Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:14 am

La demenziale isteria della ipocrita e idolatra bontà collettiva irresponsabile, miracolistica e a spese pubbliche.
viewtopic.php?f=141&t=2766


La demenziale isteria della ipocrita e idolatra bontà collettiva irresponsabile, miracolistica e a spese pubbliche.
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3099781478
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:15 am

Traendo spunto dal caso del bambino inglese Alfie Evans.
https://www.facebook.com/Messaggero.it/ ... 7393180293



Non si possono portare in Italia tutti i bambini ammalati del mondo.
Bisogna pensare innanzi tutto ai cittadini italiani che oggi come oggi a milioni sono ammalati, disabili, anziani, giovani disoccupati, bisognosi di lavoro, di assistenza, di potersi fare una famiglia e avere dei figli. Le risorse del paese non possono essere adoperate dallo stato italiano e dalle sue istituzioni come la sanità pubblica per assistere altre persone che non sono cittadini italiani e che non vivono in Italia. Un'altro bene da non sperperare regalandolo a piacimento a chichessia è quello della cittadinanza.

Tetyana Tanya Lyashuk, di cosa mai dovrei vergognarmi, forse di non aderire e di non conformarmi a questa demenziale campagna collettiva o massificata, isterica e virtuale, di idolatra bontà irresponsabile e di solidarietà e carità a spese pubbliche?

Si sappia che ogni bambino del mondo (e non della tua terra) in più che pretendi di salvare e di mantenere con le risorse pubbliche,
comporta un aumento della tassazione e del debito pubblico,
un aumento dei disoccupati,
una impresa in più che fallisce o delocalizza,
un disabile che viene trascurato e la sua esistenza peggiorata,
un vecchio e un ammalato che vengono abbandonati e trascurati che così rischiano di morire prima del tempo,
un giovane che non trova lavoro e che non può permettersi di metter su casa-famiglia e figli,
un aumento della povertà generale,
una riduzione delle speranze di vita,
una riduzione della libertà e della responsabilità individuale, di coppia, famigliare, delle nostre comunità.


Qualcuno mi ha detto che sono senza cuore, invece il mio cuore è già impegnato e non batte a comando dei media, del Papa, della massa e per ogni caso di sofferenza e di tragedia umana che in ogni istante capita al mondo.
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Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:16 am

Alfie Evans, la Corte d'Appello boccia l'ultimo ricorso: "No al trasferimento in Italia"
25 aprile 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ia/4316342

La Corte d’Appello di Londra ha rigettato il ricorso dei genitori del piccolo Alfie Evans contro il rifiuto di autorizzare il trasferimento del bambino da Liverpool a un ospedale italiano. Respinta sia l’argomentazione dell’avvocato del padre Tom, che contestava un giudizio precedente errato, sia quello del legale della madre Kate, che puntava sulla sopravvivenza inaspettata del bambino nonché sulla cittadinanza italiana che gli è appena concessa per invocare la libertà di circolazione interna all’Ue, di cui il Regno fa ancora parte. Il team legale della famiglia aveva fatto sapere che un’aeroambulanza era fuori dall’ospedale, pronta a portarlo in Italia. La nuova udienza era stata fissata dopo il no del giudice dell’Alta corte per il trasferimento in Italia. I giudici dell’Alta corte avevano aperto al suo trasferimento a casa, escludendo però quello all’estero.

“Alfie Evans sta morendo”, aveva detto il giudice aprendo l’ennesima udienza per decidere il destino del piccolo di 23 mesi, affetto da una malattia neurodegenerativa. Il papà Tom ha minacciato di far causa a tre medici dell’Alder Hey Hospital di Liverpool per cospirazione finalizzata all’omicidio del figlio e fa sapere di aver già preso contatti con investigatori privati per istruire il caso. Il bimbo “comincia a essere in difficoltà e ha bisogno urgente d’assistenza”, aveva affermato il nuovo avvocato entrato in scena per rappresentare la madre di fronte alla Corte d’Appello.

