Siria

Re: Siria

Messaggioda Berto » gio apr 06, 2017 1:33 pm

???

Lo storico svizzero Daniele Ganser spiega le cause della guerra in Siria: una plausibile interpretazione delle motivazioni economiche e geopolitiche della guerra in Siria.
https://www.facebook.com/CarloMartelliM ... 3188061914
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Re: Siria

Messaggioda Berto » gio apr 06, 2017 1:34 pm

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 6946226997

Dove sono i leader Arabi di fronte a tragedie che ogni giorno vediamo in Siria, dove sono i governanti dei paesi Arabi, che si incontrano, in giacca e cravatta a discutere di tante cose, di prosperità, dei loro affari, magari davanti ad un bicchiere di bourbon o whiskey, magari alzando il telefono e accertandosi della salute dei propri figli, ma dimenticando il bene dei loro popoli, che rimangono vittime inermi di guerre fratricide, vittime di una malvagità che non interessa a nessuno.
Guerre di fronte alle quali questi leader arabi rimangono silenti, dove siete voi Arabi, dov’è l’Islam…dove siete Traditori del vostro popolo.

Questo il monito della giornalista Lucy Aharish, giornalista arabo-israeliana.
Credit: Reshet.tv
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Re: Siria

Messaggioda Berto » sab apr 08, 2017 9:44 am

“Inorriditi da Idlib? Eppure non è una novità, nel paese dove sono cresciuto”
I terzomondisti lo chiamavano socialismo nazionale arabo, ma era nazional-socialismo (completo di antisemitismo)
Di Akil Marceau
(Da: Ha’aretz, 5.4.17)

http://www.israele.net/inorriditi-da-id ... -cresciuto

La tragedia della Siria dura da sei anni e ormai fa parte della nostra dieta quotidiana globale. Non passa giorno senza che i mass-media internazionali ci ricordano di questa guerra e dei suoi orrori, da ultimo l’attacco con armi chimiche contro i civili a Idlib. Più di 320.000 persone sono state uccise, in questi anni di guerra civile, metà della popolazione è sfollata dalle proprie città o profuga fuori dal paese. Drogati di notizie catastrofiche, ma impotenti, declamiamo le nostre opinioni su questa sciagura che incarna il fallimento dell’Occidente e di quell’entità ancora denominata “comunità internazionale”. L’amministrazione Obama minacciò un intervento militare contro il regime siriano se fossero state usate armi chimiche contro la popolazione civile. La stessa minaccia venne ripetuta da Londra e da Parigi. Come sappiamo, il regime ha effettivamente utilizzato quelle armi, per la prima volta nel 2012. Di fronte all’impunità concessa dalla comunità internazionale, non solo il regime siriano ha continuato a usare armi proibite, ma il loro uso si è allargato ormai anche ai jihadisti.

Come tutti, guardo inorridito. Il dolore si somma ai miei ricordi: un vortice di immagini lontane che si sovrappongono, mescolando la realtà di ieri con quella di oggi. La Siria che conosciamo oggi, fatta di sangue fuoco e terrore, esiste da decenni. Questo era il paese della mia infanzia. Come c’era da aspettarsi, anni dopo il Medio Oriente continua ad affliggersi e non si intravedono prospettive di un futuro più luminoso.

Quando lasciai la Siria, più di trent’anni fa, il dittatore siriano Hafez Al-Assad governava il paese con il fratello come in un duumvirato. Oggi Bashar e suo fratello Maher imitano il padre, fomentando stragi e distruzioni, ma senza la raffinata arte della dittatura dei loro progenitori. Nel clan Assad, l’esercizio del potere e del terrore è un affare di famiglia.

Ho amato il mio quartiere curdo a Damasco. La sua storia può essere fatta risalire al Saladino e il XII secolo. Arroccato sul monte Qassyion con i suoi vicoli tortuosi, si affaccia sulla città. Il profondo attaccamento che lega le persone ai loro quartieri precede il clan degli Assad e l’avvento del partito Ba’ath. Nessuno poteva portarcelo via, nonostante retate e ricorrenti colpi di stato. A Damasco, l’identità di quartiere era molto forte. Ciascuno aveva le proprie tradizioni, miti, leggende e specialità culinarie. Ciascun quartiere aveva una propria memoria collettiva, rendendolo un mondo a sé.

Nella Città Vecchia, dietro la grande moschea omayyade Bab Touma (San Tommaso) c’era la roccaforte cristiana. Il quartiere ebraico era comunemente denominato “Hay al-Yahud” e le sue grandi famiglie, i Farhi, gli Stambouli, i Liniado, hanno fatto parte per generazioni del paesaggio locale, fornendo anche banchieri e consulenti a vari governatori che si sono succeduti nel corso degli ultimi secoli. Nel mio quartiere di Akràd (plurale in arabo di curdo), le case tradizionali erano costruite attorno a cortili quasi sempre muniti di una fontana rinfrescante all’interno delle loro mura. Queste tipiche case levantine riuscivano a resistere alle costruzioni in stile sovietico che cominciavano a invadere la città e i suoi frutteti ben curati. Se l’esercito siriano veniva addestrato dai generali russi, i cementifici siriani erano gestiti da ingegneri del blocco sovietico. Al calar della notte, le case sulla collina di Akràd apparivano come stelle sopra la città.

