Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:25 am

Le ragioni dell'odio - I sentimenti dei cittadini verso i governanti-politicanti
viewtopic.php?f=141&t=2767
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6902566539


Mi chiedo: ma si può mai rispettare e amare chi ti ha fatto e ti fa del male, sia direttamente che indirettamente ?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:27 am

Odio come sentimento
https://it.wikipedia.org/wiki/Odio
L'odio è un sentimento umano che si esprime in una forte avversione o una profonda antipatia.
Lo distingue da questi ultimi la volontà di distruggere l'oggetto odiato, e la percezione della sostanziale "giustizia" di questa distruzione: chi odia sente che è giusto, al di là di leggi e imperativi morali, distruggere ciò che odia. Si parla di "oggetto" odiato anche nel caso di odio verso persone, perché queste non vengono considerate propri simili, esseri umani come chi odia, ma appunto oggetti invece che soggetti.
In misura ulteriore rispetto all'innata capacità di provare sentimenti negativi nei confronti di un'altra persona, il termine odio viene usato in senso figurato per riferirsi alla forma più estrema di rifiuto verso cose o persone. A differenza dell'amore, l'odio non è necessariamente preceduto dalla volontà d'espressione: può, infatti, essere causato per costrizione, proprio malgrado.
Viene inoltre considerato comunemente in contrapposizione all'amore; di fatto i due sentimenti possono essere accostati per l'intensità e l'impeto. Come sentimento intermezzo tra i due troviamo, privo sia di punti positivi che negativi, l'indifferenza.
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Re: Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:28 am

Ecco dove stanno le ragioni dei sentimenti di avversione, disprezzo, malevolenza, ribrezzo e odio della gente verso i politicanti e la cosidetta classe dirigente politica, burocratica e amministrativa; questa prevalentemente immonda casta di parassiti, privilegiati, irresponsabili, fanfaroni, bugiardi, furfanti, ignoranti, presuntuosi e arroganti.


Povertà e miseria nel Veneto, in Italia e in Europa
viewtopic.php?f=161&t=2444

I primati dello stato italiano e dell'Italia in Europa e nel mondo
viewtopic.php?f=22&t=2587

Mostruosità italiane o italiche
viewtopic.php?f=196&t=2524

Il mito risorgimentale e le sue falsità italico-romane
viewtopic.php?f=139&t=2481

Il mito della resistenza italiana
viewforum.php?f=178

L'orrenda costituzione italiana
viewtopic.php?f=139&t=2412
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Re: Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:32 am

I primati dello stato italiano e dell'Italia in Europa e nel mondo
viewtopic.php?f=22&t=2587

Altro che santi, poeti e navigatori!
Ladri, bugiardi, ipocriti, traditori, parassiti, irresponsabili, vili, farabutti, mafiosi e assassini.



Lo stato italiano è una mostruosità orrenda, un aborto vivente e deforme della storia: il più politicamente e amministrativamente corrotto dell'occidente, il più mafioso e camorrista, il più schifosamente castuale, il meno democratico e con la costituzione peggiore d'Europa, quello dove i parassiti sono insediati in quantità catastrofiche, quello dove non si rispettano i diritti umani dei veneti e di altre etnie, quello dove certi ladri sono protetti dai governi e dai magistrati, quello dove la giustizia non funziona o è male amministrata e piena di corrotti, quello che per inno ha un canto immondo pieno di violenza dove si esalta una fratellanza che non esiste e un mito che la storia ha cancellato da miliaia di anni, quello dove i sindacati anziché fare gli interessi dei lavoratori fanno i loro da parassiti e dove i salari sono tra i più bassi d'Europa, quello dove i cristiani cattolico romani anziché pensare agli ultimi delle comunità italiche preferiscono pensare alle comunità foreste, quello dove l'informazione è tra le più corrotte e falsificate dell'occidente... i vostri commenti ne sono la prova. Per me veneto essere costretto all'italianità è una condizione disumana, una tortura, una sofferenza infinita. Basta Italia e basta Roma! Se fosse per me già da tanto saremmo liberi dall'orrore italico.




Elenco dei primati negativi italici, dell'Italia che si crede paese civile e culla della civiltà mondiale