“C’è un consenso generale” che Alfie ormai “stia morendo”, ha detto Lady King, una dei tre giudici della Corte d’Appello. Parole a cui l’avvocato difensore Diamond ha risposto ammettendo che in queste ore si è verificato “un cambiamento significativo di circostanze” come conseguenza del distacco dei macchinari salvavita ma che Alfie “respira ancora”. E che papà Tom chiede di “non lasciar nulla d’intentato” finché possibile. Il suo messaggio è ancora: “Salvate mio figlio“. L’uomo ha anche postato un video da Liverpool su Facebook per affermare che suo figlio resiste, che “si è ripreso per la terza volta”, che “il guerriero lotta ancora”. “È tornato, ha avuto solo un calo, è diventato pallido, le labbra si sono un pò scurite, ma è tornato”, scrive Tom. “Voglio solo che tutti sappiano che Alfie si è stabilizzato”, insiste.

Poco prima Evans aveva raccontato ai media britannici che il bambino “sta combattendo” e “ha vissuto come farebbe qualsiasi altro bambino, per 36 ore” da quando è stato staccato il respiratore. Per l’uomo, che sta conducendo una battaglia legale per portare il bambino in stato semi-vegetativo in Italia, appoggiato da organizzazioni e gruppi cattolici, la reazione del figlio di 23 mesi al distacco dalla macchina è “totalmente inattesa” e “dimostra” che i medici si sono sbagliati, anche perché il piccolo “sta meglio ora che quando era collegato alle macchine”. Parlando a ITV, Evans avevaaggiunto che gli specialisti “hanno iniziato a nutrirlo solo ieri all’una”, e che “il modo in cui viene trattato è disgustoso, nemmeno un animale sarebbe trattato così”. “È tempo che ad Alfie sia fatta la grazia, riconosciuta la dignità di tornare a casa o andare in Italia“.

L’Italia si era detta pronta ad accoglierlo, ma la giustizia britannica ieri aveva ribadito il no. Nella sua stanza dell’Alder Hey Hospital di Liverpool il piccolo ha continuato a respirare da ore, con la spina ormai staccata. Una resistenza inattesa che ha alimentato le polemiche, nel Regno e soprattutto in Italia, costringendo la magistratura a riesaminare anche oggi il casor. Senza produrre però, almeno all’apparenza, cambiamenti sostanziali. Il giudice d’appello dell’Alta Corte britannica Anthony Hayden, l’uomo che nei giorni scorsi aveva dato il via libera ad interrompere il sostegno alle funzioni vitali a questo bambino di 23 mesi colpito da una grave patologia neurodegenerativa mai diagnosticata esattamente, alla fine non è tornato sui suoi passi, salvo che su un punto. Chiedere ai responsabili dell’Alder Hay di valutare se consentire a mamma Kate e papà Tom, protagonisti 20enni d’una battaglia infinita di riportare a casa il loro bambino.


Alberto Pento
Lo stato italiano non ha alcun diritto ad usare le scarsissime e insufficenti risorse dei cittadini italiani (e lo stesso "bene" della cittadinanza italiana) per operazioni di questo tipo, il bambino è inglese e debbono arrangiarsi gli inglesi.
Che lo stato italiano pensi ai milioni di suoi cittadini in estrema difficoltà e bisogno: poveri, ammalati, disabili, vecchi, disoccupati, giovani senza speranza e senza famiglia, bambini che non nascono a causa della miseria e della mancanza di lavoro.




Alfie, la Corte d'Appello: "No al trasferimento in Italia"
Dopo aver concesso la cittadinanza italiana ad Alfie Evans, cadono le ultime speranze di poterlo curare nel nostro Paese
Luca Romano - Mer, 25/04/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/alf ... 19468.html

Dopo aver concesso la cittadinanza italiana ad Alfie Evans, il bimbo di 23 mesi affetto da una malattia neurodegenerativa, cadono le ultime speranze di poterlo curare nel nostro Paese.

La Corte di Appello di Londra infatti ha deciso che il piccolo non potrà lasciare la Gran Bretagna per ricevere le cure in un ospedale italiano. Di fatto con questa decisione è stato bocciato l'estremo tentativo di poter trasportare il bimbo dall'ospedale di Liverpool, dove si trova attualmente, al Bambino Gesù di Roma.

Lo staff legale che segue la vicenda e che accompagna i genitori del bimbo in questa battaglia dolorosa hanno fatto sapere che il bambino "necessita di un intervento immediato". L'avvocato dei genitori di Alfie, Paul Diamon, ha anche aggiunto che un aereo ambulanza è già pronto nell'attesa di trasportare il piccolo in Italia. Ma adesso, dopo la decisione della corte d'Appello, la strada per un arrivo in Italia del piccolo Alfie si è di fatto chiusa. Adesso bisogna attendere cosa accadrà tra le mura dell'ospedale di Liverpool dove il piccolo è ricoverato da diverse settimane.