Tuttavia, in quel clima politico soffocante, i momenti belli erano rari. Per raggiungere a piedi il mio liceo, ai piedi della collina, dovevo passare più e più volte, con mio grande disgusto, sotto al ritratto del generale Hafez al-Assad. Qui era in uniforme da generale, sulle alture del Golan. Sebbene rappresentino una sconfitta subita da parte di Israele, in Medio Oriente, la terra di Gilgamesh e altre leggende, la verità si trasforma facilmente da schiacciante disfatta in vittoria totale. Là, era in giacca e cravatta, a recitare la parte del padre della nazione con il giovane Bashar e suo fratello maggiore, Bassel, il principe ereditario, sulle ginocchia. Bassel, il primogenito e virile playboy, era sempre raffigurato in uniforme militare e occhiali Ray-Ban. Era il successore designato nella Repubblica Ereditaria del clan Assad. Ma il destino, a dispetto dei desideri e della volontà del padre dittatore, lo aveva fatto morire al volante della sua Porsche sulla strada per l’aeroporto, una strada oggi controllata dai jihadisti. Tutti i monumenti e le piazze più importanti erano intitolati al “leader”: la Biblioteca Nazionale Assad, il Ponte Assad, i Giardini Assad, e poi statue di Assad in tutte le piazze e agli incroci principali. Era onnipresente, ci seguiva fin dentro i nostri sogni trasformandoli in incubi. I tanti servizi segreti, il famoso Moukhabrat, monitoravano ogni attività fino al più piccolo gesto. C’erano più servizi segreti che formaggi francesi, e solo il clan nordcoreano dei Kim può competere con gli Assad per durata del regno.

Sotto la dittatura non c’era alcuna logica. Mentre studiavo per il mio diploma di maturità, un residuo del sistema educativo del Mandato francese, ho dovuto seguire lezioni obbligatorie di addestramento militare. Ogni giorno, a scuola, indossavamo la divisa militare obbligatoria con berretto e stivali. Ci insegnava teoria militare un istruttore militare che era il vero capo del liceo. Fummo anche portati in gita scolastica fino al confine con Israele, a Quneitra, per esercitazioni di tiro. Nel cortile della scuola, sotto lo sguardo terrificante dell’istruttore con il suo cronometro, ogni studente doveva smontare e rimontare un Kalashnikov. Oggi, 32 anni dopo, qui nel mio quartiere parigino, tutto questo mi appare assurdo e kafkiano: una scuola superiore che funzionava come una caserma militare; studenti arruolati nella “Gioventù Rivoluzionaria” del partito Ba’ath che, dopo un corso estivo di paracadutismo, tornavano con le pistole alla cintura, terrorizzando gli altri studenti, e premiati con 20 punti bonus per aumentare il loro voto di maturità.

In teoria anche gli studenti palestinesi potevano beneficiare di questo favoritismo. Tuttavia, anche se ottenevano il bonus, il governo li teneva fuori dell’università. Per decenni i palestinesi sono stati tenuti nella miseria, relegati nel campo profughi di Yarmouk alla periferia di Damasco. Continuavano ad arruolarsi nelle varie fazioni alleate alla Siria in Libano, spesso facendosi la guerra tra loro, ogni tanto facendola contro Israele, sempre adoperandosi al meglio per accaparrarsi i petrodollari distribuiti dagli stati del Golfo. La Siria non aveva molto petrolio, ma traeva profitto col terrorismo a noleggio esportato nei paesi vicini. I ricchi stati del Golfo saldavano i conti del paese “fratello” pagandolo perché difendesse l’”onore arabo” contro Israele. Oggi è l’Iran che ha assunto questo ruolo e finanzia il regime. Mentre, ironia della sorte, oggi gli ex fratelli del Golfo finanziano e armano coi loro petrodollari le fazioni islamiste.

Nella Siria della mia infanzia molti mondi e antiche civiltà vivevano affiancati, così come svariate religioni e gruppi etnici. Io ero il curdo, nella mia cellula comunista, insieme con il druso e il cristiano. L’ebreo, costretto a lasciare il paese dopo la creazione dello stato di Israele e l’ascesa del nazionalismo aggressivo pan-arabo, non aveva più posto. Il nostro movimento si opponeva al regime ed era anche dissidente rispetto al comunismo ufficiale legato a Mosca. Questa doppia contestazione mi offriva le condizioni ideali per esprimere la mia rabbia e la rivolta di un giovane appartenete a una minoranza. Tutto questo, prima della delusione e del lungo periodo di solitudine che ne seguì.

In un paese arabo prevalentemente sunnita, l’unica opzione politica a disposizione delle minoranze per difendersi era dietro le barricate della sinistra. Il grande storico Eric Hobsbawm ha affermato che gli ebrei di minoranza tendevano “naturalmente” a sinistra nel contesto della seconda guerra mondiale e dell’ascesa del nazismo. I fondatori del Partito Ba’ath negli anni ‘40 si ispiravano proprio all’ideologia nazista. Influenzati dal filosofo tedesco Fichte, erano grandi ammiratori del nazismo. Per “risolvere” il problema curdo in Siria, il capo dei servizi segreti nella regione curda propose una “soluzione finale” in attuazione di un suo “saggio” che era una copia diretta del Mein Kampf.

