imprevedibile di Trump si è del resto misurata in molti altri ambiti internazionali: i continui tira e molla sul commercio con la Cina; le minacce e i riavvicinamenti alla Corea del Nord; gli alti e bassi nei rapporti con gli alleati europei. La mancanza di una strategia chiara si evidenzia anche in Siria ed appare molto chiara ad ampi settori del Congresso e dei militari Usa, che ora si chiedono: dopo l’attacco, che fare?



Attacco alla Siria, nel mirino centri di stoccaggio: “Ma niente segni di sostanze chimiche nell’aria”
Lorenzo Simoncelli
2018/04/14

http://www.lastampa.it/2018/04/14/ester ... agina.html

Americani, britannici e francesi dicono di avere colpito o distrutto non solo centri di produzione di armi chimiche, ma anche depositi (per lo meno uno, quello di Homs). Ma che cosa significa, di preciso, distruggere un deposito di armi chimiche bombardandolo? Se smaltisci le armi chimiche con apposite procedure è un conto, ma se le distruggi facendole esplodere che conseguenze ci sono? Quando bombardi un deposito di carri armati, poi i carri armati non ci sono più e al loro posto resta della ferraglia; ma se bombardi un deposito di armi chimiche, al suo posto che cosa resta? Una nuvola di sostanze tossiche che poi ammazzano migliaia di civili?
Questo è stato uno dei dubbi che a suo tempo frenarono Obama dall’opzione del bombardamento sulla Siria, e lo indussero (in alternativa) a negoziare con Assad lo smaltimento del suo arsenale chimico. Con Trump e soci le cose sono andate diversamente, ma adesso sui depositi di armi chimiche siriani «distrutti» staziona oppure no un pennacchio velenoso? E se no, come mai non c’è?
Giriamo la domanda a un dei maggiori analisti militari italiani Pietro Batacchi, direttore di Rid (Rivista italiana difesa): «Dipende da che cosa hanno veramente colpito. Se si tratta di centri di produzione, saranno state bombardate e disperse nell’ambiente certe quantità di precursori poco tossici delle armi chimiche. Se invece gli alleati occidentali avessero colpito davvero dei depositi di stoccaggio, la situazione dovrebbe essere diversa. Ma al momento in cui parlo non mi risulta niente del genere, e questo si spiega col fatto che le armi proibite erano state già disperse in centri sicuri e lontano dai grandi depositi».
Lei ipotizza un accordo sottobanco? Un avvertimento americano prima di bombardare, per non fare sfracelli?
«Un avvertimento segreto del genere può esserci stato, ma a indurre i siriani a disperdere le loro armi sarebbero bastate le ripetute minacce pubbliche americane di bombardamento che si sono sentite nei giorni scorsi. Gli americani non avrebbero mai colpito se ci fosse stato il rischio di provocare un disastro ambientale e una catastrofe umanitaria di cui poi sarebbero stati considerati responsabili dall’opinione pubblica interna e internazionale. Invece quello che è successo, il bombardamento limitato, sta bene a tutte le parti, compreso il governo siriano. Si è sbloccata una situazione che sembrava senza sbocco».
Tutti contenti allora, tranne i ribelli siriani?
«Ma quelli ormai non si illudono più di vincere».
In queste ora torna in voga l’ipotesi che il disastro chimico di Douma sia stato in realtà fasullo, una provocazione organizzata proprio dai ribelli, guarda caso subito dopo che Trump aveva preannunciato il ritiro americano dalla Siria. I ribelli, si dice, speravano così di scatenare una reazione occidentale molto più violenta di quella che c’è stata. Lei che cosa ne pensa?
«In Siria sia Assad sia i ribelli hanno armi chimiche, e Assad continua a usarle perché la sua posizione, nonostante l’appoggio russo e iraniano e le ripetute vittorie militari, resta precaria. Il suo esercito ha subito gravi perdite, e la sua base di reclutamento per colmare i vuoti è limitata, perché non può fidarsi di arruolare gli abitanti delle zone riconquistate né di armare i sunniti, può contare solo sulle minoranze etniche e religiose. Perciò sul terreno spesso è tentato di forzare la mano ricorrendo alle armi proibite, che del resto si sono dimostrate efficaci nel piegare le resistenza dei ribelli. Chi dice che Assad non userebbe mai le armi chimiche, sulla base del ragionamento che non gli conviene farlo, non mi convince».
In conclusione, dopo il bombardamento americano l’arsenale chimico di Assad è intatto?
«Si può rispondere di sì, per quanto riguarda questo specifico raid, ma con due riserve. Punto uno: la maggior parte delle armi chimiche di Assad sono già state distrutte sotto controllo internazionale durante la presidenza di Obama, e adesso non ne restano molte. Punto due: non è detto che i bombardamenti americani siano finiti».