Alfie, la Corte d'Appello: "No al trasferimento in Italia"
Dopo aver concesso la cittadinanza italiana ad Alfie Evans, cadono le ultime speranze di poterlo curare nel nostro Paese
Luca Romano - Mer, 25/04/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/alf ... 19468.html

Dopo aver concesso la cittadinanza italiana ad Alfie Evans, il bimbo di 23 mesi affetto da una malattia neurodegenerativa, cadono le ultime speranze di poterlo curare nel nostro Paese.

La Corte di Appello di Londra infatti ha deciso che il piccolo non potrà lasciare la Gran Bretagna per ricevere le cure in un ospedale italiano. Di fatto con questa decisione è stato bocciato l'estremo tentativo di poter trasportare il bimbo dall'ospedale di Liverpool, dove si trova attualmente, al Bambino Gesù di Roma.

Lo staff legale che segue la vicenda e che accompagna i genitori del bimbo in questa battaglia dolorosa hanno fatto sapere che il bambino "necessita di un intervento immediato". L'avvocato dei genitori di Alfie, Paul Diamon, ha anche aggiunto che un aereo ambulanza è già pronto nell'attesa di trasportare il piccolo in Italia. Ma adesso, dopo la decisione della corte d'Appello, la strada per un arrivo in Italia del piccolo Alfie si è di fatto chiusa. Adesso bisogna attendere cosa accadrà tra le mura dell'ospedale di Liverpool dove il piccolo è ricoverato da diverse settimane.
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Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:18 am

Alfie, incontro del padre con i medici. Veglie di preghiere
giovedì 26 aprile 2018

https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita ... tro-a-casa

Dopo che ieri la Corte di appello di Londra ha respinto il ricorso dei genitori di Alfie Evans, il padre del piccolo, ha avuto nel pomeriggio un incontro con i medici dell'Alder Hey Hospital di Liverpool per discutere sulla richiesta di portare a casa suo figlio.

Al termine Tom Evans, ha detto di voler "costruire un rapporto con l'ospedale" ringraziando "tutto lo staff della struttura per il loro duro lavoro". "Come genitori - ha aggiunto - lavoreremo con il team ospedaliero per garantire ad Alfie tutta la dignità e il comfort di cui ha bisogno." Poi ai tanti sostenitori del bambino gravemente malato ha chiesto "di tornare alla loro vita di tutti i giorni" per permettere a lui e alla moglie Kate "di camminare sopra il ponte che intende costruire con l'ospedale". Qualcosa sembra quindi essersi sbloccato. Il clima appare migliorato. Potrebbe essere il preludio a un'evoluzione della situazione, che era entrata in una fase di stallo.

Il piccolo, affetto da una rara malattia neurodegenerativa, secondo quanto dichiarato dal papà, non ha più bisogno di terapia intensiva: lunedì sera gli è stato staccato il ventilatore meccanico e da allora, tra alti e bassi, si è stabilizzato grazie all'ausilio di mascherine dell'ossigeno portate dall'esterno. "Alfie è sdraiato sul letto con un litro di ossigeno. Alcuni dicono che è un miracolo, non è un miracolo, è una diagnosi errata. Alfie vive, comodamente, felicemente, senza ventilazione, senza alcuna forma di ventilazione".

Ai microfoni di Tv2000 il giovane padre è apparso disperato, ma non rassegnato: «Chiedo al Papa di venire qui per rendersi conto di cosa sta accadendo. Venga a vedere come mio figlio è ostaggio di questo ospedale. È ingiusto quello che stiamo subendo. Grazie Italia. Vi amiamo", ha detto il papà di Alfie, ricordando che il bambino è cittadino italiano grazie alla decisione del governo Gentiloni, ratificata due giorni fa. Il piccolo ha avuto la disponibilità di essere trasferito al Bambino Gesù di Roma.

