Ucraina e Crimea

Re: Ucraina

Messaggioda Berto » dom mar 02, 2014 8:15 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ucraina

Messaggioda Berto » lun mar 03, 2014 6:46 am

Ucraina, guerra vicina. A rischio il G8 di Sochi. Secessione in vista?

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http://www.lindipendenza.com/ucraina-gu ... e-in-vista

di LUIGI CORTINOVIS

La situazione in Ucraina potremmo sintetizzarla così: “Gli Usa: pronti a isolare Putin, Mosca rischia il posto nel G8. La Nato avverte: fermare le azioni militari. Il Papa prega per il dialogo”.

“Ciò che la Russia sta facendo in Ucraina viola i principi della Carta dell’Onu e minaccia la pace e la sicurezza in Europa”. Lo dice il segretario generale della Nato – organizzazione atlantica per la sicurezza – Anders Fogh Rasmussen. Intanto il Foreign Office della Gran Bretagna annuncia che Londra sospende la sua partecipazione alle riunioni preparative per il G8 di Sochi a giugno, a causa dell’escalation militare russa in Ucraina. Inoltre, la Nato auspica che le parti in causa trovino un’intesa anche sotto la regia dell’Osce per arrivare al dispiegamento di osservatori internazionali. nell’area di crisi. La telefonata Obama-Putin Nella notte tra sabato e domenica, Obama ha espresso la preoccupazione degli Stati Uniti per un possibile intervento russo in Ucraina, condannandolo fermamente. Putin si è invece detto preoccupato per le azioni “provocatorie e criminali” degli ultranazionalisti, incoraggiati dalle autorità ucraine.

Obama minaccia: ”Le continue violazioni del diritto internazionale causeranno un grande isolamento politico ed economico”. Per il presidente americano la popolazione ucraina ha il diritto di determinare il proprio futuro. Ribadito anche il sostegno della Casa Bianca alla causa ucraina: ci sarà assistenza sia tecnica sia finanziaria. La riunione al Palazzo di Vetro Durante la telefonata tra Obama e Putin si è tenuta anche la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu in cui sono intervenuti l’ambasciatore russo, quello ucraino e quello americano presso le Nazioni Unite. Mentre quello ucraino ha denunciato la presenza di quindicimila soldati russi in Crimea, quello russo ha sottolineato che la decisione di usare forze armate fuori dalla Russia non è ancora stata presa.

A rischio il G8 di Sochi anche. La minaccia si allarga anche al G8 di Sochi in programma a giugno: gli Stati Uniti, e molto probabilmente anche i loro alleati come ha fatto sapere il Canada richiamando il suo ambasciatore in Russia, potrebbero non parteciparvi. Anche il ministro degli Esteri francesi Laurent Fabius ha detto che la Francia auspica “la sospensione dei preparativi del G8 di Sochi” a giugno e condanna “l’escalation militare russa” in Crimea. Ne chiede la sospensione ”fin quando i nostri partner russi non saranno tornati a principi conformi al G7 e al G8″.

Putin: abbiamo il diritto di tutelare la minoranza etnica. Prima che la Casa Bianca diffondesse i contenuti della telefonata, è stato il Cremlino a far sapere che, durante il colloquio Putin ha ricordato che la Russia si riserva il diritto di proteggere i suoi interessi in Ucraina. Il nodo, secondo Mosca, è quindi la tutela della minoranza di etnia russa nel Paese.

La questione etnica?

E’ quella che fa scrivere a molti opinionisti che in Ucraina c’è l’ipotesi secessione.
I confini ucraini sono stati disegnati da Mosca quando Kiev non era altro che una delle tante città dell’impero sovietico.
Nel disegnare i suoi confini, il regime sovietico ha tenuto conto solo in parte della composizione etnica (esattamente come è avvenuto in Jugoslavia in alcune zone di confine tra Serbia e Croazia, Tra Serbia e Bosnia e tra Crozia e Bosnia). L’Ucraina attuale è divisa, di fatto, in tre parti.
Le regioni occidentali, corrispondenti alla “vecchia” Galizia orientale, le regioni centrali, e le regioni orientali (Crimea inclusa).
Sotto il profilo etnico le regioni orientali sono abitate prevalentemente da russi o russofoni (in Crimea la popolazione russa è il 67%), quelle centrali hanno una composizione etnica mista e quelle occidentali sono essenzialmente ucraine ad eccezione delle province che confinano con la Moldavia e la Transnistria. Storicamente il territorio ucraino è stato per molti secoli diviso lungo la linea del fiume Nipro.
La Galizia orientale è appartenuta per secoli all’Impero Austroungarico (sotto il quale si sono sviluppati i primi sentimenti nazionalistici ucraini). Subito dopo la prima guerra mondiale, ha goduto di una brevissima indipendenza che è terminata con l’occupazione polacca alla quale ha fatto seguito, solo dopo il 1945, l’annessione all’Impero sovietico.
Le regioni orientali, invece, hanno fatto parte per secoli all’Impero russo e poi alla nascente Urss, subendo un ulteriore processo di russificazione intorno al 1922-23.

Considerata la tensione altissima in Ucraina vien quasi da chiedersi: ma il muro di Berlino è davvero caduta nel 1989?

http://it.wikipedia.org/wiki/Galizia_(Europa_centrale)
Il nome Galicia et Lodomeria venne usato per la prima volta nel XIII secolo da Re Andrea II d'Ungheria. Si trattava di una versione latinizzata dei nomi slavi Halyč e Volodymyr, le due più grandi città del principato ucraino (o ruteno) di Galizia e Volinia, che all'epoca si trovava sotto il dominio ungherese.
L'origine del nome ucraino Halyč (Halicz in polacco, Galich russo, Galic in latino) è incerta. Alcuni storici credono che il termine abbia a che fare con le popolazioni di origine celtica che si insediarono nelle vicinanze, dato che è correlato a molti nomi simili di luoghi sparsi per l'Europa, come Galatia in Turchia, Gallia in Francia, e Galizia in Spagna. Altri sostengono che il nome sia di origine slava – da halytsa/galitsa che significa "collina spoglia", o da halka/galka che significa "taccola". La taccola venne usata nello stemma cittadino e in seguito anche su quello della Galizia. Il nome, comunque, nasce prima dello stemma, che potrebbe rappresentare un'etimologia popolare.

http://it.wikipedia.org/wiki/Ucraina
http://it.wikipedia.org/wiki/Rus%27

http://it.wikipedia.org/wiki/Variaghi
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http://it.wikipedia.org/wiki/Rus%27_di_Kiev
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http://it.wikipedia.org/wiki/Via_variago-greca
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Re: Ucraina

Messaggioda Berto » lun mar 03, 2014 7:20 pm

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Re: Ucraina

Messaggioda Berto » sab mar 08, 2014 8:53 am

Furlanetto: il Veneto si schieri con la Crimea

http://www.lindipendenza.com/furlanetto ... -la-crimea

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Il Veneto deve prendere una posizione chiara e autorevole in favore del referendum della Crimea. Lo chiede Giovanni Furlanetto esponente di Prima il Veneto: «Il Consiglio Regionale del Veneto deve condannare le posizioni antidemocratiche della Comunità Internazionale, che ha già etichettato come privo di validità il referendum per l’autodeterminazione della Crimea dall’Ucraina, previsto per il 16 marzo».