1
È lo stato meno democratico dell'occidente, con una delle peggiori costituzioni, l'inno nazionale più violento e le caste più irresponsabili, privilegiate, parassite, bugiarde e prepotenti dell'Europa occidentale;
2
lo stato italiano ha il debito pubblico più alto dell'occidente dopo quello greco;
3
ha l'amministrazione pubblica più assenteista, fannullona, irresponsabile e corrotta dell'occidente;
4
con l'amministrazione politica più castuale, corrotta, irresponsabile, parassitaria e costosa dell'occidente;
5
e l'amministrazione della giustizia più inefficente, arbitraria e corrotta dell'occidente;
6
è il paese più mafioso dell'occidente con le sue: mafia, camorra, andrangheta, sacra corona unita, mafia cinese, mafia nigeriana, mafia islamica, mafie politiche e amministrative;
7
il paese ove si pagano più imposte e tasse rispetto alla quantità e alla qualità del servizi ricevuti;
8
è il paese dove la maggior parte dei cittadini veramente produttivi versano più contributi pensionistici in cambio di pensioni più basse e più tassate, e non adeguate al costo della vita; con il più alto numero di ingiustificate pensioni d'oro, doppie e triple pensioni, baby pensioni e false pensioni d'invalidità;
9
dopo i paesi dell'est e della Grecia è il paese con più poveri e disoccupati della UE e di tutto l'occidente;
10
è il paese dove i salari e le paghe da lavoro dipendente sono le più basse di tutto l'occidente rispetto al costo della vita, nonostante vi siano le maggiori associazioni sindacali e i maggiori partiti politici che si professano difensori dei lavoratori; nonostante il primo articolo della Costituzione italiana stabilisca che la "Repubblica è fondata sul lavoro" e nonostante sia il paese più cattolico dell'occidente la cui dottrina sociale dovrebbe avere tra i suoi valori principali quello di difendere il lavoro e i lavoratori;
11
è il paese dopo la Grecia con il maggior numero di parassiti e di privilegiati che vivono del lavoro e delle imposte degli altri cittadini;
12
è il paese dell'occidente con il maggior numero di morti per incidenti stradali e dove ti uccidono maggiormente sulle striscie pedonali mentre attraversi la strada;
13
l'Italia è al 77esimo posto per libertà di stampa;
14
è tra gli ultimi in Europa in fatto d'istruzione; dove le università sono il regno dei baroni e dove si vendono le lauree;
15
è tra i 4 peggiori pagatori europei ai fornitori di materie e servizi, le cui imprese sono fatte fallire, gli imprenditori costretti alla disperazione e i lavoratori alla disoccupazione;
16
è tra i paesi europei dove maggiormente i cittadini sono costretti a proteggere le loro case e i loro ambienti di lavoro, negozi e attività produttive, con recinzioni, protezioni blindate, impianti di allarme, cani da guardia, telecamere e servizi di sorveglianza;
17
è il paese dell'occidente dove i cittadini sono tra i meno tutelati e garantiti dalle leggi sulla legittima difesa,; dove il cittadino è gravemente impedito e ostacolato nell'esercizio naturale del diritto universale alla legittima difesa della sua persona, della sua casa, dei suoi beni;
18
è il paese più litigioso d'Europa e col maggior numero di avvocati che contribuiscono ad aumentare questa litigiosità e la malagiustizia;
19
è il paese della raccomandazione, dell'irresponsabilità, dell'immeritocrazia, dei privilegi, della violazione dei diritti, delle caste e delle clientele parassitarie;
20
è il paese con le banche più truffaldine e ladresche del mondo
21
a noi veneti e friulani lo stato italiano ha portato la miseria e l'esodo biblico ottocentesco,, la prima guerra mondiale che ci ha distrutti; la grande depressione economica del I e del II dopoguerra; le grandi migrazioni novecentesche; depressione e corruzione morale;
22
fin dove arriva la corruzione del sistema italico;
23
sanità pubblica tra le peggiori dell'occidente, generalmente da Roma in giù con qualche caso di orrore speculativo anche al nord;
24
ipocrisie, incoerenze e assurdità italiche:
fratellanza italica adoperata/usata per rubare e per affermare privilegi, nascondere, sminuire e negare doveri e diritti; solidarietà con gli altri, con tutti ma non con te;
finta democrazia e realtà castuale;
tortura e trattamenti disumani da parte dello stato e dei suoi apparati;
manipolazioni e menzogne mediatiche e scolastiche;
femminicidio,maschicidio, infanticidio;
gender;
...
25
parassitismo economico;
26
tra i paesi peggiori dell'occidente come rispetto dell'ambiente e smaltimento dei rifiuti;
27
Roma, città capitale da sempre la città più corrotta dell'occidente; Roma e il suo storico imperialismo politico romano che continua nel cattolicesimo, come Regno Universale della Chiesa Romana = Regno di Cristo;
28
è il paese occidentale dove vi è l'evasione più alta: quella "buona" da necessità o "legittima" difesa e per sottrarre una parte dei profitti e del reddito alla voracità predatoria del fisco italico parassita; e quella cattiva da elusione e avidità;
29
è il paese dell'occidente dove dei criminali razzisti e carnefici come gli zingari vengono fatti passare per vittime;
30
è il paese dove si favorisce l'immigrazione clandestina con l'accoglienza indiscriminata di africani, asiatici, islamici a spese dei diritti, delle risorse, della sicurezza, della vita e del futuro dei cittadini italiani ed europei; violazione criminale dei nostri diritti umani con il concorso della Chiesa Cattolica e del Papa romano;
31
è lo stato occidentale dove si violano maggiormente i valori, i doveri e i diritti umani universali in particolare dei nativi italici, degli stessi cittadini italiani;
32
i parassiti irresponsabili e i bugiardi del nazionalismo italiano della destra fascista e leghista usano l'Europa e la Germania come capri espiatori per nascondere le malefatte italiche di cui sono anch'essi responsabili;
33
i giovani italiani senza lavoro o malpagati sono costretti a migrare e a morire via dalla loro terra come questi due veneti, mentre lo stato italiano dilapida le risorse degli italiani per importare e mantenere centinaia di migliaia di clandestini; cose che non capitano in nessun'altra parte del mondo;
34
capita in Italia
35
realtà italiana e cristianismo cattolico romano
36
come gli italiani trattano i veneti
37
la mancanza di libertà nell'informazione e la manipolazione dell'informazione
38
le falsità e/o gli abbagli del Gioberti
39
i nuovi parassiti
40
...
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Re: Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:35 am

E non si tratta di invidia sociale come taluni vorrebbero raccontarla, ma di vera ingiustizia economica, sociale e politica, di prepotenza, furto, truffa e rapina fiscale, di esproprio della sovranità democratica.


L'Italia percepita vale più di quella reale. Cosa c'è nel rapporto Censis
2017/12/01

http://www.ilfoglio.it/societa/2017/12/ ... ale-166710


C'è un'Italia che si rialza, cresce, riprende a correre dopo gli anni della crisi. E poi c'è l'Italia del malumore, che continua ad avvitarsi su se stessa. Un'Italia reale e una percepita. Peccato che il percepito abbia ormai superato la realtà. A dirlo è il rapporto Censis 2017 presentato questa mattina.

“Manifatturiero, filiere italiane nelle catene globali del valore e turismo da record sono i baricentri della ripresa - si legge nel comunicato diffuso dall'Istituto -. Attraverso i consumi torna il primato dello stile di vita: ora gli italiani cercano un benessere soggettivo nella felicità quotidiana”. Purtroppo prosegue, “l'immaginario collettivo ha perso la forza propulsiva di una volta e non c'è un'agenda sociale condivisa. Ecco perché risentimento e nostalgia condizionano la domanda politica di chi è rimasto indietro”. Insomma, per dirla con le parole del Censis, “la ripresa c'è e l'industria va, ma cresce l'Italia del rancore”.

Industria e export. Ovviamente non si tratta di un'analisi astratta. A sostegno di questa lettura della società italiana del 2017 ci sono anzitutto i dati. Nel comparto industria, ad esempio, l'unica voce negativa è quella relativa agli investimenti pubblici, scesi del 32,5 per cento in termini reali nell'ultimo anno. A questo fanno da contraltare l'incremento della produzione industriale (+4,1 per cento nel terzo trimestre), ma anche la quota dell'Italia sull'export manifatturiero del mondo che è arrivata al 3,4 per cento con numeri record nei materiali da costruzione in terracotta (23,5 per cento), nel cuoio lavorato (13,2 per cento), nei prodotti da forno (12,2 per cento), nelle calzature (8,1 per cento), nei mobili (6,8 per cento), nei macchinari (6,4 per cento). Aumentano, allo stesso tempo, anche le aziende esportatrici che nel 2016 sono 215.708, circa 10 mila in più rispetto al 2007.