Anche il Csm interviene su Alfie

Anche al Consiglio superiore della magistratura si discute del caso del piccolo Alfie. Alla ripresa del plenum è il consigliere togato di Magistratura Indipendente Claudio Galoppi ad aprire una riflessione. «Non è possibile che nell'Europa dei diritti, si possa assistere a una tale inciviltà, violando il diritto alla vita del piccolo Alfie e, per i genitori, il diritto alla scelta delle cure per il loro figlio». Galoppi ha definito quello alla salute e alla cura un «diritto fondamentale» e ha fatto notare che ora Alfie «è un cittadino italiano la cui vita è in pericolo». Di qui l'auspicio che «si attivino tutti gli strumenti di intervento e, qualora non sia garantita la cura, ci sia eventualmente tutela in sede penale». Un intervento a cui si sono associati i consiglieri Lorenzo Pontecorvo (Magistratura Indipendente) e Aldo Morgigni (Autonomia e Indipendenza).

Quello di Alfie è un caso «emblematico del principio costituzionale di tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività - ha osservato il consigliere laico Renato Balduzzi -. Tutti gli ordinamenti degli Stati costituzionali, non soltanto l'Italia, tendono a ispirarsi a questo principio. Ecco dunque le ragioni del nostro sconcerto rispetto a una pervicace volontà che sembra voler difendere più una fredda ragione giuridica, di cui però ci sfuggono i principi che dovrebbero illuminarla».

La decisione di impedire le cure contro la volontà dei genitori «è davvero incomprensibile» ha affermato il togato di Unicost Francesco Cananzi che in un tweet solleva anche l'interrogativo se «l'esistenza di chi è debole e diverso, la sofferenza sia un tabù. È questa l'Europa che vogliamo, quella della perfezione che ispirò le leggi razziali?».

Un ricorso al console italiano

Sul fronte legale continuano i tentativi di rimandare il momento finale della vita di Alfie: gli avvocati della famiglia Evans hanno inviato al console italiano a Liverpool un ricorso affinché si attivi come giudice tutelare di un minore italiano all'estero per chiedere alla Corte di Lussemburgo un provvedimento cautelare che ordini alle autorità inglesi di preservarne l'integrità fino al suo pronunciamento.

Marcia di solidarietà davanti a Buckingham Palace

Una marcia per mostrare solidarietà ad Alfie Evans è iniziata oggi alle 16 (ora locale, le 17 in Italia) davanti a Buckingham Palace a Westminster, nel centro di Londra. I dettagli della manifestazione appaiono su una pagina Facebook chiamata Alfie's Blue Pray March! We are against inhuman law!', creata da Daria Kolska, una studentessa sostenitrice del movimento pro-life polacco. Proteste simili - ricorda il Daily Star - si sono svolte a Dublino e a Liverpool nelle ultime ore.


Veglie a Roma, Modena e Torino

Veglie e preghiere anche in Italia: in piazza San Pietro ieri sera e anche questa ci sarà una veglia e una fiaccolata di preghiera, organizzata con il tam tam su Facebook. Analoghe iniziative sono previste a Modena e Torino.


I fatti: una breve cronologia

9 maggio 2016 Alfie nasce all’ospedale di Liverpool da Thomas Evans, elettricista 20enne, e Kate James, estetista 19enne. A 7 mesi Alfie Evans viene ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool per una infezione alle vie respiratorie. I successivi 17 mesi Alfie li trascorre attaccato a un respiratore artificiale, perché è affetto da un disturbo neurovegetativo che danneggia progressivamente il suo cervello. Si tratta di una rara malattia mitocondriale, non ancora diagnosticata.

2017 secondo la legge inglese, se un paziente ha trascorso in coma un lungo periodo di tempo (di solito 12 mesi) e i medici ritengono che le condizioni siano irreversibili. Per i bambini la decisione spetta ai genitori ma in caso di disaccordo con i medici è un giudice a decidere. Ed è questo che è successo a Kate e Tom: i giudici hanno respinto uno a uno i loro ricorsi contro la sentenza che decretava di staccare la ventilazione che lo tiene in vita. L’ultima è la Corte europea dei diritti umani.

18 aprile 2018 Papa Francesco incontra il padre di Alfie, Thomas Evans, a Roma e auspica che il bambino possa essere trasferito al Bambino Gesù di Roma.

20 aprile la Corte suprema britannica rifiuta di riaprire il caso dopo che l’Alta Corte di giustizia, la Corte d’appello e la Corte suprema si erano già pronunciate a favore della scelta dell’ospedale di staccare i supporti vitali al piccolo

23 aprile intorno alle 22.30 locali vengono staccate le macchine per la respirazione. La presidente del Bambino Gesù Mariella Enoc nel pomeriggio visita il piccolo in ospedale.
Lo stesso giorno la Corte europea dei diritti umani rifiuta il ricorso dei genitori.

