Un demenziale adoratore di PutinEcco l'intervista che ho rilasciato a "L'indipendente", ditemi cosa ne pensate nei commentiNicolai Lilin
5 gennaio 2022
https://www.facebook.com/nicolai.lilin/ ... EMuhen6M1lUcraina, la vera storia: già dal titolo del libro lei lascia intendere che esista una storia ampiamente diffusa ma falsa, che il testo si occupa di confutare. Quali sono le informazioni parziali o le menzogne che hanno contribuito a distorcere la conoscenza dell’opinione pubblica sulla guerra in corso?
Ciò che noi in Italia conosciamo dell’Ucraina è un insieme di informazioni distorte, derivate dalla nostra incapacità occidentale di esprimere in maniera coerente i processi geopolitici che hanno avuto luogo in Unione Sovietica dopo il crollo del comunismo. La storia dell’Ucraina non è conosciuta come questo momento storico richiederebbe, tanto meno da parte di chi si lancia in facili analisi. Con questo libro volevo dare la possibilità alle persone, politici e giornalisti, di affacciarsi a questa situazione. Quando è cominciata questa guerra è stato chiaro che gran parte di loro non sapesse niente dell’Ucraina, tanto che alcuni in diretta televisiva commettevano errori geografici, non riuscendo a capire dove si trovavano certe regioni o sbagliandone la pronuncia, o senza saper indicare dove fosse l’Ucraina sulla cartina. Si tratta da un lato di una palese mancanza di informazione, dall’altro di pregiudizi culturali legati all’epoca del crollo dell’Unione Sovietica, in base ai quali in Occidente abbiamo un’immagine dell’Ucraina come Paese libero invaso dall’Impero.
L’Ucraina prima della metà del diciannovesimo secolo non è esistita. Era una regione dell’Impero russo e aveva il nome di Malorossiya, ovvero Piccola Russia. Anche geograficamente era diversa da com’è oggi. Per parlare della guerra attuale è necessario conoscere le basi della Storia. Nel mio libro ho cercato di spiegarle, raccontando a grandi linee la creazione dell’Ucraina, avvenuta in due fasi ben distinte.
La prima riguarda la creazione dell’identità dell’Ucraina, ovvero quando i suoi abitanti – prima definiti russini – hanno cominciato a chiamarsi ucraini. Questo è avvenuto dopo il 1863, con il fallimento della seconda rivoluzione polacca nella quale gli intellettuali polacchi, che ebbero la peggio contro il regime zarista russo, cominciarono a fare un lavoro propagandistico nelle regioni remote dell’impero. In questo modo corruppero il potere zarista nelle regioni vicine all’Impero austro-ungarico, vicino alla Polonia. Nacque così il movimento detto ucrainofilo e, di conseguenza, l’identità ucraina: per mano dei polacchi, e con il sostegno economico e militare degli austro-ungarici. Fu un lavoro di propaganda unito alle minacce di interventi sul territorio contro i contadini, i quali furono così costretti a cambiare la loro identità. La seconda parte inizia nel 1917, quando arrivarono i comunisti e fu creata l’Unione Sovietica. Data la loro visione multiculturale, socialista e internazionalista della società, i comunisti fecero di tutto per far emergere, all’interno dell’Impero russo, le differenze etniche mentre l’Impero cercava di spianarle. Per i comunisti la questione dell’etnia divenne fondamentale, tanto che uno dei primi e più brillanti lavori di Stalin fu La questione nazionale, nel quale viene spiegata la visione del comunismo internazionalista. Fu in base a questo che furono creati tutti i Paesi asiatici ex sovietici (Turkmenistan, Kazakistan, Kurdistan eccetera) e così è stata creata anche l’Ucraina. Nel 1917, grazie a personaggi storici come Lenin, Kaganovic e Stalin, l’Ucraina divenne una struttura geopolitica, seppure con confini molto diversi da oggi. Poi fu creato il governo ucraino. La creazione dell’Ucraina è avvenuta all’interno dell’Unione Sovietica, perché è uno Stato appendice creato dal partito comunista in funzione geopolitica. Questa, a grandi linee, è la storia dell’Ucraina che non viene raccontata in occidente e che dovremmo avere bene in testa per comprendere perché in questi territori adesso c’è una guerra sanguinosa, quest’euforia dei nazionalisti contrapposta ai filorussi fedeli ai vecchi simboli del comunismo. Per capirlo dobbiamo partire dalla storia.
Un approccio del genere, tutto incentrato sulla genesi storica della nazione ucraina, non rischia di tramutarsi in una negazione del suo stesso diritto all’indipendenza? I nazionalisti russi si appoggiano proprio alla storia per sostenere come l’Ucraina, in fondo, sia nient’altro che una propaggine di Mosca incidentalmente e momentaneamente indipendente. Lei ritiene che l’Ucraina abbia diritto a esistere come nazione indipendente?
Senza dubbio, l’Ucraina ha il diritto ad esistere come nazione indipendente. Ma è importante conoscere le condizioni per le quali l’Ucraina ha perso la sua indipendenza dal 1991. La tragedia di questo Paese, come spiego nel libro, sta nel fatto che prima del 1991 non è mai stata indipendente e non ha potuto coltivare una cultura politica indipendente. È importante comprendere che si tratta di un Paese differente, ad esempio, dai Paesi baltici, dove vi è un’etnia dominante. L’Ucraina è divisa grossomodo in tre fazioni. La prima corrisponde alla zona occidentale di Galizia, dove abitano le persone che guardano più agli ideali occidentali, ai polacchi, all’impero austro-ungarico, a quello rumeno e anche al cattolicesimo. Attraverso la Polonia e l’Austro-Ungheria la Chiesa cattolica entrò in quelle zone e fece molti adepti. La zona centrale è invece stata storicamente dominata da diverse nazione, mentre la zona a sud-est è abitata a stragrande maggioranza da persone di etnia russa che pensano che la Russia sia la loro patria. Il Paese ha diverse identità al suo interno, staccate dopo il crollo dell’Urss senza che vi fosse un governo forte né una cultura indipendentista. Per questo sin da subito l’Ucraina è stata oggetto di speculazioni, tanto interne quanto esterne. Mentre provavano a ottenere l’indipendenza arrivano al potere gruppi nazisti, cominciava una guerra civile, il Paese diventava preda delle mire imperialistiche dei russi da una parte e delle manipolazioni statunitensi dall’altra. Si tratta di un caos in buona parte dovuto proprio alla mancanza di una cultura dell’indipendenza.
Questo conflitto era inevitabile per via delle diverse coscienze nazionali presenti nella nazione? O forse con una gestione più rispettosa dei diritti delle varie minoranze – a partire da quella in Donbass dove, lo ricordiamo, era in corso già dal 2014 una guerra civile – sarebbe stato possibile evitare questa escalation e magari anche l’invasione russa?