I consumi delle famiglie E ancora, tra il 2013 e il 2016 la spesa per i consumi delle famiglie è cresciuta complessivamente di 42,4 miliardi di euro (+4 per cento in termini reali nei tre anni). Nell'ultimo anno gli italiani hanno speso 80 miliardi di euro per la ristorazione (+5 per cento nel biennio 2014-2016), 29 miliardi per la cultura e il tempo libero (+3,8 per cento), 25,1 miliardi per la cura e il benessere soggettivo (parrucchieri 11,3 miliardi, prodotti cosmetici 11,2 miliardi, trattamenti di bellezza 2,5 miliardi), 25 miliardi per alberghi (+7,2 per cento), 6,4 miliardi per pacchetti vacanze (+10,2 per cento). E tutto questo può essere sintetizzato in un numero: il 78,2 per cento degli italiani si dichiara molto o abbastanza soddisfatto della vita che conduce.

Positivo è anche il confronto con altri paesi europei. Negli ultimi dieci anni le famiglie italiane hanno destinato ai servizi culturali e ricreativi una spesa crescente: +12,5 per cento nel periodo 2007-2016, contro il -9,6 per cento nel Regno Unito, -8,1 per cento in Germania, -7 per cento in Spagna. Solo in Francia si è registrato un +7,7 per cento che resta comunque distante dal dato italiano.

Ottima anche la performance del turismo: nel 2016 gli arrivi complessivi hanno sfiorato i 117 milioni e le presenze i 403 milioni (i visitatori stranieri sono stati il 49 per cento del totale). Rispetto al 2008 l'incremento degli arrivi è stato del 22,4 per cento e dei pernottamenti del 7,8 per cento. Insomma, anche se pensiamo il contrario, il nostro paese resta ancora attrattiva per i turisti.

L'Italia del rancore. Ciò nonostante le note negative non mancano. “Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica - sottolinea il Censis - e il blocco della mobilità sociale crea rancore”. Ecco quindi che l'87,3 per cento degli italiani appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, esattamente come l'83,5 per cento del ceto medio e il 71,4 per cento di quello benestante. “La paura del declassamento - si legge nel rapporto - è il nuovo fantasma sociale. Ed è una componente costitutiva della psicologia dei millennials: l'87,3 per cento di loro pensa che sia molto difficile l'ascesa sociale e il 69,3 per cento che al contrario sia molto facile il capitombolo in basso”.

Il risultato di questo “malessere” è ovviamente una modifica, profonda, del nostro immaginario collettivo che “ha perso forza propulsiva”. Al primo posto ci sono i social network (32,7 per cento), seguiti dal “posto fisso” (29,9 per cento), dallo smartphone (26,9 per cento), dalla cura del corpo (i tatuaggi e la chirurgia estetica: 23,1 per cento) e dal selfie (21,6 per cento), prima della casa di proprietà (17,9 per cento) e del buon titolo di studio come strumento per accedere ai processi di ascesa sociale (14,9 per cento).

Resta altissima, in questo quadro, la sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni. L'84 per cento degli italiani non ha fiducia nei partiti politici, il 78 per cento nel governo, il 76 per cento nel Parlamento, il 70 per cento nelle istituzioni locali, Regioni e Comuni. Il 60 per cento è insoddisfatto di come funziona la democrazia nel nostro paese, il 64 per cento è convinto che la voce del cittadino non conti nulla, il 75 per centro giudica negativamente la fornitura dei servizi pubblici. E poco importa che l'economia abbia ripreso a crescere.




Rapporto Censis, l'Italia cresce ma blocco della mobilità sociale crea rancore. Oltre 1,6 milioni di famiglie in povertà assoluta
1 dicembre 2017

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/1 ... ta/4012875

Secondo l'istituto di ricerca non si è "distribuito il dividendo sociale della ripresa economica" e "la paura del declassamento" diventa "il nuovo fantasma sociale". Gli immigrati? "Quasi tutti operai, segregazione professionale. Manca una visione strategica". Totale sfiducia verso politica e istituzioni. Intanto calano i reati e un italiano su due acquista in nero

Nonostante la ripresa ci sia, cresce l’Italia del rancore e 1,6 milioni di famiglie vivono in condizioni di povertà assoluta. È la fotografia scattata dal Censis e riassunta nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese. L’analisi dell’istituto di ricerca evidenzia la persistenza di “trascinamenti inerziali da maneggiare con cura: il rimpicciolimento demografico del Paese, la povertà del capitale umano immigrato, la polarizzazione dell’occupazione che penalizza l’ex ceto medio”. In sintesi: “Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore”. Così “la paura del declassamento” diventa “il nuovo fantasma sociale”.

LA SCALA SOCIALE? DIFFICILE SALIRE
Quasi 9 italiani su dieci appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, così come l’83,5% del ceto medio e anche il 71,4% del ceto benestante. Il percorso contrario, invece è ritenuto possibile dal 71,5% del ceto popolare, il 65,4 per cento del ceto medio, il 62,1% dei più abbienti. I dati sono simili tra i giovani: l’87,3 per cento dei Millenials ritiene infatti che sia “molto difficile” l’ascesa sociale, mentre lo scivolamento è uno scenario ritenuto probabile dal 69,3 per cento dei giovani.

POVERTA’ ASSOLUTA
In basso, molto in basso, ci sono già oltre 1,6 milioni le famiglie. Tante nel 2016 erano in condizioni di povertà assoluta, con un boom del +96,7% rispetto al periodo pre-crisi. Gli individui in povertà assoluta sono 4,7 milioni, con un incremento del 165 per cento rispetto al 2007. Il numero dei poveri è raddoppiato al Sud ed è aumentato del 126 per cento nel Centro Italia. Secondo il rapporto, il boom della povertà assoluta rinvia a una molteplicità di ragioni, ma in primo luogo alle difficoltà occupazionali, visto che tra le persone in cerca di lavoro coloro che sono in povertà assoluta sono pari al 23,2 per cento. I dati mostrano un altro trend il cui potenziale sviluppo può avere gravi implicazioni nel futuro: l’etnicizzazione della povertà assoluta. Nel 2016 il 25,7% delle famiglie straniere era in quelle condizioni di povertà assoluta contro il 4,4% delle famiglie italiane, mentre nel 2013 erano rispettivamente il 23,8% e il 5,1%. E l’immigrazione evoca sentimenti negativi nel 59 per cento degli italiani, con una percentuale che sale quando si scende nella scala sociale: la paura dello straniero colpisce infatti poco più del 70 per cento di casalinghe e disoccupati e il 63 per cento degli operai.