Come a Gerusalemme e Istanbul, a Damasco i quartieri cristiano, ebraico, musulmano, armeno, curdo e circasso vivevano fianco a fianco, condividendo le stesse ansie e paure, lo stesso linguaggio del corpo: era ciò che ci teneva legati ed era la base della nostra “sirianità”. Quella volta che l’elettricità venne tagliata nel nostro quartiere, capimmo tutti il motivo: il fratello del presidente era venuto a “far visita” alla sua presentatrice televisiva preferita. Sapevamo che Rafaat al-Assad, zio dell’attuale Bashar, aveva bisogno di rilassarsi dopo una recente carneficina. Brandiva il “bastone del comando” alla testa della onnipotente Brigata della Difesa, terrorizzando l’intero paese. E’ lui che saccheggiò e rase al suolo interi quartieri di Hama e Aleppo fra il 1979 e il 1982.

Il partito Ba’ath prese il potere nel 1963 e da allora il partito unico ha dominato la Siria. Nel 1984, l’anno in cui ho preso il diploma di maturità, Hafez Al-Assad si ammalò gravemente e il regime con lui. Fuori di sé, intensificò la repressione. Ondate di arresti si succedettero a un ritmo infernale, l’intero paese era gestito come un’unica prigione. A Damasco circolavano voci di prigionieri politici ammucchiati mezzi vivi, uno sopra l’altro, nei sotterranei di carceri come “Mezzeh” “Palestina” e “Bab Touma”, per citarne solo alcuni. Più di un migliaio di prigionieri politici erano già stati massacrati a Palmyra, abbastanza per alimentare le voci e mandare la popolazione in paranoia. Il panico penetrò anche nel cerchio più interno della famiglia: il famigerato fratello del presidente fu mandato in esilio, accusato di fomentare un colpo di stato. Se ne andò con le tasche piene di miliardi di dollari. Ancora oggi, mentre continua a ordire colpi di stato contro il nipote, che è l’attuale presidente, trasmettendo dalla sua stazione televisiva con sede a Londra, Rafaat al-Assad ha stabilito il suo esilio dorato a Parigi e si gode le spiagge di Marbella.

Quando a mia volta presi la via dell’esilio, in quello stesso anno, per sfuggire alla certezza di una breve vita in qualche prigione, non potevo immaginare che qualche decennio più tardi milioni di siriani si sarebbero incamminati su quella stessa strada. Ma sapevo molto bene che nel mondo musulmano, l’islam aveva bisogno di essere riformato. Le religioni sue sorelle maggiori si erano evolute attraverso secoli di riforme, acquistando in saggezza e maturità grazie all’Illuminismo. Unica alternativa: gli stessi modelli autoritari e dittatoriali avrebbero continuato a riprodursi e il dispotismo orientale avrebbe continuato a imperversare. Solo ora il mondo islamico ha iniziato il suo viaggio travagliato e violento verso la modernità. I due rami dell’islam continuano a scatenare guerre, accompagnate da massacri che ricordano le stragi cattolico-protestanti della notte di San Bartolomeo.

Non è solo per dovere morale, ma perché viviamo in un mondo globale e interconnesso, che l’Occidente deve venire in aiuto del Medio Oriente. E’ nel proprio interesse che deve farlo.



Lo sconcerto dei vescovi siriani per il raid americano su Idlib: “Perché?”
Le gerarchie cristiane siriane contestano la legittimità del bombardamento americano. La prudenza vaticana e il ruolo della Russia
Matteo Matzuzzi
7 Aprile 2017

http://www.ilfoglio.it/esteri/2017/04/0 ... ica-129412

Roma. I più attivi nel condannare il raid americano sulla Siria sono i vescovi locali, preoccupati che l’eventuale caduta di Bashar el Assad comporti l’automatica cessazione della protezione di cui le comunità cristiane hanno goduto fino a ora, esponendole all’avanzata del fronte sunnita e a tutto quel che potrebbe conseguirne. “Due giorni fa, il presidente Donald Trump aveva detto che Assad fa parte della soluzione del problema siriano. Adesso fa dichiarazioni per dire il contrario. Ci sono interessi delle forze regionali implicate nella guerra. Conviene sempre tenere conto di questo, soprattutto quando certe cose si ripetono con dinamiche molto simili, e innescano le stesse reazioni e gli stessi effetti già sperimentati in passato”, ha detto ad esempio mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria, all’agenzia Fides. Sempre alla stessa agenzia, il vescovo francescano Georges Abou Khazen, vicario di Aleppo, ha detto che a sconcertare, “davanti all’attacco militare americano è la rapidità con cui è stato deciso e realizzato, senza che prima fossero state condotte indagini adeguate sulla tragica vicenda della strage con le armi chimiche avvenuta nella provincia di Idlib”. Gli fa eco mons. Clement Jeanbart, che della medesima città è arcivescovo greco-melkita: “Perché agire così velocemente? Senza consultare nessuno? Forse Trump non voleva che la Russia ponesse un veto alla sua azione? Così facendo ha aggiunto morti ad altri morti, sei soldati siriani e nove civili del villaggio vicino la base militare colpita dagli Stati Uniti hanno perso la vita”. “Se prima era buio, ora il futuro è ancora peggio. Non sappiamo cosa altro potrà accadere”.