«Se crediamo veramente nella sovranità dei popoli” afferma Furlanetto, “allora dobbiamo essere dalla parte del popolo della Crimea, il cui parlamento, ieri, ha votato una mozione per chiedere alla Russia di annettere al suo territorio la repubblica autonoma di Crimea. Il referendum indetto per la fine della settimana prossima è dunque pienamente democratico».

In questi giorni i media di tutto il mondo ci hanno ricordato che la Crimea venne ceduta alla Repubblica ucraina nel 1954 – al tempo federata con l’Urss - dall’allora leader sovietico Nikita Krusciov per celebrare i 300 anni dell’unione tra i due Paesi. Ma quella che all’epoca è stata poco più che un cambio di insegne, dalla fine dell’URSS si è rivelata una vera e propria presenza di popolazione russa entro i confini di un altro stato. Anche la comunità italiana residente in Crimea si è espressa a favore del referendum».

«La Regione del Veneto non può assistere in silenzio ai soprusi dalla comunità internazionale in merito a questo evento importante», conclude Furlanetto. «Il Popolo della Crimea deve essere libero di decidere se il proprio futuro è con la Russia o con l’Ucraina senza condizionamenti esterni».

Prima il Veneto.
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Re: Ucraina

Messaggioda Berto » dom mar 09, 2014 6:16 pm

Crimea, Putin non molla e parla con Merkel e Cameron

http://www.lindipendenza.com/crimea-put ... -e-cameron

Putin ha discusso al telefono della crisi ucraina con la cancelliere tedesca Angela Merkel e con il premier britannico David Cameron. Lo riferisce il Cremlino. Della crisi hanno parlato anche il ministro degli esteri russo Lavrov e il suo collega tedesco Frank-Walter Steinmeier. leader, informa in una nota la presidenza russa, “hanno scambiato dei punti di vista sui possibili sforzi della comunità internazionale per risolvere” la situazione in Ucraina. “I passi presi dalle legittime autorità della Crimea sono basate sul diritto internazionale e mirano a proteggere i legittimi interessi della popolazione della Crimea”, ha ribadito Putin nella telefonata a Merkel e Cameron, riferisce il Cremlino.

I Paesi europei potrebbero poi rivolgersi agli Stati Uniti a scapito della Russia per il loro approvvigionamento di gas, riducendo le forniture energetiche, al momento provenienti da Mosca, e aumentando le importazioni di gas dagli Usa. Lo sottolinea il ministro degli Esteri britannico, William Hague - riferisce la Bbc – ribadendo la possibilità di ricorrere a sanzioni economiche “vaste” nel caso in cui non si facciano passi avanti sul fronte diplomatico per risolvere la crisi tra Russia e Ucraina.

“A Mosca stanno solo aspettando il nostro sì all’adesione alla Federazione Russa”. Così il premier della Crimea Serghiei Aksionov alle migliaia di dimostranti filorussi radunati in piazza Lenin a Simferopoli, capitale della regione che il 16 marzo voterà la secessione da Kiev. Circa 5 mila persone assiepano la piazza mentre sul palco canta il coro della flotta russa del Mar Nero e nella piazza è un tripudio di bandiere russe della Crimea e anche di Cuba.

La risposta non si fa attendere. Kiev chiude infatti i rubinetti finanziari alla Crimea: lo ha reso noto il vice premier locale, Rustam Temirgaliyev, secondo cui l’amministrazione centrale ha bloccato il sistema elettronico della sezione crimeana del Tesoro e i conti della penisola. Temigarliev ha escluso comunque impatti negativi sul pagamento di pensioni e stipendi: “Siamo pronti ad aprire conti in banche russe, inclusi conti in rubli. La gente non sarà lasciata senza pensioni e stipendi in nessun caso, la situazione è sotto controllo”. “La Crimea può vivere autonomamente in questa situazione”, ha assicurato. Nei giorni scorsi la stampa russa ha scritto che, secondo alcuni esperti, mantenere la Crimea costerà a Mosca circa 3 miliardi di dollari l’anno, il doppio di quello speso attualmente da Kiev.

Prezzo che la Russia sembra intenzionato a pagare. Le forze militari russe hanno infatti preso il controllo di un posto di guardia al confine ucraino nella Crimea occidentale. Continua insomma il dispiegamento di forze da parte del Cremlino, sebbene in forma ‘sobria’ – i soldati non indossano divise immediatamente riconoscibili – e che per ora non ha provocato vittime. Una base della difesa anti-aerea ucraina è stata ad esempio attaccata ieri al tramonto nei pressi di Simferopoli. L’attacco alla difesa anti-aerea, confermato dalla tv Atr di Sebastopoli, sede della Flotta del Mar Nero, è stato compiuto da soldati russi, anche se non è chiaro se si tratti di forze speciali della Marina o cosacchi. Secondo quanto riferiscono alcune fonti, all’interno della base si trovavano un centinaio di soldati fedeli a Kiev, che dopo l’ultimatum intimato dagli assedianti perché deponessero le armi avrebbero trattato la resa. Testimoni riferiscono di aver visto qualche ora dopo dei camion uscire dalla base. Gli stessi affermano che un paio di giornalisti accorsi sul posto sono stati maltrattati dai miliziani filo-russi. Uno avrebbe avuto bisogno di cure mediche.

Per tutta rispoista il premier ucraino Arseni Iatseniuk, parlando dell’occupazione militare russa in Crimea, ha arringato la folla a Kiev in occasione del 200/mo anniversario della nascita del poeta ucraino Taras Shevtcenko, uno dei simboli dell’indipendenza del Paese. ”E’ la nostra terra – ha detto – e non ne cederemo un centimetro. Che la Russia e il suo presidente lo sappiano”. E in Crimea c’è chi gli dà corda. Centinaia di dimostranti pro Kiev, tra i quali soprattutto donne e bambini, manifestano lungo la strada in un villaggio tartaro non lontano dalla capitale della Crimea, Simferopoli. Lo ha constatato l’inviato dell’ANSA. ‘No alla guerra’ è lo slogan che scandiscono i manifestanti suonando i clacson delle auto.

Mosca, intanto, chiede a Kiev e all’Occidente di bloccare la strada per la presidenza al leader ultranazionalista Dmitro Iarosh, capo del movimento paramilitare ”Settore destro”, risultato determinante nella fuga del presidente ucraino Ianukovich. ”Le autorità de facto di Kiev e i loro patron occidentali dovrebbero bloccare la strada al potere statale per il neo-nazista Yarosh e i suoi adepti”, ha twittato Konstantin Dolgov, inviato speciale del ministero degli affari esteri russo per la democrazia. Ieri Iarosh ha confermato la sua intenzione di candidarsi alle presidenziali di fine maggio.