24 aprile il Consiglio dei ministri ratifica la cittadinanza italiana ad Alfie
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Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:18 am

Alfie, parla il medico tedesco che lo ha visitato
aprile 26, 2018

https://www.tempi.it/tutto-questo-e-fol ... uLa8pe-mjI

«In Germania un bambino nelle sue condizioni sarebbe a casa già da un anno», dice il professore Nikolaus Haas. Lo stesso che il giudice Hayden ha attaccato citando a sproposito papa Francesco

Ieri il quotidiano tedesco Die Welt ha pubblicato sul suo sito una intervista al professor Nikolaus Haas, direttore del dipartimento di Cardiologia pediatrica e terapia intensiva all’ospedale dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco, che secondo il giornale è «furioso» per il caso di Alfie Evans. Il professor Haas «ha visitato personalmente» il bambino e le sue valutazioni sono agli atti del processo che ha sancito la sospensione dei sostegni vitali per il piccolo paziente dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool. Come ha ricordato su tempi.it Assuntina Morresi, è proprio per rispondere alla sua perizia che il giudice Anthony Hayden ha pensato bene di citare una frase di papa Francesco sul fine vita. Il magistrato aveva trovato «provocatorio e inappropriato» il seguente argomento utilizzato da Haas: «Per via della nostra storia in Germania, abbiamo imparato che ci sono cose che non bisogna fare con bambini fortemente handicappati. Una società deve essere pronta a prendersi cura di questi bambini molto handicappati, e non decidere che i sostegni vitali siano interrotti contro la volontà dei genitori, se non c’è certezza di cosa sentano i bambini, come in questo caso».

IL CONTATTO.
Con la Welt, il professore ricostruisce il suo coinvolgimento nella vicenda. «La famiglia ci ha contattato», racconta Haas, dopo che «i medici avevano detto loro che non volevano fare più niente per il bambino e intendevano sospendere i sostegni vitali. Ai genitori era stato vietato anche il trasporto in un altro ospedale, per la ragione che il bambino era troppo malato e la cosa lo avrebbe messo in pericolo». Così i genitori, prosegue il medico tedesco, hanno cercato un servizio di trasporto adatto ai pazienti come Alfie, trovandolo presso la struttura di Monaco, che possiede la tecnologia adatta, secondo Haas, per trasportare bambini in terapia intensiva di tutte le età in tutto il mondo. «Gli inglesi non ce l’hanno un servizio del genere?», domanda il giornalista. «Certo», risponde Haas. «Ma non vogliono che la famiglia Evans lo utilizzi».

IL RIFIUTO.
I colleghi di Liverpool, però, da subito si sono mostrati mal disposti verso i tedeschi. Appresa la richiesta, da parte dei genitori di Alfie, di un consulto dei tedeschi (finalizzato all’ipotesi del trasporto), «l’ospedale ha detto apertamente: non vogliamo che un altro medico visiti il bambino. Perciò la famiglia ha deciso di portare dentro il signor Hübner [aiuto primario di Haas, ndr] come un amico». Peccato che quando l’équipe locale ha scoperto che si trattava di un professionista, «si è rifiutata di parlargli». Dunque Hübner ha visitato Alfie per conto proprio e ha potuto vedere solo «la documentazione clinica che gli hanno messo a disposizione i genitori».

FIT TO FLY.
Fortunatamente il medico di Monaco, secondo il suo superiore, aveva abbastanza esperienza per farsi un’idea corretta senza bisogno di compulsare troppe carte. Ebbene, secondo Hübner «Alfie Evans all’epoca era del tutto stabile», lo stesso stato che Haas successivamente ha potuto verificare di persona. «Alfie era ventilato in modo corretto, non si muoveva, aveva solo crisi epilettiche occasionali. Perciò il signor Hübner ha messo per iscritto: il bambino è “adatto al volo” [fit to fly, ndt]. Ma questo naturalmente all’ospedale non è piaciuto affatto». Dopo di che sono seguiti i passaggi che tutto il mondo conosce. Le offerte di ricovero da strutture di diversi paesi esteri. La cittadinanza italiana. Gli appelli del Papa. «E adesso un giudice dice che gli Evans possono andare a casa, ma non possono lasciare il paese per far curare il bambino altrove a proprie spese? Tutto questo è folle!», osserva Haas.