La questione della differenza etnica all’interno di uno Stato non è mai un problema se esiste una cultura politica in grado di mandare avanti un Paese con questo tipo di struttura sociale. La differenza etnica diventa problematica quando ci sono in gioco forze politiche che la usano per creare contrasti all’interno della società e portare avanti programmi legati alla guerra, agli scontri, alla destabilizzazione della situazione interna del Paese. L’abbiamo visto in Jugoslavia: in Ucraina è accaduto lo stesso. Qui il problema non è la diversità etnica interna, quanto il fatto che Paesi potenti si sono interessati all’Ucraina e hanno deciso di sfruttare questa diversità, che potrebbe essere una risorsa per il Paese. Se manca una classe politica in grado di gestire questo tipo di struttura sociale, arrivano forze esterne interessate che investono nel fomentare la guerra tra le etnie interne allo Stato. Questa è l’Ucraina dal momento del crollo dell’Unione Sovietica: l’occidente non ha fatto altro che favorire i nazionalismi e portare allo scontro. Un conflitto che è anche culturale, tra due modelli di vita: quello occidentale e quello russo. Quest’ultimo è un modello che ancora conserva una visione di vita basata sulla coscienza sindacale – sviluppata con la cultura sovietica – per la quale tutti erano uguali e godevano di uguali diritti, tutti dovevano lavorare allo stesso modo per vivere, dove non c’erano ricchi né poveri ma una classe media nella quale tutti avevano uguali diritti sociali indipendentemente dall’etnia e dalla provenienza. Non esistevano classi. Questi due sistemi, insieme con le etnie e tutte le stratificazioni sociali di cui abbiamo parlato, sono entrati in guerra tra di loro quando gli USA hanno pagato, organizzato e portato avanti il cambio illegale del governo ucraino, quello che avvenne nel 2014. Il popolo era martoriato dalla propaganda e dalle difficoltà economiche dovute alla criminalità e alla corruzione del proprio governo il quale, dal momento del crollo dell’Unione Sovietica, non ha fatto altro che rubare. C’era scontento della popolazione nei confronti di una classe politica che non risolveva le questioni in maniera diplomatica, attraverso un percorso costituzionale: gli USA hanno sostenuto un colpo di Stato e hanno portato così al potere i nazionalisti, legalizzando di fatto il nazismo. Oggi mi sento di dire che il problema più grave in Ucraina è la totale legittimazione del nazismo hitleriano.
In questo conflitto culturale e di visione di società nascono anche le spinte indipendentiste del Donbass?
Sì, dopo il colpo di stato del 2014 quella parte di Paese costituita da russofoni con una cultura tipicamente molto lontana dai loro concittadini che guardano ad occidente, si è ribellata verso il nuovo governo centrale. Inizialmente non hanno chiesto la separazione e non sono voluti andare in Russia: hanno chiesto il riconoscimento di uno statuto speciale con una rappresentanza parlamentare e il riconoscimento del russo come lingua regionale. Invece, la prima legge che hanno fatto i parlamentari della nuova coalizione portata al potere dagli americani è stata quella di togliere alla lingua russa lo statuto ufficiale. Lì è stato fatto un primo passo verso la guerra: la popolazione ha capito che doveva difendersi dal proprio governo. La problematica dell’Ucraina oggi non è etnica, come vogliono farci credere i media, ma deriva dal fatto che USA e NATO hanno investito in un nazionalismo che ha schiacciato le minoranze. Senza di loro non vi sarebbe stata nessuna guerra, se ci fosse stato un esecutivo in grado di governare oggi forse l’Ucraina sarebbe uno dei Paesi più ricchi d’Europa. Ma non è stato così.
È lecito in qualche modo affermare che cultura russa e ucraina siano gemelle che si è tentato a un certo punto di separare?
Non sono gemelle, sono proprio la medesima cultura. Almeno fino a quando l’Ucraina non ha deviato dalla cultura russa su pressione occidentale. Se si legge ad esempio La guardia bianca di Bulgakov questo emerge chiaramente.
Anche se la narrazione mainstream tende a raccontare il sistema di potere ucraino come una democrazia compiuta quasi di stampo liberale, sappiamo invece che nel Paese hanno peso specifico notevole gli oligarchi. Lo stesso Zelensky è un ex attore comico entrato in politica come prodotto di un disegno oligarchico. Inoltre i giornalisti in Ucraina vivono in un regime di censura e diversi di essi sono scomparsi o sono stati uccisi in strane circostanze, anche ben prima dell’inizio della guerra. Anche in questo Ucraina e Russia sono Paesi molto simili?
No, sono totalmente differenti. La Russia è un Paese autoritario, dove gli oligarchi non esistono più da tempo. Solo una certa narrazione occidentale continua a straparlare degli oligarchi russi. Putin li ha fatti uccidere tutti, quelli rimasti sono stati privati delle loro intenzioni oligarchiche – e quindi politiche – e si sono trasformati semplicemente in uomini molto ricchi. Il potere lo detiene Putin e sotto di lui vi sono i servizi, l’esercito e così via: la struttura politica è totalmente sotto il suo controllo. Gli oppositori possono esprimersi, ma fino a un certo punto. L’Ucraina è un Paese dove non c’è mai stato un presidente o un leader politico come può essere Putin per la Russia e allo stesso tempo non è neppure una democrazia compiuta. È un Paese dominato da grandi sistemi oligarchici, dove le famiglie potenti tengono sotto controllo l’esercito, i servizi segreti, e in buona sostanza il governo stesso.
Qual è il peso specifico dei gruppi neonazisti nella società e nel sistema di potere politico ucraino?
Un gruppo di estremisti non può disegnare la politica di un intero Paese. In tutti gli Stati esistono estremismi, persino in Russia. In Ucraina il problema principale non sono gli estremisti, ma la loro unione con le strutture governative. I nazisti sono nel governo e persino nell’esercito, dove hanno integrato illegalmente simboli del Terzo Reich. Il problema è che personaggi come Stepan Bandera e Roman Shukhevych, dei quali l’Ucraina dovrebbe vergognarsi, sono venerati a livello statale. Il primo è diventato ufficiale delle SS, il secondo comandante del battaglione Nachtigall, composto dai tagliagole dei criminali nazisti che hanno compiuto crimini atroci. A Kiev ogni anno si festeggia alla presenza di rappresentanti di Stato la fondazione della divisione, ci sono foto e video amatoriali come prova. In Ucraina ci sono cittadini che credono che il nazismo sia un valore antisovietico per permette loro di raggiungere le vette della democrazia occidentale: si tratta di propaganda inculcata a partire dal crollo del comunismo, quando il Paese doveva creare la propria ideologia e la propria propulsione storica. Non avendo il tempo di crearne una hanno attinto dal passato e quella che contrastava il comunismo era il nazismo.
Quindi il problema non è tanto la presenza più o meno forte di gruppi espressamente neonazisti ma il fatto che l’ideale neonazista è culturalmente egemone in Ucraina?
Certo. Le persone sostengono il nazismo. Nel centro di Kiev vi sono monumenti a Shukhevych, le strade portano il nome di militari nazisti e su questo nessuno se non sparute minoranze ha nulla da ridire.
Come risponde ad alcuni detrattori che hanno definito il suo libro come un testo che sembra scritto “dall’ufficio stampa del Cremlino”?
