Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:16 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:20 pm

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Il battaglione Azov "nazista" degli ucraini e l'accusa di nazismo all'Ucraina, propaganda russa antiucraina





Chi sono i «nazisti ucraini» di cui parla Putin? Dal ruolo nella guerra del Donbass al battaglione Azov
3 marzo 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/nazis ... 40502.html

L'obiettivo dichiarato della Russia in Ucraina è quello di «demilitarizzare» e, soprattutto, «de-nazificare» il paese. In altre dichiarazioni, il presidente russo Vladimir Putin ha definito il governo di Kiev «una banda di drogati e neo-nazisti». Zelensky ha più volte rispedito al mittente le accuse, eppure la propaganda del Cremlino continua a spingere sul tema della battaglia all'ultra-destra. Ma perché la Russia ha scelto questo tema? E, soprattutto, su quali basi si poggia l'idea (non confermata dai fatti) che i politici ucraini appartengano a correnti di estrema destra?

Ucraina, Yanukovich: chi è l'ex presidente filorusso (nato a Donetsk) che Putin vuole insediare di nuovo a Kiev


Nazisti ucraini? Le radici storiche

Le affermazioni di Putin hanno delle radici storiche e bisogna tornare alla Seconda Guerra mondiale per capire a cosa si riferisce lo Zar. L'ucraino Stepan Bandera, infatti, collaborò con la Germania di Hitler con l'obiettivo di opporsi all'Urss e creare uno stato indipendente alleato dei tedeschi. Nacque così l'Armata ucraina d'insurrezione, che negli anni ha dato vita a successive formazioni nazionaliste che si sono opposte a Unione Sovietica prima e Russia poi. Per Putin, dunque, la nascita stessa di un'Ucraina indipendente è legata al nazismo.

Formazioni di ultra-destra sono apparse in Ucraina, con ruoli più o meno centrali, a più riprese. Contro la Russia hanno combattuto nel 1993 al fianco dei georgiani e nel 1994 con i ceceni. Nel 2004 i nazionalisti ebbero un ruolo (seppur marginale) nella cosiddetta rivoluzione arancione in Ucraina, che portò il filo-occidentale Viktor Yushchenko a diventare presidente.


Rivoluzione del 2014 e battaglione Azov

Ma è nel 2014 che queste formazioni acquisiscono centralità nello scenario politico ucraino, quando durante le settimane dell'Euromaidan salgono sulle barricate per spodestare il presidente filo-russo Viktor Yanukovich. L'impegno dell'ultra-destra ucraina si è poi spostato nel Donbass, nella guerra contro i separatisti di Donetsk (tradizionalmente filo-russi). In questo contesto nasce il temibile battaglione Azov, formatosi a Mariupol nel 2014, proprio per prendere parte alla guerra del Donbass. Questa formazione, di chiara ispirazione neonazista, divenne famosa a seguito di accuse di crimini di guerra e tortura.
Oggi è inquadrata nei ranghi della Guardia nazionale dell'Ucraina.








Putin peggio di Hitler e di Stalin insieme
Ecco il suo demenziale programma ideologico politico militare, assai peggio di quello di Hitler esplicato nel suo orrendo Mein Kampf



"Cari russi, è questione di vita o di morte": ecco il discorso di guerra di Putin
Vladimir Putin, 24 febbraio 2022

https://www.nicolaporro.it/cari-russi-e ... -di-putin/

Pubblichiamo la traduzione del video messaggio notturno che ha dato il via alle operazioni russe in Ucraina. Putin si rivolge sia ai cittadini russi che a quelli ucraini. Il video e il testo del discorso sono stati pubblicati sul sito del Cremlino.

SOTTOTITOLI Ucraina, Putin: "Ho deciso di condurre un'operazione speciale"

Cari cittadini russi! Cari amici!

Oggi, ritengo ancora una volta necessario tornare sui tragici eventi accaduti nel Donbass e sulle questioni chiave per garantire la sicurezza della Russia.

Vorrei iniziare con quanto ho detto nel mio discorso del 21 febbraio di quest’anno. Stiamo parlando di ciò che ci provoca particolare preoccupazione e ansia, di quelle minacce fondamentali che anno dopo anno, passo dopo passo, vengono create in modo rude e senza tante cerimonie da politici irresponsabili in Occidente nei confronti del nostro Paese. Intendo l’espansione del blocco NATO ad est, che sta avvicinando le sue infrastrutture militari ai confini russi.

È noto che per 30 anni abbiamo cercato con insistenza e pazienza di raggiungere un accordo con i principali paesi della NATO sui principi di una sicurezza uguale e indivisibile in Europa. In risposta alle nostre proposte, ci siamo trovati costantemente di fronte ora a cinici inganni e menzogne, ora a tentativi di pressioni e ricatti, mentre l’Alleanza del Nord Atlantico, nel frattempo, nonostante tutte le nostre proteste e preoccupazioni, è in costante espansione. La macchina militare si muove e, ripeto, si avvicina ai nostri confini.

Perché sta succedendo tutto questo? Da dove viene questo modo sfacciato di parlare dalla posizione della propria esclusività, infallibilità e permissività? Da dove viene l’atteggiamento sprezzante nei confronti dei nostri interessi e delle nostre esigenze assolutamente legittime?

La risposta è chiara, tutto è chiaro ed ovvio. L’Unione Sovietica alla fine degli anni ’80 del secolo scorso si è indebolita e poi è completamente crollata. L’intero corso degli eventi che hanno avuto luogo allora è una buona lezione anche per noi oggi: ha mostrato in modo convincente che la paralisi del potere e della volontà è il primo passo verso il completo degrado e l’oblio. Non appena abbiamo perso la fiducia in noi stessi per qualche tempo, l’equilibrio di potere nel mondo si è rivelato disturbato.

Ciò ha portato al fatto che i precedenti trattati e accordi non sono più in vigore. La persuasione e le richieste non aiutano. Tutto ciò che non si addice all’egemone, al potere, viene dichiarato arcaico, obsoleto, non necessario. E viceversa: tutto ciò che sembra loro vantaggioso è presentato come la verità ultima, spinta a tutti i costi, rozzamente, con tutti i mezzi. I dissidenti sono messi in ginocchio.

Ciò di cui parlo ora non riguarda solo la Russia e non solo noi. Questo vale per l’intero sistema delle relazioni internazionali, e talvolta anche per gli stessi alleati degli Stati Uniti.

Certo, nella vita pratica, nelle relazioni internazionali, nelle regole per la loro regolamentazione, bisognava tener conto dei mutamenti della situazione mondiale e degli stessi equilibri di potere. Tuttavia, ciò avrebbe dovuto essere fatto in modo professionale, fluido, paziente, tenendo conto e rispettando gli interessi di tutti i paesi e comprendendo la nostra responsabilità. Invece no: (si è visto) uno stato di euforia da assoluta superiorità, una sorta di moderna forma di assolutismo, e anche sullo sfondo di un basso livello di cultura generale e arroganza, di coloro che hanno preparato, adottato e spinto decisioni vantaggiose solo per loro stessi. La situazione ha quindi iniziato a svilupparsi secondo uno scenario diverso.

Non bisogna cercare lontano per trovare degli esempi. In primo luogo, senza alcuna sanzione da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, hanno condotto una sanguinosa operazione militare contro Belgrado, utilizzando aerei e missili proprio nel centro dell’Europa. Diverse settimane di continui bombardamenti di città civili, su infrastrutture di supporto vitale. Dobbiamo ricordare questi fatti, anche se ad alcuni colleghi occidentali non piace ricordare quegli eventi e quando ne parliamo preferiscono indicare non le norme del diritto internazionale, ma le circostanze che interpretano come meglio credono.

Poi è stata la volta dell’Iraq, della Libia, della Siria. L’uso illegittimo della forza militare contro la Libia, la perversione di tutte le decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla questione libica hanno portato alla completa distruzione dello Stato, all’emergere di un enorme focolaio di terrorismo internazionale, al fatto che il Paese è precipitato in una catastrofe umanitaria che non si ferma da molti anni la guerra civile. La tragedia, che ha condannato centinaia di migliaia, milioni di persone non solo in Libia, ma in tutta questa regione, ha dato luogo a un massiccio esodo migratorio dal Nord Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa.

Un destino simile era stato preparato per la Siria. I combattimenti della coalizione occidentale sul territorio di questo Paese senza il consenso del governo siriano e senza la sanzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu non sono state altro che una aggressione.

Tuttavia, un posto speciale in questa serie è occupato, ovviamente, dall’invasione dell’Iraq, anche quella senza alcun fondamento giuridico. Come pretesto, hanno scelto informazioni affidabili presumibilmente disponibili per gli Stati Uniti sulla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq. A riprova di ciò, pubblicamente, davanti al mondo intero, il Segretario di Stato americano agitò una specie di provetta con polvere bianca, assicurando a tutti che fosse l’arma chimica sviluppata in Iraq. E poi si è scoperto che tutto questo era una bufala, un bluff: non c’erano armi chimiche in Iraq. Incredibile, sorprendente, ma il fatto resta. C’erano bugie al più alto livello statale e alle Nazioni Unite. E di conseguenza: enormi perdite, distruzione, un’incredibile ondata di terrorismo.

In generale si ha l’impressione che praticamente ovunque, in molte regioni del mondo, dove l’Occidente viene a stabilire il proprio ordine, il risultato siano ferite sanguinanti e non rimarginate, ulcere del terrorismo internazionale e dell’estremismo. Tutto ciò che ho detto è il più eclatante, ma non l’unico esempio di disprezzo del diritto internazionale.

Ci avevano promesso di non espandere la NATO di un pollice a est. Ripeto: mi hanno ingannato. Sì, si sente spesso dire che la politica è un affare sporco. Forse, ma non nella stessa misura, non nella stessa misura. Dopotutto, tale comportamento imbroglione contraddice non solo i principi delle relazioni internazionali, ma soprattutto le norme morali generalmente riconosciute. Dov’è la giustizia e la verità qui? Solo un mucchio di bugie e ipocrisie.

A proposito, politici, scienziati politici e giornalisti americani stessi scrivono e parlano del fatto che negli ultimi anni negli Stati Uniti si è creato un vero e proprio “impero delle bugie”. È difficile non essere d’accordo, è vero. Ma gli Stati Uniti sono ancora un grande Paese, una potenza che fa sistema. Tutti i suoi satelliti non solo danno rassegnato e doveroso assenso, cantano insieme a lei per qualsiasi motivo, ma copiano anche il suo comportamento, accettano con entusiasmo le regole che propone. Pertanto, a ragione, possiamo affermare con sicurezza che l’intero cosiddetto blocco occidentale, formato dagli Stati Uniti a propria immagine e somiglianza, è tutto il vero “impero della menzogna”.

Quanto al nostro Paese, dopo il crollo dell’URSS, con tutta l’apertura senza precedenti della nuova Russia moderna, la disponibilità a lavorare onestamente con gli Stati Uniti e gli altri partner occidentali, e nelle condizioni di un disarmo praticamente unilaterale, hanno subito cercato di metterci alle strette, finirci e distruggerci completamente. Questo è esattamente ciò che è successo negli anni ’90, all’inizio degli anni 2000, quando il cosiddetto Occidente ha sostenuto più attivamente il separatismo e le bande mercenarie nella Russia meridionale. Quali sacrifici, quali perdite ci costò tutto questo allora, quali prove abbiamo dovuto affrontare prima di spezzare finalmente la schiena al terrorismo internazionale nel Caucaso. Lo ricordiamo e non lo dimenticheremo mai.

Sì, infatti, fino a poco tempo fa, non si sono fermati i tentativi di distruggere i nostri valori tradizionali e di imporci i loro pseudo-valori che corroderebbero noi, la nostra gente dall’interno, quegli atteggiamenti che stanno già piantando in modo aggressivo nei loro paesi e che portano direttamente al degrado e alla degenerazione, perché contraddicono la natura stessa dell’uomo. Non succederà, nessuno l’ha mai fatto. Non funzionerà neanche adesso.

Nonostante tutto, nel dicembre 2021, abbiamo comunque tentato ancora una volta di concordare con gli Stati Uniti e i suoi alleati dei principi per garantire la sicurezza in Europa e sulla non espansione della NATO. Tutto è stato vano. La posizione degli Stati Uniti non cambia. Non ritengono necessario negoziare con la Russia su questa questione fondamentale per noi, perseguendo i propri obiettivi, trascurando i nostri interessi.

E ovviamente, in questa situazione, abbiamo una domanda: cosa fare dopo, cosa aspettarsi? Sappiamo bene dalla storia come negli anni Quaranta l’Unione Sovietica abbia cercato in tutti i modi di prevenire o almeno ritardare lo scoppio della guerra. A tal fine, tra l’altro, ha cercato letteralmente fino all’ultimo di non provocare un potenziale aggressore, non ha compiuto o rimandato le azioni più necessarie e ovvie per prepararsi a respingere un inevitabile attacco. E quei passi che furono fatti alla fine si rivelarono catastroficamente ritardatari.

Di conseguenza, il paese non era pronto ad affrontare pienamente l’invasione della Germania nazista, che attaccò la nostra Patria il 22 giugno 1941 senza dichiarare guerra. Il nemico fu fermato e poi schiacciato, ma a un costo colossale. Un tentativo di placare l’aggressore alla vigilia della Grande Guerra Patriottica si è rivelato un errore che è costato caro al nostro popolo. Nei primissimi mesi di ostilità abbiamo perso territori enormi e strategicamente importanti e milioni di persone. La seconda volta che non permetteremo un errore del genere, non abbiamo alcun diritto.

Coloro che rivendicano il dominio del mondo, pubblicamente, impunemente e, sottolineo, senza alcun motivo, dichiarano noi, la Russia, il loro nemico. Infatti, oggi hanno grandi capacità finanziarie, scientifiche, tecnologiche e militari. Ne siamo consapevoli e valutiamo oggettivamente le minacce che ci vengono costantemente rivolte in ambito economico, nonché la nostra capacità di resistere a questo ricatto sfacciato e permanente. Ripeto, li valutiamo senza illusioni, in modo estremamente realistico.

Per quanto riguarda la sfera militare, la Russia moderna, anche dopo il crollo dell’URSS e la perdita di una parte significativa del suo potenziale, è oggi una delle più importanti potenze nucleari del mondo e, inoltre, presenta alcuni vantaggi in una serie di ultimi tipi di armi. A questo proposito, nessuno dovrebbe avere dubbi sul fatto che un attacco diretto al nostro Paese porterà alla sconfitta e alle terribili conseguenze per qualsiasi potenziale aggressore.

Allo stesso tempo, le tecnologie, comprese le tecnologie di difesa, stanno cambiando rapidamente. La leadership in quest’area sta passando e continuerà a passare di mano, ma lo sviluppo militare dei territori adiacenti ai nostri confini, se lo consentiamo, durerà per decenni a venire, e forse per sempre, e creerà un quadro sempre crescente di minaccia inaccettabile per la Russia.

Anche ora, mentre la NATO si espande ad est, la situazione per il nostro Paese sta peggiorando e diventando ogni anno più pericolosa. Inoltre, in questi giorni, la leadership della NATO ha parlato apertamente della necessità di accelerare, accelerare l’avanzamento delle infrastrutture dell’Alleanza fino ai confini della Russia. In altre parole, stanno rafforzando la loro posizione. Non possiamo più semplicemente continuare a osservare ciò che sta accadendo. Sarebbe assolutamente irresponsabile da parte nostra.

L’ulteriore espansione delle infrastrutture dell’Alleanza del Nord Atlantico, lo sviluppo militare dei territori dell’Ucraina che è iniziato, è per noi inaccettabile. Il punto, ovviamente, non è l’organizzazione NATO in sé, è solo uno strumento della politica estera statunitense. Il problema è che nei territori a noi adiacenti, noterò, nei nostri stessi territori storici, si sta creando un sistema “anti-Russia” a noi ostile, che è stato posto sotto il completo controllo esterno, è intensamente colonizzato dalle forze armate dei paesi della NATO ed è dotato delle armi più moderne.

Per gli Stati Uniti e i suoi alleati, questa è la cosiddetta politica di contenimento della Russia, con evidenti dividendi geopolitici. E per il nostro paese, questa è in definitiva una questione di vita o di morte, una questione del nostro futuro storico come popolo. E questa non è un’esagerazione, è vero. Questa è una vera minaccia non solo per i nostri interessi, ma anche per l’esistenza stessa del nostro Stato, la sua sovranità. Questa è la linea rossa di cui si è parlato molte volte. L’hanno superata.

A questo proposito, e sulla situazione nel Donbass. Vediamo che le forze che hanno compiuto un colpo di stato in Ucraina nel 2014 hanno abbandonato la soluzione pacifica del conflitto. Per otto anni, otto anni infiniti, abbiamo fatto tutto il possibile per risolvere la situazione con mezzi pacifici e politici. Tutto invano.

Come ho detto nel mio discorso precedente, non si può guardare ciò che sta accadendo lì senza compassione. Era semplicemente impossibile sopportare tutto questo. Era necessario fermare immediatamente questo incubo: il genocidio contro i milioni di persone che vivono lì, che fanno affidamento solo sulla Russia, sperano solo in noi. Sono state queste aspirazioni, sentimenti, dolore delle persone che sono state per noi il motivo principale per prendere la decisione di riconoscere le repubbliche popolari del Donbass.

C’è poi una cosa che penso sia importante sottolineare ulteriormente. I principali paesi della NATO, al fine di raggiungere i propri obiettivi, sostengono in tutto i nazionalisti estremisti e neonazisti in Ucraina, che, a loro volta, non perdoneranno mai i residenti di Crimea e Sebastopoli per la loro libera scelta: la riunificazione con la Russia.

Ovviamente saliranno in Crimea, e proprio come nel Donbass, con una guerra, per uccidere, proprio come le bande dei nazionalisti ucraini, complici di Hitler, uccisero persone indifese durante la Grande Guerra Patriottica. Dichiarano apertamente di rivendicare un certo numero di altri territori russi.

L’intero corso degli eventi e l’analisi delle informazioni in arrivo mostra che lo scontro della Russia con queste forze è inevitabile. È solo questione di tempo: si stanno preparando, aspettano il momento giusto. Ora affermano anche di possedere armi nucleari. Non permetteremo che ciò avvenga.

Come ho detto prima, dopo il crollo dell’URSS, la Russia ha accettato nuove realtà geopolitiche. Rispettiamo e continueremo a trattare con rispetto tutti i paesi di nuova formazione nello spazio post-sovietico. Rispettiamo e continueremo a rispettare la loro sovranità, e un esempio di ciò è l’assistenza che abbiamo fornito al Kazakistan, che ha dovuto affrontare eventi tragici, con una sfida alla sua statualità e integrità. Ma la Russia non può sentirsi al sicuro, svilupparsi, esistere con una minaccia costante proveniente dal territorio dell’Ucraina moderna.

Permettetemi di ricordarvi che nel 2000-2005 abbiamo respinto i terroristi nel Caucaso, abbiamo difeso l’integrità del nostro Stato, salvato la Russia. Nel 2014 abbiamo sostenuto i residenti della Crimea e di Sebastopoli. Nel 2015, le forze armate sono riuscite a creare una barriera affidabile alla penetrazione dei terroristi dalla Siria in Russia. Non avevamo altro modo per proteggerci.