Braccio di ferro diplomatico
La Russia sta pensando di sospendere le ispezioni del suo arsenale strategico, compresi i missili nucleari, in risposta alle “minacce” di Usa e Nato sulla crisi in Ucraina. Lo ha fatto sapere un alto funzionario del ministero della Difesa. Le ispezioni sono previste dal trattato Start e dal Documento di Vienna tra i paesi dell’Osce. La Russia chiede inoltre all’Osce di aprire un’inchiesta sull’uccisione di decine di persone in piazza Maidan da parte di cecchini durante gli scontri di fine febbraio tra polizia e insorti a Kiev.

Barack Obama ha parlato separatamente al telefono della crisi in Ucraina con il premier Matteo Renzi, con il presidente Francese Francois Hollande, il premier britannico David Cameron, riferisce la Casa Bianca affermando che “il presidente ha dato il benvenuto alla forte, unificata posizione degli Stati uniti e dell’Unione Europea in merito all’intervento militare russo in Ucraina, comprese le conclusioni del Consiglio Europeo del 6 marzo”.

La missione Osce
Gli ispettori dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sono arrivati al confine della Crimea, ma sono tornati indietro dopo alcuni spari di avvertimento. Lo riferisce la stessa Osce. E’ la terza volta che gli ispettori dell’Osce tentano di entrare in Crimea, ha riferito una fonte della stessa organizzazione alla France Presse. (Ansa)
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Re: Ucraina

Messaggioda Berto » mer mar 12, 2014 8:05 pm

VENETO SERENISSIMO GOVERNO

Crimea indipendente

Ci è stato comunicato che il parlamento della repubblica autonoma della Crimea ha approvato l'ordine del giorno che proclama la Crimea stato indipendente (78 voti a favore, 3 contrari).

Il Veneto Serenissimo Governo erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica, riconosce la legittimità del voto del parlamento di Crimea; trasmette gli auguri a questo nuovo stato, pur sapendo che la strada verso l'autodeterminazione è irta di difficoltà; è sicuro che il popolo di Crimea saprà fare fronte a tutti gli ostacoli, in questa lotta avrà a fianco tutti gli antifascisti, democratici dell'Europa, e non solo.

Qualsiasi violenza nei confronti del Popolo di Crimea ricadrà sugli ispiratori del colpo di stato fascista avvenuto a Kiev.

Il Veneto Serenissimo Governo invita tutti i cittadini di origine Veneta di Crimea e della Federazione Russa ad aiutare lo stato di Crimea a raggiungere gli obiettivi che il popolo deciderà, attraverso il libero e democratico referendum di domenica 16 Marzo 2014.

Longarone 12 Marzo 2014


Per il Veneto Serenissimo Governo
il Presidente
Luca Peroni

il Responsabile per il Caucaso
Valerio Serraglia


Veneto Serenissimo Governo
Casella Postale 24 -36022 Cassola (VI)
VENETO
pepiva@libero.it - kancelliere@katamail.it
Tel. +39 349 1847544 - +39 340 6613027
www.serenissimogoverno.eu
www.radionazionaleveneta.org
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Re: Ucraina

Messaggioda Berto » sab mar 15, 2014 9:25 am

Ucraina: gli Usa non possono permettersi una guerra contro la Russia

http://www.lindipendenza.com/ron-paul-u ... iti-russia


Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo Can We Afford Ukraine? tratto dal Ron Paul Institute For Peace and Prosperity (organizzazione fondata per promuovere una politica estera americana anti-interventista) da parte di Ron Paul, ex deputato del Congresso statunitense per lo Stato del Texas con il Partito Repubblicano, ex candidato alla presidenza statunitense nel 1988, 2008 e 2012 quale promotore di una visione libertaria dell’America, saggista e opinionista è autore di vari libri tra i quali La terza America. Un manifesto ed End the Fed. Abolire la banca centrale. (Traduzione di Luca Fusari)

Ufficialmente il debito pubblico degli Stati Uniti ammonta a più di 17 miliardi di dollari. In realtà, è molto più alto. Il costo dell’invasione Usa dell’Afghanistan e dell’Iraq può ammontare a più di 6 miliardi di dollari. L’invasione illegale della Libia, voluta dal presidente Obama, costa almeno un miliardo di dollari e ha lasciato quel Paese devastato. I costi degli sforzi americani per il cambio di regime in Siria sono probabilmente enormi, sia in termini di dollari che di vite, ma questo è ancora un segreto.

Allora, quale persona sana di mente potrebbe pensare che è un buon momento per iniziare una guerra contro la Russia per l’Ucraina? Peggio ancora, chi impegnerebbe gli Stati Uniti a salvare una Ucraina che avrà bisogno di almeno 35 miliardi di dollari all’anno per sopravvivere?. Chi? Il presidente e il Congresso, sostenuti dai neocon e dai cosiddetti interventisti umanitari!.

La scorsa settimana la Camera dei Rappresentanti ha votato in modo schiacciante per fornire 1 miliardo di dollari in garanzie sui prestiti all’Ucraina. Questo è solo l’inizio, si può esserne certi. Ma cerchiamo di essere chiari: questo non è denaro destinato alla popolazione di quel Paese impoverito. L’amministrazione sta inviando un miliardo di dollari dei contribuenti americani ai ricchi banchieri internazionali che detengono il debito pubblico ucraino.

Si tratta di un salvataggio bancario internazionale, non di aiuti agli ucraini. E nonostante la crescente retorica anti-Russia, ironicamente alcuni di quei soldi andranno probabilmente in Russia per la bolletta del gas non pagata dall’Ucraina: 2 miliardi di dollari!. Quindi cos’è successo in Ucraina? Il governo e i media americani sostengono che gli Stati Uniti devono salvare la democrazia ucraina da un esercito invasore russo che minaccia la sovranità del Paese. Ma in realtà la crisi è stata in parte istigata dalle ingerenze degli Stati Uniti.

Ricordate la telefonata intercettata in cui due alti funzionari dell’amministrazione Obama hanno discusso i piani per sostituire il governo eletto in Ucraina con i burattini degli Stati Uniti? Questo è esattamente quello che è successo. Non è forse una violazione della sovranità dell’Ucraina? E’ questa la democrazia?. La politica dell’amministrazione Obama verso l’Ucraina è ipocrita.

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Il rovesciamento del governo di Kiev con violente proteste di piazza è stato chiamato un trionfo della democrazia, ma quando il parlamento eletto nell’autonoma Crimea ha votato la scorsa settimana per indire un referendum per decidere il suo futuro, il presidente Obama l’ha condannato come una violazione del diritto internazionale. Che dire del principio di autodeterminazione sancito anche dal diritto internazionale?.

Ho sempre pensato che un referendum per riorganizzare l’Ucraina in una confederazione più flessibile delle regioni potrebbe contribuire a ridurre le tensioni. Credo ancora che questo potrebbe aiutare, ma sembra che il governo degli Stati Uniti non sia così entusiasta della democrazia quando vi è una possibilità che possa dare un risultato a cui si oppone.