Io ragiono in maniera obiettiva, senza entrare nelle trincee ideologiche. Io non sostengo affatto Putin, ma questo non significa che io debba andare a braccetto con i nazisti ucraini e con Zelensky, cose che invece la gran parte degli analisti che hanno accesso ai canali di comunicazione ufficiali in Italia fa. Io ho le mie opinioni, che si basano su studi seri che ho fatto della storia. Ciò che dico sono in grado di argomentarlo, non sono posizioni per partito preso. Quindi accetto le critiche in quanto tali, ma non le diffamazioni, concetti che nella cultura occidentale spesso si confondono. Io vorrei animare un dibattito costruttivo basato sulle argomentazioni, invece mi trovo davanti persone abbagliate dalla propaganda di regime, che rispondono con opinioni e diffamazioni. Quando ho scritto il libro su Putin alcuni critici sostenevano che fossi un venduto alla NATO, ora chi sostiene i nazisti in Ucraina mi critica perché credono si tratti di un Paese democratico, quando io dimostro in maniera scientifica che non è così. E si arrabbiano, perché scoprono di essere in torto.
Ultima cosa: come immagina la fine del conflitto in Ucraina?
La storia ci ha insegnato che tutte le guerre hanno una fine e io sono sicuro che anche questa finirà con un accordo. L’unico problema è capire quante persone dovranno ancora morire, quanta sofferenza e distruzione dovrà ancora subire il popolo. Da aprile e maggio in Ucraina combatte la NATO: l’Ucraina è stata sconfitta dalla Russia nei primi tre mesi della guerra, ora è la NATO a combattere usando carne da cannone ucraina. Questa guerra è combattuta tra la Russia, gli USA e 23 Paesi dell’Unione europea, quindi sono questi soggetti che dovranno sedersi al tavolo per trovare un accordo. L’opinione dell’Ucraina, in tutto questo, sarà irrilevante.
Alberto PentoQuesto testo inizia il suo racconto della storia dell'Ucraina partendo dalla metà del diciannovesimo secolo e ciò rende la storia del racconto una storia monca e insensata, manipolata e falsificata.
In verità la storia dell'Ucraina o meglio di quell'area etnogeografica oggi chiamata Ucraina è innanzitutto radicata nella preistoria e poi si sviluppa variamente nel primo millennio dopo Cristo e nel secondo come Russia di Kijv prima ancora dell'esistenza della Russia di Mosca che nasce qualche secolo dopo.
Poi il demenziale racconto prosegue definendo l'Indipendenza dell'Ucraina dalla Federazione Russa, sancita dal libero Referendo del 1991 come una perdita dell'indipendenza.
Ciò rende il racconto del tutto inaffidabile e chiaramente menzognero, di una ignoranza terrificante.
Ecco un elenco delle demenzialità e delle falsità più rilevanti del racconto:1)
L’Ucraina prima della metà del diciannovesimo secolo non è esistita. Era una regione dell’Impero russo e aveva il nome di Malorossiya, ovvero Piccola Russia.
2)
Si tratta da un lato di una palese mancanza di informazione, dall’altro di pregiudizi culturali legati all’epoca del crollo dell’Unione Sovietica, in base ai quali in Occidente abbiamo un’immagine dell’Ucraina come Paese libero invaso dall’Impero.
3)
Senza dubbio, l’Ucraina ha il diritto ad esistere come nazione indipendente. Ma è importante conoscere le condizioni per le quali l’Ucraina ha perso la sua indipendenza dal 1991. La tragedia di questo Paese, come spiego nel libro, sta nel fatto che prima del 1991 non è mai stata indipendente e non ha potuto coltivare una cultura politica indipendente.
4)
Mentre provavano a ottenere l’indipendenza arrivano al potere gruppi nazisti, cominciava una guerra civile, il Paese diventava preda delle mire imperialistiche dei russi da una parte e delle manipolazioni statunitensi dall’altra. Si tratta di un caos in buona parte dovuto proprio alla mancanza di una cultura dell’indipendenza.
5)
Questi due sistemi, insieme con le etnie e tutte le stratificazioni sociali di cui abbiamo parlato, sono entrati in guerra tra di loro quando gli USA hanno pagato, organizzato e portato avanti il cambio illegale del governo ucraino, quello che avvenne nel 2014. Il popolo era martoriato dalla propaganda e dalle difficoltà economiche dovute alla criminalità e alla corruzione del proprio governo il quale, dal momento del crollo dell’Unione Sovietica, non ha fatto altro che rubare. C’era scontento della popolazione nei confronti di una classe politica che non risolveva le questioni in maniera diplomatica, attraverso un percorso costituzionale: gli USA hanno sostenuto un colpo di Stato e hanno portato così al potere i nazionalisti, legalizzando di fatto il nazismo. Oggi mi sento di dire che il problema più grave in Ucraina è la totale legittimazione del nazismo hitleriano.
6)
Sì, dopo il colpo di stato del 2014 quella parte di Paese costituita da russofoni con una cultura tipicamente molto lontana dai loro concittadini che guardano ad occidente, si è ribellata verso il nuovo governo centrale. ... La problematica dell’Ucraina oggi non è etnica, come vogliono farci credere i media, ma deriva dal fatto che USA e NATO hanno investito in un nazionalismo che ha schiacciato le minoranze. Senza di loro non vi sarebbe stata nessuna guerra, se ci fosse stato un esecutivo in grado di governare oggi forse l’Ucraina sarebbe uno dei Paesi più ricchi d’Europa. Ma non è stato così.
7)
È lecito in qualche modo affermare che cultura russa e ucraina siano gemelle che si è tentato a un certo punto di separare?
Non sono gemelle, sono proprio la medesima cultura. Almeno fino a quando l’Ucraina non ha deviato dalla cultura russa su pressione occidentale. Se si legge ad esempio La guardia bianca di Bulgakov questo emerge chiaramente.
8)
Qual è il peso specifico dei gruppi neonazisti nella società e nel sistema di potere politico ucraino?
Un gruppo di estremisti non può disegnare la politica di un intero Paese. In tutti gli Stati esistono estremismi, persino in Russia. In Ucraina il problema principale non sono gli estremisti, ma la loro unione con le strutture governative. I nazisti sono nel governo e persino nell’esercito, dove hanno integrato illegalmente simboli del Terzo Reich. ...
9)
. Da aprile e maggio in Ucraina combatte la NATO: l’Ucraina è stata sconfitta dalla Russia nei primi tre mesi della guerra, ora è la NATO a combattere usando carne da cannone ucraina. Questa guerra è combattuta tra la Russia, gli USA e 23 Paesi dell’Unione europea, quindi sono questi soggetti che dovranno sedersi al tavolo per trovare un accordo. L’opinione dell’Ucraina, in tutto questo, sarà irrilevante.
DALLA RUS' DI KIEV ALLA RUSSIA DI PUTIN: PERCHÉ GLI UCRAINI TENGONO ALL'INDIPENDENZAdi Antonio Polito, Il Corriere della Sera
28 marzo 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063 La Rus’ è nata a Kiev, tra il IX e il X secolo dopo Cristo; fu la più antica forma di stato degli slavi orientali. Il suo sovrano Vladimir è passato alla storia per essersi convertito nel 988 al Cristianesimo insieme al suo popolo. Per questo è venerato come santo. Quindi Putin porta oggi il nome di un principe di Kiev, come del resto il suo avversario Zelensky.