LA CLASSE OPERAIA NON PARLA ITALIANO
Sempre in tema di immigrazione, il Censis afferma che la classe operaia non parla più italiano. L’88,5 per cento dei dipendenti stranieri (circa 1,8 milioni di persone) fa l’operaio, mentre tra gli italiani la quota è del 41 per cento. Tra gli stranieri occupati solo il 9,9% lavora come impiegato, contro il 48% degli italiani. La “segregazione professionale”, che costringe gli stranieri in profili prettamente esecutivi, osserva il Censis, emerge anche dal dato sui quadri stranieri, che sono appena 11.618 e rappresentano lo 0,6% del totale dei lavoratori. Una percentuale che scende ancora per i dirigenti: 9.556 contro i 391.585 italiani. “Manca una visione strategica che, al di là dell’emergenza e della prima accoglienza, valuti nel medio-lungo periodo il tema della povertà dei livelli di formazione e di competenze del capitale umano che attraiamo”, dice il rapporto. Ad esempio solo l’11,8% degli immigrati che arrivano in Italia è laureato, contro una media europea del 28,5%.

LAVORO E DONNE – Secondo il Censis, negli ultimi mesi, è anche migliorata la condizione occupazionale delle donne: “Tra il primo semestre 2016 e il primo semestre 2017 il successo nella ricerca di un lavoro ha premiato 133mila donne, con un incremento dell’1,4% delle donne occupate a fine periodo. Il tasso di occupazione sale di quasi un punto, due decimali in più rispetto all’aumento del tasso di occupazione maschile”. Se “nel 1977 il divario tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile era pari a 41,4 punti percentuali”, rileva il Rapporto, nel primo semestre di quest’anno “ci consegna un’immagine ancora non positiva, poiché i punti del divario si sono ridotti notevolmente, ma la distanza da colmare è ancora di ben 18 punti”.

SFIDUCIA NELLA POLITICA
Si confermano pesanti i dati sulla sfiducia verso la politica e le istituzioni: “L’onda di sfiducia – si legge nel Rapporto – che ha investito la politica e le istituzioni non perdona nessuno”. L’84 per cento degli italiani non crede nei partiti politici, il 78% nel governo e il 76% nel Parlamento. Non se la passano bene anche Regioni e Comuni, viste di cattivo occhio da 7 persone su 10. Il problema principale riguarda la fornitura dei servizi pubblici, giudicata negativamente da tre italiani su quattro: il 52,1 per cento crede che la Pubblica amministrazione abbia “problemi importanti nel suo funzionamento” e il 18 per cento lo ritiene “pessimo”. Mentre il 64% è convinto che la voce del cittadino non conti nulla. “Non sorprende – scrive il Censis – che i gruppi sociali più destrutturati dalla crisi, dalla rivoluzione tecnologica e dai processi della globalizzazione siano anche i più sensibili alle sirene del populismo e del sovranismo“. Il “rigetto del ceto dirigente” è chiaro nell'”astioso impoverimento del linguaggio” che evidenzia anche “la richiesta di attenzione da parte di soggetti che si sentono esclusi dalla dialettica socio-politica“.
video di Angela Gennaro

OLTRE 2 MILIONI DI REATI
Nel 2016 i reati denunciati in Italia sono stati 2.487.389, l’8,2% in meno rispetto al 2008. In cima alla graduatoria per numero di reati denunciati si trovano Milano con 237.365 reati (ma in diminuzione del 15,5% rispetto al 2008) e Roma con circa 10mila in meno (in diminuzione del 3,3% nel periodo considerato). Torino si ferma a 136.384 (-11,7%), mentre a Napoli ne vengono denunciati poco più di 136mila, in calo del -4 per cento. Se si considera il «peso» della criminalità sul territorio, cioè l’incidenza dei reati sulla popolazione, al primo posto rimane Milano con 7,4 reati ogni 100 abitanti, seguita da Rimini (7,2), Bologna (6,6) e Torino (6). In particolare, diminuiscono omicidi, rapine e furti, ma crescono i borseggi, i furti in abitazione, le truffe tradizionali e sul web.

VACCINI E SISTEMA SANITARIO
Il Rapporto contiene anche i dati legati a vaccini e fiducia nel Sistema sanitario nazionale. Nel 2016, dice il Censis, l’incremento della copertura antinfluenzale ha subito un rallentamento tra gli adulti passando dal 19,6% del 2009-2010 al 15,1% del 2016-2017, tra i bambini l’antipolio passa dal 96,6% del 2000 al 93,3% del 2016, quella per l’epatite B scende dal 94,1% al 93%. Riguardo alle disfunzioni del sistema sanitario, il Rapporto pone l’accento sulle liste di attesa: nel 2014-2017 si rilevano +60 giorni di attesa per una mammografia, +8 giorni per visite cardiologiche, +6 giorni per una colonscopia e stesso incremento per una risonanza magnetica. “Un’altra disfunzione in evidente peggioramento – osserva il Censis – è la territorialità della qualità dell’offerta”. Circa il 64 per cento dei cittadini è soddisfatto del servizio sanitario della propria regione, quota che scende però al 46,6% nel Sud. Durante l’ultimo anno il servizio sanitario della propria regione è peggiorato secondo il 30,5% degli italiani, con una quota che sale nel Sud al 38,1 per cento.

ACQUISTI IN NERO
Circa un italiano su due ha acquistato in nero un servizio o un prodotto nel 2016: sono infatti 28,5 milioni le persone che dichiarano di aver comprato almeno una volta senza scontrino o fattura. La maggior parte dei pagamenti in nero avviene con idraulici, elettricisti, imbianchini o altri artigiani (35,6%), seguiti da 22,1% di professionisti e strutture sanitarie. Il 20,3 per cento ha invece consumato in nero in bar o pizzerie, il 19,1% presso ristoranti, trattorie o enoteche.



Censis, la ripresa corre ma lascia indietro i giovani, l'ex ceto medio e il Mezzogiorno - Repubblica.it
di ROSARIA AMATO

http://www.repubblica.it/economia/2017/ ... ews/censis
_un_italia_sempre_piu_frammentata_che_si_aggrappa_ancora_al_mito_del_posto_fisso-182542861

ROMA - L'Italia si risolleva: corre la produzione industriale, con performance che superano anche quella tedesca, volano gli investimenti, almeno quelli privati. E così nel Rapporto Censis 2017 tornano finalmente i consumi, cresciuti del 4% negli ultimi tre anni, e soprattutto il piacere di consumare: si spende di nuovo in cultura, parrucchieri, prodotti cosmetici e trattamenti di bellezza, pacchetti vacanze (il 10,2% in più nel biennio 2014-2016. "Torna il primato del benessere soggettivo": una svolta positiva, ma non del tutto. Si accentua sempre di più il divario tra chi ha compiuto finalmente il balzo in avanti, liberandosi dalle strettoie della crisi, e una maggioranza rabbiosa che è rimasta indietro. "Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore".