Credo fermamente che la gente di Crimea abbia tutto il diritto di trasferire la sovranità sulla loro penisola alla Russia, se lo desiderano. L’unica domanda che rimane è se ci sarà un’elezione onesta, e non vedo alcun motivo per cui non ci possa essere.

Il governo degli Stati Uniti dice al resto del mondo, «vogliamo che siate dei buoni democratici e che vi siano elezioni», ma se non eleggono le persone giuste poi ci lamentiamo e le buttiamo fuori come abbiamo fatto in Egitto. In Crimea vogliono avere un’elezione per determinare il loro futuro.

Il presidente Obama ha condannato i piani per un tal voto dicendo: «siamo ben oltre i giorni in cui confini possono essere ridisegnati sopra le teste dei leader democratici». Egli non ricorda che le autorità di Kiev sono state installate poche settimane fa dopo un colpo di Stato orchestrato dagli Usa contro la Costituzione ucraina?.

Il Congresso la prossima settimana probabilmente voterà per le sanzioni contro la Russia. Anche se in molti credono erroneamente che le sanzioni siano un modo relativamente innocuo per costringere i Paesi stranieri a fare quello che diciamo, dobbiamo essere chiari: le sanzioni sono un atto di guerra.

Negli Stati Uniti le teste più fredde non sono attualmente prevalenti. C’è il pericolo di un conflitto inimmaginabile tra Stati Uniti e Russia. Dobbiamo esigere un allontanamento dal piede di guerra, lontano dalla retorica incendiaria. Abbiamo rotto e non possiamo permetterci di “comprare” l’Ucraina. Né possiamo certo permetterci un’altra guerra, in particolare contro la Russia!.
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Re: Ucraina

Messaggioda Berto » sab mar 15, 2014 9:33 am

L’assurdo NO al referendum in Crimea

http://www.lindipendenza.com/lassurdo-n ... -in-crimea

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di MAX FERRARI*

Cosa c’è di più democratico di un referendum popolare come quello programmato dalla Crimea per decidere il proprio destino? Nulla: è il massimo della democrazia. Ma alla UE, agli USA e ai nostri giornali non piace e dopo aver saputo che il parlamento di Crimea ha dato parere favorevole ad un ricongiungimento alla Russia e ha stabilito un referendum per il 16 marzo prossimo, l’Occidente ha dato in escandescenze parlando di “illegalità”, di “pratica fuorilegge” e ha minacciato una serie di dure rappresaglie contro la Russia che finiranno per essere un boomerang soprattutto per l’Italia a cominciare dall’ideona di tagliare gli acquisti di gas e renderci del tutto dipendenti dagli arabi.

Eppure dalla Crimea fanno sapere che gli osservatori internazionali saranno i benvenuti e potranno vigilare la regolarità del voto, ma forse proprio questo è il problema: tutti sanno che non ci saranno brogli e che i filorussi stravinceranno senza trucchi mettendo gli ipocriti di Bruxelles nella scomoda condizione di condannare per la seconda volta in poche settimane, dopo il caso Svizzera, un responso referendario popolare.

Per chi tifa contro la Russia sarebbe stato tutto più semplice se Putin avesse usato la forza e difatti i giornali per qualche giorno hanno cercato di raccontarci che i cattivi arrivati da Mosca terrorizzavano la Crimea, ma poi hanno dovuto cedere alla realtà e spiegare che la popolazione fraternizza coi pacifici militari russi e odia il nuovo governo imposto a Kiev. Così diventa difficile continuare a parlare di metodi dittatoriali, e lo sarà ancor di più dopo il libero voto del 16.

Bisogna dunque evitare il voto e inventarsi qualcosa per giustificare questa scelta antidemocratica: ecco allora la barzelletta raccontata dal presidente del Consiglio Europeo e dalla Merkel secondo cui quel tipo di referendum non è previsto dalla costituzione ucraina. Certo, ma la costituzione non prevede neppure che il legittimo presidente della repubblica e il legittimo governo possano essere cacciati da manifestazioni di piazza come è invece avvenuto e quindi pare ridicolo che l’attuale governo, nato in maniera del tutto irregolare, pretenda di dettare le regole del bon ton al governo della Repubblica di Crimea che è invece del tutto legittimo. E se anche fosse vero che il parlamento di Crimea legifera sotto l’influenza della piazza perché mai l’influenza della piazza di Kiev deve essere descritta come pacifica e legittima anche quando non lo è, mentre quella pacifica di Sebastopoli deve essere bollata come “pericolosa”? Tanto più che nessuna chiarezza è stata fatta sull’identità dei cecchini che hanno sparato a Kiev e solo ora la rappresentante della UE pare interessata ad aprire una inchiesta che potrebbe dare sviluppi clamorosi.

Tragicomico, poi, il monito di Obama che afferma che è finita l’epoca in cui le frontiere potevano essere ridisegnate a dispetto dei dirigenti democraticamente eletti. Bene: ma a Kiev quali sarebbero questi dirigenti democraticamente eletti? Ma, ancora più importante: se le frontiere sono davvero così intoccabili come mai gli stessi americani non più di tardi di tre anni fa hanno promosso la secessione del Kosovo dalla Serbia? Non si trattava di una regione qualsiasi, visto che il Kosovo è per i serbi la culla della nazione e dell’Ortodossia, ma la separazione dolorosa è stata accolta con festeggiamenti e riconoscimenti da buona parte dei paesi UE, gli stessi che oggi definiscono scandalosa e fuorilegge l’idea che la Crimea russa ritorni alla Russia, nel timore inconfessabile che questo passo potrebbe dare ancor più forza a catalani e scozzesi già pronti coi loro referendum.

La risposta dei mandarini europei, assurda e irricevibile, è che la “Crimea e la Catalunya non sono paragonabili al Kosovo”.

Esatto: la Crimea, così come la Catalunya, la Scozia, il Veneto etc.. hanno un’infinità di ragioni in più del Kosovo per chiedere la propria autodeterminazione perché da una parte si è concessa l’indipendenza a popolazioni albanesi su terra serba e dall’altra si vorrebbe negare, un esempio per tutti, ai catalani in Catalunya e ai russi nella russa Crimea.

Vero è che risalendo nel tempo, la Crimea era abitata dai cosiddetti tatari, oggi minoranza islamizzata, ma anche volendo enfatizzare il loro ruolo parliamo sempre di una regione non ucraina e, comunque, a loro i filorussi hanno già garantito autonomie molto più ampie di quelle garantite da Kiev che invece soffia irresponsabilmente sul fuoco islamista sperando di trovare fanatici alleati da scagliare contro i russi.

In un interessante reportage dell’inviato di “Repubblica” leggiamo: “Molti infiltrati, tatari o antirussi stanno lavorando nelle caserme invitando i soldati a non arrendersi. Gestiscono un passaparola tra moschee e centri sociali che tiene ancora in ansia e rovina la festa dei fedelissimi di Mosca”.