Mosca nacque solo molto dopo - è citata per la prima volta alla data del 1147 - come avamposto militare di uno dei principati in cui si era divisa la Rus’. Ma dopo la lunga dominazione mongola - il “giogo tartaro” - emerse come il centro del principato della Moscovia, e con la caduta di Costantinopoli (1453) cominciò a fregiarsi del titolo di «Terza Roma», erede cioè sia dell’impero romano di Occidente e di Oriente.
Kiev passò sotto il controllo di Mosca soltanto nel 1667, e non con una conquista ma con la diplomazia e l’inganno. I cosacchi ortodossi, ribellatisi ai polacchi per difendere la loro indipendenza, chiesero aiuto alla ortodossa Moscovia. Aleksej, il primo principe russo a lasciare il paese per combattere all’estero, sconfisse i polacchi e nel trattato di pace ottenne per due anni il controllo di Kiev. Non lo lasciò mai più. Toccò poi un secolo dopo a Caterina II la Grande il compito di completare l’opera, smembrando la Polonia e annettendosi l’Ucraina meridionale, la Crimea e la Polonia orientale. La zarina affidò a un suo favorito la fondazione del porto di Odessa sul Mar Nero, una sorta di contraltare della magnifica San Pietroburgo che lo zar Pietro il Grande aveva fatto costruire sul Mar Baltico. L’accesso ai «mari caldi», navigabili cioè anche d’inverno, è stato infatti il primo obiettivo strategico degli zar, e ancora oggi si combatte sulle sponde del Mar d’Azov, dove Pietro il Grande schierò la prima flotta della storia russa.
L’anelito all’indipendenza degli ucraini fu duramente represso nell’Ottocento, con il divieto delle pubblicazioni nella lingua nazionale. La regione andò poi persa con la disfatta del regime zarista nella Grande Guerra. Quando i bolscevichi presero il potere con la Rivoluzione di Ottobre nel 1917, decisero di mettere fine al conflitto con gli Imperi centrali. Così, nella pace di Brest-Litvosk nel 1918, rinunciarono a tutti i territori occidentali, tra cui l‘Ucraina, che fu occupata dai tedeschi e tornò nelle mani dei nazionalisti. Solo dopo la fine della guerra civile Kiev entrò a far parte nel 1922 dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Ma è proprio durante l’epoca sovietica che gli ucraini hanno conosciuto quella che forse è la loro peggiore tragedia nazionale. La grande carestia, passata alla storia come Holodomor, fu provocata da Stalin per imporre la sua politica di «collettivizzazione» delle terre e liberarsi della classe dei «kulaki», i contadini indipendenti. L’Ucraina oppose una strenua resistenza, e nel 1932-1933 le autorità di Mosca deliberatamente l’affamarono, esportando o nascondendo il cibo ai contadini. Si registrarono anche casi di cannibalismo. Le vittime complessive della carestia superarono i 4 milioni.
Anche per questo, quando le armate hitleriane invasero l’Ucraina marciando contro l’Urss, furono spesso accolte come liberatori dagli ucraini: in realtà portarono solo altra morte e devastazione.
Dopo il collasso dell’Urss, nel 1991, e di nuovo a Brest (dove anche in questa guerra si sono svolti colloqui di pace) l’Ucraina dichiarò la sua indipendenza, insieme con la Federazione russa e la Bielorussia, confermata da un referendum popolare che vinse anche nell’est del paese. Con gli accordi del 1994 accettarono di consegnare alla Russia le testate nucleari presenti sul loro territorio in cambio della garanzia di integrità territoriale.
Il paese è rimasto a lungo diviso tra la parte occidentale, che voleva una maggiore integrazione con l’Europa, e la parte orientale più legata alla Russia. Nel 2008 la Nato accettò la richiesta di adesione di Kiev ma non vi ha mai dato seguito proprio per evitare la reazione di Mosca, che invece c’è stata comunque. Prima nel 2004 con la «rivoluzione arancione» e poi nel 2013 con il movimento chiamato Euromajdan , le forze pro-Europa hanno avuto il sopravvento, nonostante il tentativo di repressione del governo filo-russo nel 2013. Putin reagì a quello che definì un «colpo di Stato» con l’occupazione militare della Crimea e la sua annessione, e con il sostegno alle milizie dell’area orientale del Donbass, il bacino minerario, che dichiararono la nascita di due repubbliche separatiste.
Il resto è storia dei nostri giorni.
STORIA DEL CRISTIANESIMO ORTODOSSO A KYIV E A MOSCA DALL'867 AD OGGIOmar Nadiv Mirzan Iacci
7 gennaio 2022
https://www.facebook.com/omar.mirzan/po ... WS11FKxZwlQuest’anno il mio augurio di buone feste va sopra tutto agli amici parenti, compagni ucraini e a quegli italiani che hanno lasciato il cuore come me in Ucraina!
E vorrei dire a tutti voi: non lasciate che vi rubino il sorriso.
Che voi siate ortodossi, cattolici, ebrei o atei, siate forti e continuate a vivere perché presto arriverà la vittoria.
Non permettete ai moskal di sottrarvi neanche un giorno della vostra vita.
Anche se siete in lutto, uscite, combattete, vivete! E soprattutto a chi è cristiano ortodosso vorrei dire: non dimenticate la vostre usanze e le vostre tradizioni.
Non siete voi che dovete cambiare.
Perché non Mosca ma Kyiv fu la culla della cristianizzazione!
Pochi a Mosca ricordano o preferiscono dimenticare che fu per volontà di Volodimir Svjatoslavic detto il Grande, della dinastia UCRAINA dei Rjurikidi, Gran Principe di KYIV, nato a KYIV e morto a KYIV, che l’ortodossia divenne La Religione.
Fu grazie alla sua conversione e alla conversione della sua popolazione che si ebbe la diffusione ad Est di questa religione.
Il Cristianesimo arrivò per la prima volta a Kyiv con l'apostolo Andrea, che predisse la fondazione di una grande città cristiana.
Poi fu la volta del principe Askold.
Nell'867 il battesimo di Fozio (patriarca di Costantinopoli) fece divenire KYIV la prima sede episcopale della Chiesa russa (russa perché della Rus’).
Nel 945, la reggente di KYIV Olga venne battezzata cristiana.
988 VOLODIMIR E LA CRISTIANIZZAZIONE DEL RUS'
Dovremo attendere il 988 per una reale espansione del cristianesimo a Kyiv.
Un anno prima, i generali Barda Sclero e Barda Foca il Giovane si rivoltarono contro l’imperatore bizantino Basilio II avanzando su Costantinopoli.
Basilio II chiese aiuto a Volodimir, principe di Kyiv, che lo soccorse, chiedendo in cambio la mano di sua figlia Anna Porfirogenita. L’imperatore accolse la proposta, ma ad un’unica condizione: che Volodimir si convertisse al Cristianesimo.
Fu così che una volta sedata la rivolta, Volodimir fu battezzato a Cherson, si unì in matrimonio con rito cristiano alla figlia dell’imperatore e tornò a Kyiv per convertire nel fiume Dnepr i suoi dodici figli, i boiardi e tutti i vassalli del reame. Ordinò in seguito la distruzione delle statue lignee degli déi pagani.