La stessa cosa sta accadendo ora. Semplicemente a te e a me non è stata lasciata alcuna altra opportunità per proteggere la Russia, il nostro popolo, ad eccezione di quella che saremo costretti a sfruttare oggi. Le circostanze richiedono un’azione decisa e immediata. Le repubbliche popolari del Donbass si sono rivolte alla Russia con una richiesta di aiuto.

A questo proposito, ai sensi dell’articolo 51 della parte 7 della Carta delle Nazioni Unite, con l’approvazione del Consiglio della Federazione russa e in applicazione dei trattati di amicizia e assistenza reciproca ratificati dall’Assemblea federale il 22 febbraio di quest’anno con il Donetsk Repubblica popolare e Repubblica popolare di Luhansk, ho deciso di condurre un’operazione militare speciale.

Il suo obiettivo è proteggere le persone che sono state oggetto di bullismo e genocidio da parte del regime di Kiev per otto anni. E per questo ci adopereremo per la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, nonché per assicurare alla giustizia coloro che hanno commesso numerosi crimini sanguinosi contro i civili, compresi i cittadini della Federazione Russa.

Allo stesso tempo, i nostri piani non includono l’occupazione dei territori ucraini. Non imporremo nulla a nessuno con la forza. Allo stesso tempo, sentiamo che negli ultimi tempi in Occidente ci sono sempre più parole che i documenti firmati dal regime totalitario sovietico, che consolidano i risultati della seconda guerra mondiale, non dovrebbero più essere eseguiti. Ebbene, qual è la risposta a questo?

I risultati della seconda guerra mondiale, così come i sacrifici fatti dal nostro popolo sull’altare della vittoria sul nazismo, sono sacri. Ma questo non contraddice gli alti valori dei diritti umani e delle libertà, basati sulle realtà che si sono sviluppate oggi in tutti i decenni del dopoguerra. Inoltre, non annulla il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, sancito dall’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite.

Lascia che ti ricordi che né durante la creazione dell’URSS, né dopo la seconda guerra mondiale, le persone che vivono in determinati territori che fanno parte dell’Ucraina moderna, nessuno si è mai chiesto come vogliono organizzare la propria vita. La nostra politica si basa sulla libertà, la libertà di scelta per ciascuno di determinare autonomamente il proprio futuro e il futuro dei propri figli. E riteniamo importante che questo diritto – il diritto di scelta – possa essere utilizzato da tutti i popoli che vivono sul territorio dell’odierna Ucraina, da chiunque lo desideri.

A questo proposito, mi rivolgo ai cittadini ucraini. Nel 2014, la Russia è stata obbligata a proteggere gli abitanti della Crimea e di Sebastopoli da coloro che tu stesso chiami “nazisti”. I residenti della Crimea e di Sebastopoli hanno scelto di stare con la loro patria storica, con la Russia, e noi lo abbiamo sostenuto. Ripeto, semplicemente non potremmo fare altrimenti.

Gli eventi di oggi non sono collegati al desiderio di violare gli interessi dell’Ucraina e del popolo ucraino. Sono legati alla protezione della stessa Russia da coloro che hanno preso in ostaggio l’Ucraina e stanno cercando di usarla contro il nostro paese e il suo popolo.

Ripeto, le nostre azioni sono autodifesa contro le minacce che si stanno creando per noi e da un disastro ancora più grande di quello che sta accadendo oggi. Per quanto difficile possa essere, vi chiedo di capirlo e di chiedere collaborazione per voltare al più presto questa tragica pagina e andare avanti insieme, per non permettere a nessuno di interferire nei nostri affari, nelle nostre relazioni, ma per costruirli da soli, in modo che crei le condizioni necessarie per superare tutti i problemi e, nonostante la presenza di confini statali, ci rafforzi dall’interno nel suo insieme. Io credo in questo – in questo è il nostro futuro.

Vorrei anche rivolgermi al personale militare delle forze armate ucraine.

Cari compagni! I vostri padri, nonni, bisnonni non hanno combattuto i nazisti, difendendo la nostra Patria comune, affinché i neonazisti di oggi prendessero il potere in Ucraina. Hai giurato fedeltà al popolo ucraino e non alla giunta antipopolare che saccheggia l’Ucraina e deride queste stesse persone.

Non seguire i suoi ordini criminali. Vi esorto a deporre immediatamente le armi e ad andare a casa. Mi spiego meglio: tutti i militari dell’esercito ucraino che soddisfano questo requisito potranno lasciare liberamente la zona di combattimento e tornare dalle loro famiglie.

Ancora una volta, sottolineo con forza: ogni responsabilità per un possibile spargimento di sangue sarà interamente sulla coscienza del regime che regna sul territorio dell’Ucraina.

Ora, alcune parole importanti, molto importanti per coloro che potrebbero essere tentati di intervenire negli eventi in corso. Chiunque tenti di ostacolarci, e ancor di più di creare minacce per il nostro Paese, per il nostro popolo, dovrebbe sapere che la risposta della Russia sarà immediata e porterà a conseguenze mai sperimentate nella tua storia. Siamo pronti per qualsiasi sviluppo di eventi. Tutte le decisioni necessarie al riguardo sono state prese. Spero di essere ascoltato.

Cari cittadini russi!

Il benessere, l’esistenza stessa di interi stati e popoli, il loro successo e la loro vitalità hanno sempre origine nel potente apparato radicale della loro cultura e valori, esperienze e tradizioni dei loro antenati e, ovviamente, dipendono direttamente dalla capacità di adattarsi rapidamente a una vita in continuo cambiamento, sulla coesione della società, sulla sua disponibilità a consolidarsi, a raccogliere tutte le forze per andare avanti.

Le forze sono necessarie sempre – sempre, ma la forza può essere di qualità diversa. Al centro della politica dell'”impero della menzogna“, di cui ho parlato all’inizio del discorso, c’è principalmente la forza bruta e schietta. In questi casi, diciamo: “C’è potere, la mente non è necessaria”.

Tu ed io sappiamo che la vera forza è nella giustizia e nella verità, che è dalla nostra parte. E se è così, allora è difficile non essere d’accordo con il fatto che sono la forza e la prontezza a combattere che stanno alla base dell’indipendenza e della sovranità, sono le basi necessarie su cui puoi solo costruire in modo affidabile il tuo futuro, costruire la tua casa, la tua famiglia, la tua patria. .

Cari connazionali!

Sono fiducioso che i soldati e gli ufficiali delle forze armate russe devoti al loro paese adempiranno al loro dovere con professionalità e coraggio. Non ho dubbi che tutti i livelli di governo, gli specialisti responsabili della stabilità della nostra economia, del sistema finanziario, della sfera sociale, i capi delle nostre aziende e tutte le imprese russe agiranno in modo coordinato ed efficiente. Conto su una posizione consolidata e patriottica di tutti i partiti parlamentari e delle forze pubbliche.

In definitiva, come è sempre stato nella storia, il destino della Russia è nelle mani affidabili del nostro popolo multinazionale. E questo significa che le decisioni prese saranno attuate, gli obiettivi fissati saranno raggiunti, la sicurezza della nostra Patria sarà garantita in modo affidabile.

Credo nel vostro sostegno, in quella forza invincibile che ci dà il nostro amore per la Patria.


Alberto Pento

La prima menzogna di Putin è quella sull'espansione del blocco NATO che è un'organizzazione libera e volontaria con il solo scopo della mutua difesa, infatti la NATO non si è mai espansa in modo imperiale e violento ma solo in modo libero, volontario e pacifico, ogni paese che vi aderisce può liberamente scegliere di non farvi più parte, nessuno lo costringe e lo minaccia di ritorsioni militari.

La seconda menzogna è quella sui principi di una sicurezza uguale e indivisibile in Europa che la UE e la NATO avrebbero violato. Né la UE né la NATO hanno mai violato la Russia e la sua integrità, se gli paesi liberatisi dal giogo sovietico, compresa l'Ucraina, hanno voluto entrare a far parte della UE e della NATO, essi non sono la Russia ma liberi paesi che decidono volontariamente e democraticamente del loro destino e con chi allearsi e sviluppare la loro umanità, civiltà, economia e sicurezza.
Questi paesi non sono paesi schiavi della Russia come lo erano dell'URSS.
Alla Russia non va riconosciuto alcun diritto di avere paesi schiavi o cuscinetto, non esistono uomini di seconda categoria o schiavi.
Questa demenziale pretesa di Putin è una violazione dei diritti umani e dei valori della nostra civiltà.

La terza menzogna del bugiardo Putin è quella che l'Ucraina sarebbe in mano a dei nazisti e che lui da buon cristiano democratico rispettoso dei diritti umani e dei valori umani e civili si appresterebbe a denazificare


PUTIN, L'UCRAINA E L'ASSURDA SCUSA DELLA "DENAZIFICAZIONE"

Paolo Salom
25 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883

Putin ha affermato, senza mezzi termini, che intende «denazificare» l’Ucraina, rievocando le tragedie della Seconda guerra mondiale, quando l’arrivo dei panzer tedeschi nel Paese fu salutato «con gioia» da gran parte dei cittadini e fu seguito da stragi inimmaginabili contro gli ebrei.
Ma le parole del presidente russo oggi suonano fuori tempo e fuori luogo.
L’Ucraina, tre anni fa, ha eletto presidente Volodymyr Zelensky: un ebreo russofono, che ha raccolto oltre il 70% del voto popolare.
Nel Paese esistono oggi 160 comunità ebraiche, i cui rabbini (molti arrivati dall’estero) hanno detto di non voler abbandonare. Non solo: ci sono ebrei anche tra i volontari che hanno indossato la divisa ucraina e ora sono in prima linea a difendere quello che considerano il proprio Paese.
Dunque, ha senso parlare di «denazificazione»?
Il rabbino capo di Kiev, Meir Stambler, in un’intervista al «Jewish Chronicle» ha detto, senza mezzi termini: «Gli ebrei d’Ucraina combatteranno a fianco dei loro vicini contro l’invasione russa. È vero, questo Paese è intriso del nostro sangue e la nostra Storia, qui, è complessa e dolorosa. Ma gli ultimi anni sono stati buoni, abbiamo un’ottima relazione con i nostri concittadini e condividiamo le sofferenze di questa assurda invasione: fianco a fianco».
I social, a partire da Twitter, sono pieni di messaggi di solidarietà ebraica all’Ucraina e critiche alle affermazioni «fuori dal mondo» del leader del Cremlino. L’American Jewish Committee si dice «solidale con l’Ucraina, condanniamo senza mezzi termini l’invasione voluta da Putin».
Yair Rosenberg, reporter a «The Atlantic», nota come «Putin vuole denazificare un Paese il cui presidente è ebreo così come è ebreo l’ex primo ministro: come tanti bigotti, chiama nazisti gli ebrei e trasforma le vittime del nazismo nei loro oppressori».
Certo l’Ucraina è un Paese complesso e i problemi non mancano, come nota Avi Yemini, anche lui reporter: «Dobbiamo concentrarci sui fatti: i russi hanno invaso perché l’Ucraina è nazista? No. Esiste un problema di estremismo in Ucraina? Sì, ma non è questa la ragione che spiega quello che sta accadendo». Un artista di Kiev, Mustrat, scrive: «Giusto per vostra informazione, nel nostro parlamento non c’è un solo deputato nazista, mentre abbiamo eletto un presidente ebreo. Non credete alla propaganda. Putin ci vuole distruggere perché non vogliamo tornare nell’Urss e perché siamo una giovane democrazia».
Qualche giorno fa, prima che tutto precipitasse, Stand with Us, un’organizzazione che combatte l’odio anti ebraico nel mondo, aveva lodato il voto con il quale il Parlamento di Kiev aveva approvato una legge specifica che punisce l’antisemitismo, «un passo straordinario e significativo per combattere le discriminazioni dei bigotti».

Alberto Pento
Putin il nazi fascista russo che accusa di nazismo gli ucraini che difendono la loro patria dall'aggressione di questo demente, è proprio l'indice più evidente della sue menzogne.


Tra i demenziali sostenitori del criminale nazista Russo Putin che giustificano l'aggressione dell'Ucraina perché piena di nazisti con svastiche e pro occidente corrotto e ateo, vi sono anche dei poveri venetisti che sognano il ritorno della Serenissima e che sono antiUSA al massimo grado, guidati da un ex comunistoide dell'estrema sinistra, una vergogna per noi veneti di buona volontà.


Anche questi demenziali venetisti sostengono i crimini di Putin contro l'Ucraina e il Mondo civile

VENETO SERENISSIMO GOVERNO
Ufficio di Presidenza
Fermiamo i golpisti di Kiev

La Federazione Russa sta attuando un'azione di autodifesa contro le continue provocazioni dei golpisti di Kiev e della NATO.

Il Presidente Vladimir Putin ha, con questa iniziativa, ribadito i diritti dei popoli all'autodeterminazione e a vivere in pace e nella libertà.

È chiaro a tutti che bande neonaziste foraggiate principalmente dagli Stati Uniti stanno operando, da prima del 2004 in Ucraina, e sono responsabili del massacro di Odessa, (con 48 operai arsi vivi nella sede del sindacato), e di oltre 20.000 morti provocati nel Donbass, nel tentativo d'imporre la loro dittatura sulla volontà del popolo del Donbass.

Il Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica è a fianco di tutte le forze che lottano per i loro diritti contro le canaglie nazifasciste.

Noi del Veneto Serenissimo Governo abbiamo voluto e vinto il referendum per l'autodeterminazione della nostra Patria nel 2017, con il 98,1% di SI. Stiamo lottando e lotteremo per la nostra libertà e i nostri diritti. Questa nostra lotta ci affraterna ai popoli del Donbass e della Federazione Russa.

Venezia-Longarone,24 febbraio 2022
Per il Veneto Serenissimo Governo
Ufficio di Presidenza

Veneto Serenissimo Governo
segreteriadistato@serenissimogoverno.org, – kancelliere@katamail.com,
Tel. +39 349 1847544 - +39 340 6613027
http://www.serenissimogoverno.eu
http://www.radionazionaleveneta.org


Lo schema di Putin: Intervista a Massimiliano Di Pasquale
Davide Cavaliere
25 Febbraio 2022
http://www.linformale.eu/lo-schema-di-p ... -pasquale/

Ultima parte dell'articolo intervita

Si parla spesso dei «neonazisti» ucraini. Quali sono i tassi di antisemitismo in Ucraina e Russia?
Il mito degli ucraini nazisti è un evergreen della propaganda russa sin dai tempi sovietici. È stato puntualmente rivisitato anche la mattina del 24 febbraio da Putin quale sorta di giustificazione teorica della sua invasione su larga scala in Ucraina. Il leader del Cremlino ha annunciato alla televisione russa che era in atto “la demilitarizzazione e denazificazione in Ucraina”. L’11 ottobre del 2021 anche l’ex presidente e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza, Dmitry Medvedev, in un articolo uscito sulla rivista russa Kommersant in cui attaccava il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyi, descrivendo il suo paese come uno stato vassallo degli Stati Uniti con il quale è impossibile negoziare, aveva definito Zelenskyi un “essere disgustoso, corrotto e infedele, che aveva ripudiato la sua identità (ebraica) per servire i nazionalisti rabbiosi”. Questo, proseguiva Medvedev, significava che il capo di stato ucraino somigliava a un Sonderkommando ebreo, facendo riferimento a quegli ebrei, che minacciati di pena di morte, venivano costretti a sbarazzarsi delle vittime delle camere a gas durante l’Olocausto.
Questo articolo costituisce un ulteriore riprova di come Mosca strumentalizzi il presunto antisemitismo degli ucraini per attaccare il corso democratico scelto dall’Ucraina del post-Maidan. All’epoca del Maidan, come già detto altre volte le forze cosiddette ‘xenofobe e ultranazionaliste’ – ammesso che sia corretto definire così movimenti nazionalisti radicali come Svoboda e Pravyi Sektor – ammontavano solamente all’1.9% dell’elettorato ucraino.
Se proprio volessimo parlare di fascismo beh allora potremmo dire che il regime cleptocratico di Putin è un chiaro esempio di fascismo russo. Lo storico Timothy Snyder individua nel 2011 il preciso momento in cui in Russia si compie la svolta autoritaria in fieri da anni e in cui il fascismo cristiano di Ivan Ilyin fornisce la copertura ideologica del regime putiniano. Nonostante Ilyin fosse antibolscevico e ammirasse Hitler il suo pensiero non si discostava troppo nelle sue implicazioni pratiche da quello di Stalin. La parentesi comunista vissuta dalla Russia era il frutto della corruzione proveniente dall’Occidente. Nella sua visione il comunismo era stato imposto alla Russia dall’Occidente. A detta di Ilyin che si rifà al teorico nazista del diritto Carl Schmitt la politica è l’arte di identificare e neutralizzare il nemico. E dal momento che la Russia è l’unica fonte di totalità divina e di purezza, l’uomo spuntato dal nulla, che i russi riconosceranno come il redentore, potrà muovere guerra a chi minaccia i successi spirituali della nazione.
L’Ucraina, in quanto espressione dell’Occidente corrotto che minaccia l’unità spirituale della Santa Madre Russia, è la vittima scelta da Putin per portare avanti la sua folle politica imperiale in cui il diritto inteso come rispetto delle regole è una sovrastruttura occidentale e in cui conta solo la geopolitica dei rapporti di forza. Possiamo dunque dire che il regime di Putin, anziché abiurare Nazismo e Stalinismo, le due ideologie totalitarie che hanno devastato il Novecento causando milioni di morti, le ha di fatto rimodellate e le ha poste a fondamento del suo regime.
Passerei ora ai rapporti tra Cina e Russia. Washington è responsabile dell’avvicinamento di Putin a Pechino?
Non credo che Washington sia responsabile dell’avvicinamento tra Mosca e Pechino e non credo neppure che l’asse sino-russo sia così forte. La Cina crede nel multilateralismo seppure secondo regole che vorrebbe essa stessa dettare. Economicamente Pechino ha molti più rapporti con Stati Uniti ed Europa che con la Russia, per cui il suo avvicinamento a Mosca è, a mio avviso, di carattere tattico. Inoltre non dobbiamo dimenticare che la stessa Cina ha notevoli interessi economici in Ucraina il che spiega l’equilibrismo di Xi-Jinping. È altresì vero che per una sorta di effetto domino a livello geopolitico Taiwan in queste ore sta tifando per Kiev!



Demenziale propaganda filo russa contro l'Ucraina

La Russia sta spazzando via il nazismo dall’Europa per la seconda volta
di Giulio Chinappi

https://www.marx21.it/internazionale/la ... nda-volta/

Come i loro nonni dell’Armata Rossa che quasi 80 anni fa sconfissero le orde hitleriane, oggi l’esercito russo sta spazzando via il nazismo dall’Europa per la seconda volta.

Mentre le operazioni militari russe in Ucraina proseguono con esito positivo, in Russia si fa sempre più largo l’idea che il proprio esercito stia compiendo un’azione meritoria per eliminare il nazismo dal territorio ucraino. Molti esponenti militari e politici hanno paragonato quanto sta accadendo in questi giorni al trionfo dell’Armata Rossa sulla Germania di Adolf Hitler nel 1945, quando i sovietici liberarono l’Europa dal nazismo.

In quest’ottica, e al contrario di quanto afferma la propaganda mediatica antirussa, Mosca non ha nessuna intenzione di occupare in maniera permanente l’Ucraina, ma solamente di liberare il Paese limitrofo dai corpi paramilitari al servizio della NATO che negli ultimi 8 anni hanno insanguinato il Paese. Sebbene in Occidente si faccia finta che la guerra in Ucraina sia iniziata con l’intervento russo, infatti, non bisogna dimenticare che in realtà l’ex repubblica sovietica è al centro di una guerra civile che, secondo i dati ufficiali delle Nazioni Unite, ha causato tra i 13.100 ed i 13.300 morti prima che la Russia fosse coinvolta.