«QUALUNQUE GRANDE CLINICA…».
In Germania, un caso incurabile come Alfie Evans sarebbe seguito anche dopo l’esclusione di ogni possibile terapia, spiega Haas al quotidiano. «Questi pazienti non devono restare nell’unità di terapia intensiva, tuttavia devono essere curati al meglio». Che questo avvenga in una struttura specializzata o a casa dipende dalla volontà dei genitori, dice il medico. Quello di cui avrebbe bisogno Alfie una volta fuori dall’ospedale sono procedure e attrezzature «standard» secondo Haas: «Qualunque grande clinica pediatrica ha dozzine di bambini in situazione simile, che sono altrettanto gravemente disabili e perciò sono assistiti in casa di cura o in famiglia. È pura routine. In Germania per la nostra valutazione Alfie sarebbe a casa già da un anno con una assistenza del genere».

LA VACCA SACRA.
Riguardo al motivo per cui tutto questo nel sistema britannico non è possibile, «io posso solo fare speculazioni», spiega il professore. «Per come l’ho capita io, il National Health Service è la vacca sacra in Inghilterra. I medici dicono: quello che facciamo noi è giusto, punto. E poi ovviamente il trattamento di un paziente intensivo di questo tipo all’esterno della clinica costa circa tre volte quanto costerebbe all’interno. Se si crea un precedente, si scatena una valanga che comporta costi notevoli».

IL DOVERE DELLA SOCIETÀ.
Per Alfie Evans, conferma Haas, non ci sono speranze di miglioramento, dal punto di vista medico, «e probabilmente non c’è nessuna terapia che possa guarirlo. La domanda è però come comportarsi con lui fino alla fine della sua vita. E nessuno sa nemmeno quanto a lungo potrebbe vivere. Con il sostegno adeguato potrebbe vivere ancora sei mesi, forse di meno, forse di più. In Germania – ma anche in altri paesi del mondo – diremmo soltanto: “Come andare avanti con lui, è anche una decisione personale della famiglia”. Se i genitori dicono di volere accompagnare il processo di morte del bambino a casa loro, allora una società deve essere in grado di renderlo possibile e di accettarlo. Tanto più se non ha altro da offrire». In Inghilterra e in particolare nel caso di Alfie, invece, «il sistema dice: noi abbiamo sempre ragione ed è meglio che questo bambino muoia, piuttosto che se ne occupi qualcun altro. Per me questo non è comprensibile», insiste Haas.

«DOV’È LA LOGICA?».
Il professore tedesco nota anche qualche «interessante» contraddizione nella posizione dei colleghi di Liverpool, per altro fatta propria dalla sentenza del giudice Hayden: «Dicono che il paziente sia in uno stato neurovegetativo. Questo significa che non riceve stimoli dal suo ambiente e non prova nemmeno dolore». Ma quindi «dov’è la logica?», si domanda Haas. Perché sarebbe nel suo interesse impedire ai genitori portarlo altrove per provare altre strade? «Se non prova alcun dolore, che cosa si può fare di sbagliato?». Eppure, concede il professore, lo stato della medicina dei bambini in Inghilterra è «eccellente». Ma rispetto alla Germania c’è una differenza di «impostazione», soprattutto nei casi di disabilità grave come quello di Alfie Evans. «Credo che la nostra visione etica sia diversa, grazie a Dio». Quello che per Haas è proprio «inconcepibile» è la logica in base alla quale per il bambino sarebbe meglio morire, e che il sistema sanitario non voglia sentire ragioni diverse.
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Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:19 am