E' il primo rapporto senza Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, ideatore e relatore del Rapporto Annuale per 50 anni. Questa cinquantunesima edizione segna l'esordio di Giorgio De Rita, figlio di Giuseppe, segretario generale, che nel suo intervento ha sottolineato l'incapacità del Paese di "immaginare il futuro", un rischio e un limite, che ci riporta a "un futuro appiccicato al presente", in cui resistono pochi miti vecchi, tra i quali svetta quello del posto fisso, e svettano pochi miti nuovi, i social network, che però non riescono a creare un nuovo progetto di società. Più che di fronte a un ciclo nuovo, dunque, siamo di fronte all'esaurirsi di un ciclo vecchio, in cui la rabbia sociale non si tramuta ancora in una frattura che dà anche il via all'inizio di qualcosa di diverso.

Un Paese senza giovani. Il più forte squilibrio di questa ripresa ineguale, denuncia il direttore generale del Censis Massimiliano Valerii, è il "degiovanimento" del Paese: "La riduzione del peso demografico dei giovani è una miccia accesa che sta per accendersi in futuro. Nel momento in cui si inverte quella che non ha più senso chiamare piramide demografica si crea un grave problema per il Paese. Oggi i Millennials tra i 18 e i 34 anni sono 11 milioni rispetto a 50 miloni di elettori, e quindi l’offerta politica non li guarda con sufficiente attenzione, si parla molto di più di pensioni che di disoccupazione giovanile. Il problema dei giovani in Italia è che non contano perché sono pochi".

Ascensore sociale sempre più fermo. Unaparte enorme della popolazione italiana guarda con invidia un ascensore sociale irrimediabilmente rotto: l'87,3% degli appartenenti al cento popolare pensa che sia difficile risalire nella scala sociale, una posizione condivisa dall'87,3% del ceto medio e persino dal 71,4% del ceto benestante. Tutti invece pensano che sia estremamente facile scivolare in basso nella scala sociale, compreso il 62,1% dei più abbienti.

Record di immigrati con basso titolo di studio. E in quest'Italia sempre meno coesa, che si guarda in cagnesco, bloccata dalla paura di perdere quel poco o quel molto che ha, cresce un'immigrazione che si candida ogni giorno di più alla marginalizzazione. Nel nostro Paese arrivano gli immigrati più poveri e meno qualificati: a fronte di un dato medio degli extracomunitari con istruzione terziaria in Europa pari al 28,5% (ma con punte del 50,6% nel Regno Unito e del 58,5% in Irlanda), da noi ci si ferma al 14,7%. Nel 2016 su 52.056 nuovi permessi rilasciati dalla Ue a lavoratori qualificati, titolari di Carta blu e ricercatori, appena 1.288 erano per l'Italia, a fronte di 11.675 per i Paesi Bassi.

Lavoro, scompaiono le figure intermedie. E siccome il lavoro in Italia si va sempre più "polarizzando" tra professioni intellettuali e impieghi non qualificati, è sempre più difficile attrarre immigrati perché si assottigliano posizioni mediane come quelle di operai, artigiani e impiegati. In cinque anni operai e artigiani diminuiscono anzi dell'11%, a fronte di una crescita dell'11,4% delle professioni intellettuali ma anche dell'11,9% delle professioni non qualificate. Vince la gig economy: nell'ultimo anno l'incremento di occupazione più rilevante riguarda gli addetti allo spostamento e alla consegna delle merci, più 11,4%. Mentre si assottigliano in maniera preoccupante i professionisti: 10 punti persi in meno di dieci anni per gli under 40.

Crollo di iscritti ai sindacati confederali. La crisi del lavoro si traduce anche in una crisi dei sindacati tradizionali: tra il 2015 e il 2016 Cgil Cisl e Uil hanno subito una contrazione di 180 mila tessere. Su 11,8 milioni di iscritti alle tre sigle, 6,2 milioni sono costituiti da lavoratori attivi (+0,2%) e 5,2 milioni da pensionati (-3,9%). Secondo il Censis, si manifesta quindi "l'esigenza di una maggiore inclusione da parte dei soggetti di rappresentanza verso categorie e segmenti non tradizionalmente coperti dall'azione sindacale".

Pochi laureati, sempre più in fuga verso l'estero. Siamo penultimi in Europa per numero di laureati, con il 26,2% della popolazione di 30-34 anni, una situazione aggravata dalla forte spinta verso l'estero, che assorbe una buona quota di giovani qualificati. Infatti nel 2016 i trasferimenti dei cittadini italiani sono stati 114.512, triplicati rispetto al 2010. Quasi il 50% dei laureati italiani si dice pronto a trasferirsi all'estero anche perché, calcola il Censis, la retribuzione mensile netta di un laureato a un anno dalla laurea si aggira intorno a 1344 euro corrisposti per una assunzione nei confini nazionali ma arriva a 2.200 euro all'estero.

E sempre meno giovani. Gli over 64 intanto hanno superato i 13,5 milioni, il 22,3% della popolazione, mentre le previsioni annunciano oltre 3 milioni di anziani in più già nel 2032, quando saranno il 28,2% della popolazione complessiva. Si è ridotto anche l'apporto delle donne straniere, prezioso negli ultimi anni: nel 2010 il numero di nascite per le extracomunitarie era in media di 2,43, ma nel 2016 è sceso a 1,97, mentre per le italiane è di 1,26 figli per donna.

Il Sud abbandonato. La polarizzazione non è solo tra chi gode dei benefici della ripresa, e chi è rimasto indietro, ma anche tra un Nord Italia e una capitale sempre più attrattivi e un Sud che offre sempre meno e che si sta letteralmente desertificando. Tra il 2012 e il 2017 nell'area romana gli abitanti del capoluogo sono aumentati del 9,9% e quelli dell'hinteland del 7,2%. A Milano l'incremento demografico è stato rispettivamente del 9% e del 4%, a Firenze del 7% e del 2,8%. Si spopolano invece le grandi città del Sud, a cominciare da Napoli, Palermo e Catania, dove affonda anche il Pil. Ma va male anche alle città intermedie come Torino, Genova e Bari.