Anche il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha ribadito che l’operazione militare russa in Ucraina mira a smilitarizzare e denazificare il paese dell’Europa orientale, e non ad occuparlo. “Nessuno occuperà l’Ucraina. Lo scopo dell’operazione è stato dichiarato apertamente: smilitarizzazione e denazificazione“, ha sottolineato l’alto diplomatico russo, secondo quanto riportato dall’agenzia stampa TASS. La Russia non vede alcuna possibilità di riconoscere il governo ucraino come democratico dato che “sta opprimendo e usando metodi di genocidio contro il suo stesso popolo“, ha specificato Lavrov, facendo chiaro riferimento alle politiche discriminatorie attuate da Kiev contro la popolazione di lingua ed etnia russa.

Lavrov ha sottolineato che la Russia è pronta a garantire l’indipendenza dell’Ucraina sotto un governo che rappresenti la diversità del Paese, al contrario del governo attuale che è solamente un fantoccio nelle mani di potenze straniere che fomentano il neonazismo, il genocidio dei russi e l’utilizzo dell’Ucraina come strumento per contenere la Russia. “Quando vedete i vostri diritti calpestati, voi [in Occidente] iniziate immediatamente a creare un putiferio“, ha sottolineato Lavrov. “Ma quando si abusa della lingua, dei diritti culturali e religiosi di milioni e milioni di abitanti ucraini, si attira l’attenzione non sui diritti umani ma sul carattere “democratico” del regime che è coinvolto in questo“.

Lavrov ha ricordato che in questi anni la popolazione della Repubblica Popolare di Lugansk(RPL) e della Repubblica Popolare di Doneck (RPD) “è stata oggetto di abusi, perenni bombardamenti da parte del regime di Kiev che ha apertamente adottato una rotta verso la russofobia e il genocidio”. “In tutti questi anni, i nostri colleghi occidentali hanno costantemente coperto il regime ucraino, chiudendo un occhio sui crimini militari contro i civili, sull’omicidio di donne, bambini, anziani, sulla distruzione delle infrastrutture civili e incoraggiando silenziosamente il rapido aumento del neonazismo e della russofobia, che alla fine hanno portato alla tragedia del Paese. E, naturalmente, l’Occidente ha pienamente sostenuto il regime di Kiev nei suoi tentativi di sabotare e infine distruggere gli Accordi di Minsk“, ha aggiunto.

“Nessuno intende attaccare il popolo ucraino; nessuno intende trattare il servizio delle forze armate ucraine in un modo che umilia la dignità umana. Stiamo parlando di impedire ai neonazisti e a coloro che promuovono metodi di genocidio di governare questo Paese“, ha ribadito ancora il massimo diplomatico russo. “Perché il regime di Kiev è attualmente soggetto a due meccanismi di controllo esterno: l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, e i neonazisti, che promuovono la loro ‘cultura’, che fiorisce nell’Ucraina moderna“.

“La Russia assicurerà la smilitarizzazione dell’Ucraina“, ha sottolineato il ministro, “La Russia assicurerà la denazificazione dell’Ucraina. Abbiamo sofferto troppo a causa del nazismo, e così il popolo ucraino ha sofferto enormemente a causa del nazismo per poter chiudere un occhio su tutto questo“.

Questa posizione è da sempre stata sostenuta anche dal Partito Comunista della Federazione Russa (Коммунистическая партия Российской Федерации, КПРФ; Kommunističeskaja partija Rossijskoj Federacii, KPRF), che da anni promuove l’intervento della Russia in difesa delle repubbliche popolari del Donbass. “L’imperativo pressante dell’epoca era costringere i provocatori di Kiev alla pace e frenare l’aggressività della NATO. Solo la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina garantiranno una sicurezza sostenibile ai popoli della Russia, dell’Ucraina e di tutta l’Europa. Nella lotta per la pace e nella prevenzione della rinascita del fascismo, riteniamo importante utilizzare ampiamente i metodi della diplomazia popolare e della cooperazione umanitaria”, ha commentato il leader comunista russo Gennadij Zjuganov.
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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:21 pm

Il fascismo cristiano di Ivan Ilyin

Fascismo russo e collasso delle democrazie occidentali nell’ultimo saggio di Timothy Snyder
di Massimiliano Di Pasquale
4 dicembre 2018

https://www.stopfake.org/it/fascismo-ru ... hy-snyder/

La Paura e la Ragione. Il collasso della democrazia in Russia, Europa e America, l’ultimo lavoro di Timothy Snyder, storico statunitense dell’Università di Yale, è un saggio che documenta con encomiabile rigore filologico il dilagare dell’autoritarismo in Russia, negli Stati Uniti e in Europa. L’accademico americano, tra i più autorevoli esperti mondiali di storia dell’Europa centro-orientale, dopo aver introdotto nel prologo i concetti di inevitabilità e di eternità passa in rassegna i principali eventi che hanno interessato la storia contemporanea dal 2011 al 2016, dal momento che “negli anni Duemiladieci è accaduto più di quanto immaginiamo”.

Con il crollo dell’URSS e dei regimi comunisti del Patto di Varsavia, la stragrande maggioranza degli europei e degli americani era convinta che la vittoria della democrazia fosse definitiva e che il nuovo millennio avrebbe portato una stagione di pace e prosperità mondiali e di collaborazione tra Est e Ovest. Ma così non è stato.

“Gli americani e gli europei sono entrati nel nuovo secolo guidati da un racconto «sulla fine della storia», da quella che chiamerò politica dell’inevitabilità, ossia la convinzione che il futuro sia soltanto una continuazione del presente, che le leggi del progresso siano note, che non ci siano alternative e, dunque, nemmeno rimedi”.

Corollario di questa politica, smentita dai fatti sin dai primi Anni Novanta, ma i cui fallimenti si sono palesati solo a partire dal 2008 (quell’anno segna l’inizio della crisi economica a livello globale ma anche l’avvio della politica neo-imperiale di Mosca con l’invasione della Georgia), era, nella versione americana, l’assunto che “la natura ha prodotto il mercato, che ha prodotto la democrazia, che ha prodotto la felicità” e, in quella europea, l’assunto che “la storia ha prodotto la nazione, che ha imparato dalla guerra l’utilità della pace, e pertanto ha scelto l’integrazione e la prosperità”.

Anche l’Unione Sovietica prima della sua implosione nel 1991 aveva elaborato una sua politica dell’inevitabilità in base alla quale “la natura permette la tecnologia, la tecnologia produce il cambiamento sociale, il cambiamento sociale provoca la rivoluzione, la rivoluzione mette in atto l’utopia”.

Il crollo dei regimi comunisti dimostrò l’erroneità di questa visione facendo gongolare i politici dell’inevitabilità occidentali europei e statunitensi, che per venticinque anni hanno ripetuto i loro racconti di inevitabilità allevando una generazione di Millennial senza storia.

Il crollo della politica dell’inevitabilità, testimoniato sia dalla crisi finanziaria del 2008 sia dall’insufficienza del paradigma economicistico nel forgiare sistemi liberali e democratici nei Paesi dell’ex blocco sovietico – Snyder sottolinea acutamente come “i destini della Russia, dell’Ucraina e della Bielorussia dopo il 1991 dimostravano più che a sufficienza come la caduta di un sistema non creasse una tabula rasa su cui la natura generava i mercati e i mercati generavano i diritti” –, ha introdotto un’altra visione del tempo: la politica dell’eternità.

“Mentre l’inevitabilità promette un futuro migliore per tutti, l’eternità colloca una nazione al centro di un racconto ciclico di vittimizzazione. Il tempo non è più una linea verso il futuro, bensì un ciclo che riproduce senza fine le minacce del passato”.

Nella politica dell’eternità, inaugurata dalla Russia di Putin negli anni Duemiladieci, i politici diffondono la convinzione “che il governo non possa favorire la società nel suo complesso, ma soltanto metterla in guardia dalle minacce”.

Snyder sottolinea come una volta al potere i politici dell’eternità fabbrichino crisi e manipolino le emozioni e per distrarre i cittadini dai problemi reali di un Paese “li incoraggiano a provare euforia e indignazione a brevi intervalli, annegando il futuro nel presente”. In politica estera screditano i successi di Paesi percepiti come modelli agli occhi di un vasto pubblico e servendosi della tecnologia negano la verità e trasmettono una fiction politica sia in patria sia all’estero.

A detta dello storico di Yale “gli anni Duemiladieci si sono contraddistinti soprattutto per la creazione intenzionale di una fiction politica, di storie ingombranti capaci di monopolizzare l’attenzione e di colonizzare lo spazio necessario per la riflessione”.

La paura e la ragione nasce come “tentativo di restituire il presente al tempo storico, e dunque di restituire il tempo storico alla politica”. Dopotutto la storia come disciplina, fa notare Snyder, è nata con Tucidide in antitesi alla propaganda bellica.

Il libro, che “scava nella storia russa, ucraina, europea e americana nella misura in cui ciò serva per definire i problemi politici del presente e per sfatare alcuni dei miti che li ammantano”, è diviso in sei capitoli i cui titoli sono strutturati come alternative: Individualismo o totalitarismo (2011), Successione o fallimento (2012), Integrazione o impero (2013), Novità o eternità (2014), Verità o menzogne (2015), Uguaglianza o oligarchia (2016).

Ivan Ilyin: politica dell’eternità e fascismo cristiano

Snyder approfondisce il tema della politica dell’eternità promossa dal Cremlino e individua nel 2011 il preciso momento in cui in Russia si compie la svolta autoritaria in fieri da anni e nel fascismo cristiano di Ivan Ilyin le fondamenta teoriche del regime putiniano.

Ilyin, nato a Mosca nel 1883 in una famiglia nobile che sosteneva di discendere dal principe della Rus di Kyiv, Rurik, sognò inizialmente che la Russia si trasformasse in uno Stato governato dalle leggi, ma dopo l’esperienza della Prima Guerra Mondiale e della Rivoluzione d’Ottobre divenne un controrivoluzionario e, con il tempo, l’artefice di un fascismo cristiano volto a sconfiggere il bolscevismo. Gran parte della sua produzione filosofica fu elaborata all’estero, in Germania e in Svizzera, dove visse da esule a partire dal 1922.

Agli inizi degli Anni Duemila, Ilyin morto in Svizzera nel 1954 in oblio, viene rispolverato dal Cremlino che cerca un ideologo per il nuovo corso. Il suo breve libro I nostri compiti inizia a circolare in nuove edizioni, la sua opera omnia viene ristampata e le sue idee conquistano nuovi potenti sostenitori. Nel 2005 Putin organizza persino la sua risepoltura a Mosca.

“Nel 2005, Putin aveva fatto riseppellire il corpo di Il’in presso un monastero dove la polizia segreta sovietica aveva incenerito i cadaveri di migliaia di cittadini russi giustiziati durante il Grande terrore. Al momento della risepoltura di Il’in, il capo della Chiesa ortodossa russa era un uomo che al tempo dell’URSS era stato agente del KGB”.

A partire da quella data il presidente russo inizia a citare Ilyin nei discorsi presidenziali annuali di fronte alla Duma. “Negli anni Duemiladieci, – ricorda Snyder – Putin ha fatto affidamento sull’autorevolezza di Il’in per spiegare perché la Russia dovesse indebolire l’Unione Europea e invadere l’Ucraina. […] La classe politica russa ha seguito il suo esempio. Il suo responsabile della propaganda, Vladislav Surkov, ha adattato le idee di Il’in al mondo dei media moderni. Ha orchestrato l’ascesa di Putin al potere e ha supervisionato il consolidamento dei media che ha garantito il suo dominio apparentemente eterno”.

Cerchiamo ora di riassumere brevemente il pensiero di Ilyin. Nonostante le sue idee siano state proposte ai russi un secolo fa, vengono implementate solo oggi. Ilyin, analogamente a Marx, si rifà al corpus filosofico hegeliano, offrendone però una lettura di destra. Ilyin, come Marx, sostiene che la storia sia iniziata con un peccato originale così grave da condannare l’umanità alla sofferenza. Ma il peccato originale, secondo Ilyin, non fu perpetrato dall’uomo sull’uomo attraverso la proprietà privata ma da Dio sull’uomo attraverso la creazione del mondo.

“La vita è infelice e caotica, come credono i marxisti, ma non per colpa della tecnologia e del conflitto di classe. Le persone soffrono perché il creato di Dio è conflittuale in maniera irrisolvibile. I fatti e le passioni non si possono allineare con la rivoluzione, ma solo con la redenzione. L’unica totalità è quella di Dio, e una nazione eletta la ricostruirà grazie al miracolo compiuto dal redentore”.

Secondo Ilyin la patria di Dio era la Russia. La Russia era da tutelare a tutti i costi perché era l’unico territorio da cui sarebbe potuta iniziare la ricostruzione della totalità divina.

Snyder fa notare come nonostante Ilyin fosse antibolscevico e ammirasse Hitler il suo pensiero non si discostasse troppo nelle sue implicazioni pratiche da quello di Stalin. Non è un caso che la Russia attuale, che lo elegge a suo ideologo, è lo stesso Paese che riscrive i libri di storia riabilitando il culto di Stalin.

“Dopo la guerra, Stalin diede la priorità alla nazione russa (rispetto all’Ucraina, alla Bielorussia, all’Asia Centrale, al Caucaso, alle decine di popoli dell’Unione Sovietica). La Russia, riteneva Stalin, aveva salvato il mondo dal fascismo. Secondo Il’in, l’avrebbe salvato non dal ma con il fascismo. In entrambi i casi, l’unico ricettacolo del bene assoluto era la Russia, e l’eterno nemico l’Occidente in declino”.

Per Ilyin la parentesi comunista vissuta dalla Russia era il frutto della corruzione proveniente dall’Occidente. Nella sua visione il comunismo era stato imposto alla Russia dall’Occidente. La Russia è innocente ma la sua innocenza non è osservabile nel mondo. Ilyin vede “la propria nazione come virtuosa, e la purezza di questa visione è più importante di qualunque cosa i russi abbiano effettivamente fatto”.

Per Ilyin che si rifà al teorico nazista del diritto Carl Schmitt la politica è l’arte di identificare e neutralizzare il nemico. E dal momento che la Russia è l’unica fonte di totalità divina e di purezza, l’uomo spuntato dal nulla, che i russi riconosceranno come il redentore, potrà muovere guerra a chi minaccia i successi spirituali della nazione.

“Fare la guerra contro i nemici di Dio significa esprimere innocenza. La guerra (non l’amore) è la valvola di sfogo adeguata per la passione, perché non mette in pericolo la verginità del corpo nazionale ma la protegge”.

La fantasia di una Russia innocente in eterno che comprende la fantasia di un redentore innocente in eterno torna utile al regime cleptocratico di Putin che la sfrutta opportunisticamente per coprire una realtà fatta di ingiustizie sociali, soprusi e incapacità di evoluzione in senso democratico.

“Putin, i suoi amici e i suoi alleati hanno accumulato illegalmente un’enorme ricchezza e poi hanno rifatto lo Stato in modo da salvaguardare i propri profitti. Dopo aver raggiunto questo obiettivo, i leader russi hanno dovuto far coincidere la politica con l’essere anziché con il fare. Un’ideologia come quella di Il’in pretende di spiegare perché certi uomini abbiano denaro e potere escludendo le motivazioni dell’avidità e dell’ambizione. Quale ladro non preferirebbe essere chiamato redentore?”

Vladimir Putin il redentore

Il secondo capitolo, Successione e Fallimento, riprende il concetto ilyiniano di ‘nazione innocente’ e di ‘redentore’ e analizza il percorso politico intrapreso dalla Federazione Russa dal crollo dell’URSS fino ad oggi. L’anno di svolta, come già affermato in precedenza, coincide con il biennio 2011-2012 quando Putin, gettando discredito sulle elezioni democratiche, indossa il mantello dell’eroico redentore e getta il suo Paese nel pieno dilemma di Ilyin, riassumibile in questa proposizione: ‘nessuno può cambiare in meglio la Russia finché Putin rimane in vita, e nessuno in Russia è in grado di dire cosa accadrà dopo la sua morte’.

Snyder sottolinea come, a partire dalle elezioni del 2012, la Federazione Russa, nata nel 1991 come una repubblica costituzionale, legittimata dalla democrazia, dove il presidente e il parlamento sarebbero stati scelti attraverso elezioni libere, abdichi al principio di successione.

Nonostante “la democrazia non si è mai davvero affermata in Russia, nel senso che il potere non è mai passato di mano in seguito a elezioni libere”, Putin avrebbe spinto alle estreme conseguenze il concetto di “democrazia gestita”, al punto di non negare neppure di aver alterato le regole del gioco democratico. Le elezioni, non sono più un mezzo per esprimere la volontà dei cittadini ma diventano, proprio come teorizzato da Ilyin, solo un rituale. Per il filosofo fascista la Russia avrebbe dovuto essere uno Stato apartitico, redento da un solo uomo e i partiti semplicemente dei simulacri utili unicamente per ritualizzare le elezioni.

“Il 5 marzo 2012, circa venticinquemila cittadini russi protestarono a Mosca contro i brogli alle elezioni presidenziali. Per Putin, i mesi tra il dicembre del 2011 e il marzo del 2012 furono un momento di scelta. Avrebbe potuto ascoltare le critiche alle elezioni parlamentari. Avrebbe potuto accettare l’esistenza delle votazioni e vincere al ballottaggio anziché già al primo turno; in fondo, la vittoria al primo turno non era nient’altro che una questione di orgoglio. Avrebbe potuto comprendere che molti contestatori erano preoccupati riguardo al principio di legalità e al principio di successione nel loro Paese. Invece, sembrò prendere le proteste come un’offesa personale”.

Putin decide in uno primo tempo di associare l’opposizione democratica alla sodomia globale (il tema verrà ripreso ai tempi del Maidan di Kyiv dipingendo l’Accordo di Associazione Economica dell’Ucraina con la UE come un tentativo, da parte della Gayropa, ossia dell’Europa dei gay, di minare i valori cristiani in Ucraina), in una seconda fase afferma che i contestatori sono al servizio di una potenza straniera, ossia degli Stati Uniti, il cui diplomatico più importante è una donna: Hillary Clinton.

Ovviamente il Cremlino non produce alcuna prova, del resto il punto non è quello piuttosto scrive Snyder “inventare una storia sull’influenza straniera e usarla per cambiare la politica interna”. Putin decide di scegliersi il nemico che meglio si adatta alle sue necessità di leader, non quello che minaccia realmente il suo paese.

“L’Occidente venne scelto come nemico proprio perché non rappresentava nessuna reale minaccia per la Russia. A differenza della Cina, l’Unione Europea non aveva né un esercito, né un lungo confine in comune con la Russia. Gli Stati Uniti, d’altro canto, pur avendo un esercito, avevano ritirato la stragrande maggioranza delle loro truppe dal continente europeo: da circa 300.000 uomini nel 1991 a circa 60.000 nel 2012. La NATO esisteva ancora, e aveva annesso alcuni ex Paesi comunisti dell’Europa dell’Est, ma il presidente Barack Obama aveva cancellato nel 2009 il piano americano per la costruzione di un sistema di difesa missilistico nell’Europa orientale, e nel 2010 la Russia stava permettendo agli aerei americani di attraversare il proprio spazio aereo per andare a rifornire le forze statunitensi in Afghanistan”.