L’elemento russo gioca un ruolo non indifferente in questa partita, dal momento che l’arrivo in territorio siriano delle truppe del Cremlino è stato considerato dalle gerarchie cristiane (non solo ortodosse) come la garanzia che il loro status sarebbe stato preservato e il regime alawita avrebbe goduto della protezione diretta di Mosca. Il raid di giovedì cambia le carte in tavola, benché solo mercoledì nell’udienza generale il Papa si fosse detto “inorridito per l’attacco chimico in Siria” e avesse esortato gli attori internazionali a non chiudere gli occhi dinanzi alla guerra civile che da anni sta martoriando il paese del vicino oriente. In Vaticano c’è preoccupazione per l’evoluzione militare. Il primo a parlare è stato il cardinale Angelo Comastri, secondo cui “oggi purtroppo l’Onu non esiste più, è sconfitto il dialogo e non siamo più capaci di parlare. Le guerre si decidono a tavolino e chi decide di compierle non le soffre. Le guerre le soffrono i poveri, i piccoli, gli indifesi. Ecco perché la guerra non possiamo mai accettarla”.

Il biasimo della Santa Sede si concentra soprattutto sul mancato interessamento della comunità internazionale e degli organismi preposti a deliberare attacchi aerei contro uno stato sovrano. È quella, infatti, l’unica cornice che può decidere anche dolorosi interventi che si rendessero necessari a far scattare quella “responsabilità di proteggere” popoli minacciati o perseguitati, da molti anni principio che ispira la posizione vaticana riguardo i conflitti in corso sul pianeta.
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Re: Siria

Messaggioda Berto » sab apr 08, 2017 9:45 am

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Re: Siria

Messaggioda Berto » dom apr 09, 2017 11:38 am

L'inchiesta di Hersh Siria: "Furono i ribelli ad usare il gas per convincere gli Usa ad attaccare" I ribelli e non il regime di Assad, furono loro, secondo la ricostruzione del premio Pulitzer Seymour Hersh, ad utilizzare le armi chimiche in Siria. Una trappola orchestrata da Ankara per scatenare l'intervento americano nel conflitto nel 2012
09 aprile 2014

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 7c74c.html

Non il regime di Bashar al-Assad ma i ribelli.
Furono loro, secondo l’inchiesta condotta da Seymour Hersh, ad usare le armi chimiche in Siria. Una scelta maturata però altrove, in Turchia, per convincere e costringere gli Stati Uniti ad intervenire militarmente. Nella ricostruzione fatta dal giornalista americano che vinse il premio Pulitzer nel 1970 per il reportage sul massacro di My Lai del marzo 1968 durante la guerra del Vietnam, in cui le forze armate americane uccisero deliberatamente almeno 109 civili, l’attacco dell’agosto con il sarin fu, in sostanza, una trappola preparata apposta per Washington che, solo all’ultimo momento, si accorse di come stavano le cose e annullò l’ordine di attacco.

Era la fine del 2012 quando l’intelligence americana si convinse che i ribelli siriani stavano ormai perdendo la guerra. Un esito inaccettabile per il premier turco Recep Tayyip Erdoğan che i ribelli aveva sostenuto politicamente e, cosa più importante, economicamente. E a questo punto sarebbe maturata la decisione di trascinare nel conflitto gli Usa, gli unici in grado di capovolgere l’esito della guerra. La politica del presidente Obama era però chiara, c’era un limite preciso che Assad avrebbe dovuto superare per scatenare l’intervento degli Stati Uniti, e quel limite non era stato passato. L’utilizzo di armi chimiche avrebbe però segnato il salto di qualità in grado di far alzare in volo i bombardieri a stelle strisce. Così ad Ankara maturò la decisione di far utilizzare ai ribelli le armi chimiche di cui erano già in possesso, realizzate anche con l’aiuto turco, e addossarne la responsabilità ad Assad. L’attacco andò in scena il 21 agosto. Un’operazione apparentemente ben congeniata. Al punto che navi e aerei americani erano già stati dislocati in modo da colpire Damasco. Persino la data dell’attacco era pronta, gli Usa avrebbero colpito la Siria la mattina del 2 settembre, un lunedì. All’ultimo momento però il presidente Obama, informato della reale situazione e delle responsabilità turche e dei ribelli, fermò l’attacco. Era il 31 agosto.
Quel giorno Obama, che non poteva ammettere di essersi sbagliato asserendo che Assad era l’unico in Siria ad essere in possesso di un arsenale chimico, e non potendo accusare apertamente Ankara, alleato Nato, si smarcò chiedendo un voto del Congresso per dare il via libera all’operazione. Nel frattempo prese corpo l’accordo orchestrato insieme al presidente russo Vladimir Putin in cui Assad prometteva di consegnare il suo arsenale chimico per farlo distruggere. Accordo che, disarmando il presidente siriano, smontava le condizioni per cui Washington avrebbe di nuovo corso il rischio di trovarsi in una situazione simile.
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Re: Siria