Nel vuoto di aspirazioni resiste il mito del "posto fisso". Attento da sempre all'"immaginario collettivo", inteso come "l'insieme di valori e simboli in grado di plasmare le aspirazioni individuale e i percorsi esistenziali di ciascuno", punto di partenza indispensabile per "definire un'agenda sociale condivisa", il Censis trova che ormai i vecchi miti appaiano stinti, ma i nuovi siano privi di forza aggregatrice. Infatti per gli under 30 al primo posto ci sono i social network. Per la media degli italiani resiste invece un mito vecchissimo, davvero duro a morire nonostante i colpi bassi delle leggi Fornero e del Jobs Act: il posto fisso, al primo posto per il 38,5%. E a sopresa, il posto fisso si piazza al secondo posto anche per la fascia più giovani, anche se è quasi a pari merito con lo smartphone.


Istat: 18 milioni persone a rischio povertà o esclusione sociale
6 dicembre 2017

http://www.affaritaliani.it/economia/is ... guaglianze

Il 30,0% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale, registrando nel 2016 un peggioramento rispetto all'anno precedente quando tale quota era pari al 28,7%. Lo rileva l'Istat in un report sul reddito delle famiglie. Aumentano sia l'incidenza di individui a rischio di poverta' (20,6%, dal 19,9%) sia la quota di quanti vivono in famiglie gravemente deprivate (12,1% da 11,5%), così come quella delle persone che vivono in famiglie a bassa intensita' lavorativa (12,8%, da 11,7%).
Istat: 18 milioni persone a rischio povertà o esclusione sociale - Mezzogiorno area più a rischio

Il Mezzogiorno resta l'area territoriale più esposta al rischio di povertà o esclusione sociale (46,9%, in lieve crescita dal 46,4% del 2015). Il rischio è minore, sebbene in aumento, nel Nord-ovest (21,0% da 18,5%) e nel Nord-est (17,1% da 15,9%). Nel Centro un quarto della popolazione (25,1%) permane in tale condizione.
Istat: 18 milioni persone a rischio povertà o esclusione sociale - le famiglie con 5 componenti

Le famiglie con cinque o più componenti si confermano le più esposte al rischio di povertà o esclusione sociale (43,7% come nel 2015), ma è per quelle con uno o due componenti che questo indicatore peggiora (per le prime sale al 34,9% dal 31,6%, per le seconde al 25,2% dal 22,4%).
Istat: a 20% popolazione piu' povera va 6,3% reddito totale

Al 20% più povero della popolazione italiana va poco più del 6% del reddito totale. È quanto rivela l'Istat nel report 'Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie' riferito al 2016. Se si fa riferimento alla distribuzione dei redditi individuali equivalenti, senza la componente degli affitti figurativi, si nota che il 20% più povero della popolazione dispone soltanto del 6,3% delle risorse totali (nella situazione ipotetica di perfetta eguaglianza ogni quinto della popolazione disporrebbe di una quota di reddito pari al 20% del totale), mentre all'opposto il quinto piu' ricco possiede quasi il 40% del reddito totale (equivalente).
In altri termini, spiega l'Istat, il reddito totale dei piu' benestanti e' pari a 6,3 volte quello degli individui appartenenti al primo quinto. L'inclusione degli affitti figurativi riduce la distanza fra ricchi e poveri, portando i cittadini più ricchi a percepire nel complesso un reddito pari a 5,3 volte quello degli appartenenti al primo quinto.
Istat: in Italia metà famiglie vive con 2.016 euro al mese

Metà delle famiglie residenti in Italia vive con un reddito di 2.000 euro al mese. E' quanto si evince da un report dell'Istat. Quello medio, e' invece di 2.500 euro ossia 29.988 euro all'anno (+1,8% in termini nominali e +1,7% in termini di potere d'acquisto rispetto al 2014).
I redditi, spiega l'Istat, risentono del "sensibile incremento della fascia alta dei redditi da lavoro autonomo, in ripresa ciclica dopo diversi anni di flessione pronunciata". Quindi, "esclusi gli affitti figurativi, si stima che il rapporto tra il reddito equivalente totale del 20% più ricco e quello del 20% più povero sia aumentato da 5,8 a 6,3". Meta' delle famiglie residenti in Italia invece percepisce un reddito netto non superiore a 24.522 euro l'anno (circa 2.016 euro al mese: +1,4% rispetto al 2014). Il reddito mediano cresce nel Mezzogiorno in misura quasi doppia rispetto a quella registrata a livello nazionale (+2,8% rispetto al 2014), rimanendo pero' su un volume molto inferiore (20.557 euro, circa 1.713 mensili).
L'aliquota media del prelievo fiscale a livello familiare è 19,4%, in lieve calo rispetto al 2014 (-0,25 punti percentuali). Si riduce il carico fiscale sulle prime due classi di reddito (0-15.000, 15.000-25.000 euro) delle famiglie con principale percettore un lavoratore dipendente, per gli effetti della detrazione Irpef di 80 euro.



Eurostat: l'Italia è il paese che ha più poveri in Europa
di Tiziana Di Giovannandrea
12 dicembre 2017

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 420c1.html

I dati sono proprio sconfortanti. Secondo Eurostat l'Italia è il Paese che conta, in valori assoluti, più poveri in Europa. È quanto emerge dalle analisi dall'Ufficio Statitico dell'Unione Europea sul tasso di privazione sociale. Nel 2016 i poveri erano quasi 10,5 milioni. La classifica è stata redatta basandosi su una serie di indicatori che valutano le possibilità economiche e di situazione sociale delle persone.

Le spese prese in considerazione da Eurostat permettono di valutare quando si entra nella categoria di deprivazione materiale e sociale se non ci si può permettere almeno cinque delle spese sotto elencate:

• affrontare spese impreviste;

• una settimana di vacanza annuale fuori casa;

• evitare arretrati (in mutui, affitti, utenze e / o rate di acquisto a rate);

• permettersi un pasto con carne, pollo o pesce o equivalente vegetariano ogni secondo giorno;

• mantenere la propria casa adeguatamente calda;

• una macchina / furgone per uso personale;

• sostituire i mobili logori;

• sostituire i vestiti logori con alcuni nuovi;

• avere due paia di scarpe adeguate;

• spendere una piccola somma di denaro ogni settimana su se stesso ("paghetta");

• avere attività ricreative regolari;

• stare insieme con amici/famiglia per un drink pasto almeno 1 volta al mese;

• possedere una connessione Internet.