Perché l'Europa odia l'America, Markovits lo spiega in un libro
Antonio Donno
2017/02/04

https://www.ilfoglio.it/esteri/2017/02/ ... smo-118089

Sono scettico sulla tradizione politica europea. Ed io, e molti altri, siamo ancor più scettici sulla realtà dell’Unione europea. La consideriamo come un elemento di divisione dell’occidente, e, invero, della stessa civilizzazione ‘europea’; implicitamente, e spesso esplicitamente, antiamericana; e oggi, e ancor peggio in futuro, un incubo (immensamente corrotto) basato sulla burocrazia e sulla regolamentazione; contraria alla tradizione fondata su legge-e-libertà”, cioè la tradizione liberale della sfera angloamericana. Così scriveva Robert Conquest, insigne sovietologo, sulla New York Review of Books dell’11 marzo 2000. E l’ultimo libro di Andrei S. Markovits, Uncouth Nation: Why Europe Dislikes America (Princeton University Press) conferma la valutazione di Conquest. In più, fu Hannah Arendt, nel 1954, a definire l’antiamericanismo europeo come costituivo della stessa identità europea.

Il “nuovo mondo” aveva finito per soverchiare il “vecchio mondo” e così l’antiamericanismo, scriveva Arendt, aveva finito per divenire un nuovo ism, fondato sull’invidia, nel vocabolario europeo. Markovits condivide la vecchia, insuperata analisi della Arendt e finisce con l’affermare che “l’avversione verso l’America è divenuta oggi più grande, più volgare, più determinata. E’ divenuto il dato unificante gli europei occidentali più di ogni altro sentimento politico, ad eccezione della comune ostilità verso Israele”. L’antiamericanismo è divenuto la “lingua franca” degli europei; tanto più dopo l’impegno americano, ai tempi di Bush, nel medio oriente. Ma la cosa più sorprendente, e per certi versi ancor più oscena, è che l’antiamericanismo europeo ha avuto un salto di qualità dopo l’11 settembre, prima ancora delle decisioni di Bush di intervenire per abbattere il regime di Saddam Hussein. Insomma, in quella circostanza, nonostante l’evidenza dell’estrema gravità dei fatti accaduti, l’antiamericanismo degli europei ha avuto una valvola di sfogo in un atteggiamento, consapevole ma più spesso inconsapevole, di soddisfazione per ciò che era accaduto a “Mr. Big”.

Ma l’antiamericanismo, secondo l’analisi di Markovits, ma anche di una lunga tradizione di studi sull’argomento, ha le sue radici nel momento stesso in cui la rivoluzione americana aveva dato vita a una nuova nazione e questa nuova nazione aveva mosso i primi audaci – e perciò irritanti per gli europei – passi nel sistema politico internazionale di impianto eurocentrico. Un’audacia offensiva per gli europei che aveva lasciato un lungo strascico di insofferenza, dispetto e perfino odio negli europei verso gli americani, un popolo rozzo, ignorante, presuntuoso, insopportabile. In fondo, scrive Markovits, l’America era nata da una costola dell’Europa, ma si era affrancata dalla vecchia madre ben presto. E, così, l’anti-americanismo aveva preso la piega attuale: “Questi sentimenti e prese di posizione negativi sono stati determinati non solo – ma anche soprattutto – da ciò che gli Stati Uniti fanno, ma piuttosto da un sentimento contro ciò che gli europei credono che l’America sia”. Cioè, in definitiva, una posizione contraria di natura esistenziale, nel cui ambito il termine “americanizzazione” acquista un significato spregiativo. Ma una parte assai interessante dell’opera di Markovits riguarda il binomio antiamericanismo/antisemitismo.