L’Unione Europea e gli Stati Uniti vengono dipinti dalla propaganda del Cremlino come minacce semplicemente perché le elezioni russe sono state manipolare. La presentazione degli Stati Uniti e della UE come nemici sarebbe diventata la premessa della politica russa, dopo che “Putin aveva ridotto lo Stato russo al proprio clan oligarchico e al suo momento presente”.

Con il ritorno di Putin alla presidenza nel 2012, lo Stato russo viene trasformato in modi che corrispondevano alle idee di Ilyin. A partire da questo periodo la Russia si trasforma in uno stato fascista. La diffamazione diventa un illecito penale, la religione ortodossa si allea con il Cremlino divenendo a tutti gli effetti un suo braccio armato, comincia la persecuzione delle organizzazioni non governative, si glorificano carnefici del passato come Felix Dzerzinskij, fondatore della Cheka, cui viene intitolata una nuova unità dell’FSB, si distruggono gli archivi di Memorial, centro che aveva documentato le sofferenze dei cittadini sovietici ai tempi di Stalin.

In un articolo del 23 gennaio 2012, uscito qualche settimana dopo le elezioni parlamentari, Putin abolisce i confini legali della Federazione Russa e descrive la Russia non come uno Stato ma come una condizione spirituale gettando di fatto le basi per la ‘giustificazione teorica’ della guerra in Ucraina di due anni più tardi.

Vladimir Putin si erge dunque a redentore ilyiniano che emerge da oltre i confini della storia e incarna misticamente il passato millenario russo. Peccato, fa notare Snyder, che ai tempi di Volodymyr e del battesimo della Rus, la città di Mosca non esistesse neppure e che lo stato medioevale della Rus non coincida affatto con l’attuale Russia.

Imperi, stati nazionali e democrazie

Il terzo capitolo, Integrazione e Impero, si apre con una riflessione di grande momento sul principio di successione attraverso il quale uno Stato esiste nel tempo, sul principio di integrazione attraverso il quale uno Stato, organizzando i propri rapporti con l’estero, esiste nello spazio e sul fenomeno, già sperimentato agli inizi del Novecento, della globalizzazione.

Come spesso accade, la riflessione su ciò che in apparenza sembra scontato si rivela molto utile, nel nostro caso fondamentale per comprendere la crisi delle nostre democrazie e per tentare di fornire qualche risposta di carattere politico. Nell’epilogo del saggio Snyder torna su questi concetti sottolineando la necessità da parte di uno stato di dotarsi di un principio di successione e di una qualche forma di integrazione ma anche la necessità da parte dei cittadini di coltivare una politica della responsabilità perché “studiando le virtù che la storia ci rivela, diventiamo i costruttori di un rinnovamento che nessuno può prevedere”.

È proprio attraverso lo studio della storia che Snyder smaschera le menzogne del Cremlino sulla Rus di Kyiv e, con grande onestà intellettuale, pure gli eccessivi entusiasmi occidentali su cui si è costruita prima la politica dell’inevitabilità e oggi, anche grazie al dilagare della propaganda russa, la rinascita in Europa dei nazionalismi.

Considerare l’integrazione europea come qualcosa di dato, dimenticando l’esistenza di altri modelli, è stato sicuramente un grave errore che combinato alla dezinformatsiya russa ha contribuito a incrinare la fiducia nelle istituzioni democratiche europee. Lo studio della storia ci dice come i nazionalismi siano stati l’anticamera di nazismo e stalinismo, ossia del totalitarismo.

Chi, facendo propria la retorica sovranista/nazionalista, auspica il ritorno agli stati nazionali come a un’idealizzata età dell’oro dimostra o di non conoscere la storia o di sponsorizzare l’agenda del Cremlino per un mero interesse privatistico.

La storia ci insegna che gli Stati nazionali, sorti dalla disgregazione dei quattro grandi imperi (zarista, asburgico, tedesco e ottomano), hanno avuto una vita piuttosto breve finendo presto risucchiati entro entità totalitarie come la Germania Nazista e l’Unione Sovietica che, con il Patto Molotov-Ribbentrop, strinsero addirittura un’alleanza per spartirsi l’Europa.

“Nel 1950, il comunismo aveva conquistato quasi tutta quella zona dove, al termine della Prima guerra mondiale, si erano affermati degli Stati nazionali. In seguito alla Seconda Guerra Mondiale, così come in seguito alla Prima, l’opzione dello Stato nazionale dimostrò di essere un’alternativa impercorribile per l’Europa”.

Mentre l’Europa orientale stava sperimentando il comunismo sovietico, quella Occidentale, sfruttando l’appoggio finanziario statunitense, aveva intrapreso un nuovo esperimento con il principio di legalità e le elezioni democratiche.

“Anche se le politiche si differenziavano profondamente da Stato a Stato, in generale in quei decenni l’Europa costruì un sistema di assistenza sanitaria e di previdenza sociale che le successive generazioni avrebbero dato per scontato. Nell’Europa centrale e occidentale, lo Stato non dipendeva più dall’impero ma poteva essere salvato attraverso l’integrazione”.

L’efficacia di questo modello fa sì che, con il crollo dell’URSS, ben undici Paesi post-comunisti (Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Lettonia, Lituania, Estonia e Croazia) aderiscano alla UE.

Nel 2013 anche l’Ucraina decide di avvicinarsi, inizialmente con la sottoscrizione di un Trattato di Associazione Economica, alla UE. Ma la firma avverrà solo nel 2017 dopo che la Russia per impedire l’avvicinamento di Kyiv all’Europa, ha invaso prima la Crimea, annettendosela e ha poi aperto un fronte di guerra nella regione orientale del Donbas.

Negli anni Duemiladieci, nazionalisti, sovranisti e fascisti contrari alla UE iniziano a promettere agli europei un ritorno a una storia nazionale immaginaria. La Russia, incapace di creare uno Stato stabile caratterizzato da legalità e da un principio di successione, decide di presentarsi come un modello per l’Europa enfatizzando non la prosperità e la libertà, valori non conseguibili in Russia, ma sessualità e cultura dipingendo Europa e Stati Uniti come minacce ai presunti valori della Santa Madre Russia.

“In quest’ottica, Putin non era uno statista fallito ma un redentore nazionale. Quelli che la UE potrebbe descrivere come fallimenti di governo andavano visti come il fiorire dell’innovazione russa”.

Il modello da contrapporre all’Occidente corrotto e all’Unione Europea governata da gay, pervertiti e lobby ebraiche è l’Eurasia ossia un impero che si estende da Vladivostok fino a Lisbona con capitale Mosca, città sin dai tempi dell’Orda d’Oro mongola “al riparo dalle corruzioni europee come la tradizione classica greca e romana, il Rinascimento, la Riforma e l’Illuminismo”.

Prima di occuparsi di Dugin, il più famoso teorico dell’Eurasia attuale, Snyder dedica diverse pagine all’eurasiatismo degli anni Venti di pensatori contemporanei di Ilyin, alla tradizione slavofila che si opponeva al pensiero degli occidentalisti nell’Ottocento e al pensiero di Lev Gumilev con cui negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta del Novecento si ebbe il rilancio della tradizione euroasiatica in Unione Sovietica.

L’Eurasia degli anni Duemiladieci, ossia quella teorizzata da Dugin e dall’Izborsk Club, un club fondato dallo scrittore fascista Prokhanov, si fonda su due concetti: la corruzione dell’Occidente e la malvagità degli ebrei.

Snyder fa giustamente notare come Dugin, che nei primi Anni Novanta scriveva usando lo pseudonimo Sievers, scelto per richiamarsi a Wolfram Sievers, un nazista tedesco famoso per la sua collezione di ossa di ebrei assassinati, abbia sempre usato il termine Eurasia “per dare un suono più russo alle sue idee naziste”.

Dopo aver perorato la causa di “un fascismo rosso e senza confini” fondando nel 1993 assieme a Eduard Limonov il Partito nazionalbolscevico, agli inizi del XXI secolo Dugin, dovendosi confrontare con il successo dell’Unione Europea, inizia a parlare di “un’Eurasia che avrebbe dovuto includere l’Ucraina come elemento della civiltà russa”.

L’ucrainofobia, l’antisemitismo e l’odio per l’Occidente lo portano a fondare nel 2005 un movimento giovanile, sostenuto dallo Stato, i cui membri chiedono la disgregazione e la russificazione dell’Ucraina.

Nove anni più tardi Dugin, nel frattempo divenuto uno degli ideologi e degli spin doctors del Cremlino, sarà tra i massimi sostenitori dell’intervento russo in Donbas. Sarà proprio lui a fabbricare la fake news secondo cui l’esercito ucraino durante la ‘primavera russa’ avrebbe crocifisso un bambino nella città di Slovyansk.

Con l’occupazione della Crimea e la guerra in Donbas caldeggiate da Dugin e dal circolo fascista di Prokhanov la Russia di Putin inaugura una nuova era nella sua storia quella dello schizofascismo. Scrive acutamente Snyder come la ‘primavera russa’ abbia portato alla ribalta “una nuova varietà di fascismo, che si potrebbe chiamare schizofascismo : i veri fascisti che chiamano «fascisti» gli avversari, accusando gli ebrei dell’Olocausto e usando la Seconda guerra mondiale per giustificare ulteriori violenze”.

Putin arrivò a definire fascisti gli ucraini che si opponevano all’invasione del Donbas. La politica estera russa del 2014 era molto simile a quella praticata da Hitler e da Stalin negli Anni Trenta.

“Il Piano di politica estera del ministro Lavrov, invocato per giustificare l’invasione dell’Ucraina, ribadì il principio secondo cui uno Stato poteva intervenire per proteggere chiunque considerasse un rappresentante della propria cultura. Era la stessa argomentazione che Hitler aveva usato per annettere l’Austria, per dividere la Cecoslovacchia e per invadere la Polonia nel 1938 e nel 1939, e la stessa che Stalin aveva usato quando aveva invaso la Polonia nel 1939 e annesso l’Estonia, la Lettonia e la Lituania nel 1940”.

Fake news, dezinformatsiya, misure attive

Uno dei capitoli più interessanti del saggio è quello intitolato Verità o menzogne. Snyder, dopo aver spiegato che attraverso la dezinformatsiya diffusa da social media, spesso attraverso account fake (bot), e troll la Russia ha consolidato la sua politica dell’eternità, passa a esaminare casi concreti di fake news utilizzate per riorientare le opinioni della gente su temi sensibili, come l’immigrazione, capaci di creare delle fratture all’interno delle democrazie occidentale in Europa e negli Stati Uniti.

Interessante anche l’analisi del termine guerra ibrida usato per definire la guerra della Russia contro l’Ucraina.

“Il problema di usare espressioni in cui il sostantivo «guerra» è qualificato da un aggettivo come «ibrida» è che suonano come «guerra meno qualcosa», mentre il loro reale significato è «guerra più qualcosa». L’invasione dell’Ucraina era una guerra regolare, come pure una campagna partigiana per indurre i cittadini ucraini a combattere contro il proprio esercito. Oltre a questo, fu anche la più vasta ciberoffensiva della storia”.

Approfondendo con dovizia di particolari e veri e propri case studies (abbattimento del MH17, Brexit e presunto stupro, in realtà mai avvenuto, di una cittadina tedesca di origini russe da parte di un immigrato) temi cruciali quali guerra ibrida, uso manipolativo dei social, questo capitolo risulta propedeutico a quello finale Uguaglianza e Oligarchia in cui Snyder svela i contorni dell’operazione che ha portato nel 2016 all’elezione negli Stati Uniti di Donald Trump. Sicuramente il più grande successo assieme alla Brexit della guerra di Putin contro l’Occidente.

“Dopo aver usato i propri bot su Twitter per incoraggiare il «Leave» nel referendum sulla Brexit, la Russia li rimise all’opera negli Stati Uniti. In diverse centinaia di casi (come minimo), gli stessi bot che avevano lavorato contro l’Unione Europea attaccarono Hillary Clinton; la maggior parte dei messaggi dei bot stranieri erano pubblicità negativa nei suoi confronti. […] Troll e bot russi si mossero anche per sostenere direttamente Trump nei momenti cruciali: lodarono lui e la Convention nazionale repubblicana su Twitter, e quando Trump dovette affrontare il difficile momento del dibattito con la Clinton, troll e bot russi riempirono l’etere con dichiarazioni che sostenevano che aveva vinto o che il dibattito era stato in qualche modo manovrato contro di lui. Negli Stati in bilico vinti da Trump, l’attività dei bot si intensificò nei giorni prima delle elezioni. Il giorno stesso delle votazioni, i bot stavano lanciando l’hashtag #WarAgainstDemocrats («Guerra ai Democratici»)” .

Timothy Snyder – La paura e la ragione. Il collasso della democrazia in Russia, Europa e America (Rizzoli, 2018)
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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:21 pm

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Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:21 pm

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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:22 pm

15)
Il caso dell'uccisione del giornalista italiano e del suo accompagnatore il dissidente russo




Ecco un'altro caso, assai indicativo, della demenzialità spero solo di una parte dei venetisti che del tutto in mala fede, fanno proprie le menzogne e le calunnie della propaganda nazifascista russa e filo russa contro l'Ucraina, il suo esercito e i suoi patrioti.
Io non avrei mai creduto che i veneti venetisti potessero arrivare a tanta demenzialità, disumanità e inciviltà e io come veneto di dovermi vergognare per colpa loro.

Il caso dell'uccisione dell'attivista dei diritti umani Andrej Mironov e dissidente russo perseguitato prima nella Russia sovietica e poi in quella del dittatore Putin, ucciso in Ucraina assieme ad altre persone sabato 24 maggio del 2014 in un attacco di mortaio assiame al fotografo italiano Andy Rocchelli a Sloviansk mentre documentavano gli scontri armati pre-elettorali nell'Ucraina orientale.
L'uccisione è avvenuta con dei colpi di mortaio senza alcuna sevizia e tortura come racconta la propaganda filo russa, ma non si capisce bene per quale ragione se per errore oppure se sono stati gli ucraini perché forse lo ritenevano un nemico o un potenziale nemico ?

Putin, no grazie! La Russia di Putin con il male della terra, come la Russia dell'URSS
Difendiamo il Mondo Libero, difendiamo l'Ucraina!
viewtopic.php?f=144&t=2998
Capitolo 26
...

Adesso tutto si spiega e si tiene.
In Corte d'Appello l'ucraino patriota accusato ingiustamente della morte di Andrea Rocchelli (e del dissidente e perseguitato politico Andrej Mironov, perseguitato dall'URSS), è stato assolto.
Con ogni probabilità sono stati gli ucraini filo russi a ucciderlo addossandone poi la colpa ai patrioti ucraini, ancora oggi la propaganda nazi fascista russa e dei filo russi continua ad incolpare i patrioti ucraini.

La sentenza del 2020 stabilisce il contrario, l'innocenza dell'ucraino e la sensatezza che a compiere la strage siano stati i filo russi.
Omicidio Rocchelli, sentenza ribaltata in Appello: dopo 3 anni di carcere è libero l'ex soldato Vitaly Markiv
Il Riformista
Carmine Di Niro

4 Novembre 2020

https://www.ilriformista.it/omicidio-ro ... iv-173051/

Omicidio Rocchelli, sentenza ribaltata in Appello: dopo 3 anni di carcere è libero l’ex soldato Vitaly Markiv

Fine dell’incubo per Vitaly Markiv. La Corte d’Assise e d’Appello di Milano ha assolto il 29enne italo-ucraino, ex soldato della guardia nazionale ucraina, “per non aver commesso il fatto” nell’ambito del processo per l’omicidio del fotoreporter di Pavia Andrea Rocchelli, morto nel Donbass il 24 maggio 2014. Egualmente assolto anche lo Stato Ucraino, che era stato citato in qualità di responsabile civile. In primo grado il Tribunale di Pavia aveva condannato l’italo-ucraino Markiv a 24 anni di reclusione, con 36 mesi già trascorsi in carcere: dopo la lettura della sentenza Vitaly Markiv è stato scarcerato.

Rocchelli, all’epoca dei fatti 30enne, venne ucciso da colpi di mortaio il 24 maggio 2014, mentre stava realizzando un reportage nel Donbass, zona dell’Ucraina occupata dai separatisti filorussi, attacco nel quale morì anche l’interprete Andrej Mironov. Secondo i giudici Markiv, arrestato nel 2017, era considerato la persona che aveva individuato come sospetti il giornalista Rocchelli e il suo interprete, dando il via libera ai colpi di mortaio che poi li hanno uccisi.

Parlando in aula Markiv ha sottolineato due aspetti: “Non ho mai detto che per l’esercito ucraino e per la guardia nazionale il civile era un bersaglio, questo è falso. Potete anche vedere un video dell’obitorio dei due civili armati di kalashnikov e loro stessi dicono che per poter recuperare le salme dovevano travestirsi da civili perché sui civili non si sparava, quindi su questo non voglio dilungarmi”.

Lasciando il carcere di Opera dopo la lettura del verdetto l’italo-ucraino ha invece ricordato come “questo popolo mi ha dato casa, istruzione, tutto, non avevo nulla contro questo Paese. Chi mi conosce, sa che ho sempre cercato di essere grato per la possibilità che mi ha dato l’Italia. Però tre anni mi sono stati tolti e nessun risarcimento li farà tornare indietro, questa deve essere una lezione per tutti gli innocenti: i casi vanno guardati fino in fondo, perché una virgola può cambiare il destino di un uomo, di una famiglia, di un popolo. Sono contento, abbiamo visto che in Italia la giustizia c’è”.


Il leghista spiega: "Perché ho votato contro gli aiuti militari all'Ucraina"
Alessio Mannino
3 Marzo 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1646312798

“Non mi permetterei mai di mettere in discussione la linea e la leadership del nostro segretario Matteo Salvini. Ma non siamo in una caserma, e ritengo giusto testimoniare una sensibilità diversa sulla guerra in Ucraina”. Vito Comencini è uno dei tre deputati della Lega che alla Camera ha votato contro la parte della risoluzione del governo che riguarda l’invio di armi e munizioni all’Ucraina invasa dalla Russia di Vladimir Putin. Consigliere comunale a Verona, sposatosi nel 2019 nella Basilica di Santa Caterina a San Pietroburgo, segue da anni le vicende delle repubbliche separatiste del Donbass. “È logico che chi, come me, ha una conoscenza diretta abbia anche una sensibilità differente. A maggior ragione ho votato a favore degli aiuti umanitari e alle imprese”.

Ma non sugli aiuti militari. Perché?

"Le motivazioni sono due. La prima è che ho avuto modo di toccare di persona per due volte la tragedia del Donbass, e perciò sono molto critico verso l’idea di fornire dotazioni belliche a uno dei due contendenti. So quanto ha già sofferto il popolo del Donbass e quindi comprendo ora la sofferenza del popolo ucraino. La seconda è che non può esserci altra soluzione che quella della diplomazia e del dialogo".

Putin, però, ha invaso l’intera Ucraina dopo aver riconosciuto le repubbliche del Donbass.

"La questione è molto complessa. Non è una partita di calcio, ci vuole un’analisi molto profonda. Io ho conosciuto le vittime della guerra, che sono state migliaia, in quei territori in continua tensione negli ultimi otto anni. Le radici di questa guerra sono molto più profonde di quel che è successo negli ultime settimane. Certo, ora è avvenuta una escalation, ma il conflitto di oggi non è slegato dagli otto anni precedenti, e soprattutto da quel che è successo nel 2014. Io sono stato a Donestsk, ho visto l’aeroporto distrutto, le case bombardate, come vivevano gli ucraini di lingua russa".