Anche secondo i dati resi noti dall'Istat sulle condizioni di vita degli italiani, nel 2016 si registra il record storico sia per le persone a rischio di povertà (20,6%) sia per quelle a rischio di povertà o esclusione sociale (30%).La stima delle famiglie a rischio povertà o esclusione sociale per il 2016 è infatti del 30% e qui ad essere registrato è un peggioramento rispetto all’anno precedente quando la percentuale era del 28,7.

Secondo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali la povertà è un fenomeno complesso che dipende da vari fattori in quanto non deriva solo dalla mancanza di reddito ma anche dalle scarse probabilità di partecipare alla vita economica e sociale del Paese.

Secondo quanto riportato dall’Istat, il rischio di cadere nella condizione di povertà riguarda sia gli individui considerati singolarmente (e si passa dal 19,9% al 20,6%), sia coloro che vivono in famiglie con pochi mezzi (e qui si passa dall’11,5% al 12,1%), sia infine persone che vivono in nuclei a bassa intensità lavorativa. Le aree più esposte al fenomeno sono quelle meridionali ma anche il Centro del Paese non se la passa bene infatti un quarto dei residenti è a rischio povertà.

Per l'Unione Nazionale Consumatori: "Non solo i dati peggiorano rispetto al 2015, ma mai si era registrato un dato così negativo dall'inizio delle serie storiche, iniziate nel 2003" afferma Massimiliano Dona presidente dell'UNC. "Sono dati da Terzo Mondo, non degni di un Paese civile. Non si tratta solo di una priorità sociale e morale, ma anche economica. Fino a che il 30% degli italiani è rischio povertà o esclusione sociale è evidente che i consumi delle famiglie non potranno mai veramente decollare e si resterà intorno all'1 virgola" prosegue Dona. "I dati ci dicono che non basta varare il Rei (Reddito di inclusione sociale, ndr) cercando di tamponare l'emergenza. Bisogna evitare che le file dei poveri assoluti continuino ad ingrossarsi, risolvendo i problemi di chi, pur stando ora sopra la soglia di povertà assoluta o relativa, rischia di finire sotto perché non riesce a pagare le bollette o ad affrontare una spesa imprevista di 800 euro" conclude Dona.


Povertà e miseria nel Veneto, in Italia e in Europa
viewtopic.php?f=161&t=2444
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Re: Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:37 am

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Re: Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:40 am

Odio per Stalin, Hitler, Mussolini, Maometto e per tutti i dittatori


Odio per Mussolini
http://tv.iltempo.it/home-tv/2018/04/27 ... mo-1063645



Odio per Hitler

Matteo Renzi: "Il personaggio della storia che odio di più? Adolf Hitler"
https://video.corriere.it/matteo-renzi- ... 78adb4d756



Odio per Stalin

Fascisti e antifascisti, nazisti, comunisti, maomettisti e zingari, la loro disumanità e inciviltà
viewtopic.php?f=205&t=2731



Odio per Maometto

Orrore, terrore, avversione e odio per il nazismo maomettano o sana e naturale islamofobia
viewtopic.php?f=188&t=2523
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Re: Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:41 am

Avversione e Odio più che motivato per la casta dei politicanti fanfaroni e ladri



Le radici dell’odio? Cercatele in quell’anno: 1992
Tangentopoli rappresentò l’inizio della deriva giustizialista

http://ildubbio.news/ildubbio/2017/08/1 ... o-nel-1992

Uno: l’apparenza.

Furono due giornalisti, nel 1992, che invitando ad amare Di Pietro e indicandolo come eroe, inconsciamente istigarono all’odio. Il primo, non molto conosciuto, scrisse “Di Pietro facci sognare”, e tutti i muri di Milano in breve rispecchiarono quella scritta, un vero sogno d’amore. Il secondo, facilmente riconoscibile, per giorni e mesi stazionò sul marciapiede di fronte al Palazzo di giustizia di Milano e quando si faceva buio accendeva la telecamera e indicava con il dito la finestra illuminata: vedete, Di Pietro lavora per voi. Un’altra dichiarazione d’amore.

Quando iniziarono le fiaccolate, dell’amore non c’era più traccia. Perché amando Di Pietro il giustiziere, non si poteva che odiare gli oggetti del suo “fare giustizia”. Una rabbia ringhiante si impossessò del colto e dell’inclito, dei paciosi padri di famiglia che andavano a puttane, dei commercianti e dei professionisti abituali evasori fiscali, di quelli che facevano la cresta sui rimborsi spesa, degli insegnanti che facevano ripetizioni in nero. Gli italiani “normali” con i loro quotidiani peccatucci veniali, divennero quel giorno veri mostri di virtù.

Le scritte d’amore divennero scritte d’odio e di morte. E chi aveva goduto e aveva mangiato al desco del mondo della politica ormai agonizzante per mano dei tanti dipietrini, rinfacciò al Nuovo Nemico di avergli dato piacere e nutrimento. O forse di non essere più in grado di far godere e mangiare. Non ci furono antipatia o disprezzo, ci fu l’odio, puro, diretto. Si comincia con il gridare “ladri”, si arriva a invocare la pena di morte.

Due: la sostanza

La sostanza era dentro il Palazzo di giustizia. Se fuori due giornalisti avevano invocato e suggerito l’amore per i giustizieri, i loro colleghi all’interno fecero ben di peggio. Cominciarono con la goliardia, correndo per il palazzo con indosso le magliette del famoso “Di Pietro facci sognare”, brucando avidamente notizie dal Pm in ciabatte, e raggiunsero l’acme con il brindisi in sala stampa per la morte di Bettino Craxi.

Odio allo stato puro.

Ma saremmo strabici se vedessimo solo la sostanza del circo mediatico senza guardare quello giudiziario.

Non solo per la scompostezza del linguaggio cui non può che corrispondere il retropensiero. Quando un famoso inquirente, commentando il suicidio di un suo imputato, disse “evidentemente aveva ancora il senso dell’onore”, si sta apprezzando il fatto che la persona si sia dato la morte o non si esprime addirittura soddisfazione per la morte medesima?

Quando si irride la paura che tutti hanno del carcere, quando si sghignazza auspicando “ma che stiano un po’ in galera quelli lì”, non si sta togliendo un po’ di vita insieme alla libertà?