Da una parte, dunque, la Russia che attraverso il portavoce della Duma, Sergei Naryshkin, spinge a votare liberamente, dall’altra l’Occidente “democratico” che non vuole il voto e appoggia quelli che spingono al boicottaggio facendo il passaparola tra moschee e centri sociali. Sarebbe questa la nuova Ucraina democratica ed europea?

*da: www.lombardiarussia.org
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Re: Ucraina

Messaggioda Berto » mer mar 19, 2014 10:30 am

Gli americani sono contrari all’interventismo degli Usa in Ucraina

http://www.lindipendenza.com/mcconnell- ... ti-ucraina

Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo Push For New Cold War Seems to Stall, tratto dalla rivista The American Conservative, di Scott McConnell, giornalista ed editorialista americano. (Traduzione di Luca Fusari)

Come sta andando la campagna per coinvolgere gli americani in una nuova Guerra Fredda? Se c’è da credere alla più recente interrogazione sulla crisi ucraina, non molto bene. Secondo un sondaggio diffuso l’11 Marzo dal Pew Research Center, solo il 29% degli americani vuole che gli Stati Uniti ‘prendano una posizione ferma’ contro le incursioni della Russia in Ucraina, mentre il 56% preferisce che gli Stati Uniti ‘non siano troppo coinvolti nella situazione’.

Fra gli “indipendenti”, una categoria molto controllata ed ambita dagli operatori politici di entrambi i partiti, il numero degli scettici circa un intervento era il più alto di tutti: il 62% contro il 25%. Un mero 16% dei Repubblicani ha sostenuto la posizione certificabile come folle di ‘considerare opzioni militari’, mentre la percentuale tra i Democratici e gli indipendenti era così bassa da superare a malapena il margine d’errore.

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Questo sondaggio arriva dopo due settimane di intensa propaganda anti-Putin da parte del Partito della guerra in Iraq, nel tentativo di ricostituirsi un decennio più tardi. Abbiamo visto lamenti circa la mancanza di spina dorsale morale degli americani da parte di Leon Weiseltier (Jim Sleeper offre qui un delizioso affossamento del suddetto neocon) e che «Putin è uguale a Hitler» analogie usate da Richard Cohen e da Hillary Clinton.

Abbiamo visto gli editorialisti del Washington Post e del New York Times sfoggiare una retorica magniloquente contro la Russia di Vladimir Putin, quasi ogni giorno le principali televisione hanno celebrato a sprazzi i ribelli che hanno montato un colpo di Stato anti-democratico in Maidan a Kiev (sì, il colpo di Stato ha rovesciato un governante terribilmente corrotto, ma perché semplicemente non aspettare le elezioni per sbarazzarsi di lui?).

Ma nonostante il fuoco di fila dei media, gli americani semplicemente non ritengono che la riaffermazione di una sorta di posizione egemonica in Crimea da parte della Russia sia qualcosa per cui essere molto preoccupati. Forse pensano che ciò che accade in Crimea non sia davvero qualcosa che li riguardi.

Questo è qualcosa di sorprendente, l’intensità dei mezzi di sbarramento anti-Putin faceva sembrare probabile che almeno una sorta di maggioranza “dura” temporaneamente potesse essere acciottolata assieme in sostegno delle misure anti-Putin, ma la maggior parte degli americani sembrano essere sintonizzati su altro.

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La surriscaldata lingua della Beltway, la quale implica una guerra lampo contro Putin, sembra in qualche modo irrealistica a fronte di un intervento russo che non ha, mentre stiamo scrivendo, provocato la perdita di una sola vita.

Perché il popolo americano non sta seguendo le indicazioni dei loro padroni e dei media? Non è del tutto chiaro, ma vorrei indicare due potenti possibili ragioni: la vera Guerra Fredda riguardava la diffusione del comunismo, che gli americani intesero essere un sistema malvagio, non era una ostilità verso la Russia, la quale agisce come una normale grande potenza.

Adam Gopnik fa qui il punto (in un breve saggio di eccezionale lucidità):

«la Guerra Fredda, almeno per come è stata spiegata dai suoi freddi guerrieri, non era un confronto tra grandi potenze mondiali, ma piuttosto qualcosa di più significativo ed essenziale: una lotta di valori intrapresa su scala globale tra totalitari e liberali. La Russia come nazione era incidentale, se i sovietici avessero abbandonato il marxismo e il rifacimento utopico (o distopico) del mondo, ed avesse agito come una normale potenza, non avremmo avuto nessuna guerra fredda o calda. Questo, comunque, era ciò che i freddi guerrieri hanno sostenuto, anzi, coloro che vedevano l’ideologia sovietica come mero comportamento russo erano considerati storicamente degli ingenui. Ed eccoci qui, con una Russia restaurata, paranoica sull’accerchiamento, aumentante la sua influenza nel quartiere. Può essere brutto e può essere sbagliato, e l’Ucraina merita il sostegno morale che le piccole nazioni sempre meritano quando sono vittime del bullismo, ma è anche storicamente normale. Se diventiamo isterici ogni volta che forze storiche si affermano, non ci sarà fine all’isteria».

O per dirla in altro modo (come Pat Buchanan ha fatto), c’è differenza tra un governante russo che uccide i preti a migliaia ed uno che imprigiona per un anno le signore Pussy Riot per aver commesso un sacrilegio. Poi ci sono alcune ragioni molto pratiche per mettere in pausa le sanzioni delle brigate della Beltway. L’analista russo Fyodor Lukyanov, scrivendo su Al Monitor, indica alcune questioni che potrebbero sorgere se Washington spingesse duramente gli eventi sulla questione della Crimea.

Uno è il destino delle nostre truppe in Afghanistan, che sono rifornite in parte attraverso una base russa a Ulyanovsk. Naturalmente le truppe potrebbero essere rifornite attraverso il Pakistan, e probabilmente potrebbero anche uscire da lì, se necessario. Ma è probabile che sia in termini logistici molto più difficile, e potrebbe costare vite americane. Poi c’è la Siria, dove la diplomazia russa e americana hanno provvisoriamente collaborato almeno sulle armi chimiche. E l’Iran, dove la Russia ha compiaciuto Washington annullando una vendita di armi precedentemente concordata.

Ovviamente se affrontato con ostilità americana, Putin riconsidererebbe le politiche russe su tutte queste questioni secondo la sua stima degli interessi della Russia. Si potrebbe sperare che l’amministrazione Obama pesi questo prima di accettare l’invito di Bill Kristol ad innescare una nuova Guerra Fredda con la Russia. Vedremo.

Il primo ministro dell’Ucraina Arseniy Yatsenyuk, “eletto” da Victoria Nuland anziché dal popolo ucraino, Mercoledì 12 Marzo è andato in visita alla Casa Bianca. L’invito è stato da parte di Washington un torbido messaggio anti-Putin, quale frenesia da nuova Guerra Fredda. Da allora, il ​​popolo americano ha fatto registrare un fresco messaggio, e anche il Cpac, l’organizzazione giovanile della destra radicale Repubblicana, ha dato una vittoria in uno straw poll a Rand Paul, il candidato nazionale più cauto nell’iniziare una nuova Guerra Fredda.