Messaggioda Berto » dom apr 09, 2017 9:45 pm

L’attacco chimico di Khan Sheikhoun e i suoi risvolti
Niram Ferretti
7 aprile 2017
http://www.progettodreyfus.com/lattacco ... i-risvolti

Nel pantano siriano che dura da sei anni e rappresenta la più grave crisi umanitaria della nostra epoca, si è giunti a un ulteriore picco, quello dell’attacco con agenti chimici avvenuto a Khan Sheikhoun, in cui sono morte 72 persone tra cui numerosi bambini. Ad attacco avvenuto l’esercito dei depistatori e dei dietrologi si è mosso immediatamente a falange per cercare di discolpare il dittatore di Damasco, sostenendo che in realtà si sarebbe trattato di un azione delle milizie islamiche combattenti contro Assad. Il falso più vero del vero. E’ la malattia della nostra epoca ipertrofizzata dall’informazione pataccara per la quale vale il principio di Gresham trasferito dal contesto monetario a quello informativo, la notizia falsa scalza quella vera. Successivamente, un comunicato della Russia ha affermato che le vittime sono state provocate dal bombardamento di un deposito dove i ribelli avevano stoccato agenti chimici.

Poche ore dopo l’attacco, la Casa Bianca, per bocca del suo portavoce, Sean Spicer, annunciava che l’Amministrazione Trump era certa che il massacro fosse stato orchestrato da Assad. Poi è stato il turno di Israele. Avigdor Liberman, il Ministro della Difesa ha dichiarato senza mezzi termini, “L’attacco omicida con armi chimiche perpetrato nei confronti dei cittadini di Idlib e contro un ospedale locale è stato condotto dietro l’ordine diretto del presidente siriano, Bashar Assad, utilizzando aerei siriani”. Liberman ha poi aggiunto, “Sappiamo che questa è, dalla A alla Zeta una operazione di Assad”.

Nessuna cautela dunque da parte di Israele, nessun giro di parole, nonostante il rapporto interlocutorio con la Russia, principale alleato di Assad insieme all’Iran. Dal canto suo il dittatore alawita accusa da tempo Israele, senza esibire alcuna prova, di essere colluso con le forze ribelli per detronizzarlo. Israele farebbe infatti parte di un fantomatico asse composto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Turchia, Quatar e altri stati non meglio specificati. La sindrome del complotto è un classico della psicopatologia dittatoriale e ha illustri predecessori a noi vicini, da Hitler a Stalin. Assad non fa eccezione.

La realtà racconta un’altra storia, in modo particolare relativamente agli Stati Uniti. Furono quest’ultimi, durante il periodo dell’Amministrazione Obama, a fare sì che la crisi siriana precipitasse a un punto di non ritorno. L’apice della inattitudine americana venne raggiunto quando, nel 2013, Obama decise di non onorare l’impegno che aveva preso se Assad avesse oltrepassato la linea rossa posta dagli Stati Uniti relativa all’uso di armi chimiche. La mancanza di risolutezza americana, il rifiuto da parte di Obama di appoggiare fin dall’inizio gli insorgenti nazionalisti siriani ha creato le condizioni favorevoli che hanno permesso ai gruppi radicali islamici di acquisire progressivamente terreno e autorevolezza, regalando alla Russia il ruolo di protettrice del regime di Damasco, propagandato come unico bastione contro quel radicalismo islamico che la stessa irrisolutezza americana ha contribuito a incrementare con la sua politica non interventista. Invece di accusarli, Assad dovrebbe ringraziarli gli Stati Uniti. E’ grazie alla loro irrisolutezza se si trova ancora al proprio posto, così come è sempre in virtù di quest’ultima se Vladimir Putin ha potuto ritagliarsi il ruolo determinante che ha sul teatro di guerra siriano.

Oggi Putin è, insieme al regime teocratico iraniano, la principale garanzia per la sopravvivenza del dittatore genocida. La crisi siriana ha evidenziato in modo lampante come, in mancanza di un ruolo americano in Medioriente, lo spazio lasciato vacante venga subito riempito da forze non democratiche i cui interessi strategici, (vedi Iran e Russia) sono in totale contrasto con quelli degli Stati Uniti e di Israele.

Relativamente a Israele il gioco di sponda dello Stato ebraico con la Russia, è tatticamente inteso a limitare il rafforzamento di Hezbollah sulle alture del Golan e dunque l’estensione regionale dell’Iran, di cui il gruppo terrorista libanese è una protesi. Né la Russia né Israele hanno interesse a che gruppi integralisti islamici occupino il territorio di quello che è ormai uno stato decomposto, ma l’offensiva contro le milizie dell’IS, di Al Nusra e altre sigle non può nascondere la realtà di una alleanza, quella russa-iraniana, che non ha alcuna appetibilità per gli interessi strategici israeliani, anche questa, un regalo dell’Amministrazione Obama.