Per lei siamo di fronte alla coda di uno scontro iniziato allora?

"Più che la coda, è la conseguenza. Sicuramente è collegato. Adesso la priorità è fermare in tutti i modi le armi. Sono in corso le trattative in Bielorussia, è quella la strada maestra. Con le diplomazie che devono tenere in considerazioni le varie questioni sul campo".

Da parte dell’Europa e dell’Italia sono state decise le sanzioni, oltre alla fornitura di armamenti.

"Il capo del suo partito, Salvini, ha proposto di recarsi di persona a Kiev, come gesto simbolico. Quali dovrebbero essere i fatti concreti su cui intavolare il negoziato, per lei? Si possono trovare solo negli accordi con il supporto diplomatico degli altri Paesi".

Come? Il ministro degli esteri Luigi Di Maio ha paragonato Putin a un “animale”.

"Ecco, non condivido assolutamente il metodo e il linguaggio in cui si sta muovendo Di Maio. Non è quello il modo per trovare una soluzione pacifica".

Nel Movimento 4 Stelle è nato il caso di Vito Petrocelli, presidente della commissione Esteri del Senato, che sulla risoluzione ha votato in dissenso rispetto ai suoi. Nella Lega, come in Forza Italia dove pure ci sono stati dissenzienti, questo non è avvenuto. Come si concilia la sua scelta con la linea leghista?

"Per me è una questione di giustizia e di verità. Ho anche parlato con amici, anche parlamentari, ucraini, e ho un quadro completo delle varie ragioni. Non siamo in una caserma, non siamo delle macchine. Dopodichè, cerchiamo sempre di trovare una sintesi e di lavorare assieme".

Non teme reazioni nel suo partito?

"Non mi pongo il problema. Siamo un gruppo compatto su tante battaglie e abbiamo la massima fiducia in Salvini, ma è normale che ci sia una dialettica. Come dicevo, io ho stretto la mano a persone che non ho più avuto occasione di rivedere vive. Naturale che la mia sensibilità sia diversa. Ritengo di avere il diritto e anche il dovere di portare avanti certe istanze. Quel che mi preoccupa di più è il clima di russofobia in Italia e in Occidente che lo stesso Salvini stessa condanna. Va mantenuto il rispetto per chi ha la cittadinanza russa. Non ha senso che venga coinvolto in un attacco politico e culturale come stiamo vedendo in questi giorni".

Dal punto di vista culturale, questo è anche uno scontro di valori, fra democrazia e dittatura?

"No, è sbagliato farne una questione ideologica. Il rapporto con la Russia non dovrebbe essere improntato all’ideologia. San Pietroburgo, dove mi son sposato, come tante altre realtà russe è europea. La guerra è brutta in generale in quanto guerra, a prescindere dalle parti in gioco. Ci vanno di mezzo i civili, l’economia, gli uomini mandati a farla".

Ma la Russia di Putin è una dittatura, o no?

"Opinioni totalmente discutibili. Il problema non è sul tipo di regime, ma il fatto che c’è una guerra. La cosa da fare ora è favorire la pace. Ripeto, bisogna fermare le armi. Questo deve essere il lavoro della politica e dei governi".

L’Ucraina vuole entrare nell’Ue.

"Il popolo ucraino merita ogni solidarietà e il sostegno umanitario, e il massimo rispetto delle differenze diverse al loro interno. Non possiamo permetterci di dire come devono pensare o cosa devono fare. Loro sanno come si vive al loro interno".

Ora tutti sembrano escludere l’ipotesi di un ingresso dell’Ucraina nella Nato. Lei che ne pensa?

"È stato uno dei motivi della guerra? Non sono un esperto di Nato. So per certo che una delle cause è che in Donbass, ma anche a Odessa, in Crimea, ci sono persone che chiedono di vivere in pace, parlando e insegnando la propria lingua e di avere uno statuto speciale autonomo rispetto allo Stato centrale. Era alla base dei trattati di Minsk, che purtroppo non hanno portato a quel che si sperava. Ci vuole comprensione per tutte le questioni alla base del conflitto in modo da fermarlo e risolverlo. La diplomazia deve far trovare alle parti la via della mediazione e della pace".


Il caso dell'uccisione dell'attivista dei diritti umani Andrej Mironov e dissidente russo perseguitato prima nella Russia sovietica e poi in quella del dittatore Putin, ucciso in Ucraina assieme ad altre persone sabato 24 maggio del 2014 in un attacco di mortaio assiame al fotografo italiano Andy Rocchelli a Sloviansk mentre documentavano gli scontri armati pre-elettorali nell'Ucraina orientale.
L'uccisione è avvenuta con dei colpi di mortaio senza alcuna sevizia e tortura come racconta la propaganda filo russa, ma non si capisce bene per quale ragione se per errore oppure perché gli ucraini lo ritenevano un nemico o un potenziale nemico ?


Ecco come presentano e manipolano il caso i fascisti italiani filo nazismo imperialista russo di Putin-

L'UCRAINA E I TANTI REGENI DI CUI NON FREGA NIENTE A NESSUNO.
Annamaria Spada

A differenza della grandissima risonanza mediatica avuta dall'uccisione di Giulio Regeni in Egitto, l'assassinio del giornalista italiano Andrea Rocchelli non ha avuto il minimo eco.
Perchè vi chiederete voi?
Perchè è stato trucidato in Ucraina, insieme all'attivista dei diritti umani Andrej Mironov, mentre stavano documentando le brutalità commesse dal governo golpista ucraino contro la popolazione civile.
Lo stesso governo ucraino che adesso viene fiancheggiato amorevolmente dalla NATO nella guerra contro la Russia.
Per questo brutale duplice omicidio fu arrestato Vitaly Markiv, militante neonazista e Vice Comandante della Guardia Nazionale Ucraina, condannato in primo grado a 24 anni di galera.
A inchiodarlo le foto scattate dal suo stesso cellulare e definite "raccapriccianti" dagli inquirenti.
Foto di torture, stupri e sevizie che testimoniavano i crimini contro l'umanità commessi delle milizie filo-governative ucraine.
A inchiodarlo perfino la testimonianza di due militari suoi commilitoni, decisi a parlare perché inorriditi dalla sua brutalità.
Dopo la condanna, il Governo Ucraino ha lanciato una violenta campagna contro l'Italia a sostegno dell'assassino neonazista, fatta di insulti e minacce ai danni della Famiglia Rocchelli, della Magistratura italiana e della Federazione Nazionale della Stampa, che al processo si era costituita parte civile.
Campagna che ha trovato buoni sponsor negli uffici dell'Ambasciata USA. Tale è stata la pressione esercitata sui magistrati che la sentenza è stata incredibilmente cancellata e il neonazista pluriassassino ucraino assolto e scarcerato.
In nome della fedeltà alla NATO sputiamo sui cadaveri dei nostri stessi connazionali e applaudiamo i loro carnefici.


Ma le cose stanno diversamente, Andrej Mironov era ui nemico della Russia sovietica e di nazi imperiale di Putin.

Chi era Andrej Mironov ucciso con Andy Rocchelli in Ucraina?
HuffPost Italia

https://www.huffingtonpost.it/marco-per ... 88291.html

Se cercate Andrej Mironov su internet vi apparirà, almeno per ora, Andrei Alexandrovich Mironov - uno dei più famosi attori sovietici, scomparso nel 1987, quando la patria che raccontava colle sue interpretazioni propagandistiche esisteva ancora. L'Andrej Mironov di cui occorre conoscere la vita, le idee e le attività era russo anch'egli, ma è morto sabato 24 maggio 2014 in un attacco di mortaio assiame al fotografo italiano Andy Rocchelli a Sloviansk mentre documentavano gli scontri armati pre-elettorali nell'Ucraina orientale.

Se una ricerca pubblica non fa emergere notizie sul nostro Mironov, una ricerca nella memoria storica dei primi "militanti per i diritti umani" attivi in Europa orientale, e che negli anni Ottanta avevano scoperto il Partito Radicale transnazionale, racconta qualcosa - molto - di più.

Andrej Mironov, nato verso la fine degli anni '50, era stato arrestato nel 1985 in Russia per attività antisovietiche consistenti essenzialmente nell'aver ciclostilato o manuscritto in proprio samizdat con critiche al regime mosvocita - altro che twitter!. Mironov, come altri ex-dissidenti russi, dopo la caduta del regime sovietico pensava che fosse finalmente arrivato il tempo della libertà - libertà negatagli anche sotto il propositore della Perestrojka Gorbacev. E' proprio in quegli anni infatti che Mironov viene arrestato, processato e condannato a quattro anni di lager e tre di confino poiché ritenuto un pericoloso criminale. La base della sentenza contro di lui era l'articolo 70 del Codice Penale della Repubblica Federale Socialista Sovietica Russa che penalizzava pesantemente la "propaganda antisovietica".

Antonio Stango, anche lui un "militante per i diritti umani", e iscritto al Partito Radicale dagli anni '70 (oggi ne è membro del Consiglio generale), racconta di quando lo conobbe a Mosca poco dopo la sua liberazione nei mesi in cui i Radicali stavano aprendo un ufficio nella capiatale per coordinare le proprie attività nelle ex-Repubbliche sovietiche. Mironov si iscrisse subito al Partito Radicale e ne rimase membro fino ai primi anni Novanta.

Tra le prime attività di quell'ufficio vi fu il lancio della lega anti-militarista contro la leva obbligatoria, attività antiproibizioniste e, naturalmente, tutto ciò che atteneva alla libertà di espressione e associazione. Il mio concittadino e compagno Andrea Tamburi, che faceva parte di quella prima ondata di militanti, fu trovato morto a Mosca il 27 febbraio 1994 in circostanza mai chiarite a seguito di un incidente stradale di stampo tipicamente sovietico. Altri amici, compagni e simpatizzanti radicali furono aggrediti e le loro case e uffici sistematicamente visitate da ladri...

Adrej Mironov era un recidivo. Caduta l'URSS si accorse subito che i diritti umani nella Federazione russa avevano bisogno di esser tenuti sotto costante monitoraggio. Nel 1987 era stato fra i fondatori dell'associazione Memorial attiva, tra le tante altre cose, anche nella documentazione dei crimini della guerra in Cecenia. Con Memorial collaborava anche Anna Stepanovna Politkovskaya proprio in merito alla seconda guerra cecena. Anche la Politkovskaya non c'è più.

Con gli anni, e l'apertura di fronti sempre più orientali del Partito Radicale, di Mironov si persero le tracce fino all'estate del 2003 quando a Olivier Dupuis, allora Segretario del Partito, giunse notizia di un'aggressione subita da Andrej nella sua Mosca. Un'aggressione di una violenza inaudita che lo aveva lasciato senza conoscenza, con molte ferite aperte e una serissima lesione cerebrale che lo segnò per il resto della vita. Dupuis presentò immediatamente un'interrogazione alla Commissione europea per chiedere chiarimenti - non ho trovato traccia di un'eventuale risposta.

Mironov fu curato in Italia nel 2004, e in quel periodo ebbe modo più volte di condividere coi Radicali le proprie opinioni sulla Russia di Vladimir Putin, che consolidava la propria onnipotenza, e che stava portando a termine la propria campagnia di "cecenizzazione" occupando le istituzioni locali di quella repubblica con collaborazionisti come Akhmad Kadyrov, padre dell'attuale "governatore" della Cecenia "stabilizzata", che tadivano e uccidevano i proprio "fratelli".

Qui alcuni appunti di una di quelle conversazioni tra Olivier Dupuis e Andrej Mironov. Contengono elementi utili per meglio comprendere ciò che ancora oggi non si vuol prendere in considerazione ogni qual volta si parli di Russia e, soprattutto, di Vladimir Vladimirovich Putin.

In particolare alla domanda di Dupuis su come si spiegassei il largo consenso ottenuto da Putin anche alle ultime elezioni, Mironov rispondeva:

Per capire questa apparente incoerenza degli elettori si deve tener presente la tradizione politica russa, ancora legata a una concezione "verticistica" dello stato, dove l'autorevolezza autentica o apparente, di chi lo impersona è più importante della sua condotta politica contingente. Del resto non c'erano candidati capaci di concorrere con lui, anche per mancanza di mezzi di informazione a loro disposizione. Le reti televisive indipendenti sono praticamente scomparse [...] Memorial, per far passare notizie sulle violazioni dei diritti umani in Russia e informazioni sugli avvenimenti di Cecenia, deve rivolgersi a Radio Liberty, un'emittente basata all'estero, proprio come avveniva durante l'URSS, quando i dissidenti volevano far giungere la loro voce alla popolazione russa. Certo, adesso, almeno teoricamente, con le trasmissioni televisive via satellite si potrebbe attingere a fonti di informazione diverse da quelle nazionali, ma pochi conoscono le lingue straniere a sufficienza, e ancora meno persone hanno i mezzi per comprare parabole e decoder per il diverso sistema di trasmissione. All'estero non ci si rende conto della miseria in cui vive la maggioranza della popolazione russa, e la miseria diffusa si esprime nel suffragio universale con risultati apparentemente contraddittori, con un consenso a un leader che si contrappone ai cosiddetti oligarchi, cioè a coloro che si sono arricchiti grazie alle privatizzazioni "pilotate" nel momento del passaggio dall'economia statalizzata a quella del mercato. Non importa se questo leader continua la guerra in Cecenia, se dichiara pubblicamente che un ufficiale del KGB lo è per sempre, come lo sono la maggioranza dei suoi collaboratori.

Voi pensate che qualcuno che diceva cose del genere non avesse un file grosso come una casa sugli scaffali del KGB? E pensate che quei file siano stati distrutti nel passaggio alla Federal'naja služba bezopasnosti Rossijskoj Federacii? E pensate che i dirigenti della nuova polizia segreta siano cambiati (l'aggressore di Mironov del 2003 era un membro dell'FSB)? Io ne dubito fortemente.

Andrea Rocchelli aveva scelto l'interprete sbagliato, perchè era molto più di qualcuno che conosceva la lingua di Dante. Mironov era l'uomo giusto al momento giusto nel posto giusto.
Eterno riposo a tutti e due



In ricordo di Andrej Mironov
3 Giugno 2015
https://www.amnesty.it/in-ricordo-di-andrej-mironov/

Venerdì 5 giugno presso la sede nazionale di Amnesty International Italia a Roma si è svolto un incontro in memoria di Andrej Mironov, ex-dissidente, prigioniero politico sovietico, giornalista e coraggioso difensore dei diritti umani rimasto ucciso a Sloviansk, in Ucraina, nel maggio del 2014, insieme al fotoreporter Andrea Rocchelli mentre documentavano gli scontri armati pre-elettorali nell’Ucraina orientale.

A distanza di un anno dalla sua tragica morte, Amnesty International ha inteso ricordare il coraggio dell’uomo e del difensore dei diritti umani Mironov. La commemorazione è stata l’occasione per inaugurare, nella ricorrenza del 40° anniversario della nascita di Amnesty International in Italia, l’archivio storico dell’organizzazione, allestito in una sala dedicata ad Andrej Mironov. L’archivio conterrà documentazione originale relativa alle campagne, alle mobilitazioni e al lavoro sui casi di persone a rischio che l’organizzazione per i diritti umani conduce dal 1975 a oggi.

Strenuo oppositore politico nel suo paese, nel 1985 Andrej Mironov fu arrestato dalla polizia segreta Kgb con l’accusa di aver rivelato una notevole diminuzione dell’estrazione di petrolio, da cui l’economia sovietica dipendeva totalmente, di aver distribuito clandestinamente (Samizdat) ‘I racconti della Kolyma’ di Varlam Salamov, di aver criticato il governo, in particolare riguardo l’invasione dell’Afghanistan e della Cecoslovacchia, e la mancanza di democrazia nell’Urss.

Durante il processo venne simulata un’impiccagione, che gli fece perdere i sensi. Il suo processo si concluse con una condanna a quattro anni di detenzione e tre di esilio interno per propaganda sovversiva antisovietica. Spedito in un campo di lavoro destinato ad autori di reati contro lo stato considerati particolarmente pericolosi, Mironov venne rinchiuso in cella di punizione per sei volte. Fu liberato nel 1986 quando, a seguito dell’incontro tra il presidente statunitense Reagan e quello sovietico Gorbaciov, si decise la scarcerazione di 140 detenuti.

Nel 1991 iniziò a lavorare per numerose testate giornalistiche come ricercatore specializzato in diritti umani e dal ’92 operò in varie zone di conflitto, tra cui Nagorno Karabakh, Tagikistan, Cecenia e Afghanistan. Durante la guerra in Cecenia, organizzò incontri tra rappresentanti ceceni e deputati russi per una soluzione pacifica del conflitto. Le sue iniziative erano in contrasto con i piani governativi di reprimere con la forza l’insurrezione.

Continuamente pedinato dai servizi segreti e minacciato per le sue attività di denuncia delle violazioni dei diritti umani in Russia, Mironov rimase infine ucciso in Ucraina il 24 maggio 2014.

L’incontro nella sala Mironov si è tenuto alla presenza tra gli altri della Dott.ssa Mariapina Di Simone della Soprintendenza Archivistica per il Lazio, Ministero per i Beni e le Attività culturali, di Giuliano Prandini, coordinatore per la Russia di Amnesty International Italia, di alcuni amici e del fratello di Mironov, Aleksandr.


Sei anni fa morivano Andy Rocchelli e Andrej Mironov, uccisi perché illuminavano il conflitto in Ucraina
Antonella Napoli
23 Maggio 2020

Francesco Bigazzi, giornalista

https://www.articolo21.org/2020/05/sei- ... n-ucraina/

Sei anni fa, il 24 maggio del 2014, su una strada che attraversava una delle linee di fronte più pericolose in Ucraina, venivano uccisi il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e il dissidente e scrittore russo Andrej Mironov.
Una pioggia di proiettili si abbatté sull’auto che trasportava i due amici e compagni di lavoro e altri tre civili inermi: oltre all’autista ucraino viaggiavano con loro William Reguelon e un quinto uomo incontrato sul luogo.
Cercarono di ripararsi lanciandosi in un fosso, ma il fuoco non si fermò. Andy mori facendo il suo mestiere, scattando foto fino all’ultimo secondo. Immagini raccolte in una mostra esposte alla Triennale a Milano nell’ambito del Festival dei Diritti umani.
Rocchelli era nel Paese in guerra con la Russia per documentare la situazione della popolazione civile coinvolta nel conflitto nella regione del Donbass.
Per anni non abbiamo saputo cosa fosse davvero successo a Sloviansk, perché il gruppo di giornalisti fu bersaglio di un tiro deliberato di artiglieria dal fronte ucraino.
Poi, grazie al collega sopravvissuto e rimasto gravemente ferito, ascoltato nel 2017 dalla Procura di Pavia, e ai risultati della rogatoria internazionale chiesta dal magistrato che ha portato avanti l’inchiesta, sono stati acquisiti nuovi elementi che hanno reso possibile l’arresto di Vitaly Markiv, 29enne con doppia cittadinanza, italiana e Ucraina, ritenuto l’esecutore materiale dell’uccisione di Andrea e Andrej.