Per commemorare la conversione, Volodimir innalzò la prima chiesa in pietra di Kyiv, che dedicò all'Assunzione della Vergine. Ne fece erigere una seconda sulla cima della collina, dove prima spiccavano le statue pagane.
KYIV quindi e non Mosca, che allora neppure esisteva, divenne capoluogo di una nuova provincia ecclesiastica, posta sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli.
1299 LA CAPITALE DEL CRISTIANESIMO ORTODOSSO SI TRASFERISCE A VLADIMIR
Fu solo 300 anni dopo, nel 1299, che la sede di questa ortodossia venne trasferita in una città dell’attuale Federazione Russa, Vladimir, città peraltro fondata dallo stesso Volodimir da cui prese il nome e capitale della Rus' dal 1169, quando Andrej Bogolyubsky di Vladimir-Suzdal saccheggiò Kyiv spodestando e uccidendo suo fratello Daniil, Gran Principe della Rus’.
Andrej, ignorando le regole della Russkaja Pravda, che imponevano che il Gran Principe dovesse rimanere a Kyiv, nominò suo fratello minore Gleb principe di Kyiv e fece ritorno a Suzdal’ e infine a Vladimir, che divenne la nuova capitale della Rus’.
Kyiv rimase però sede del potere ecclesiastico fino al 1299, quando il metropolita Massimo decise di abbandonare la città, invasa dai Tatari-Mongoli, cercando rifugio a Vladimir.
SCISSIONE IN DUE METROPOLIE: KYIV E VLADIMIR
I vescovi di Kyiv, Galizia e Volinia rifiutarono il trasferimento della sede religiosa a Vladimir e nel 1303 elessero un proprio metropolita, contrapposto a Massimo, che il patriarca di Costantinopoli, Atanasio I, non poté che accettare sancendo pertanto una scissione in due metropolie.
Nel 1325, Ivan I Danilovič, anch’esso della dinastia dei Rjurikidi, forte del sostegno militare e politico dell’Orda d’oro, fece trasferire la sede del metropolita di Kyiv, Pietro (nato in Volinia, area in cui ora sorgono, tra le altre, le città di Rivne e Lutsk), da Vladimir a Mosca, atto che rafforzò la sua autorità come principe di Mosca e che di fatto segnò l’inizio dell’ascesa di questa città come centro nevralgico del cristianesimo ortodosso.
RINASCITA DI KYIV
Dopo l’ingresso di Kyiv nel Granducato di Lituania (1362), avviene la sua graduale rinascita come centro spirituale e religioso. Da questo momento e per quasi un secolo Kyiv e Mosca elessero il proprio metropolita di Kyiv.
Nel 1433, dopo la morte di Fozio, metropolita di Kyiv e di tutta la Russia, il principe di Mosca decise di nominare metropolita Iona, vescovo di Ryazan (città dell’attuale Federazione Russa, a sud di Mosca). Ma, arrivato a Costantinopoli, Iona non ricevette l’approvazione del patriarca e fu nominato metropolita il protetto del Granduca di Lituania Svidrigaila , il vescovo Gerasim di Smolensk, allora parte del Granducato di Lituania.
Nel 1436 il patriarca ordinò metropolita di Kyiv Isidoro, sostenitore dell’unione delle chiese ortodosse e cattoliche procurandosi l’ostilità del metropolita e del principe di Mosca, il quale dopo l’Unione di Firenze (1441), lo arrestò come eretico, anche se in seguito riuscì a fuggire.
SCISSIONE DELLA METROPOLIA DI MOSCA DA COSTANTINOPOLI
Il principe di Mosca chiese a Costantinopoli di dare alla Rus’ un nuovo metropolita, ma il patriarca si rifiutò di farlo. Fu così che un consiglio di vescovi della Russia orientale, “per ordine del sovrano”, senza il consenso del patriarca di Costantinopoli, nominò nel 1448 il vescovo Iona di Ryazan metropolita di Kyiv e di tutta la Rus’.
Il metropolita eletto dopo la morte di Iona, Teodosio , portava già il titolo di metropolita di Mosca e di tutta la Russia.
UNIONE DI FIRENZE
Nel 1458 Isidoro rinunciò ufficialmente al titolo di metropolita di Kyiv in favore di un suo allievo, lo stesso sostenitore dell’Unione di Firenze, Gregorio il Bulgaro forse su pressione di Papa Callisto III.
Il Patriarca di Costantinopoli diede al metropolita di Kyiv (che ora comprendeva 11 diocesi: Kyiv, Bryansk, Smolensk, Polotsk, Turov, Lutsk, Vladimir-Volynsk, Brest, Przemysl, Galiziano e Kholmsk) un nuovo titolo: metropolita di Kyiv, Galizia e di tutta la Russia, titolo che rimase fino all’adesione della metropolia di Kyiv al Patriarcato di Mosca nel 1686.
I primi metropoliti di Kyiv, della Galizia e di tutta la Rus’, dopo la separazione da Mosca, furono sostenitori dell’Unione di Firenze e quindi vicini al Papa, ma mantennero legami con il Patriarca di Costantinopoli e tutti (tranne Misail) ricevettero l’approvazione dell’investitura a metropoliti da Patriarca.
L’ultimo metropolita sostenitore dell’Unione di Firenze fu il metropolita Iosif Bolgarinovich.
RIAVVICINAMENTO A MOSCA
Il principe lituano Alessandro, volendo avvicinarsi a Mosca, sposò la principessa moscovita Elena (figlia del granduca Ivan III il Grande).
Nel 1501, grazie al sostegno della principessa Elena, Iona II fu eletto metropolita di Kyiv, della Galizia e di tutta la Russia. Si oppose all’Unione di Firenze e recise ogni legame con Roma ed il papato.
Nel 1507 Iosif II Soltan divenne il nuovo metropolita ricevendo l’iniziazione dal Patriarcato di Costantinopoli.
PATRIARCATO DI MOSCA
Nel 1589 fu istituito il Patriarcato di Mosca, facendo del metropolita Giobbe il primo patriarca di Mosca e di tutta la Rus’. Durante il mezzo secolo successivo, quando lo zarismo era debole, i patriarchi (in particolare Germogeno e Filarete) gestivano lo Stato insieme (e talvolta sostituendosi) agli zar.
UNIONE DI BREST: CHIESA RUTENA + CHIESA CATTOLICA
Mychajlo Rohoza fu eletto metropolita ruteno di Kyiv, Galizia e tutta la Russia dal 1588. Nel 1595 firmò l’Unione di Brest, che fu sostenuta dalla maggior parte dei vescovi della metropoli di Kyiv (ma non dai sacerdoti e i laici ordinari, che non furono nemmeno interpellati) e sancì l’unione della Chiesa rutena con la Chiesa cattolica, formando così la Chiesa greco-cattolica rutena, preservando il rito bizantino, le pratiche liturgiche, il diritto canonico e il matrimonio per i chierici.
ORTODOSSI VS. GRECO-CATTOLICI RUTENI
Gli oppositori dell’Unione di Brest lottarono per il mantenimento dell’ortodossia e questa lotta intestina portò all’esistenza parallela di due metropoli di Kyiv: quella greco-cattolica di Rohoza e quella ortodossa guidata da Jacek Balyka.