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Bob Gates, un sostenitore della politica estera delle ultimi due amministrazioni, ha osservato realisticamente che non c’è molto che si possa fare per togliere la Russia dalla Crimea, anche se naturalmente potremmo andarci. Sarà interessante vedere se Obama (una testa di gran lunga più sveglia di Kerry, Clinton e ovviamente Nuland) sarà in grado di spostare tale corso dando un segnale al mondo che le politiche globali dell’America non saranno legate a un regime rivoluzionario nazionalista, di dubbia stabilità, salito al potere a Kiev attraverso le barricate.
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Re: Ucraina

Messaggioda Berto » ven mar 21, 2014 3:09 pm

Crimea, l’imprevista secessione che fa paura alle élite dell’Occidente

http://www.lindipendenza.com/raimondo-c ... -occidente


Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano l’articolo Let Crimea Go! tratto dal sito Antiwar.com, scritto da Justin Raimondo, direttore editoriale di Antiwar.com, è senior fellow presso il Randolph Bourne Institute, opinionista per varie testate giornalistiche americane, è autore dei libri Reclaiming the American Right: The Lost Legacy of the Conservative Movement e An Enemy of the State: The Life of Murray N. Rothbard. (Traduzione di Luca Fusari)

Mentre gli Stati Uniti e i loro alleati europei si radunano intorno ai golpisti ucraini denunciando il referendum di Crimea, abbiamo l’ennesima occasione per vedere l’illimitata arroganza di Washington. Nell’incontro con il nuovo “primo ministro” ucraino, il quale ha raggiunto il suo alto ufficio scatenando le folle contro il governo regolarmente eletto, il presidente Barack Obama ha affermato che Washington sarà «costretta a far pagare un costo» a meno che il voto di Crimea non si fosse tenuto.

Così gli Stati Uniti, il presunto campione della “democrazia”, ​​salutano un colpo di Stato decisamente antidemocratico, onorando uno dei golpisti con un ricevimento alla Casa Bianca, e inveiscono contro la decisione del parlamento democraticamente eletto di Crimea di lasciare che le persone votino per il proprio futuro.

Come se vagamente fosse consapevole della massiccia ipocrisia infondenti le sue parole, Obama ha ammesso che la Crimea potrebbe forse avere qualche voce in tutto questo, ma non ora: vuole colloqui con il Cremlino, che «potrebbero portare a diversi regimi nel tempo» per la Crimea. «Ma questo non è qualcosa che può essere fatto con la canna di una pistola puntata contro di voi», cioè a meno che non stiamo parlando di Afghanistan o dell’Iraq.

In Iraq, le prime elezioni post-invasione sono state unilateralmente annullate da Paul Bremmer, il viceré americano, perché la nazione che era stata “liberata” «non era pronta». Come concepito dai geni neocon che ci hanno mentito in quella guerra, lo scenario originale per le elezioni è stata una serie di “consigli” selezionati con cura a livello locale per controllare i candidati, ripartire i seggi parlamentari, e per soddisfare le comodità dei politici di Washington.

Questo fu furiosamente respinto dall’ayatollah Sistani, leader religioso supremo degli sciiti, maggioranza del Paese, il quale chiamò decine di migliaia di suoi seguaci nelle strade invocando il santo omicidio. Questo scenario ha indotto Bremmer e i suoi compagni neocon ad indietreggiare sui talloni, e credo che l’esercito sia intervenuto a Washington per far ignorare i commissari di Bremmer e lasciare che gli iracheni indicessero elezioni dirette: una persona, un voto.

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Poi si è tenuto un referendum per ratificare la Costituzione irachena, e poco dopo il tanto vantato voto col “dito blu” oltre 100 mila soldati statunitensi hanno combattuto la rivolta sunnita. Le elezioni non hanno ridotto il supporto ai ribelli e così Bush ordinò il “surge”, che ha portato il totale delle truppe ad oltre 150 mila soldati americani sul terreno dell’Iraq.

Sono quattro le elezioni svoltesi in Afghanistan con una grande pistola americana puntata verso il popolo afgano. Nel 2004, 2005, 2009 e durante le elezioni per il presidente e il parlamento nel 2010, c’erano ben 101 mila truppe americane nel Paese, cioè 101 mila fucili puntati sull’elettorato. Due di queste elezioni si sono svolte con Obama alla Casa Bianca, ma non possiamo biasimarlo per la sua ipocrisia.

Dopo tutto l’abitudine all’”eccezionalità” è così radicata nella nostra classe politica, così facente parte dell’aria che respirano, che non ne sono più nemmeno consapevoli. Per gli esseri umani ordinari, il mozzafiato doppio standard è fin troppo evidente, ma per un abitante della Beltway di Washington tali pensieri eretici sono decisamente sovversivi, indicativi della temuta “equivalenza morale” la quale separa personaggi apparentemente marginali come Noam Chomsky dai ranghi dei rispettabili.

Quando lo facciamo noi statunitensi vale la prima tacita regola della politica estera americana “mainstream”: è un atto di “liberazione”; ma quando gli altri fanno altrettanto è una violazione sfacciata del diritto internazionale e un atto terribile di aggressione. I nostri burattini europei non osano contestare questo, anche se i loro sudditi potrebbero avere un’opinione molto diversa.

Prima che Yatsenyuk si presentasse a Washington con la mano fuori, gli Usa e i loro alleati della Nato più il Giappone hanno emesso un “severo monito”, come la McClatchy lo descrive, chiedendo ai russi di annullare il referendum, e naturalmente non degnandosi di rispondere direttamente al popolo della Crimea: «qualsiasi referendum non avrebbe alcun effetto giuridico. Data la mancanza di una preparazione adeguata e la presenza intimidatoria delle truppe russe, sarebbe un processo profondamente sbagliato che non avrebbe nessuna forza morale. Per tutti questi motivi non riconosceremo il risultato».

Eppure tutti questi satrapi americani riconoscono il “governo” di Hamid Karzai, mantenuto al potere con la forza americana delle armi, così come hanno riconosciuto il governo iracheno che finalmente è emerso dalle macerie della guerra. La presenza delle truppe americane è in qualche modo meno “intimidatoria” di quella dei russi? Twittatemi quando Putin farà in Crimea l’equivalente di Abu Ghraib, o quando quelli con l’uniforme delle truppe russe misteriosamente andranno su tutte le furie uccidendo come questi ragazzi hanno fatto.

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A Washington, con Yatsenyuk al suo fianco, Obama ha dichiarato che lui e i suoi vassalli internazionali «rifiuteranno completamente» quello che ha definito delle elezioni «frettolose». Yatsenyuk ha sussultato un po’ dopo aver sentito queste parole? Dopo tutto, il 25 Maggio si terranno le elezioni nazionali in Ucraina, sono meno frettolose rispetto al referendum della Crimea? Non che le elezioni significhino molto a Kiev in questi giorni.