Nel luglio del 2019 la Corte di Assise di Pavia ha condannato l’uomo, militare della Guardia Nazionale del Paese di origine, unico imputato del processo, a 29 anni di carcere.
Oggi sulla morte di Rocchelli e Mironov è stata raggiunta una verità giudiziaria che sembrava allontanarsi quando, a un certo punto, la Procura era pronta ad archiviare l’inchiesta, possibilità scongiurata grazie alla caparbietà dei genitori del fotoreporter e al supporto che ad essi hanno garantito Articolo 21 e Federazione nazionale della Stampa insieme al senatore Luigi Manconi, che nella sua veste di presidente della Commissione Esteri nel 2016 incontrò Elisa e Rino raccogliendo il loro appello a supportare la richiesta a non archiviare l’inchiesta.
Manconi presentò un’interrogazione rivolta al ministero degli Esteri e della Giustizia affinché sollecitasse il governo ucraino a collaborare per fare piena luce sull’omicidio del 31enne di Pavia e del compagno di lavoro e di viaggio.
In tutti questi anni Rino e Elisa Rocchelli, che sin dal primo momento hanno tenuto a sottolineare che né loro né la sorella di Andy, Lucia, né la sua compagna Maria Chiara, mamma di Nico il bimbo che Andrea non ha potuto veder crescere, fossero animati da spirito di vendetta, hanno sempre avuto un solo obiettivo: conoscere la dinamica dei fatti.
Una famiglia forte, unita, che ha deciso di rompere il silenzio, autoimposto per riservatezza e fiducia nell’operato delle autorità giudiziarie italiane, perché volevano che si facesse luce sul caso con serietà e onestà, senza mistificazioni.
Che fosse fatta giustizia.
Per questo hanno deciso di esporsi in prima persona e di supportare tutte le iniziative mediatiche e di sensibilizzazione sul caso di Andrea con il fine di accelerare l’esito dell’inchiesta. A cominciare dalle incisive pressioni della Federazione nazionale della stampa e di Articolo 21, che li hanno affiancati in questa battaglia, per impedire che le autorità ucraine continuassero a tergiversare e a prendere tempo pur di non dare risposte. Ma anche a contrastare là campagna a favore di Markiv, che ha sempre potuto contatore sulla difesa dell’ambasciata ucraina e delle branche nazionaliste di Kiev presenti nel nostro paese.
Anche grazie all’impegno del sindacato dei giornalisti e della nostra associazione, che ha riacceso i riflettori sul caso, e all’azione dell’avvocato Alessandra Ballerini, che nel 2017 ha assunto l’incarico di difendere i genitori di Rocchelli, si è arrivati alla svolta che ha portato al pocesso e alla condanna di Markiv.
”Non possiamo dire di essere soddisfatti perché soddisfazione, contentezza, sono aggettivi che trovano poco spazio in questa vicenda. È un passo importante verso la verità. Un riconoscimento al buon lavoro fatto dalla giustizia e dagli investigatori”.
Nelle parole pronunciate alla fine della lettura della sentenza da Rino Rocchelli c’era tutta la dignità di una famiglia che non ha mai smesso di credere nella giustizia, continuando a battersi per quella verità che le autorità ucraine volevano negargli. E noi con loro. Sempre!


Andrei Mironov, un ricordo del dissidente ucciso in Ucraina
di Francesco Bigazzi
Andrei Mironov

https://it.gariwo.net/testi-e-contesti/ ... 11040.html

Pubblichiamo un ricordo di Andrei Mironov - l'uomo ucciso in Ucraina insieme al fotoreporter italiano Andy Rocchelli - del giornalista Francesco Bigazzi. A seguire, la storia del dissidente Mironov, scritta da Bigazzi e pubblicata nell’introduzione del libro "Tempi dell'Est" del fotografo Mauro Galligani (Silvana Editore, 1999).

Il testo completo è disponibile nel box approfondimenti.

Andrei Mironov era qualcosa di più di un "interprete" oppure di una "guida", come viene frettolosamente definito dalla stragrande maggioranza dei mezzi di informazione italiani. Andrei, l'ultimo dei dissidenti sovietici a finire in un lager, quando è tornato in libertà ha collaborato con Memorial di Mosca, è stato emissario di Amnesty International in Cecenia e nel Caucaso, era sempre in prima fila nei punti caldi dell'ex-Unione Sovietiva per denunciare le violazioni dei diritti umani e testimoniare la verità.

Fragile quanto determinato, non ha ceduto alle minacce ed ha avuto la forza di superare una tremenda esperienza quando è stato brutalmente aggredito e ridotto in fin di vita da un "vicino" di casa.

Andrei Mironov deve essere ricordato come era veramente. Suo amico e compagno di innumerevoli avventure, lo rivedo come quando scrissi questo testo. Addio Andrei, la Russia dopo di te non sarà più la stessa.

Mosca - Comunismo: dissenso, prigione, violenza, lager, fame, esecuzioni fasulle. Post-comunismo: felicità, diritti umani, delusione, ribellione, contestazione, spogliato di tutti i suoi beni da parte di un “nuovo russo”. Il passaggio dall’Unione Sovietica alla Russia del “capitalismo burocratico”, come ama definirla citando il suo economista preferito, Andrei Piontkovski, non ha riconciliato Andrei Mironov con il mondo che “sembra restare immutabile ed eterno”. La sua storia è molto simile a quella di tanti altri dissidenti, basta pensare allo stesso Aleksander Solgenitsyn, che, una volta caduto il comunismo, non riescono ad intravedere l’uscita dal tunnel, lo sbocco verso una vera democrazia.

Capelli arruffati, sguardo penetrante, vivace, talvolta un po’ troppo, un sorriso amaro che immancabilmente, quando parla dei nemici di sempre, comunisti di ieri che si sono riciclati nei “nuovi russi”, si trasforma in una vera e propria smorfia, Andrei è ormai convinto che d’importanza vitale per il superamento del passato sia riconoscere il principio della colpa personale, l’ammissione della propria responsabilità. “I nostri cittadini e dirigenti - ama ripetere Andrei - si considerano, nella maggioranza, vittime innocenti delle circostanze storiche. Per questo motivo in Russia non c’è stato, né ci poteva essere nulla di simile al processo di Norimberga oppure alla denazificazione della Germania”.

La prigionia ed il lavoro forzato non hanno contribuito a far attenuare la sua intransigenza nel ricercare a tutti i costi la giustizia. Non "avrà mai pace" fino a quando non saranno processali gli aguzzini di ieri ed arrestati i truffatori di oggi. La detenzione sembra invece aver marcato il suo modo di vivere ed i suoi comportamemi. Quando cammina, non lo fa mai in modo regolare. Predilige lunghi passi, come se andasse su e giù in una cella, oppure cambiamenti improv­visivi di velocità. Riesce a vivere in uno spazio piccolissimo, come raggomitolato su se stesso. Nel lungo periodo che abbiamo passato insieme a Grozny, mentre attendavamo la liberazione di Mauro Galligani, mi ha colpito come fosse capace di non sconfinare mai dal suo divano letto sul quale era adagiato un sacco da montagna con qualche libro e pochi oggetti personali "che teneva sempre pronto" perchè da tempo "era abituato al peggio". Quando non dormiva portava sempre gli auricolari per ascoltare tutti i programmi di Radio Liberty e della BBC, le uniche verso le quali nutre una certa fiducia perchè gli aprivano uno spiraglio nel muro eretto dalla spaventosa macchina propagandistica dell'era sovietica. E poi il desiderio costante di mangiare, provoca­to da un drastico restringimento dello stomaco, a causa della lunga prigionia. Un dolore continuo di cui soffrono molti reduci, eredità delle disumane privazioni del lager e che ha raggiunto tragiche conseguenze nel grande scrittore Varlam Shalamov, autore degli insuperabili "Racconti di Kolyma", Mangiare quindi è un rito tutto panicolare. Si mastica lentamente e si spezzetta il pane in bocconi minu­scoli.



Processo d'appello per l'omicidio del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e del suo interprete russo Andrej Mironov
29.09.2020
PROCESSO | - Milano - 09:47 Durata: 3 ore 54 min
https://www.radioradicale.it/processi/1 ... -e-del-suo


???
Abbiamo sparato noi su Andrea Rocchelli e Andrej Mironov uccidendoli». Un soldato svela la verità
Valerio Cataldi, Giuseppe Borello e Andrea Sceresini
https://espresso.repubblica.it/mondo/20 ... 335860890/
L’uomo osserva la mappa sullo schermo del portatile, poi annuisce e si infila in bocca una sigaretta: «Sì, quel giorno ero lì», esclama massaggiandosi le tempie. «Ho ancora la scena davanti agli occhi. Alcuni civili erano scesi da una macchina e si erano gettati nel fossato, in mezzo alla boscaglia. Non so chi di noi li abbia avvistati, ma ricordo le parole del nostro comandante: “Quelle persone non devono stare lì”.

E perché non dovevano star lì?



Questo non è Andrea Rocchelli è una fotografia falsa della propaganda nazi fascista russa e filo russa.
Andrea Rocchelli invece morì per cause sconosciute si pensava che inizialmente fose stato ucciso da colpi di mortaio dall'esercito ucraino, assieme al dissidente e perseguitato politico Andrej Mironov, perseguitato dall'URSS.
Al momento non si conoscono le ragione precise della loro uccisione, non si sa se per errore e uno scambio di persona, per stupidità, per paura, ... non è ancora chiaro.

Adesso si spiega l'omicidio di queste persone e non sono stati i patrioti ucraini ma i terroristi filorussi o gli infiltrati russi.
In Corte d'Appello l'ucraino accusato ingiustamente è stato assolto, con ogni probabilità sono stati i filo russi a ucciderlo e la propaganda nazi fascista rossa continua ad incolpare i patrioti ucraini.

Adesso tutto si spiega e si tiene.
In Corte d'Appello l'ucraino patriota accusato ingiustamente della morte di Andrea Rocchelli (e del dissidente e perseguitato politico Andrej Mironov, perseguitato dall'URSS), è stato assolto, con ogni probabilità sono stati ghi ucraine filo russi a ucciderlo adossandone poi la colpa ai patrioti ucraine, ancora oggi la propaganda nazi fascista russa e dei filo russi continua ad incolpare i patrioti ucraini.
La sentenza del 2020 stabilisce il contrario, l'innocenza dell'ucraino e la sensatezza che a compiere la strage siano stati i filo russi.
Omicidio Rocchelli, sentenza ribaltata in Appello: dopo 3 anni di carcere è libero l'ex soldato Vitaly Markiv
Il Riformista
Carmine Di Niro

4 Novembre 2020

https://www.ilriformista.it/omicidio-ro ... iv-173051/

Omicidio Rocchelli, sentenza ribaltata in Appello: dopo 3 anni di carcere è libero l’ex soldato Vitaly Markiv

Fine dell’incubo per Vitaly Markiv. La Corte d’Assise e d’Appello di Milano ha assolto il 29enne italo-ucraino, ex soldato della guardia nazionale ucraina, “per non aver commesso il fatto” nell’ambito del processo per l’omicidio del fotoreporter di Pavia Andrea Rocchelli, morto nel Donbass il 24 maggio 2014. Egualmente assolto anche lo Stato Ucraino, che era stato citato in qualità di responsabile civile. In primo grado il Tribunale di Pavia aveva condannato l’italo-ucraino Markiv a 24 anni di reclusione, con 36 mesi già trascorsi in carcere: dopo la lettura della sentenza Vitaly Markiv è stato scarcerato.

Rocchelli, all’epoca dei fatti 30enne, venne ucciso da colpi di mortaio il 24 maggio 2014, mentre stava realizzando un reportage nel Donbass, zona dell’Ucraina occupata dai separatisti filorussi, attacco nel quale morì anche l’interprete Andrej Mironov. Secondo i giudici Markiv, arrestato nel 2017, era considerato la persona che aveva individuato come sospetti il giornalista Rocchelli e il suo interprete, dando il via libera ai colpi di mortaio che poi li hanno uccisi.

Parlando in aula Markiv ha sottolineato due aspetti: “Non ho mai detto che per l’esercito ucraino e per la guardia nazionale il civile era un bersaglio, questo è falso. Potete anche vedere un video dell’obitorio dei due civili armati di kalashnikov e loro stessi dicono che per poter recuperare le salme dovevano travestirsi da civili perché sui civili non si sparava, quindi su questo non voglio dilungarmi”.

Lasciando il carcere di Opera dopo la lettura del verdetto l’italo-ucraino ha invece ricordato come “questo popolo mi ha dato casa, istruzione, tutto, non avevo nulla contro questo Paese. Chi mi conosce, sa che ho sempre cercato di essere grato per la possibilità che mi ha dato l’Italia. Però tre anni mi sono stati tolti e nessun risarcimento li farà tornare indietro, questa deve essere una lezione per tutti gli innocenti: i casi vanno guardati fino in fondo, perché una virgola può cambiare il destino di un uomo, di una famiglia, di un popolo. Sono contento, abbiamo visto che in Italia la giustizia c’è”.




La Russia nazifascista del dittatore criminale e assassino Putin è responsabile di tutto ciò. Non vi è alcunché di cui stupirsi e indignarsi. I russi facciano il loro dovere e neutralizzino questo demenziale dittatore e saranno doppiamente amati.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:23 pm

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Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:23 pm

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Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:23 pm

16)
Violazione degli accordi di Minsk




Mi sembra che questi accordi di Minsk non prevadono affatto che l'Ucraina non possa entrare a far parte della NATO, dove mai starebbe scritto?
https://it.wikipedia.org/wiki/Protocollo_di_Minsk

Il Protocollo di Minsk era un accordo per porre fine alla guerra dell'Ucraina orientale, raggiunto il 5 settembre 2014 dal Gruppo di Contatto Trilaterale sull'Ucraina, composto dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Doneck (DNR), e Repubblica Popolare di Lugansk (LNR). È stato firmato dopo estesi colloqui a Minsk, la capitale della Bielorussia, sotto l'egida della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Succeduto a diversi tentativi precedenti di cessare i combattimenti nella regione di Donbass (Ucraina orientale), prevedeva un cessate il fuoco immediato, lo scambio dei prigionieri e l'impegno, da parte dell'Ucraina, di garantire maggiori poteri alle regioni di Doneck e Lugansk. Tuttavia, nonostante abbia portato ad un'iniziale diminuzione delle ostilità, l'accordo non è stato rispettato.
...
Nelle due settimane dopo la firma del Protocollo di Minsk, sono stati frequenti violazioni del cessate il fuoco da entrambe le parti in conflitto. I colloqui sono continuati a Minsk. Un memorandum supplementare è stato concordato il 19 settembre 2014. Questo memorandum ha chiarito l'applicazione del protocollo. Tra le misure di pacificazione concordate, sono state incluse le seguenti:

Divieto di operazioni offensive (punto 3 del memorandum).
Rimozione di tutte le armi di calibro superiore a 100 mm, 15 km dalla linea di contatto, da ogni parte del conflitto, per creare una zona smilitarizzata di 30 km; tale distanza era, inoltre aumentata per portare alcuni sistemi d'arma fuori della gittata massima rispetto alla linea di contatto (punto 4: inter alia obice D-30 a 16 km, sistemi lanciarazzi multiplo da 21 a 120 km, missili tattici a 120 km).
Divieto di voli sopra la zona di sicurezza di aerei da combattimento e di UAV stranieri ad eccezione di quelli in uso alla Missione speciale di osservazione dell'OSCE in Ucraina (punto 7).
Schieramento di una missione di osservazione OSCE (punto 8)
Ritiro di tutte le formazioni armate straniere, veicoli da combattimento stranieri, milizie armate e mercenari stranieri dalla zona di conflitto (punto 9).

https://it.wikipedia.org/wiki/Protocollo_di_Minsk




FERME CONDANNE

Giovanni Bernardini
22 febbraio 2022

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 2340366299

E così le truppe russe sono entrate nel Donbass, in palese violazione degli accordi di Minsk. La Russia riconosce unilateralmente l’indipendenza della regione, un po’ come se l’Austria riconoscesse unilateralmente l’indipendenza del sud Tirolo. Non mi pare che questo si accordi con un qualsiasi tipo di legalità internazionale…
Lasciamo perdere. Vorrei sottolineare una cosa.
I paesi europei che con più determinazione si oppongono alla politica di Putin sono quelli che tanti pseudo giornalisti di casa nostra definiscono “sovranisti”. Si, proprio loro, i paesi dell’est.
Non è un caso. I popoli di quei paesi sanno cosa voglia dire la soppressione della autonomia nazionale, conoscono bene le dolcezze del comunismo sovietico condito di sciovinismo grande russo. Nel 1939 la Polonia è stata aggredita ad occidente dalla Germania di Hitler ed a oriente dall’URSS staliniana. Poi ha conosciuto Katyn… sono esperienze storiche bene impresse nella memoria di certi popoli.
I paesi guida della UE dal canto loro “condannano” la politica di Putin e preparano sanzioni economiche di cui il leader russo non sembra molto preoccupato. Non a torto. Siamo noi a doverci preoccupare se lui ci chiude i rubinetti del gas…
I partiti italiani “condannano” ma non troppo. Enrico Letta ha parlato chiaro: esige una “chiara condanna”. Putin è terrorizzato.
Temo di non sbagliare se prevedo che la vicenda ucraina terminerà con una nuova sconfitta dell’occidente.
I nostri leader progressisti ed anti sovranisti sono troppo impegnati a cambiare i pronomi per impegnarsi in cose serie...

Giovanni Bernardini
Telegraficamente.
1) Non cerco di equiparare Putin ad Hitler, paragono solo certi argomenti usati a favore del russo con altri che il tedesco usava per giustificare il suo operato.
2) Gli accordi di Minsk prevedevano l’autonomia del Donbass DENTRO l’Ucraina.
3) E’ ovvio che l’Itaia può concedere maggior autonomia al Tirolo che non l’Ucraina al Donbass. In Tirolo non c’è una guerra e non c’è alle frontiere italiane un esercito che aiuti eventuali separatisti tirolesi.
4) Putin organizzò un referendum sul Crimea e Donbass DOPO essersi annessa la Crimea. Tanto basta...
5) Anche l’Anschluss fu “legalizzato” da un referendum,
6) Affinché certe regioni si separino da uno stato non basta che le popolazioni di dette regioni facciano un referendum. Se la Lombardia volesse separarsi dall’Italia la cosa riguarderebbe tutti gli italiani. Occorrerebbe che TUTTI fossero d’accordo sul fatto che un referendum decidesse una cosa simile. Solo in Cecoslovacchia si è avuta una separazione tanto civile. Non credo che il governo britannico accetterebbe che la Scozia uscisse dalla Gran Bretagna, in ogni caso.
7) Non è previsto alcun ingresso della Ucraina nella Nato. Non ci sono mai stati missili ucraini puntati su Mosca.
8 ) Sono stati i paesi dell’est Europa a volere entrare nella Nato, forse perché conoscono bene la Russia.
9) Pensare che un paese come l’Ucraina possa minacciare la Russia è ridicolo.
10) L’Ucraina è stata martirizzata dalla politica di Stalin. Ha dovuto subire un genocidio pari per dimensioni alla Shoah. Dei filo comunisti possono dimenticarsene. Che se ne dimentichino persone vicine al centro destra è incredibile.
Tanto basta. Passo e chiudo. Ognuno la pensi come gli pare.
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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:25 pm

17)
L'espansione della NATO e la presunta minaccia alla Russia




Grazie NATO!