Da una iniziale disponibilità nei confronti di Assad, dopo l’attacco di Khan Sheikhoun, l’Amministrazione Trump ha cambiato atteggiamento. La condanna della Casa Bianca e la certezza di quest’ultima sulla responsabilità del regime siriano nell’attacco chimico, ulteriormente rafforzata dalle dichiarazioni israeliane ha attivato la risposta americana nei confronti del regime genocidario siriano. L’attacco missilistico USA di mirato contro le postazioni siriane è, al contempo un avvertimento inequivocabile ad Assad e un chiaro monito alla Russia e a Teheran.
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Re: Siria

Messaggioda Berto » mer apr 12, 2017 1:18 pm

???

Siria, Trump: "Assad è un animale e Putin sostiene persona diabolica"
di F. Q. | 12 aprile 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04 ... ca/3517675

Trump non molla la presa sulla Siria e, dopo aver bombardato con i razzi la base aerea Shayrat, punta il dito nuovamente contro Damasco e contro la Russia. Il presidente Usa, durante un’intervista a Fox Business Network, ha definisce Assad “un animale” e ritiene che Vladimir Putin stia dando il suo sostegno a “una persona diabolica molto negativa per il genere umano“. Tutto questo mentre il segretario di Stato Usa Rex Tillerson sta incontrando a Mosca il ministro degli Esteri Serghei Lavrov. Putin da parte sua fa sapere che i rapporti fra Mosca e Washington sono “peggiorati” da quando il tycoon è stato eletto alla Casa Bianca. In un’intervista rilasciata nella notte al canale Mir il presidente russo dice: “Possiamo dire che il livello di fiducia, sopratutto sul piano militare, non è migliorato e anzi con ogni probabilità è peggiorato. Senza verifiche sulla versione di un attacco chimico da parte delle forze siriane “non reputiamo possibile prendere alcuna misura contro le autorità ufficiali della Siria” prosegue Putin. Fra le ipotesi citate dal presidente russo per spiegare l’attacco di Idlib vi è quella di “una fabbrica sotterranea di agenti chimici dei terroristi” oppure la “messa in scena”, “una provocazione per creare i prerequisiti per esercitare pressioni sulle autorità siriane”.

L’amministrazione Usa di Donald Trump accusa da tempo la Russia di provare a fare da scudo al governo siriano per l’attacco chimico di martedì 4 aprile. Funzionari della Casa Bianca hanno fatto sapere la loro versione dei fatti sull’attacco chimico nella provincia di Idlib: il governo di Assad ha compiuto l’attacco al gas sarin contro i civili, uccidendo 87 persone fra cui molti bambini, per fare pressioni sui ribelli che stavano avanzando nell’area; ed “è chiaro che i russi stanno provando a coprire quanto è accaduto lì”, ha detto ancora un’altra fonte della Casa Bianca. Sulla stessa linea l’ambasciatrice degli Stati Uniti presso l’Onu, Nikki Haley, che in un’intervista alla Cnn ha detto che ritiene che la Russia sapesse dell’attacco chimico in anticipo. “Non sono sembrati scioccati. Non sono sembrati sorpresi. Sono stati così veloci a difendere”, ha detto Haley.

Inoltre ieri sera, dopo le parole filtrate da funzionari coperti dall’anonimato, il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer, nel suo briefing, ha ribadito che i fatti sostengono la versione Usa: “La Russia è su un’isola per quanto riguarda il suo sostegno alla Siria o la sua mancanza, francamente, di riconoscimento di ciò che è successo”, ha detto Spicer ai giornalisti. Mosca da una settimana a questa parte ha difeso Assad dalle accuse Usa secondo cui sarebbero state le sue forze a compiere l’attacco chimico, dicendo che non ci sono prove e puntando invece il dito contro i ribelli.

Secondo i funzionari della Casa Bianca, la Russia ha offerto versioni varie e contrastanti sull’operato del governo siriano, anche nel caso di quanto accaduto nel villaggio di Khan Sheikhoun. In un rapporto di quattro pagine distribuito ai giornalisti, la Casa Bianca riferisce che, stando all’intelligence Usa, l’agente chimico utilizzato nell’attacco è stato sganciato da un Su-22 siriano che era decollato dalla base aerea di Shayrat. Il dossier prova inoltre a confutare molte delle affermazioni di Mosca sulle circostanze dell’attacco, sottolineando per esempio che aerei siriani si trovavano vicino a Khan Sheikhoun circa 20 minuti prima l’attacco e si sono allontanati poco dopo. “Inoltre le informazioni in nostro possesso indicano che personale storicamente associato al programma di armi chimiche siriano si trovava nella base di Shayrat a fine marzo per fare preparativi per un attacco imminente nel nord della Siria, e che erano presenti nella base aerea il giorno dell’attacco”, si legge. È proprio dalla base siriana di Shayrat che Washington sostiene che siano partiti gli aerei dell’esercito di Damasco che reputa responsabili dell’attacco chimico e per questo gli Usa venerdì hanno lanciato un raid con 59 missili Tomahawk, in risposta, prendendo di mira la base. Gli Stati Uniti vogliono che la Russia interrompa l’appoggio ad Assad.