Obama ha salutato il “coraggio” dei golpisti, e Yatsenyuk posando per le telecamere ha pure dichiarato con voce ucraina churchilliana «non ci arrenderemo mai!». Tutto si riduceva al denaro. Sbrigatevi e passate quel miliardo di dollari quale “pacchetto di aiuti” per l’Ucraina. Obama ha esortato il Congresso, lui non ha bisogno di preoccuparsi: Martedì la legislazione è stata approvata alla Camera, e l’approvazione di una legge simile è avvenuta il giorno successivo da parte del Comitato per le Relazioni Estere del Senato.

Uno dei pochi esseri umani razionali a Capitol Hill, il senatore Rand Paul, ha scritto un editoriale dicendo che dovremmo tenere la “linea dura” con la Russia… negando all’Ucraina miliardi di dollari da sprecare, il che mi è sembrato in parte un po’ troppo intelligente quale forma di argomentazione proposta. Ma questo dovrebbe dirvi l’atmosfera nella Beltwayland, dove il denaro è la loro possibilità di postura come leader mondiali fa sì che siamo sempre sull’orlo di qualche stupenda “crisi”.

Nel frattempo, nel mondo reale, la stragrande maggioranza degli americani si oppone all’intervento americano in Ucraina, e sono contro l’invio di aiuti militari di qualsiasi forma: anche il supporto per le sanzioni è debole, con gli elettori più giovani decisamente contrari. Mentre l’establishment di Washington è con la bava alla bocca sull’Ucraina, un politico prudente come il senatore Paul ha saggiamente esortato i politici a non “stuzzicare” i russi, un punto di vista più in linea con quanto pensano i cittadini americani.

Pavoneggiandosi in posa sulla scena internazionale, soffiando, sbuffando e minacciando di far saltare giù la casa di Putin, gli americani stanno esagerando a fronte di quello che dovrebbe essere un problema regionale di importanza marginale. Eppure c’è una logica interna in questa reazione eccessiva, quella dettata da fattori economici e politici, il primo dei quali è il progetto in corso di espansione della Nato.

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Quando un Paese entra a far parte della Nato deve misurarsi con gli standard militari dell’Alleanza, il che significa un aggiornamento completo delle sue forze armate. Questa è una bonanza per le aziende occidentali degli armamenti, per lo più americane, che forniscono le attrezzature necessarie e raccolgono profitti multimiliardari ogni volta che un nuovo membro è introdotto nel club.

Il vecchio comitato per l’espansione della Nato è stato generosamente finanziato dai produttori di grosse armi, che sbavavano per la prospettiva di assumere ex nazioni dell’ex blocco sovietico nel novero. Ci sono un sacco di soldi da fare in Ucraina per quel tipo di amiconi capitalisti che prosperano nell’Era di Obama, e ci si può scommettere come la spinta nel conferire a Kiev l’adesione alla Nato sia destinata a raccogliere consensi. Anche i georgiani sono in linea per fondersi nella Nato-Borg, la quale dopo la fine della Guerra Fredda e fino ad oggi si è mossa ad est ed è quasi alle porte di Mosca.

Quando il Muro di Berlino è caduto, e il vecchio ordine della Guerra Fredda si è sciolto, i leader dell’Europa occidentale erano desiderosi di garantire una pace ed una relativa stabilità. Questo è il motivo per cui la Germania di Helmut Kohl fece un accordo con Mikhail Gorbaciov che il prezzo della riunificazione tedesca non sarebbe stata l’espansione verso est della Nato. Possiamo vedere qual è oggi lo status di quell’”accordo tra gentleman”.

I leader occidentali chiacchierano solo di morale e di “diritto internazionale” quando fa comodo ai loro scopi. In caso contrario, quando tale legge dovrebbe applicarsi a loro, scrollano le spalle e improvvisamente l’uso della forza diventa giusto. Una tale visione bifronte della giustizia da parte del governo degli Stati Uniti è fin troppo familiare ai popoli di tutto il mondo: quello che c’è di nuovo è che, a questo punto, anche il popolo americano sta cominciando a prendere atto di quella stessa cinica giustificazione usata dal loro governo negli affari mondiali.

Ancora una volta, come nel caso della Siria, il popolo americano si oppone alla politica preferita dalle sue élite. Per fortuna però la gente della Beltway è troppo stupida ed egocentrica per ascoltare questo avvertimento, il secondo in pochi mesi. Sono grato di ciò, perché la loro cecità è di buon auspicio per la loro rovina.

Comento================================================================================================================================


Nibbio
21 Marzo 2014 at 11:07 am #
Abbandonare un paese grande un po’ meno dell’Italia per gettarsi nell’abbraccio soffocante della grande madre Russia, ridimensionata ma sempre troppo potente, è per qualcuno un esempio di autodeterminazione ?

Leggo spesso qui di taluni che vogliono farsi svizzeri (li vedo dalla finestra e non ne ho proprio alcuna voglia) o austro-ungarici, o ottentotti, o albionici, o tatari ecc. e mi domando: se queste sono le idee di libertà e di autonomia….cambiamo nome alla Repubblica Italiana, senza troppa fatica, nè morti nè feriti, e festeggiamo l’agognata libertà ballando la tarantella…

Questa o quella per me pari sono
a quant’altre d’intorno, d’intorno mi vedo….


LucaF.
21 Marzo 2014 at 11:36 am #
@Nibbio
Gli abitanti della Crimea hanno volontariamente espresso col referendum/plebiscito la loro intenzione di far parte della Federazione russa in quanto russofoni, popolazione storicamente a maggioranza di etnia russa o in relazione al fatto che la loro appartenenza all’Ucraina (a partire dal 1954) è considerata arbitraria e contraria alla loro volontà.
Come ho già scritto qua sotto il principio di autodeterminazione riconosce sia la possibilità che un popolo possa separarsi che unirsi volontariamente ad un altro Stato.
Non sta a me o a te dover giudicare se per gli abitanti della Crimea l’ingresso nella Federazione russa sia più o meno vantaggiosa che il restare nell’Ucraina o con uno status di Paese indipendente, ma evidentemente se hanno deciso così avranno le loro valide ragioni.
Il principio d’autodeterminazione non lo si applica cambiando il nome alla Repubblica italiana mantenendo intatti i suoi confini vigenti, spetta ai singoli territori e comunità definire la loro permanenza o meno all’interno di essa in libertà ed autonomia decisionale.


Annibale
21 Marzo 2014 at 9:35 am #
Quella della Crimea non è una secessione, è un’annessione in stile hitleriano davanti a un Occidente paralizzato come ai tempi di Monaco. Paragonare questo evento alle battaglie indipendentiste europee va a vantaggio sicuramente dell’ipocrita Russia (che reprime nel sangue le rivendicazioni indipendentiste o autonomiste interne) ma non certo di padani, catalani, scozzesi, che si vedono associati a un regime sempre più simile alla Korea del Nord. Questa volta i paleoconservatori americani non hanno capito la portata degli eventi.