Markovits fa presente che la sua attenzione verso l’anti-semitismo è strettamente connessa all’anti-americanismo, in quanto “la violenza dell’ostilità verso Israele può essere compresa soltanto in stretta relazione all’antiamericanismo e all’ostilità verso gli Stati Uniti”. Allo stesso modo, l’antisemitismo e l’avversione verso le politiche di Israele si connettono, comportando anche l’opposizione all’esistenza di Israele come stato. Mentre l’opposizione alle politiche di Israele e alla fondazione stessa dello stato di Israele non sono concettualmente segno di antisemitismo, afferma Markovits, nella realtà ambedue spesso ricadono nell’antisemitismo. Tutto ciò fa il pari con l’antiamericanismo: “Israele, a causa della sua associazione con gli Stati Uniti, è di fatto percepito dagli europei potente quanto l’America, essendo l’uno l’estensione dell’altro e viceversa”.

Inoltre, Israele è alleato degli Stati Uniti, ma gli Stati Uniti sono alleati di molti altri paesi. La cosa, allora, sembra non quadrare. La spiegazione che dà Markovitz va al fondo della questione. Israele è uno stato ebraico e l’Europa si porta dietro un grande problema con il popolo ebraico, un problema irrisolto e fastidioso per la coscienza europea. E allora, dal momento che l’antiamericanismo europeo, come si è visto, è della stessa stoffa dell’antisemitismo del Vecchio Continente, un problema altrettanto irritante per gli europei, l’associazione storica, politica e culturale tra i due paesi produce la medesima associazione antiamericanismo/antisemitismo. Il cerchio è chiuso.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » dom apr 15, 2018 9:36 am

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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » dom apr 15, 2018 8:16 pm

Putinismo

DADDY
Niram Ferretti
15/04/2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il putinismo è come il mussolinismo o lo stalinismo, come ogni ismo riferito a un uomo, malattia infantile della psiche, regressione a quei momenti in cui l'autorità del padre è necessaria perchè ti fa sentire sottomesso ma allo stesso tempo al centro dell'universo, unico e raro, perchè per Daddy tu sei parte del suo mondo e lui del tuo.
Daddy Putin consola le anime in pena per troppa libertà in democrazia, perché l'occidente liberale è ormai una favola consunta che ci ha portato al caos di confini che non sono più confini, di regole che non sono più regole, di interdizioni che non sono più interdizioni. Abbiamo perso la bussola e quindi ci vuole un Daddy forte e risoluto che sappia rimettere insieme i pezzi sparsi della costruzione che è crollata.
Non importa se questo Daddy governa un paese dove vive e prospera una cleptocrazia tra le maggiori, dove dietro i fasti delle cupole delle chiese ortodosse e del sentire popolare per la Grande Madre Russia, c'è disagio, corruzione, ricatto e violenza, insomma tutto il solito disordine umano da cui nulla e nessuno ci ha mai emendato.
Importa la favola, la fiction, l'arrendevolezza dell'immaginazione, l'occhio che lacrima perchè vede nel sorriso benevolo di Daddy o nel suo cipiglio severo, l'indicazione giusta, l'ammonimento autorevole, il "Ce la puoi fare ragazzo, sono al tuo fianco".
La democrazia infondo ha stancato. Troppa libertà, troppi desideri trasformati in atto, alla fine è troppo, è troppo troppo. Ci vuole qualcuno che freni l'immaginazione, che ci faccia obbedienti, solerti esecutori.
Un ex agente del Kgb di volgarità esibita, sfrontato nella plastica facciale come nella serietà con cui mente senza esitazione, perchè non dovrebbe essere lui a consolarci, a liberarci dalla nostra libertà?
Essere sudditi è per molti una voluttà segreta, per altri una affermazione intenzionale. Costa pensare con la propria testa. Affatica.
Daddy è lì, per noi, per sostituire i suoi pensieri ai nostri.



Gino Quarelo
A me fa semplicemente orrore! Dal putinismo al maomettismo il passo è breve.



Il caso umano pietoso di Lambrenedetto
15/04/2018

https://www.facebook.com/LambrenedettoX ... 8946893834

Ne hanno abbattuti 71 su 103 di missili con i vecchi S150 di trent’anni fa sovietici con i moderni S300 e S400 russi li abbattevano tutti i missili , ormai sono ridicoli , i Russi sono superiori in tutto e per tutto e con la Cina sono i più forti e con il nuovo missile nucleare ipersonico Satan 2 russo sono anni luce avanti a tutti . Ormai e’finito l’impero americano tempo al tempo e comandera’ la Cina che si sta comprando l’Africa ha il debito pubblico americano in mano e compra tecnologia militare e materie prime della Russia