Poche ore fa intanto, in un colloquio telefonico, il presidente cinese Xi Jinping ha detto al presidente Usa Donald Trump che in Siria l’uso di armi chimiche è inaccettabile e ha chiesto una soluzione politica, secondo quanto riferisce l’emittente di Stato cinese Cctv. “Dobbiamo perseverare nell’andare verso una soluzione politica per la questione della Siria. È molto importante che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite possa parlare con una voce unita”, ha detto Xi secondo quanto riferisce Cctv.
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Re: Siria

Messaggioda Berto » mar apr 18, 2017 1:43 pm

Siria, autobomba sugli sfollati di Foua e Kaferya: 126 morti, 68 sono bambini L'attacco suicida sul punto di raccolta dei bus che trasportavano i cittadini sfollati dalle due città filogovernative
di Mattia Damiani
Apr 15, 2017

http://www.interris.it/2017/04/15/11783 ... mbini.html

Sale a 126 il bilancio dei morti nell’attacco suicida nel sobborgo di al-Rashidin, nei pressi di Aleppo, 68 dei quali sarebbero bambini. La tremenda esplosione è avvenuta nel punto di raccolta dei bus e delle ambulanze intente a evacuare decine di sfollati dalle città di al-Foua e Kefraya. La deflagrazione è stata provocata da un’autobomba, guidata da un’attentatore lanciato a tutta velocità contro i mezzi, i quali contenevano oltre di cinquemila persone, come riferito dall’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo (Osdh). Le fonti, almeno inizialmente, erano state discordanti sulle modalità dell’attacco e le cifre in termini di vittime. Nelle ore successive, tuttavia, la situazione si è delineata più chiaramente e i vari vari soccorritori impegnati sul campo hanno fornito dati più precisi, riportando un numero di vittime superiore al centinaio e uno imprecisato di persone ferite. Secondo quanto riferito, i bus sono ripartiti dopo alcune ore di blocco. Sotto assedio, nel frattempo, da parte dei miliziani sunniti, la regione di Idlib.

Le evacuazioni

Gli autobus colpiti stavano trasportando i cittadini evacuati in zone controllate dalle autorità governative, a seguito dell’accordo tra governo e fazioni ribelli (supervisionato da Iran, Qatar e Turchia) rientrato in vigore nei giorni scorsi, secondo il quale lo sgombero dei civili dalle due città filogovernative in direzione di Aleppo avrebbe altresì permesso alle forze opposte di evacuare ripiegare, assieme alle loro famiglie, verso Idlib, lasciando le città di Madaya e Zabadani. Le operazioni hanno avuto inizio venerdì scorso, con la partenza dei 5 mila sfollati sciiti di Foua e Kafraya e di altri 2 mila dalle città ribelli. Non molto tempo dopo, però, entrambi i convogli sarebbero stati fermati con l’obiettivo di chiedere una revisione degli accordi da parte dei ribelli che, secondo quanto riportato, avrebbero richiesto di dar precedenza alle evacuazioni dei militari, rispetto a quelle dei cittadini, dalle due città filogovernative. La condizione, nel timore di un attacco immediato, è stata tuttavia rifiutata.

Attacco a Salma

Più o meno nelle stesse ore, un’altra bomba avrebbe colpito una postazione dell’esercito siriano nella città di Salma, nella provincia di Latakia. Ad essere colpita, una roccaforte del regime di Bashar al-Assad. A riferirlo è stata l’emittente iraniana “Press Tv”, secondo la quale l’esplosione sarebbe stata provocata da un ordigno azionato a distanza. Il bilancio complessivo sarebbe di una decina di morti.
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Re: Siria

Messaggioda Berto » sab mag 06, 2017 8:44 pm

Cessate il fuoco in Siria? Un bluff per giustificare i militari iraniani e turchi
06/05/2017

http://www.rightsreporter.org/cessate-f ... ani-turchi

Il cosiddetto cessate il fuoco in Siria derivante da un accordo tra Russia, Iran e Turchia senza il consenso né di Damasco, né delle opposizioni e neppure della coalizione a guida americana che combatte lo Stato Islamico è solo un bluff volto a coprire quella che di fatto è una spartizione della Siria.

A parte che, come riferiscono i media arabi, i combattimenti continuano come se non ci fosse stato nessun accordo di cessate il fuoco, il che a pensarci bene è abbastanza logico visto che di solito certi accordi si raggiungono tra le parti in conflitto e non tra tre potenze occupanti senza nemmeno tentare uno straccio di contatto con le controparti. Non si sa poi a quali zone si riferirebbe questo accordo di spartizione della Siria, non si sa come Russia, Iran e Turchia intendano far rispettare il cessate il fuco in Siria e non si sa neppure quali zone saranno soggette alla no fly zone decisa in questo strano accordo.