Ma non è stata solo la scompostezza del linguaggio con annesso retro- pensiero di morte. E’ stato anche altro. L’odio è stato coltivato nella sub- cultura di magistrati che hanno predicato e messo in pratica un grande disordine nell’applicazione della legge. Il codice di procedura penale, che contiene le regole delle persone per bene, è diventato carta straccia, insieme a quel senso di umanità che rendeva il giudice pensoso e insonne prima di una sentenza. L’uso della carcerazione preventiva per ottenere confessioni e delazioni, la violazione delle competenze territoriali, il ricatto costante ( o parli o uso queste, e si mostravano le manette) sull’indagato e il testimone, la corruzione intellettuale degli avvocati, trasformati in “accompagnatori” verso il ceppo del boia. Tutto ciò che cosa era se non odio violento e pena di morte?

Il 1992 può tranquillamente essere inserito nelle date in cui nacquero e si svilupparono le radici dell’odio.
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Re: Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:42 am

Odio per Craxi


Le radici dell’odio? Cercatele in quell'anno: 1992
Francesco Damato
Quella giornata particolare del 1992 in cui incontrai Di Pietro…

Il pm mi rassicurò che in nessuna delle carte spedite dalla procura alla Camera si può trovare uno spunto a carico dell’ex presidente del Consiglio Bettino Craxi
Tangentopoli, così i pm salvarono il Pci

Tutti i partiti prendevano finanziamenti “aggiuntivi”, ma, a differenza del Psi, Botteghe Oscure fu salvata. Si distrusse una intera classe politica. Prima vinse Berlusconi, poi fu fatto fuori anche lui. E oggi trionfa il populismo.
«Vi spiego come funzionava Tangentopoli»

A 25 anni dall’inchiesta “Mani pulite” pubblichiamo il Memoriale scritto dall’ex premier e segretario socialista prima di morire. Un testo in cui descrive i meccanismi del finanziamento illegale della politica e la differenza tra finanziamento illegale e corruzione
17 febbraio 1992: «Mi disse Pillitteri: Tonino? È un amico…»

Cronaca di quel drammatico lunedì 17 febbraio 1992, quando Di Pietro diede vita a “Mani pulite”
Ma quali milioni…Bossi è quello della Renault scassata e della canotta lisa

La vera storia dell’uomo che, nel bene e nel male, ha cambiato la politica italiana. La condanna di un tribunale non può cancellare decenni di passione senza alcun interesse per il denaro
Stefania Craxi: «L’odio iniziò all’hotel Raphael»
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Re: Le ragioni dell'odio della gente e dei cittadini

Messaggioda Berto » mer mag 02, 2018 8:42 am

Odio per la Boldrini


Perché Laura Boldrini è tanto odiata: tutti i motivi degli insulti
18.08.2017
di Alice Bellincioni

https://www.giornalettismo.com/archives ... erche-odio

Da quando Laura Boldrini, la donna più insultata d’Italia, specialmente nell’ultimo periodo, ha deciso di denunciare chi la insulta sul web, rivolgendole i più beceri e volgari auguri, non sono mancati i segni di solidarietà nei suoi confronti. Ma sarà sincera? Comincia da qui la riflessione di Bia Sarasini oggi sul Manifesto:

Sono solidale, ma. Dopo l’annuncio della presidente della Camera Laura Boldrini di voler procedere alla denuncia di chi la riempie di insulti di speciale ferocia sessista sul web, questo è l’esercizio più diffuso, tra politici e opinionisti. Solidarietà ma di malavoglia. L’elenco dei perché, fa cadere le braccia.

Quasi di più degli auguri di stupro di gruppo, magari da parte di immigrati, e altri, tutti insulti pesantemente sessuali, i peggiori che si possano rivolgere a una donna. E che lei stessa, con coraggio e con sfida, ha ripreso, e ripubblicato, nel suo tweet. E si fa perfino sfoggio di cultura (Nicola Porro su Il Giornale), si scomoda la strega a propria insaputa descritta da Thomas Mann nelle pagine del Doktor Faustus, per dire che se lo va a cercare, tutto questo odio.

Che lei non è consapevole di se stessa. Insomma, lo stereotipo della “maestrina”, di chi pretende di guidare e non è capace, l’insopportabilità di una donna che dirige, esercita il proprio ruolo, manifesta le proprie opinioni. Esercizio di misoginia al massimo livello, espressione del maschilismo politico italiano mai venuto meno, fin dai tempi della Costituente.

E se nelle espressioni di solidarietà si legge un velo di antipatia, c’è da chiedersi davvero perché Laura Boldrini ne susciti tanta. Perché è donna, perché è stata eletta presidente della Camera dei Deputati nel 2013, perché da allora ha sempre rimarcato il suo essere donna (pretendendo ad esempio di essere chiamata “la presidente”), perché non ha rinunciato al suo pensiero, in favore dei migranti, in favore delle donne, contro il femminicidio e contro i vigliacchi che usano i social per esprimere il loro odio più cieco.

È sotto un tendone a Soncino, in provincia di Cremona, che nell’ottobre 2016 Matteo Salvini, il capofila dei suoi detrattori, presentò una bambola gonfiabile come una sua sosia. Prima di essere eletta Presidente della Camera, terza in Italia ad avere questo ruolo, dopo Nilde Jotti nel 1979 e Irene Pivette nel 1984, Laura Boldrini era già nota, spesso in tv per il suo lavoro, come responsabile della comunicazione dell’Uhncr, l’organizzazione dell’Onu che si occupa dei rifugiati. C’è da supporre che già allora in tanti non fossero d’accordo con lei. Ma è solo da quando è entrata, eletta da Sel, a far parte dell’odiata casta, e poi, eletta presidente, ha deciso di mettere se stessa, la propria posizione pubblica, a sostegno della causa delle donne, che si è scatenato il livore.

«Sessissmo violento, cieco, impastato di razzismo, che attacca la donna importante, proprio in quanto donna. La vuole ricondurre all’ordine, sottoporla al dominio dei maschi a cui si sottrae. Il web, è ovvio, rende tutto più evidente e insopportabile, a mio parere esaspera ma non è la causa. Il punto è che questi sentimenti – mi sembra eccessivo chiamarli pensieri – esistono. È necessario guardarli, stabilire un limite. Per questo sono grata a Laura Boldrini, al coraggio delle sue denunce, #iostoconLaura», conclude Bia Sarasini sul Manifesto, mentre su Facebook continua a venire condiviso il posto in sostegno della presidente della Camera di Rossella Muroni, la presidente di Legambiente, che denuncia – sempre sul social network – che dopo aver espresso la sua solidarietà, è stata inondata anche lei di odio gratuito.
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