I fatti messi in riga come birilli uno con l'altro. Fuori dalle penose tifoserie, dalle approssimazioni, dalle falsità, dalla propaganda. Paolo Mieli non ha il privilegio di confrontarsi qui su Facebook con i massimi esperti della questione, ma gli lasciamo comunque il diritto di parola.
Niram Ferretti
28 febbraio 2022

LA CRISI UCRAINA: LA NATO, UN PO' DI STORIA (E NOI)
di Paolo Mieli, Il Corriere della Sera

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Al cospetto delle atrocità compiute dai russi in Ucraina, rimane, inespressa, una piccola domanda. Quando è accaduto che noi occidentali abbiamo indotto l’Ucraina a varcare il Rubicone provocando l’ira di Putin. E quando è stato che Zelensky ha incautamente lanciato il guanto di sfida all’autocrate di Mosca. Che giorno? Che mese? Che anno?
La storia alle nostre spalle racconta cose diverse da quelle che si dicono e si scrivono in questi giorni. Dopo il crollo dell’impero sovietico, ci fu, nel 1994, una proposta della Nato alla Russia di un «Partenariato per la pace». Subito dopo, la Russia è stata accolta nel Consiglio d’Europa e nel G7. Nel 2002 Mosca è entrata nel Consiglio Nato-Russia. Quattordici anni fa (2008), nel consiglio Nato di Bucarest, gli Alleati annunciarono che l’Ucraina sarebbe potuta entrare, in un futuro imprecisato, nell’Organizzazione atlantica. Appena eletto Presidente degli Stati Uniti, Obama, nel 2009, volle verificare con l’allora segretario della Nato, l’olandese Jaap de Hoop Scheffer, lo stato della «pratica Ucraina e Georgia» (25 marzo). E, pur senza citarle esplicitamente, disse che le cose sarebbero andate avanti stando attenti a non urtare la suscettibilità russa.
Nel luglio di quello stesso anno (2009) Obama si recò a Mosca, incontrò Putin e furono rose e fiori. Poi venne il 2014 con piazza Maidan, la «rivoluzione arancione» a cui si accompagnò l’annessione russa della Crimea. Le cose si complicarono. Da quel momento la questione Ucraina-Nato è rimasta lì, sospesa. Niente è accaduto che possa giustificare l’apertura di una crisi di queste proporzioni.
Se n’è accorto Enrico Letta che, in anticipo sulla fase più drammatica dell’invasione dell’Ucraina, ha voluto fare chiarezza in modo definitivo. Annalisa Cuzzocrea («La Stampa»), gli ha posto una domanda diretta echeggiando quel che sostengono tanti (forse tutti) gli ex comunisti e molti liberal conservatori: «La Nato si è allargata troppo a est provocando questa reazione?». Il segretario del Pd le ha risposto in maniera franca: «È l’opposto. Quello che è successo dimostra che la Nato doveva far entrare l’Ucraina prima». E dimostra altresì, ha sostenuto Letta, «che l’Alleanza atlantica serve perché la democrazia va difesa». Poi il segretario del Pd ha aggiunto: «Abbiamo integrato l’Europa centro-orientale, Budapest, Vilnius, Varsavia, non possiamo tornare indietro». Più chiaro di così?
Va notato che, nei giorni successivi all’intervista, nessun dirigente o semplice militante del Pd si è sentito in dovere di aggiungere una chiosa alle parole del segretario. Neanche esponenti della sinistra esterna al Pd. Nessuno. Segno che o sono tutti distratti (il che non è da escludere) oppure l’intera comunità progressista italiana — eccezion fatta per l’Associazione nazionale partigiani — ritiene che l’Ucraina avrebbe dovuto essere ammessa e integrata nella Nato già una ventina d’anni fa. E che i fatti di questi giorni dimostrano che la Nato è un presidio della democrazia in Europa.
Letta, con poche e misurate espressioni, ha fatto giustizia di una leggenda riproposta negli ultimi giorni da molti «analisti». Cioè che nel 1991 alcuni leader occidentali (chi con precisione?) avrebbero preso con Gorbaciov l’impegno a non far entrare nella Nato le ex repubbliche sovietiche. Accadde qualcosa di ben diverso. L’allora segretario dell’Alleanza atlantica, Manfred Wörner (già ministro della difesa tra il 1982 e il 1988 nella Germania di Helmut Kohl), si impegnò con Gorbaciov a che l’organizzazione da lui guidata, a fronte dello scioglimento del Patto di Varsavia, mai avrebbe attentato alla sicurezza della Russia. Nient’altro.
Se qualcuno avesse fatto una promessa più impegnativa, non si capirebbe come sia potuto accadere che ben quindici di queste repubbliche siano poi entrate nell’Alleanza atlantica senza che Gorbaciov si sia sentito in obbligo di denunciare la violazione del presunto patto. Neanche Putin, al potere da più di vent’anni, ha mai protestato per il fatto che quindici repubbliche ex sovietiche sono state inserite nell’Alleanza atlantica «a dispetto» di quel fantomatico impegno del ‘91. Ernesto Galli della Loggia si è giustamente domandato giorni fa su queste pagine come mai Putin non si sia lamentato «per il fatto che la Polonia — membra anch’essa della Nato e confinante anch’essa con la russa Kaliningrad — potrebbe, se volesse sbriciolare in poche ore con un lancio di semplici missili da crociera la base della flotta russa del Baltico». Già, come mai?
Il fatto è che Enrico Letta, a differenza di alcuni suoi predecessori, non è particolarmente affascinato dall’antiamericanismo tuttora ben vivo dalle sue parti. E ha avuto l’audacia di dire qualcosa di non equivocabile. Qualcosa che renderà meno facile ai filorussi d’Italia — compresi quelli che adesso fanno atto di contrizione in pubblico — tornare alla carica quando tra qualche tempo sarà passata l’emozione per quel che di orribile è accaduto in questi giorni. Verrà il momento, ne siamo sicuri, in cui in molti torneranno a domandarsi pubblicamente se vale la pena fare dei sacrifici per gli ucraini i quali, a ben guardare, «se la sono cercata». Si dirà che Zelensky e i suoi sono responsabili dei torti subiti a causa della protervia con la quale, «sotto insegne naziste» (Putin), intendevano puntare dei missili contro Mosca e San Pietroburgo. Torneranno a sottolineare, quei molti, che l’impatto delle sanzioni è asimmetrico, nel senso che danneggia l’Italia più di quanto nuoccia agli Stati Uniti. E concluderanno che è giunta l’ora di prestar ascolto alle «ragioni dei russi». Cose già viste e sentite in passato, con altri dittatori, altre asimmetrie e altre «ragioni» dei prepotenti.
Quanto a Enrico Letta, se qualcuno tra un po’ lo metterà in croce per le dichiarazioni di cui si è detto, potrebbe proporsi come segretario generale della Nato (ne ha i titoli). Avrebbe il vantaggio di lasciarsi alle spalle le baruffe del «campo largo», con le quali pure ha dato prova di sapersi destreggiare in modo efficace. Ce ne sono altri mille che amano quel genere di cimento da «campieri», capaci, per giunta, di mordersi la lingua prima di pronunciar parole a favore della Nato. Lui, dati i tempi, non avrebbe difficoltà a far capire a una parte del mondo da cui proviene, che l’Alleanza atlantica è, forse, più importante.












USA ARROGANTI?
Giovanni Bernardini
21 febbraio 2022

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 8537177346

Indipendentemente da come la si può pensare sulla crisi ucraina, mi sembra che in questa occasione siano emersi, in maniera abbastanza trasversale, fortissimi sentimenti anti americani.
Gli USA sono il gendarme del mondo. Ci sono basi americane un po’ ovunque. Gli americani combattono a migliaia di chilometri da casa loro.
Mi è capitato spesso di leggere cose simili in questi giorni. Più o meno le stesse che negli anni 70 dello scorso secolo strillavano i contestatori dell’estrema sinistra, ammiratori di Mao, Guevara e, spesso, di Giuseppe Stalin. Stavolta però capita che a dire cose di questo genere siano persone vicine al centro destra. Le posizioni politiche, specie sui temi internazionali, si sono alquanto rimescolate ultimamente. Alcuni di coloro che strillavano “fuori dalla NATO” oggi si atteggiano a strenui difensori della alleanza atlantica. Sull’altro versante avviene a volte il contrario. Alcune persone di centro destra vedono la NATO come il fumo negli occhi, e non solo la NATO. Vedono male gli USA, gli USA indipendentemente da Trump o da Biden, gli USA in quanto “gendarmi del mondo".
Il discorso potrebbe farsi lunghissimo. Per affrontarlo compiutamente dovremmo parlare della crisi di identità dell’occidente, del diffondersi del cancro del politicamente corretto, delle elezioni americane, di moltissime cose insomma. Non è mia intenzione farlo. Mi limito a commentare una delle tante accuse che si fanno agli USA: quello di essere i “gendarmi del mondo” e di avere basi sparse un po’ ovunque per il pianeta.
Gli USA sono una potenza mondiale e sono il centro di complessi sistemi di alleanze. Una potenza mondiale che ha alleati un po’ ovunque ha basi militari un po’ ovunque. Solo degli ingenui possono stupirsi di una cosa simile o considerarla in quanto tale, indipendentemente da ogni altra considerazione, la prova di una intollerabile “arroganza”.
Davvero qualcuno pensa che ogni paese dovrebbe tenere il proprio esercito rigorosamente dentro i propri confini, senza effettuare mai alcun tipo di intervento esterno? È mai venuto in mente a certi critici degli USA che molto spesso i soldati americani, combattendo a migliaia di chilometri da casa loro, hanno risolto, o cercato di risolvere, bene o male, problemi che noi, stati “pacifici”, non militaristi siamo del tutto incapaci di Affrontare? L’esercito italiano avrebbe mai potuto affrontare l’ISIS? Nel caso in cui una guerra civile riportasse al potere in Egitto i fratelli musulmani esiste un esercito europeo in grado di rintuzzare i pericoli che da questa situazione potrebbero derivare?
Una cosa è criticare o condannare, anche duramente, certi interventi americani chiaramente sbagliati ed arroganti, basti pensare alla Libia, cosa del tutto diversa condannare qualsiasi intervento esterno dei soldati made in USA. In fondo anche coloro che sbarcarono in Sicilia e Normandia combattevano a migliaia di chilometri da casa loro. Per fortuna! Senza quegli sbarchi saremmo caduti nelle mani di baffetto o di baffone.
Val la pena, prima di concludere, di sottolineare un’altra cosa. Chi accusa gli americani di essere troppo presenti nel mondo dimentica stranamente la super presenza nel mondi di altri.
La Russia è vasta oltre 17 milioni di chilometri quadrati, la vecchia URSS superava i 20. Si tratta non di uno stato federale basato su un delicato equilibrio fra potere centrale ed autonomia degli stati ma di un autentico impero, retto per secoli con pugno di ferro. L’impero comunista nel momento della sua massima potenza si estendeva dal mare adriatico all’oceano pacifico. Il paese guida di tale impero non ha esitato un attimo ad intervenire manu militari nel cuore d’Europa.
Alla fine del secondo conflitto mondiale Mosca ha imposto un regime comunista di strettissima osservanza sovietica a tutti i paesi “liberati” dall’armata rossa. Non solo, ha imposto ai partiti comunisti di questi paesi leader di strettissima fede staliniana. Ed ogni volta che l’autocrate del Cremlino dubitava di tale fede i vari leader dei partiti comunisti est europei conoscevano le camere di tortura, spesso i plotoni d’esecuzione.
I carri armati sovietici sono intervenuti in Ungheria nel 1956 ed in Cecoslovacchia nel 1968. Forme meno dirette ma sempre brutali di intervento sovietico ci sono state un po’ in tutti i paesi del “campo socialista”.
Se c’è un paese che che ha effettuato un controllo asfissiante, brutale sui propri “alleati” è stato l’URSS.
Meno male che c’era la NATO si potrebbe dire. Ma allora i filo atlantici di oggi erano violentemente anti atlantici.
Non val la pena di continuare. Mi piacerebbe un po’ più di conoscenza storica ed un po’ meno di emotività anti americana da parte di tutti. Forse si potrebbe ragionare anche della crisi ucraina in maniera più distesa.
Solo questo.



IL RAPACE ZIO SAM, LA BUONA RUSSIA E LA SANA DIPENDENZA
GEO-ENERGETICA
Niram Ferretti
22 febbraio 2022

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PREMESSA

Tra le varie tessere della propaganda filorussa, estremamente attiva ed aggressiva c’è un fantasy di Alexander Del Valle spacciato per analisi, che ha lo scopo di spiegare come l’attuale situazione di tensione tra Russia ed Ucraina sia da inquadrare nella prospettiva della “guerra energetica dichiarata dall’America alla Russia“. È una affermazione perentoria che pone in premessa già subito la responsabilità di ciò che sta accadendo sugli Stati Uniti, stendendo una coltre opportuna su come la Russia agisca da decenni per utilizzare il fabbisogno energetico dell’Europa come strumento di condizionamento geopolitico. La Russia, nel pezzo in questione deve apparire come parte lesa e gli Stati Uniti devono sembrare i colpevoli. Attenzione al verbo “sembrare”, perché in realtà si tratta di un gioco di prestigio in cui il trucco appare immediatamente in trasparenza.


CAMPIONARIO
Prendiamo questa frase di Del Valle a proposito del gasdotto South Stream. “Il progetto del gasdotto South Stream ha subito il peso maggiore di quella che abbiamo soprannominato la guerra 'neo-fredda' USA-Russia. Questo gasdotto, lungo 3,600 chilometri, destinato all’esportazione del gas siberiano aggirando l’Ucraina, doveva fornire fino a 63 miliardi di metri cubi all’anno ai paesi europei grazie a due diramazioni, una all’Austria, l’altra ai Balcani e all’Italia. Avviato nel 2007, questo progetto, sostenuto in particolare dall’Italia e da altri paesi dell’Europa meridionale e balcanica, è stato abbandonato nel 2014, a causa dei paesi più antirussi dell’Unione Europa e quindi degli Stati Uniti, che volevano che i loro alleati ucraini restassero nel affare del gas e soprattutto non dipendessero direttamente da Mosca”.
Dunque, il progetto South Stream è stato abbandonato a causa dell’ostilità “dei paesi più antirussi dell’Unione Europea“, che non vengono specificati. Sicuramente non la Germania, sicuramente non l’Italia, sicuramente non la Francia, sicuramente non la Gran Bretagna, ne restano ventiquattro. Forse, Malta, la Grecia, il Portogallo, il Belgio, l’Austria? Paesi che coalizzati contro la Russia, sarebbero sicuramente in grado di mettere in difficoltà i paesi citati, soprattutto la Germania, il cui ruolo secondario nell’Unione Europea è noto. C’è però un fatto che è più eclatante, e che Del Valle non menziona, probabilmente considerandolo a priori una pregiudiziale antirussa, ovvero l’aggressione e annessione illegale della Russia nei confronti della Crimea, guardacaso avvenuta proprio nel 2014. Non è stato questo episodio e le sanzioni internazionali che ne sono conseguite a determinare l’abbandono del progetto South Stream, è stata la russofobia europea e quella americana.
Sul fatto che gli Stati Uniti non desiderino che la Russia possa, attraverso le proprie politiche energetiche, creare una forte dipendenza europea nei suoi confronti è una di quelle ovvietà che non meriterebbero nemmeno di essere specificate. Per Del Valle questo risulta criticabile, lo capiamo, ma fa parte del grande gioco geopolitico in atto dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, e si iscrive nella contrapposizione tra USA e Russia in merito all’estensione dell’influenza politica in occidente.

ANTECEDENTI
Negli anni '60, l'Europa occidentale importava solo il 6% del proprio petrolio dal blocco sovietico. All'epoca venne pianificato un nuovo oleodotto, che, dall'estremo oriente russo avrebbe attraversato diversi paesi europei tra cui l’Ucraina e la Polonia, per terminare in Germania. Era una opportunità per i sovietici di cambiare la situazione a loro vantaggio. Come è comprensibile, agli Stati Uniti questa idea non piacque. Nel 1963, Kennedy tentò di bloccare l’oleodotto con un embargo nei confronti dei paesi allineati ai sovietici, sui tubi di ampio diametro e cercò l’aiuto degli alleati, tra cui la Germania occidentale. L’embargo fu solo parziale e un anno dopo l’oleodotto venne costruito. La stessa cosa accadde nel 1981, quando Ronald Reagan cercò di persuadere gli alleati europei di bloccare il progetto di un gasdotto dalla Siberia all’Europa dell’Est. La Francia e la Germania si opposero e gli Usa applicarono le sanzioni che potevano mettere in atto atte a bloccare il finanziamento del gasdotto. L’azione americana provocò una crisi con i partner europei che, alla fine portò all’eliminazione delle sanzioni da parte americana. Stiamo parlando di un’Europa già disponibile verso la Russia quando era ancora Unione Sovietica. Già allora la vigilanza americana nei confronti dell’Europa in merito ai suoi legami commerciali con la Russia veniva vissuta da quest'ultima come una ingerenza fastidiosa.

TEMPI ATTUALI
Con il dissolvimento dell’Unione Sovietica nel 1991 e il progressivo consolidamento di Vladimir Putin, la Russia ha proseguito in modo scaltro la sua politica di penetrazione dell’Europa e di condizionamento attraverso la dipendenza energetica. Per Putin, come prima di lui, per i leader sovietici, una dipendenza europea sul piano energetico nei confronti della Russia è un mezzo per creare dissidio tra gli alleati, in primis con gli Stati Uniti, al fine di indebolire e idealmente annullare lo stesso principio di Alleanza Atlantica, spostando l’Europa dall’influenza e dipendenza americana per avvicinarla a quella russa. Ad Alexander Del Valle, questo sta benissimo. Lo dice a chiare lettere: “Siamo lontani dalla solidarietà russo-europea e dall’asse geo-energetico Parigi-Berlino-Mosca voluto dal Generale De Gaulle nell’ambito del suo piano Fouchet”. Il piano Fouchet, aveva il fine di allontanare l’Europa dall’influenza americana con la Francia come mosca cocchiera. Già allora la Russia, sotto forma di Unione Sovietica, era vista come un interlocutore possibile. Del Valle rimpiange quel tempo, e quella possibilità sfumata.