Al Cremlino le chiamano “zone di de-escalation”, un termine altisonante che di solito vuol dire creare zone cuscinetto dalle quali partire per far calare la tensione in quelle determinate aree e che non può prescindere da precisi accordi con il nemico o con i nemici. Una de-escalation si ha infatti solo con accordi con la controparte, non si decide a tavolino in maniera unilaterale come in questo caso. Per questo appare davvero poco comprensibile l’entusiasmo dimostrato dall’inviato ONU in Siria, Staffan de Mistura. Persino quasi comica la dichiarazione del vice ministro della Difesa russo, il generale Aleksandr Fomin, che parlando di questo strano accordo di cessate il fuco in Siria ha detto che «la messa in atto del memorandum permetterà di fermare le operazioni di guerra delle parti belligeranti e praticamente metterà fine alla guerra civile in Siria».


Si vuole giustificare la presenza militare di Iran e Turchia in Siria

A preoccupare non è tanto l’impegno militare russo in Siria, Putin è sempre stato chiaro in merito agli obiettivi di Mosca che sono limitati a garantirsi le basi aeree e navali nel paese, a preoccupare è la presenza militare di Turchia e Iran. Per questo ci piacerebbe tanto sapere quali sono le aree interessate da questo fantomatico “memorandum”. Sospettiamo che tra le aree interessate ci possa essere la zona a ridosso del Golan, in mano agli iraniani e a Hezbollah, e le zone di competenza curda che interessano alla Turchia. Qui la guerra allo Stato Islamico c’entra ben poco, si tratta di legittimare la presenza di militari di Teheran e di Ankara in aree geopoliticamente importanti per Turchia e Iran e di evitare che tali zone finiscano fuori dal loro controllo. La Turchia combatte i curdi, gli unici cioè che ottengono reali risultati contro ISIS, mentre all’Iran interessa solo avere il controllo delle zone confinanti con Israele e delle vie di comunicazioni attraverso le quali rifornire di armi gli Hezbollah libanesi. Credere che Teheran e Ankara siano realmente interessate alla pace in Siria è semplicemente ridicolo. Per di più l’istituzione di una no fly zone su quelle aree (come sembra sia previsto nel fantomatico “memorandum”) punterebbe a evitare i raid aerei israeliani contro i convogli di armi diretti a Hezbollah e quelli americani volti a dare copertura aerea ai combattenti curdi, anche perché è francamente improbabile che lo Stato Islamico o gli altri gruppi ribelli abbiano a disposizione aerei.

E allora parliamoci chiaro, tutto l’entusiasmo che si respira su questo strampalato cessate il fuoco in Siria è del tutto ingiustificato. Prima di tutto i combattimenti proseguono; secondo non ci sono accordi con le controparti; terzo si vuole solo giustificare agli occhi del mondo la presenza militare di Iran e Turchia, di fatto forze occupanti che non hanno nulla a che vedere con la guerra allo Stato Islamico e agli altri gruppi terroristici.
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Re: Siria

Messaggioda Berto » gio mag 18, 2017 11:01 am

Il Dipartimento di Stato USA rettifica: “Nessun forno crematorio in Siria”
(di Giampiero Venturi)
17/05/2017

http://www.difesaonline.it/geopolitica/ ... orio-siria

La voce arriva direttamente da Washington. Il Segretario per le questioni del Medio Oriente Stuart Jones, in un briefing con la stampa, ha aggiustato il tiro rispetto alle recenti esternazioni del Dipartimento di Stato: “Nella prigione governativa di Saydnaya in Siria, probabilmente non c’è nessun forno crematorio. Una parte dell’edificio, ristrutturato nel 2013, risulta semplicemente più caldo”.

L’allarme era nato una settimana fa, ricalcando una denuncia di febbraio di Amnesty International, organizzazione particolarmente attiva quando si tratta di individuare responsabilità del governo di Damasco.

Secondo Amnesty, dal 2013 a oggi sarebbero stati eliminati dai 5000 ai 13000 prigionieri, i cui corpi poi sarebbero stati bruciati dai soldati di Assad, per occultare le prove. Amnesty aveva provveduto anche ad elencare tutto un piano di torture ed esecuzioni programmate, dando l’idea dell’esistenza di un vero e proprio lager.

Le fonti sarebbero ex prigionieri, ONG locali e non meglio precisati agenti dell’intelligence.

Il Dipartimento di Stato, avrebbe aggiunto poi che nella prigione siriana situata a meno di 50 km da Damasco, sarebbero stati eliminati per impiccagione circa 50 prigionieri al giorno.

Esattamente come per il presunto attacco chimico a Khan Shaykhun di aprile, anche per Saydnaya non sono state fornite prove. Le foto satellitari addotte nella documentazione per la denuncia, mostrano alcuni edifici della prigione che in inverno non sono coperti dalla neve come il resto della struttura. Da qui, la convinzione dell’esistenza di un forno crematorio.

La marcia indietro del Dipartimento di Stato alleggerisce un po’ la tensione in un momento delicato per la Siria. Mentre ripartono i colloqui ad Astana per il consolidamento delle aree di “de-escalation”, le truppe governative avanzano su tutti i fronti (contro lo Stato Islamico a sudest di Aleppo e nell’area di Deir Ezzor) e le Syrian Democratic Forces arabo-curde dichiarano di aver raggiunto la periferia di Raqqa, distante ora solo 3 km.

(foto: Amnesty International/SAA)
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