I monaci di Kyiv-Pechersk Lavra e il loro abate Nikifor Tur opposero una forte resistenza. Tanto che il re Sigismondo III dovette ammettere la sconfitta e nel 1603 liberò ufficialmente la Lavra dalla giurisdizione uniate.
Tuttavia, la Cattedrale di Santa Sofia, diverse chiese della Città Alta e il Monastero Vydubitsky rimasero nelle mani degli uniati.
Fu una guerra interconfessionale tra i borghesi ortodossi, i cosacchi e il clero da un lato e gli uniati e le autorità polacche dall’altro. La Chiesa ortodossa ucraina e la sua gerarchia ortodossa furono rinnovate, i cosacchi ucraini si trasformarono in un’influente parte progressista della società e Kyiv ritornò ad essere una delle principali città ucraine – un centro culturale, scientifico e spirituale dell’ucrainesimo.
LA PRIMA LOTTA PER L'INDIPENDENZA DI KYIV
La ribellione contro l’Unione a Kyiv mobilitò la popolazione ucraina nella lotta per i propri diritti nazionali e sociali e in larga misura avvicinò l’inizio della guerra di liberazione del popolo ucraino.
Nel 1615, gli oppositori dell’Unione si unirono nella Confraternita di Kyiv.
Quando nel 1618 il governatore uniate Antony Grekovych cercò di confermare con la forza i diritti degli uniati di possedere il monastero dalle cupole dorate di San Michele, i cosacchi lo uccisero annegandolo nel pozzo della città. La stessa sorte toccò in seguito all’esattore delle tasse Oklinskyi.
RIPRISTINO DELLA ORTODOSSIA A KYIV
Nel 1620 , il patriarca di Gerusalemme Teofane III, grazie ai cosacchi e all’atamano Pyotr Sahaidachny, ordinò metropolita Iov Boretsky, ripristinando così la gerarchia ortodossa a Kyiv.
Nel 1624 i cittadini ortodossi attaccarono Santa Sofia. Nel gennaio dell’anno successivo, il borgomastro uniate Khodyka-Kobizevych fu annegato nel Dnepr e il sacerdote uniate Ivan Yuzefovich fu ucciso.
Dal 1626 chiese, monasteri e i loro possedimenti iniziarono a passare nelle mani degli ortodossi.
La morte di Sigismondo III pose fine alla lotta.
Nel 1633, il nuovo re Vladyslav IV riconobbe la legittimità della Chiesa ortodossa e Mohyli, nuovo metropolita di Kyiv, restituì tutte le chiese e i monasteri della città agli ortodossi. Solo il monastero Vydubytsky rimase in possesso di Rutsky fino alla sua morte nel 1637.
TRATTATO DI PEREJESLAV - MOSCA SI RIPRENDE KYIV
Nel 1654 venne stipulato il trattato di Perejaslav (città dell’ Ucraina), fra i cosacchi di Zaporizhzhia, guidati da Bohdan Chmel'nyc'kyj, e lo zar di Russia Alessio I per rispondere al tentativo polacco di irreggimentare (1638) alcuni gruppi di cosacchi con lo scopo di smantellare le istituzioni tradizionali dei cosacchi.
La Russia offrì sostegno e protezione ai cosacchi dell’atamano Bohdan Chmel'nyc'kij, ma produsse un effetto molto diverso da quello sperato da Bohdan perché sottrasse sì incosacchi all'influenza polacca ma li spinse nell'orbita russa e segnò la separazione dell'Ucraina dalla Polonia rafforzando la potenza russa.
La zona, che ai tempi del predominio polacco faceva riferimento alla tradizione cattolica, passò sotto l'influenza della chiesa ortodossa.
Per la Russia, l'acquisizione dell'Ucraina segnò il rafforzamento del suo potere e giustificò il nome di "impero" e il titolo di zar come "imperatore di tutte le Russie".
Il Metropolita di Kyiv, della Galizia e di tutta la Rus', Sylvester Kosiv, fu un attivo oppositore all’unione con il regno di Mosca), e fu anche contrario ad un accordo incondizionato con la Federazione Polacco-Lituana e all'Unione di Brest difendendo l’indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina e la sua permanenza sotto la giurisdizione del Patriarca di Tsargorod.
GUERRA RUSSO-POLACCA
Durante la guerra russo-polacca (1654-1667) anche chiamata “Guerra d’Ucraina”, l’ultimo grande conflitto tra il Regno russo e la Confederazione Polacco-Lituana, l’Unione venne bandita nei territori occupati dalle truppe russe.
Dopo il Trattato di Andrusovo del 1667, con il quale la Confederazione cedette alla Russia la fortezza di Smolensk ed il territorio dell'Ucraina ad est del fiume Dnepr più la città di Kyiv, i circoli dominanti della Federazione Polacco-Lituana aumentarono invece notevolmente il loro sostegno all’Unione.
Quando la maggior parte delle diocesi della Chiesa Uniate divenne parte dell’Impero russo, alcuni dei greco-cattolici si unirono alla Chiesa russa ortodossa e alcuni rimasero subordinati a Roma.
PIETRO IL GRANDE E LA SECOLARIZZAZIONE
Il patriarcato fu abolito da Pietro il Grande il 25 gennaio 1721 e sostituito dall’istituzione del Santissimo Sinodo Governativo, il nuovo organo supremo, composto dai più importanti esponenti del clero russo, tutti nominati dallo Zar, e di cui faceva parte anche il Metropolita di Mosca, con a capo un procuratore imperiale.
Nel 1762 Pietro III tentò di secolarizzare tutta la terra e i servi della chiesa.
CATERINA
Nel 1787, Caterina II decretò che solo le tipografie subordinate al Santissimo Sinodo potessero stampare libri spirituali nell’impero russo e le attività delle tipografie greco-cattoliche cessarono.
Nel 1794, il vescovo ortodosso Viktor Sadkovskyha chiese agli uniati di convertirsi “alla retta fede”. Le autorità elargivano un assegno in denaro a chi decideva di convertirsi all’Ortodossia e inviavano un sacerdote con un distaccamento di soldati per confiscare le chiese ai greco-cattolici, consegnarle agli ortodossi ed espellere le famiglie e i sacerdoti dei primi.
Le diocesi greco-cattoliche, ad eccezione di Polotsk, furono abolite e i vescovi furono mandati in pensione o all’estero.
Nel 1807, Papa Pio VII firmò la bolla “In universalis Ecclesiae regimine”, secondo la quale la metropoli greco-cattolica di Galizia veniva proclamata erede della metropoli uniate di Kyiv.
NICOLA I E LA REPRESSIONE
L’imperatore Nicola I usò metodi ancora più repressivi di quelli di Caterina II.
Nel 1839, in un consiglio a Polotsk, le decisioni del Trattato di Brest furono annullate: 1.607 parrocchie uniate e più di 1.600.000 persone passarono sotto la giurisdizione della Chiesa ortodossa russa. L’unica diocesi uniate nell’impero russo rimase la diocesi di Kholm, che fu anch’essa convertita all’Ortodossia nel 1875.
ABOLIZIONE DEL SANTISSIMO SINODO E RIABILITAZIONE DDL PATRIARCATO DI MOSCA
Il Santissimo Sinodo fu abolito il 6 aprile 1918 in seguito alla rivoluzione d'ottobre e il patriarcato di Mosca fu ristabilito.