Russia: Putin si munisce di "Satan 2", il missile nucleare capace di incenerire il Texas o la Francia
26 ottobre 2016

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/ru ... 602a.shtml

L’ordigno, dotato di 16 testate atomiche e di un raggio d’azione di 10mila chilometri, potrebbe essere operativo nel 2018
Secondo gli analisti militari americani, le novità riguarderebbero soprattutto l'elettronica del missile, resa più precisa rispetto ai precedenti modelli. Invece sarebbero invariati la potenza e il raggio del dispositivo.
Filtra nervosismo dai vertici dell'Allenza atlantica che, solo qualche ora prima, avevano criticato la Spagna per aver autorizzato l'attracco, a Ceuta, della portaerei russa Kuznetsov.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » dom apr 15, 2018 9:01 pm

Assad il santo, il difensore delle minoranze e dei cristiani, il laico che fa votare le donne


La Siria cristiana sostiene Assad
(di Davide Pellegrino)
2018/04/12

http://www.oltrelalinea.news/2018/04/12 ... iene-assad

“Gli ultimi sviluppi della guerra in Siria mostrano che non vi è la volontà di lasciare in pace questo Paese; al contrario, attori regionali e potenze mondiali sembra stiano cercando sempre più un pretesto per intervenire con una durezza ancora maggiore, e combattere. Damasco sta chiedendo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di inviare una commissione di inchiesta. Tuttavia USA, Regno Unito e Francia vogliono adottare il pugno di ferro e non sembrano accettare alcun compromesso”. Queste le parole del vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, commentando il clima di tensione venutosi a creare in seguito alla farsa dell'”attacco chimico” a Douma, recentemente bonificata dall’esercito siriano e teatro di giubili da parte della popolazione.

La cristianità, in Siria, sta con Bashar al-Assad. È il ringraziamento più bello per le sue visite, ogni 25 dicembre, presso il Monastero di Nostra Signora a Saydnaya, costruito nel V secolo e appartenente al Patriarcato Ortodosso di Antiochia dove rende onore alle origini del suo Paese e alle sue tradizioni. La Siria, infatti, nella storia, è stata crogiolo del Cristianesimo per la prossimità di Damasco con la Gerusalemme e la presenza di luoghi simbolici. Basti pensare al Sacrario di San Giovanni Battista nella Moschea degli Ommayadi, a San Simeone, luogo di riferimento per gli stiliti, oppure Santa Tecla a Maaloula, cittadella divenuta tristemente famosa, nel 2013, per il massacro e la distruzione parziale del patrimonio culturale perpetrati dai miliziani qaedisti di Jabhat al-Nusra.

Nessuno, che sia musulmano, ebreo o profugo, pensa di minarne la sacralità. È il riconoscimento di quanto avvenuto a Sadad, villaggio cristiano sulla strada per Palmira. Qui, durante l’assedio avvenuto nel 2013 ad opera dei Fratelli Musulmani, l’esercito siriano ed Hezbollah dormirono nelle case dei cristiani per rassicurarli. Li fecero sentire parte integrante della comunità. Che l’Occidente, che affonda le radici in questa religione, prenda esempio.



Non credo che Assad sia una vittima.

Luca Fusai sul caso siriano
14/04/2018
https://www.facebook.com/shar.kisshati/ ... 6201200493