Veniamo ai nostri giorni e apprestiamoci a concludere l'analisi di Del Valle.
“Il progetto del gasdotto che collega la Russia e la Germania, e che doveva entrare in funzione all’inizio del 2020 non è alla fine delle sue traversie. L’America, e quindi non solo Trump ma anche il suo successore Joe Biden, continuano a moltiplicare le tattiche di pressione per rimandare o mettere a repentaglio l’avvio del gasdotto, vedendo in Europa uno sbocco naturale per il suo abbondante gas naturale di scisto…Ciò dimostra ancora una volta come la potenza unilaterale americana sfrutti conflitti come quello ucraino (che peraltro ha contribuito a fare esplodere) e argomentazioni moralistiche per perpetuare l’aberrazione internazionale costituita dalle leggi extraterritoriali americane che consentono al Tesoro di congelare i beni di qualsiasi stato e aziende nel mondo (con multe da miliardi di dollari) accusate di fare affari con “stati canaglia” attraverso le sanzioni, in realtà i cui interessi energetici (Russia, Iran), ecc. turbano quelli delle aziende americane e frenano le strategie del Deep State americano”.
Questo condensato surreale di affermazioni dovrebbe aprire gli occhi anche ai più sprovveduti. Il conflitto ucraino sarebbe frutto della pressione americana (vecchio cavallo di battaglia russo, che risale ai tempi dello zarismo, secondo cui, ogni tensione interna nel paese è frutto di influenze esterne), non sarebbe nato dall’esigenza legittima del paese di sottrarsi all’influenza russa. Che gli USA guardino a ogni processo che possa avviare la democrazia in un paese antidemocratico o dalla democrazia precaria come a un fatto positivo e da incoraggiare è, come dire, del tutto naturale, ma per Del Valle deve per forza esserci dietro la zampa di quell’entità metafisica che è il “Deep State” americano, una versione aggiornata degli illuminati di Baviera. Gli Usa metterebbero a repentaglio il gasdotto russo non perché condizionerebbe l’Europa nei confronti della Russia, ma perché vorrebbe che l’Europa dipendesse dal proprio gas. Bene. Anche se così fosse sarebbe poi così terribile pagare più soldi per il gas americano invece di servirsi di un fornitore del tutto inaffidabile il quale ha il potere di erogare o meno il gas in base a come l’Europa si comporta nei suoi confronti in merito alla sua politica di aggressione nei confronti di stati indipendenti?
Sarebbero “argomentazioni moralistiche” per Del Valle quelle che sostengono che uno Stato indipendente non si aggredisce e si annette dopo averlo aggredito in virtù di un referendum farsa? Certamente nel mondo del puro e cinico calcolo politico e della legge del più forte in cui vive Putin, il diritto internazionale non ha alcun valore, è solo un impaccio. Quanto alle leggi extraterritoriali degli Stati Uniti, che risalgono nella loro prima formulazione al 1917, in tempo di guerra e poi riformulate per il tempo di pace, esse sono state istituite per colpire economicamente i paesi le cui attività sono considerate ostili agli Stati Uniti e potenzialmente pericolose per i loro interessi e la loro sicurezza. Per Del Valle sono “aberranti”, meno aberranti sono invece gli interessi energetici dell’Iran e della Russia (non a caso alleati in Siria), soprattutto l’interesse energetico iraniano di cui il nucleare è un legittimo sviluppo, si immagina sia così per l’analista.
Veniamo all’ultima parte della sua analisi, forse la più gustosa. E’ quella in cui l’autore ci spiega che oltre al gas russo, l’Europa si rifornisce di gas proveniente dalla Norvegia, dall’Algeria e potrebbe rimpiazzare la Russia con il Qatar. Ed è qui che casca l’asino. A Doha ci sono i Fratelli Musulmani, e insomma, l’Europa che mette sanzioni alla Russia per l’annessione della Crimea poi si potrebbe approvvigionare dal Qatar dovrebbe pensarci due volte a “demonizzare” la Russia.
A parte che quella qatariota è ancora una ipotesi, che andrebbe vista in termini di eventuali perecentuali di gas erogabile, si tratta del solito trucco di agitare uno spauracchio ipotetico per nascondere un problema reale. L'Europa non ha un legame di dipendenza energetica con il Qatar, lo ha con la Russia.
Ma, torniamo agli americani. I veri villains del pezzo. Sarebbe il gas di scisto la questione fondamentale. Del Valle è molto chiaro in proposito: “Quando Joe Biden promette ai russi ‘sanzioni economiche terribili come quelle contro l’Iran in caso di (fantasiosa) invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il parallelo è più che rivelatore delle reali intenzioni geo-energetiche americane: il regime sanzionatorio statunitense contro l-Iran motivato non solo dalla ‘morale’ ma anche dalla competizione energetica-ha infatti aperto nuovi mercati al petrolio e al gas Americano che ha così in parte sostituito il greggio iraniano esportato in Europa”.
Si è tutto chiaro. L’Europa dovrebbe smarcarsi dagli Stati Uniti, così come voleva De Gaulle nel 1961 con il Progetto Fouchet, non immediatamente in senso geo-politico (questo passo occorrerebbe farlo forse dopo) ma in senso geo-energetico. Un’Europa a trazione energetica russo-iraniana sarebbe, infatti l’ideale, considerazioni ‘morali’ (come le virgoletta il Nostro) a parte. L’importante è disfarsi degli Stati Uniti e, ovviamente della NATO, perché servire gli interessi russi e, perché no, iraniani, è sicuramente molto meglio. Manca solo un ultimo tocco e poi il quadro si completerebbe. Russi e iraniani (per quanto i secondi siano musulmani) condividono con noi antiche radici e parentele (gli iraniani non sono forse "ariani"?) e i russi non sono forse gli eredi della Terza Roma?
Gli americani, in fondo hanno corrotto tutto con il loro mercantilismo e con la diffusione di quella cosa orrenda che si chiama “democrazia”.


CAMPIONARIO DI DESTRA
Niram Ferretti
26 febbraio 2022

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Leggere Marcello Veneziani su "La Verità" a proposito della crisi in corso, ti fa capire subito in che livello comatoso versa la destra italiana, visto che Veneziani è uno dei suoi intellettuali di riferimento. Un insieme di falsità, grossolanità storiche, un antiamericanismo di riporto senza se e senza ma.

Il filoputinismo come riflesso automatico, rictus pavolviano. Alcune perle:
"Vi ricordate cosa successe a parti invertite quando a Cuba l'Unione Sovietica stava puntando i suoi missili sugli Stati Uniti? Come sempre fu il 'pacifista', umanitario e democratico Kennedy che usò la forza e sfiorando il conflitto mondiale evitò quella minaccia contrapponndone un'altra. E vi ricordate gli interventi umanitari militari in Kosovo, le bombe umanitarie di Clinton, la Libia, l'Iraq, la Siria? perchè non dovrebbe fare la stessa cosa Putin?".
Perché, Veneziani, le situazioni sono completamente diverse e lo capirebbe anche un liceale fresco di studi di storia contemporanea. Al di là della penosa ironia sull'umanitarietà di Kennedy e Clinton, (si sa, Veneziani va subito al sodo, come Nietzsche, legge dietro i paraventi della morale la presenza della volontà di potenza), vanno specificate alcune cose.
La Russia non è sotto potenziale attacco da parte di missili ucraini o americani. Non ci sono batterie missilistiche puntate sulla Russia come c'erano a Cuba nel 1961 missili sovietici a 90 miglia dagli Stati Uniti e in grado di colpirli. C'era la Guerra Fredda allora, una minaccia nucleare incombeva sopra il mondo, e il rischio di una guerra era concreto tra due superpotenze profondamente ostili una all'altra. Come ha scritto oggi su "Il Corriere della Sera" Ernesto Galli della Loggia,
"Come mai la suscettibilità nazionale del despota moscovita non ha mai mostrato eccessiva preoccupazione per il fatto che la Polonia — membro anch’essa della Nato e confinante anch’essa con la russa Kaliningrad — potrebbe, se volesse, sbriciolare in poche ore con un opportuno lancio di semplici missili da crociera la base della flotta russa del Baltico? E come mai invece la semplice, del tutto remota, ipotetica, eventualità che l’Ucraina aderisse alla medesima Nato lo ha spinto addirittura a replicare contro Kiev un Blitzkrieg di schietto stampo hitleriano?".
Ecco sì, come mai? Semplicemente perché non c'era il pretesto dell'ingresso della Polonia nella NATO, ingresso non ostacolato da Yeltsin nel 1993, ma c'era quello, del tutto campato in aria, di un possibile e remoto ingresso dell'Ucraina nella NATO, dove proprio a causa del conflitto fomentati da Putin nell'Ucraina orientale, l'Ucraina NON PUÒ entrare.
Gli interventi, giusti o sbagliati che fossero, in Kossovo, Libia e Iraq, paesi in cui, nel caso del Kossovo e della Libia, era in corso una sanguinosa guerra civile, e nel caso dell'Iraq vi era la presenza di un dittatore sanguinario implicato nel terrorismo islamico internazionale, non hanno nulla, ma proprio nulla a che vedere con l'aggressione a freddo di uno Stato sovrano che non rappresenta una minaccia per nessuno, indipendente dal 1991, democratico, il quale ha come sola colpa quella di avere chiesto l'ammissione nella NATO e di spostarsi dunque verso occidente. L'odiato, esecrato occidente, che anche Veneziani, nostalgico di un passato ormai sepolto, patisce tanto.

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Filippo Marti
Purtroppo molti Occidentali filocomunisti o destrorsi manifestano il loro odio per gli USA e per la cultura occidentale, falsificando la realtà dei fatti storici al solo fine di confondere le idee alle menti più deboli che abboccano come cefali.

Giovanni Bernardini
Quando Kennedy mise il blocco navale a Cuba non chiese che l'isola cessasse di essere amica dell'URSS, rinunciasse ai suoi aiuti economici. Chiese che non venissero installati missili a testata nucleare. Gli stessi che NON ci sono, nè ci sono mai stati in Ucraina. E dire che stavo per comprare l'ultimo libro di Veneziani! Per fortuna non lo ho fatto!

Marina Herman Moritz Petrozzi
Giovanni Bernardini devo ammettere che ho pubblicato a volte il suo pensiero. Quando lo trovavo condivisibile. Ma, ohimè, non ci sta nulla da fare. Gratti un po' e alla fine emerge il lato nascosto. Croce nera e chiuso.

Tiziana Alvari
Vorrei aggiungere che l'operazione in Kossovo fu approvata dal Consiglio di Sicurezza dell" ONU.

Alessandro Bertonelli
Prendiamo ad esempio, l’entrata della Polonia nella NATO: vedendola dal punto di vista della contrapposizione US Russia è un punto a favore dell’America nell’espansione della sua zona d’influenza ed uno a svantaggio della Russia . Quindi i russi possono legittimamente, dal loro punto di vista, “non gradire” .
Ma nessuno che si pone il problema del perché la Polonia è voluta entrare nella NATO e nell’UE . Forse secoli di dominazione russa, la spartizione del territorio con Hitler, l’oppressione comunista sono motivi sufficienti a far si che la Polonia non voglia correre il rischio di finire di nuovo sotto controllo russo ?
I paesi baltici ? Idem.
Se tutti i paesi dell’Est Europeo son voluti entrare nella sfera d’influenza americana , se tutti i paesi dell’est, con tutti i possibili limiti e contraddizioni, stanno meglio di prima e vogliono continuare a restare nell’area NATO , ci sarà un motivo ?
Oppure in nome dell’antiamericanismo di chi si è goduto tutti i benefici dell’essere nato e cresciuto nella parte fortunata dell’Europa , dobbiamo dimenticarci di questo aspetto ?
Se la Russia sapesse adottare anche il soft power forse l’URSS non sarebbe crollata ( non avrebbe dovuto spendere cifre incredibili per imporre un controllo totale e capillare internamente e nei paesi satelliti )ne si sarebbe ridotta così la sua zona d’influenza . Siccome i russi conoscono solo l’hard power, vien difficile credere che qualche paese voglia liberamente essere nella loro zona d’influenza.

Francesco Birardi
Confesso che un intervento del genere me lo sarei aspettato da Franco Cardini, Fini (Massimo), o Buttafuoco, non da Veneziani.... Che dire? Nessuno è perfetto.

Roberta Cuciti
Mamma mia...l'antiamericanismo feroce dei filoputinisti é tale da accecare pure Veneziani (ma anche questa non é una novità, ne avevamo già parlato qui da te, Niram), coi triti e ritriti cavalli di battaglia "e allora Cuba?", "e allora il Kossovo?", completamente decontestualizzati. E quando gli spieghi, con molta semplicità, le differenze (mi capita coi filoputiniani da me), passano all'attacco con altre cose, che non centrano nulla, gli smonti pure quelle e avanti così, all'infinito. Snervante.
Io li chiamo gli amanti de "la teoria della montagna di merda", in rete ne trovate la divertente descrizione.

Francesco Birardi
Esiste una destra che odia (da sempre) gli americani e li considera la vera causa del disfacimento - etico e civile - dell'Europa, e che vede in Putin il salvatore della triade Dio-Patria-Famiglia, fondamento della nostra civiltà. Per gli stessi motivi, molti di loro (Cardini & C.) amano l'Islam.... dimenticando che si tratta di un altro Dio, di un'altra Patria, e di un'altra concezione della Famiglia (e cioè della società). Ma si sa che l'odio acceca....

Jan Sawicki
Sì, una delusione. Ha ricordato giustamente che l'adesione della Polonia non fu negata dalla Russia. Raccontino di un fatto storico vero, per rinfrescare la memoria di tanti smemorati, con aneddoto finale. Nel 1993 (credo primavera), Eltsin viene ricevuto a Varsavia dal presidente pro tempore, Lech Wałęsa. Al centro dei colloqui la definitiva uscita delle truppe dal paese, cosa che avvenne a settembre con grande sollievo prima di tutto dei russi. La cena di gala fu innaffiata da vodka polacca, tanto apprezzata da Eltsin, e lì fu affrontata la questione della NATO (con accenno anche agli altri paesi). All'incontro parteciparono tanti testimoni, russi e polacchi. Qualcuno dei polacchi affronta il tema spinoso, si discute un po' e alla fine Eltsin dice in sostanza "va bene, se volete fatelo, non ci fa piacere ma non ci opponiamo". Ancora oggi si ride di questo, anche se a Mosca non si ride affatto. Fu la vodka? Io non credo a queste, che sono veramente storielle.
In ogni caso ne parlo perché questo fatto storico, pur vero e documentato, come l'altro presunto "impegno" dal punto di vista giuridico vale zero, come i famosi colloqui del 1991. Solo che è successivo, quindi subentra. Nel frattempo erano passati due anni, e due anni cambiano molto, lo sappiamo. Se quest'ultima storiella viene ancora propalata, prego qualche volontario di ricordare il fatto che ho descritto, credo anche documentabile.

Francesco Birardi
A proposito di chi - come Veneziani - ritiene l'adesione alla Nato come una forma di aggressione alla Russia, occorre ribadire che quello che sta avvenendo è un ulteriore dimostrazione che non si tratta affatto di una minaccia, ma di una difesa contro il "ritorno" della Russia.... Chi ha subito il peso del tallone zarista prima e sovietico poi, non ha alcuna voglia di provare quello di Putin.

Paolo Tagliapietra
Commentare tutto richiederebbe tanto tempo, cosa che non ho - senza contare che me ne difetta la voglia.
Però una cosa sul paragone con la crisi dei missili a Cuba vorrei dirla, perché il presentarla come un qualcosa di equivalente alla situazione attuale è assolutamente insostenibile e segno di malafede e/o ignoranza militare. All'epoca, il posizionamento di missili a Cuba faceva/avrebbe fatto un'effettiva differenza strategica, ponendo sotto reale minaccia nucleare gli USA che, per motivi di vicinanza geografica e stato delle difese antimissile, non avrebbero avuto alcuna possibilità di difendersi efficacemente. Oggi, invece, tralasciando comunque il fatto che non c'era alcuna intenzione di posizionare batterie di missili nucleari strategici in Ucraina, la cosa sarebbe comunque indifferente, perché "Cuba è ovunque". Cosa intendo dire? Che tutti gli schieramenti, e soprattutto i sovietici (ops, russi), dispongono di tante "Cube subacquee", e cioè di sottomarini a propulsione nucleare con relativi armamenti, capaci di presentarsi all'improvviso fuori dalla porta di casa, ben più pericolosi sia dei missili terra-terra che dei bombardieri strategici. Come si può anche solo pensare di confrontare la situazione attuale con quanto accadde allora? È solo un velo di Maya utilizzato, da alcuni anche inconsapevolmente, per provare a capovolgere la realtà e far cadere sempre e comunque la responsabilità sull'Occidente. Ci ricordiamo la crisi degli euromissili, con tutta la propaganda contraria a installare Pershing e Cruise quando invece il Patto di Varsavia aveva già posizionato SS-20 e SS-21? Ecco, siamo (ancora) li.


Graziella Ardia
Parlate veramente da un altro mondo. Di una Nato che è ormai un'associazione a delinquere e a fare interessi di banche e élite le quali stanno cercando anche di dominare il mondo oltre gli USA occupati con un vero colpo di stato. Globalisti mondialisti che non hanno più niente a che fare con dei Kennedy che pagarono con la vita gli avvertimenti o con un Trump che è riuscito a bloccarli per qualche hanno ma che hanno violentemente defenestrato. Qui stiamo pagando il loro arbitrio con una dittatura che ci fa invidiare i russi. Io stessa che sono un essere discriminato, Senza più diritti sociali, economici, fuori dai locali, treni e servizi pubblici non riesco a capire come esistano gruppi di persone che parlano come se si trovassero ancora in una democrazia e in un integerrimo patto atlantico. Invece di parlare di "allineati a senso unico" guardiamo bene di non diventarlo noi.

Niram Ferretti
Graziella Ardia ho dovuto sopportare i suoi deliri durante la pandemia, ma adesso basta. Invidi lei i russi e si trasferisca da loro presto.

Graziella Ardia
Io non mi trasferisco da nessuna parte vorrei rimanere a casa mia. Non amo le dittature anche se qui ne sto vivendo una peggiore. Non ammetto la guerra armata che penso debba essere evitata oltre ogni limite. Parlo a ragion veduta poiché vivo questa realtà senza paraocchi e vedo le battaglie per libertà in Canadà e in tutto l'occidente. l'unica Democrazia è Israele. Anche se molte variabili trasversali sembrino volerla contaminare. Non ascolterà più miei deliri poiché sono abbastanza delusa dai suoi.

Alberto Pento
Graziella Ardia Lo vada a dire al nazi fascista Putin che ha iniziato la guerra aggredendo la povera Ucraina, si vergogni!

Tassilo Francovig
Una certa destra ha ancora in mente il duce alla “battaglia del grano”, che a petto nudo miete “la bionda dovizia di questo paese: grano e pane per tutti gli italiani”, o a sciare sul Terminillo, sempre a petto nudo … e lo vede reincarnato nello zar di tutte le Russie (Ucraina compresa) che, a petto nudo va a caccia dell’orso o cavalca nella steppa.
Curioso come i dittatori, anche quando sono ometti, amino crearsi un mito di uomini forti, risoluti, che hanno “sempre ragione”, e poi portano i loro paesi dove la loro personale ambizione li spinge.



Emanuela Carosso
Nel momento in cui definisce "gli interventi, GIUSTI O SBAGLIATI CHE FOSSERO, in Kossovo, Libia e Iraq...", dimostra una forse inconscia resipiscenza di onestà intellettuale di fronte all'ostentazione manifesta della metafora biblica dei due pesi e due misure.

Alberto Pento
Emanuela Carosso Potrebbe essere più chiara per favore?

Emanuela Carosso
Alberto Pento nel momento in cui si scrive che gli interventi in Kossovo, Libia e Iraq potevano essere giusti o sbagliati, si ammette la possibilità fossero sbagliati. Dopotutto si è intervenuti militarmente in paesi sovrani, ci sono stati bombardament… Altro...

Alberto Pento
Emanuela Carosso Grazie, adesso è più chiaro.

Niram Ferretti
Emanuela Carosso esattamente. Quelli della NATO sono interventi collegiali e resi possibili da una alleanza condivisa. La Russia ha agito unilateralmente senza che ci fosse la necessità di farlo perchè l'Ucraina è un paese che non era in guerra contro la Russia, e non presentava alcun pericolo. C'è un conflitto a bassa intensità anche se costante che dura da otto anni nella sua parte orientale. Nessuno ha legittimato questa orrenda aggressione. Persino la Cina che l'ha tacitamente approvata ha voluto ipocritamente sanzionarla.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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