LucaF.
21 Marzo 2014 at 10:50 am #
@Annibale
Quello che un neocon come te non ha capito è che quanto avvenuto in Crimea non solo è una secessione ma è una lampante dimostrazione del principio di autodeterminazione dei popoli in linea col diritto internazionale e con quanto scrisse Gianfranco Miglio, Ludwig von Mises e Murray Rothbard. Anche loro non hanno capito nulla?.

«Con il consenso della gente si può fare di tutto: cambiare il governo, sostituire la bandiera, unirsi a un altro paese, formarne uno nuovo». (Gianfranco Miglio)

«Una nazione, dunque, non ha alcun diritto di dire ad una provincia: ‘Tu appartieni a me, voglio prenderti. Una provincia è costituita dai suoi abitanti. Se qualcuno ha il diritto ad essere ascoltato in questo caso sono questi abitanti. Le dispute di confine dovrebbero essere risolte dal plebiscito». (Ludwig von Mises, Omnipotent Government, p. 90)

«Nessun popolo e nessuna parte di un popolo dev’essere tenuto contro la sua volontà in una associazione politica che non vuole». (Ludwig von Mises, Nation, State, and Economy, p. 34)

«Il diritto di autodeterminazione per quanto riguarda la questione della partecipazione in uno Stato significa: ogni volta che gli abitanti di un determinato territorio, che si tratti di un unico villaggio, un intero quartiere, o una serie di distretti adiacenti, fanno conoscere attraverso un plebiscito condotto liberamente che non vogliono più rimanere uniti al momento allo Stato di appartenenza, ma desiderano formare uno Stato indipendente o attaccarsi a qualche altro Stato, i loro desideri sono da rispettare e devono essere rispettati. Questo è l’unico fattibile ed efficace modo per prevenire rivoluzioni e guerre civili ed internazionali». (Liberalism, p. 109)

«Non fa differenza dove vengano disegnati i confini di un Paese. Nessuno ha un interesse materiale speciale allargando il territorio dello Stato in cui vive, nessuno subisce delle perdite se una parte di questa zona è separata dallo Stato. E’ inoltre irrilevante se tutte le parti del territorio sono in collegamento geografico diretto, o se sono separate da un pezzo di terra che appartiene ad un altro Stato. Non ha alcuna importanza economica che il Paese si affacci sull’oceano o meno. In un mondo del genere la gente di ogni villaggio o distretto potrebbero decidere con plebiscito a quale Stato appartenere». (Ludwig von Mises (Omnipotent Government, p. 92)

«La “nazione” non può essere definita con precisione, ma è una costellazione complessa e variabile di diverse forme di comunità, lingue, etnie e religioni. Alcune nazioni, come gli sloveni, sono gruppo etnico e linguistico ben definibile; altri, come i gruppi che si affrontarono durante la guerra in Bosnia, appartengono allo stesso gruppo etnico e linguistico, ma si differenziano per l’alfabeto adottato e si scontrano ferocemente sulla questione religiosa (serbi ortodossi, croati cattolici e musulmani bosniaci, i quali, a complicare ulteriormente il quadro, erano in origine seguaci dell’eresia bogomila). La questione della nazionalità è resa ancor più complessa dall’interazione tra le realtà oggettivamente esistenti e le percezioni soggettive. In alcuni casi, come le nazionalità dell’Europa orientale dell’Impero degli Asburgo, o gli irlandesi sotto il dominio inglese, conservavano un proprio nazionalismo, e persino lingue, nascoste o moribonde, che dovevano essere consapevolmente conservati, generati ed ampliati. Nel XIX secolo ciò fu fatto da élite intellettuali determinate a lottare per far rivivere periferie sottomesse, e parzialmente assorbite, al centro imperiale. Dunque, possiamo desumere che i confini non siano solo quelli tra Stati. Un obiettivo per i libertari dovrebbe essere quello di trasformare gli Stati-nazionali esistenti in entità nazionali i cui confini siano legittimi esattamente come lo sono i confini delle proprietà private, scomponendo così gli Stati-nazionali esistenti in Nazioni autentiche, oppure in “Nazioni per consenso” (…) In breve, ad ogni gruppo, ad ogni Nazione, dovrebbe essere consentito di separarsi da uno Stato-nazionale cui sono soggetti e di unirsi a qualsiasi altro Stato-nazionale che accettasse l’unione. Questa semplice riforma porterebbe sul lungo cammino verso la creazione di “Nazioni per consenso”. Gli scozzesi, se loro stessi lo vogliono, devono lasciati liberi dagli Inglesi di secedere dal Regno Unito e diventare indipendenti, oppure di partecipare ad una Confederazione delle Nazioni Gaeliche, se i costituenti lo desiderassero». (Murray Rothbard, Nations by Consent: Decomposing the Nation-State)

Asserire che un’annessione volontaria di un territorio debba necessariamente richiamare l’Anchluss hitleriano dell’Austria è un riduzionismo fallace alla luce della figura di Hitler (reductio ad Hitlerum).
L’Austria non era parte del 2° Reich guglielmino, dunque tale annessione al 3° Reich hitleriano non era giustificata neppure da un precedente storico ravvicinato nel tempo (era dovuta solo all’origine austriaca di Hitler); invece la Crimea fino al 1954 era parte integrante del territorio russo e i suoi abitanti si considerano russi nonostante fossero divenuti formalmente ucraini sul piano amministrativo con Crusciov.
Nel caso della Crimea la popolazione ha chiaramente espresso la propria volontaria adesione alla Federazione russa attraverso il voto del referendum, il quale è stato monitorato da una cinquantina di osservatori internazionali ed è stato riconosciuto valido e in seguito ratificato dalle istituzioni russe.
Il referendum dell’Anchluss fu soggetto a vari brogli architettati dal cancelliere austriaco Alois von Schuschnigg al fine di impedire l’esito favorevole ai nazisti, tant’è che gli stessi nazisti pur avendolo invocato e voluto non lo considerarono poi valido, procedendo in ogni caso all’annessione manu militari dell’Austria.
In Crimea, dubito che i russi dovranno imporre la cittadinanza russa a quegli abitanti operando manu militari dato che i crimeani l’aspirano di riottenere da decenni….
Le battaglie indipendentiste europee di padani, veneti, catalani e scozzesi, al pari che del caso della Crimea, sono anch’esse basate sull’esercizio del principio d’autodeterminazione dei popoli.
Sebbene le istanze catalane e scozzesi si basino su forme sovraniste non confluenti in altre nazioni, faccio notare che i tirolesi vogliano riunirsi all’Austria e dalle petizione online come i lombardi auspicherebbero l’ingresso della Lombardia nella Confederazione elvetica, dunque la secessione non è solo divisione ma può anche essere unione laddove i popoli lo decidano mediante il diritto di voto.
La Russia come la Corea del Nord? Ahahahahahah, ti consiglio di consultare qualche statistica macroeconomica aggiornata per comprendere le differenze basilari tra le due nazioni avvenute negli ultimi due decenni. :-D
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