Due paroline riassuntive sulla realtà storica. La Siria era protettorato francese, poi divenne una nazione araba (araba?) che dal 1948 iniziò una propria feroce campagna imperialistica. Sia contro Israele che contro altri paesi arabi. Contro Israele partecipò a tutte le guerre possibili e immaginabili, venendo sempre sconfitta ma sempre attaccando con ferocia. Nel 1973, nel Kippur, l'esercito siriano fece di tutto per massacrare l'esercito israeliano; il Capo dell'Esercito incitava i propri soldati a trucidare i nemici prigionieri e i suoi soldati gli ubbidirono pienamente. Sappiamo di israeliani catturati e crocifissi dai siriani. È scritto bene: ''crocifissi''. Accadde questo. Una volta incassata l'ennesima sconfitta, il padre dell'attuale Assad dovette accettare il dato di fatto ma migliorò comunque il proprio armamento e il proprio esercito. L'Unione Sovietica era la sua anima nera che lo riforniva di tutto. Non potendo distruggere Israele, il dittatore dilagò sul Libano, che la Siria riteneva da sempre una propria ''provincia''. Per cui a Beirut e dintorni venne fuori una guerra civile mostruosa destinata a durare anni e a uccidere migliaia di persone; e alla fine, verso la metà degli anni Novanta, in Libano stazionavano circa trentamila soldati siriani. Fine della sovranità libanese. Ancora oggi il Libano non è uno stato ma una 'dependance' siriana.
Nel frattempo Assad riempiva di cadaveri lo stesso territorio siriano:Il 2 febbraio 1982, la popolazione di Hama, in stragrande maggioranza, sunnita, guidata da 150 ufficiali, insorse contro il potere dittatoriale del suddetto Assad, alawita, come reazione a una serie di arresti di elementi sunniti. Nei quattro giorni in cui ebbero il controllo della città, vennero uccisi circa 300 militanti ba'thisti e i militari di un'unità di paracadutisti inviata dall'esercito. Le forze armate siriane, organizzate e guidate, secondo indiscrezioni, dal fratello stesso del Presidente, Rifaʿat al-Asad, replicarono con un durissimo assedio e lo spietato bombardamento di Hama, durati 27 giorni, nel corso dei quali praticarono la politica della "terra bruciata" su un terzo della cittadina — che vantava numerosi gioielli architettonici, per lo più d'età zengide e ayyubide — che venne di fatto raso al suolo. Nell'abbandonare la città, l'esercito e le forze di sicurezza del regime si dettero a massacri sanguinosi persino all'interno delle varie colonie di rifugiati politici ospitati all'interno di Hama, torturando e giustiziando gli oppositori politici, veri o presunti, della dittatura. Il tutto venne alla ribalta con grave ritardo, visto il ferreo controllo censorio operato dal regime siriano su tutti i mezzi d'informazione, facilmente distratti dalla contemporanea dalle ''terribilissime'' operazioni israeliane in Libano contro i 'poveri e indifesi' palestinesi di Arafat. La repressione di Hama fu descritta come ''l'atto singolo più letale messo in atto da un governo arabo contro il suo stesso popolo nel Vicino Oriente moderno'' (Robin Wright, Dreams and Shadows: the Future of the Middle East, Penguin Press, 2008, pp. 243-244.).
Il figlio di Assad, ha oggi tentato di ripetere le gesta del padre quando anni fa una vasta ribellione di ispirazione laica scoppiò in gran parte dello Stato. La capacità dell'esercito e la sua forza stava per avere completa ragione dell'insurrezione quando al movimento originario si sovrappose l'elemento islamico e integralista che riuscì a infiammare nuovamente la lotta contro il potere centrale. A quel punto la Siria divenne uno dei punti di emanazione di formazioni filo-Isis e la guerra divenne sempre più sanguinosa e sempre più incancrenita. Fu in questo momento in cui Obama decise di dare il via NON A UN BOMBARDAMENTO SELETTIVO DIMOSTRATIVO SULLA SIRIA MA AD UNA SERIE DI BOMBARDAMENTI MASSICCI E VOLTI ALLA DESTABILIZZAZIONE E CADUTA DI ASSAD. Sarebbe stato un disastro nel disastro: far cadere Assad in quel momento, quando le formazioni integraliste erano in controllo del 70% del territorio nazionale avrebbe di fatto creato un nuovo stato islamista. Fortunatamente lo stato maggiore americano riuscì a imporsi sulle follie di Obama. Nella situazione odierna è difficile dire quale sia la strada migliore. Certo sbagliatissima o meglio disastrosa fu la scempiaggine militare condotta da Sarkozy e guardacaso da Obama contro Gheddafi. Un avvertimento come quello di stanotte potrebbe al contrario essere salutare per il 'degno' erede del massacratore di Hama. Lasciando perdere i fervorini occidentali anti-Putin che non interessano a nessuno. Quel che è sicuro è il fatto che l'Italia debba starne fuori in assoluto: non siamo nessuno e non abbiamo alcun mezzo per fare niente. Ci restano solo gli occhi per piangere.