RIVOLUZIONE UCRAINA
Sulla scia della disgregazione dell'Impero russo alcuni gruppi nazionali cercarono l'autonomia o l'autocefalia da Mosca . La Chiesa ortodossa ucraina fu proclamata sotto la Repubblica nazionale ucraina nel 1917 e sopravvisse nell'Ucraina sovietica fino all'inizio degli anni '30.
La rivoluzione ucraina del 1917-1921 realizzò per un breve periodo il desiderio di creare una Chiesa ortodossa indipendente in Ucraina. Il 1 marzo 1918, a Zhytomyr, la Rada centrale adottò una serie di leggi, secondo le quali il calendario gregoriano e la valuta nazionale - la grivna - furono introdotti nella Repubblica popolare ucraina, fu determinato l'emblema dello Stato della Repubblica popolare ucraina - "il tridente dei tempi di Volodymyr il Grande", e venne adottata anche la legge sulla cittadinanza nella Repubblica popolare ucraina.
Nel 1921 a Kyiv, la capitale della nuova Ucraina indipendente, fu convocato un Sobor (Sinodo) tutto ucraino e la Chiesa ortodossa autocefala ucraina fu dichiarata indipendente dal Patriarcato di Mosca (MP). I delegati di Sobor hanno scelto il metropolita Vasyl Lypkivsky come capo della chiesa. Il Sobor del 1921 è diventato noto come la "prima resurrezione" dell'UAOC.
L'indipendenza ucraina fu di breve durata in questo periodo e nel 1922 nacque l' URSS . I sovietici introdussero un regime ateo, sebbene inizialmente alla chiesa fosse permesso di funzionare.
BOLSCEVICHI E SEPARAZIONE TRA CHIESA E STATO
Negli stessi anni e più precisamente all’inizio di febbraio 1918, il governo della Russia sovietica controllato dai bolscevichi emanò il decreto sulla separazione della Chiesa dallo Stato e della scuola dalla Chiesa che proclamava la separazione tra Chiesa e Stato in Russia, la libertà di “professare qualsiasi religione o non professarne nessuna”.
La Chiesa ortodossa russa sostenne la Russia zarista, creando quindi una ragione per cui i bolscevichi avrebbero tentato di diminuire la loro influenza sul popolo e sul governo russi.
LE REPRESSIONI DI LENIN
Già nell’agosto 1920 Lenin scrisse a Skliansky, vicepresidente del Consiglio militare rivoluzionario : “Soffocheremo con il pugno la borghesia, il clero e i proprietari terrieri.
Ci sarà un premio di 100.000 rubli per ognuno di loro che verrà impiccato.” Stava parlando delle azioni future nei Paesi vicini alla Russia.
Migliaia di sacerdoti e credenti ortodossi vennero torturati, deportati in campi di prigionia, di lavoro ed ospedali psichiatrici dove vennero sottoposti ad orribili punizioni psicologiche ed esperimenti di controllo mentale per costringerli a rinunciare alle loro convinzioni religiose.
Nei primi cinque anni dopo la rivoluzione bolscevica furono giustiziati 28 vescovi e 1.200 sacerdoti.
Circa 20.000 persone furono giustiziate appena fuori Butovo, inclusi molti ecclesiastici, asceti e laici.
GUERRA SOVIETICO-POLACCA - UCRAINA SOTTO LA POLONIA
A seguito della guerra sovietico-polacca e della lotta con la chiesa in URSS , i rapporti con il Patriarcato di Mosca si complicarono e lo stesso Patriarcato subì forti pressioni da parte delle autorità punitive sovietiche. Ciò costrinse i vescovi ortodossi della Polonia Yuriy (Yaroszewski) e Dionysius (Valedynski) a fare appello, tramite il rappresentante diplomatico polacco a Mosca, al patriarca Tikhon in materia di concessione dell'autocefalia. Il Patriarca rifiutò di concedere l'autocefalia.
Il 16 giugno 1922 si tenne il Consiglio dei vescovi polacchi, che esaminò la questione dell'autocefalia e la acconsentì.
Il 13 novembre 1924, il Patriarca Gregorio VII di Costantinopoli firmò il " Tomos patriarcale e sinodale-canonico del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli sul riconoscimento della Chiesa ortodossa in Polonia come autocefala".
PATTO MOLOTOV-RIBBENTROP - UCRAINA SOTTO LA RUSSIA
Nel 1939 , dopo il patto Molotov-Ribbentrop , l'Ucraina occidentale fu occupata dalle truppe sovietiche. Subito dopo iniziarono le repressioni dell'NKVD contro la chiesa. E il Patriarcato di Mosca ha avviato azioni attive per subordinare la Chiesa polacca a Mosca.
L'esarca patriarcale, l'arcivescovo Mykolay Yarushevich, arrivò a Volyn, i gerarchi locali furono costretti a venire a Mosca e lì fare una dichiarazione di lealtà al Patriarcato di Mosca.
La chiusura di massa delle chiese ricominciò e continuò fino al 1939, quando ormai ne erano rimaste solo poche centinaia. Secondo i dati ufficiali della Commissione governativa per la “riabilitazione” nel 1937 furono arrestati 136.900 chierici ortodossi, di cui 85.300 fucilati; nel 1938 28.300 arrestati, 21.500 dei quali fucilati; nel 1939 1.500 arrestati, 900 dei quali fucilati; nel 1940 5.100 arrestati, 1.100 dei quali fucilati.
Il campo "per scopi speciali" Solovki fu istituito nel monastero delle isole Solovetsky nel Mar Bianco. Vi morirono 8 metropoliti, 20 arcivescovi e 47 vescovi della Chiesa ortodossa, insieme a decine di migliaia di laici. Di questi, 95.000 furono messi a morte, fucilati.
STALIN E LA CHIESA ORTODOSSA
Dopo l’attacco della Germania nazista all’Unione Sovietica nel 1941, Stalin fece rivivere la Chiesa ortodossa russa per intensificare il sostegno patriottico allo sforzo bellico.
OCCUPAZIONE TEDESCA
Nel 1941 - dopo l'occupazione da parte della Germania hitleriana, nel territorio dell'Ucraina operavano due chiese ortodosse: quella degli "Autonomisti" guidati dall'arcivescovo Oleksiy (Hromadskyi), subordinato al Patriarcato di Mosca, e la Chiesa ortodossa di Polonia.
Dalla fine del 1941, il regime di occupazione tedesco iniziò a reprimere tutte le manifestazioni dell'attività nazionale ucraina, vietando anche le attività del Consiglio della Chiesa ortodossa tutta ucraina.
OCCUPAZIONE SOVIETICA
1942-1944 — L'Ucraina fu nuovamente occupata dalle truppe sovietiche. I sacerdoti rimasti in Ucraina subirono repressioni e molti vennero uccisi. Molti vescovi, in fuga dalle persecuzioni, si trasferirono nella Germania Ovest, poi negli Stati Uniti, in Canada e in altri Paesi.
Nel 1942, la Chiesa autocefala fu ristabilita durante l'occupazione dell'Ucraina da parte della Germania nazista. Questo periodo durò fino al ritorno dell'Armata Rossa nel 1944.