Ozy Miani
15/04/2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8953007691

1982. Il "moderato" Assad, che "protegge le minoranze" e "non ha armi chimiche" e che "gli americani odiano solo perché non ha una banca centrale" [?], e la cui famiglia e la cui setta rappresentano l'"islam più moderato",
fa radere al suolo la città siriana di Hama, massacrandone la popolazione con i gas.
Muoiono 40.000 fra civili e miliziani, tutti cittadini Siriani.
La città di Hama era stata il centro di proteste contro il Governo di Assad.
La strage non fu giustificata da nessun "oleodotto", nessun "califfato", nessuno "scontro fra America e Russia". Israele non c'entrava un cazzo, il petrolio nemmeno.
Un regime di merda aveva affamato la sua popolazione, la popolazione si ribellò, e laddove qualcuno meno feroce degli Assad avrebbe mandato la Celere, loro mandarono i bombardieri.
I Sunniti ovviamente ci misero del loro - ma fu una dinamica del tutto interna allo Stato siriano.
Io posso anche star qui a leggere le vostre cazzate di neofiti dell ggggeopolitica, ma un cazzo di libro di Storia volete leggerlo, una volta ogni tanto, o è davvero troppa fatica?
[Dov'ero io? A 80 chilometri da lì]



Israele conferma ufficialmente attacco a reattore nucleare siriano. Perché proprio ora?
21/03/2018

http://www.rightsreporter.org/israele-c ... roprio-ora

Israele ha confermato ufficialmente che la notte tra il 5 e il 6 settembre 2007 attaccò e distrusse il reattore nucleare di al-Kibar, nella regione di Deir ez-Zor, nella Siria orientale.

L’operazione, denominata in codice “Outside the Box”, necessitò di una lunga preparazione (sei mesi) resa più difficoltosa dalla necessita dell’assoluta segretezza.

Era da molto tempo che gli israeliani monitoravano la costruzione, avvenuta in segreto con l’aiuto della Corea del Nord, del reattore nucleare siriano e l’operazione “Outside the Box” scattò nel momento in cui l’intelligence israeliana ritenne che l’opera fosse quasi alla fine. Entro tre mesi il reattore sarebbe infatti diventato operativo.

«Questo è stato in realtà il più significativo attacco israeliano in territorio siriano dopo la guerra dello Yom Kippur» ha detto l’attuale capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, il generale Gadi Eizenkot, che all’epoca era a capo del comando settentrionale.

L’IDF ha pubblicato il video dell’operazione con i dialoghi in ebraico tra i piloti e il comando nel quale si sente il pilota dire “Cobra è chiaro, sono sul bersaglio» e il comando rispondere «va bene» e poi tutta la preparazione e infine l’impatto distruttivo.

«Solo poche persone erano al corrente dell’operazione» dice ancora il Generale Gadi Eizenkot. L’attacco non poteva essere più rimandato perché se il reattore fosse entrato in funzione c’era il rischio molto alto che la ricaduta di elementi radioattivi colpisse la popolazione.


Perché l’ammissione arriva proprio ora?

In molti si sono chiesti perché l’ammissione ufficiale da parte di Israele arriva proprio ora dopo che per anni, sebbene tutti sapessero che era una operazione israeliana, il tutto è stato gelosamente custodito nelle più segrete stanze della intelligence israeliana. È una domanda a cui non è facile rispondere. Secondo alcuni osservatori il motivo va ricercato nelle dichiarazioni dell’allora Segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, che secondo un documento pubblicato da Wikileaks nel 2008 disse che gli americani avevano discusso con gli israeliani di questa operazione a livello politico ma che poi la decisione di agire fu tutta israeliana e che solo dopo gli americani vennero messi al corrente. In sostanza gli israeliani vorrebbero ribadire che quando si tratta di sicurezza di Israele non aspettano nessuno e non chiedono il permesso a nessuno anche se questo potrebbe voler dire lo scoppio di un conflitto anche di vaste proporzioni, come quello che all’epoca poteva scoppiare con la Siria.

Non si tratterrebbe quindi di un messaggio all’Iran come può sembrare, o comunque non solo, sembrerebbe più un messaggio all’amministrazione americana per ribadire che se non sarà Washington a risolvere il problema del nucleare iraniano lo farà Israele esattamente come ha fatto con il nucleare siriano.

E a parziale conferma di quanto detto sopra ci sono ancora le parole del capo di Stato maggiore Israeliano: «Oggi, quando guardiamo al Medio Oriente, comprendiamo quanto questa operazione sia stata influente e come abbia cambiato la realtà sul terreno. Immaginate se oggi ci fosse un reattore nucleare in Siria, in che tipo di situazione ci troveremmo» ha detto il Generale Gadi Eizenkot alla stampa. E come dargli torto?
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