KHRUSHCHEV CONTRO LA CHIESA ORTODOSSA
Ma nel 1959 Nikita Khrushchev ricominciò la campagna russa contro la Chiesa ortodossa russa e costrinse la chiusura di circa 12.000 chiese. Nel 1985 erano rimaste attive meno di 7.000 chiese. Si stima che 50.000 ecclesiastici siano stati giustiziati entro la fine dell’era Krushchev.
GORBACIOV
Un momento cruciale nella storia della Chiesa ortodossa russa si ebbe nel 1988 per il 1000° anniversario della Cristianizzazione della Rus’ (era il 988 quando il principe di Kyiv Volodimir iniziò questo processo): per tutta l’estate di quell’anno, a Mosca, a Kyiv, a Zagorsk e in altre città si svolsero importanti celebrazioni sostenute dal Governo di Gorbaciov.
1989
Il 15 febbraio 1989, con il sostegno delle forze filoucraine, iniziò a operare a Kiev un comitato di iniziativa per il ripristino della Chiesa ortodossa autocefala ucraina in Ucraina.
Il 5 e 6 giugno 1990 si tenne a Kyiv il Concilio panucraino ortodosso con la partecipazione di circa 700 delegati provenienti da tutta l'Ucraina, tra cui 7 vescovi e oltre 200 sacerdoti. Il Consiglio approvò la restaurazione della Chiesa ortodossa autocefala ucraina e il già metropolita della Chiesa ortodossa ucraina del Canada, Mstyslav, fu intronizzato come patriarca.
La chiesa ha riacquistato il riconoscimento statale nel 1991.
Dal 2000, il primate della chiesa è stato il metropolita di Kyiv e di tutta l'Ucraina.
KIRILL E PUTIN
Kirill nel 2009 divenne Patriarca di Mosca e di tutta la Rus' e Primate della Chiesa ortodossa russa.
Nacque da una famiglia di ecclesiastici. Putin dice che suo padre l'abbia battezzato ed è innegabile il forte legame tra i due, nato forse quando entrambi erano agenti del KGB, come risulterebbe dagli archivi sovietici.
Il potere della Chiesa in Russia è cresciuto enormemente negli ultimi anni e ciò si deve soprattutto a Putin che ha reso il patriarcato il braccio spirituale del Cremlino.
Tanto che il numero di russi che si dichiarano credenti è passato dal 31% degli anni Novanta al 73% nel 2014.
La Chiesa ortodossa russa è tornata in possesso di tutte le proprietà confiscate dai bolscevichi ed ha ottenuto incredibili “privilegi” potendo importare tabacco e alcolici esentasse, cosa che è fruttata per le tasche della Chiesa almeno 4 miliardi di dollari secondo il Moscow Times.
Così il rapporto tra Chiesa e Stato è cresciuto nel nome di quella che Kirill chiama “symphonia”, termine che in epoca giustinianea descriveva la comunanza armonica del potere spirituale con quello secolare.
IL MONDO RUSSO E L'IMPERIALISMO
Il Cremlino ha sapientemente usato la religione come strumento di coesione sociale, inserendola in quel complesso processo di (ri)costruzione di un’identità pan-russa culminato nel russkij mir, vera impalcatura ideologica dello stato emerso dalle ceneri sovietiche.
Uno Stato che, non potendo più attingere all’ideologia comunista, necessitava di reinventarsi ritagliando per sé un destino, una missione, nei confronti del mondo.
L’esito fu appunto il russkij mir, “mondo russo”, dottrina elaborata a partire dalla metà degli anni Novanta, e perfezionata nell’ultima decade, secondo cui la nuova Russia deve porsi come alternativa al modello occidentale, quale diversa forma di “civilizzazione”, inserendosi in un ordine mondiale che Mosca vuole multipolare.
La dottrina del “mondo russo” assume in sé caratteri propri dell’imperialismo, dell’antioccidentalismo e del conservatorismo religioso. La Chiesa ortodossa russa ne è un elemento fondamentale poiché, mentre da un lato garantisce unità interna al paese, dall’altro diventa strumento di politica estera.
“PUTIN DIFENSORE DELL’OCCIDENTE”
Il più grande successo diplomatico ottenuto dal Cremlino attraverso il patriarcato è stata la rottura dell’isolamento diplomatico seguito all’annessione della Crimea.
BERGOGLIO, KIRILL, PUTIN E LA SIRIA
Un intreccio di relazioni tra Kirill, Papa Bergoglio e Putin, portò infine il presidente russo a farsi carico dell’appello del Papa per “la pace in Siria” intervenendo direttamente nel conflitto a fianco di Assad. Era il settembre 2015.
In quell’occasione Kirill definì Putin “l’ultimo difensore dell’Occidente”.
Anche grazie all’intercessione vaticana, la Russia poté uscire dall’angolo. Nel 2015 Kirill celebrò l’attacco russo alla Siria arrivando a dire che i militari portavano "amore e speranza per la pace con l'arrivo del Cristo Salvatore in terra siriana".
BERGOGLIO E KIRILL ALL'HAVANA
Nel 2016 Bergoglio e Kirill si incontrarono all’Havana dove firmarono una dichiarazione congiunta in cui, rimarcando i valori tradizionali della Chiesa, si sosteneva e supportava l’intervento russo in Siria e in Ucraina.
Non solo, la chiesa ucraina veniva invitata a superare le divergenze e riappacificarsi con Mosca.
Una chiara presa di posizione da parte del Vaticano.
LA CADUTA DELLA TERZA ROMA
Un sinodo di vescovi presieduto dal patriarca di Costantinopoli l’11 ottobre 2018, concesse l'autocefalia (indipendenza) alla chiesa ortodossa in Ucraina, ristabilì una stauropegione (organo ecclesiale responsabile solo nei confronti del Patriarca ecumenico) a Kyiv, ritenne invalido lo statuto di Dionigi IV del 1686 e ha annullato tutti i diritti concessi in passato al Patriarcato di Mosca per amministrare il metropolita di Kyiv e infine revocò le scomuniche che colpivano il clero e i fedeli di due chiese ortodosse orientali ucraine non riconosciute da Mosca: la Chiesa ortodossa autocefala ucraina (COAU) e la Chiesa ortodossa ucraina - Patriarcato di Kyiv (COU-PK) che il 15 dicembre 2018 si fusero per formare la Chiesa ortodossa dell'Ucraina dopo un consiglio di unificazione.
“Questa è la caduta della Terza Roma, l’antichissima formula utilizzata per definire Mosca e il suo dominio sul mondo” dichiarò allora enfaticamente Poroshenko.
Il patriarca di Mosca, Kirill, reagì minacciando il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, con uno scisma che avrebbe interrotto ogni rapporto tra le due chiese e così fece il 15 ottobre 2018 interrompendo unilateralmente la piena comunione con il secondo.
Il 21 ottobre 2019, l'arcivescovo Geronimo II di Atene, primate della Chiesa di Grecia, inviò una lettera pacifica a Epifanio, il primate della Chiesa ortodossa dell'Ucraina, per consolidare la comunione tra le due Chiese. E così fecero anche i primati delle chiese di Cipro e di Alessandria.