Magdi Allam sul caso del bambino inglese

Buongiorno amici. Può un giudice condannare a morte un bambino di 23 mesi affetto da una malattia neurogenerativa non diagnosticata anche se respira, è conscio, vede, reagisce alle sollecitazioni esterne, controlla i muscoli della braccia, succhia il ciuccio?
Può un giudice britannico negare la richiesta dei genitori di trasferire il loro figlio in un ospedale italiano, considerando che il figlio ha acquisito la cittadinanza italiana, che c’è un aereo attrezzato pronto a trasferirlo, che l’Ospedale Bambino Gesù di Roma è pronto ad accoglierlo, che il Governo italiano ha ufficialmente chiesto che venga trasferito, che l’Ambasciatore italiano a Londra ha ammonito i medici dell’Ospedale pediatrico di Liverpool che verranno denunciati per la morte di un cittadino italiano?
Cari amici, com’è possibile che nella democrazia moderna più antica al mondo e in uno stato di diritto un giudice si trasformi in un carnefice e in un assassino di una creatura innocente i cui genitori, degli autentici eroi del nostro tempo, cercano disperatamente di salvargli la vita? Stiamo toccando con mano l’attuazione dell’eutanasia di Stato, dell’affermazione della cultura della morte e della sconfitta della cultura della vita. Questa è una fase tragica in cui la nostra civiltà decadente si sta suicidando perché odia se stessa.
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 7963286784

Cari amici, sentire Tom Evans, il giovane e indomito papà del piccolo Alfie, il bambino di 23 mesi che ha fatto il miracolo di sopravvivere alla condanna a morte inflittagli da medici crudeli e giudici spietati, dire: “Grazie Italia, vi amiamo! Alfie è una parte della famiglia italiana, noi apparteniamo all’Italia”, ci riempie d’orgoglio. Perché quel “noi apparteniamo all’Italia” significa che “noi apparteniamo alla cultura della vita”, che in questa circostanza l’Italia ha fatto propria e ha fatto primeggiare sulla cultura della morte che si è impossessata di chi in Gran Bretagna si è eretto a carnefice di un innocente la cui unica colpa è di voler vivere. “Grazie Italia”, lo diciamo tutti noi, perché in questa circostanza abbiamo dato al mondo intero una grande lezione di civiltà. (Tg2000, dall’inviato Vito D’Ettorre, 26/4/2018)

https://www.facebook.com/saved/?cref=53

Alberto Pento
No Magdi questa volta non sono d'accordo con te.
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Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:20 am

Pietro Marinelli

https://www.facebook.com/pietro.marinel ... &ref=notif

Commoventi Thomas Evans e Kate James, i genitori del piccolo Alfie, che lo assistono continuamente e gli hanno praticato la respirazione bocca a bocca per tenerlo in vita. Coraggioso soprattutto Thomas, che si è fatto ricevere dal Papa e ha scritto alla Regina Elisabetta; in questo mondo dominato dalle ragioni di Stato (che sono essenzialmente economiche) bisogna lottare con le unghie e con i denti per ottenere quello che spetterebbe automaticamente, secondo le dichiarazioni di principio dello Stato stesso. E' una lotta per il valore della persona umana, e la domanda che mi pongo è se sia giusto che un giudice decida della vita di un essere umano, contro il volere dei genitori che l'hanno messo al mondo.


https://www.facebook.com/pietro.marinel ... &ref=notif


Alberto Pento
Credo non sia giusto che lo stato italiano spenda delle risorse dei cittadini italiani per tenere in vita un cittadino inglese fatto venire dall'Inghilterra. Vi sono tanti cittadini italiani che avrebbero bisogno di quelle risorse e sarebbe più giusto che fossero spese per loro.

Pietro Marinelli
Alberto Pento, le sue mi sembrano argomentazioni basate sui luoghi comuni della mentalità dominante, che considera l'azione degli organi statali più importante della volontà delle persone e della famiglia interessata. E poi, quale sarebbe il "migliore interesse"? L'interesse del minore? E chi lo stabilirebbe? Il giudice? Il medico? E' interesse del minore smettere di vivere? E le sofferenze. chi le stabilisce? Un essere umano è degno di vivere solo se non soffre?

Monica Cozzi
Infatti la nostra cultura considera la vita al di sopra di ogni interesse e speriamo sia sempre così. Trovo di una bassezza penosa l'accostamento della vita al l'interesse. Non è roba da sportello bancario. Certa gente no no ha perso l'umanità ma tutto il percorso evolutivo che si chiama civiltà ..perso a brandelli per strada

Alberto Pento
Pietro Marinelli, quando ha avuto lo scontro sull'Islam con la sua preside, ho concordato con lei, questa volta invece no.

Lo stato italiano nelle vesti del suo governo ha sbagliato a mettersi contro lo stato inglese, ha mancato di rispetto alle leggi e alle istituzioni inglesi, ha mancato di rispetto alla sanità e ai medici inglesi, in particolare all'ospedale che aveva in cura il bambino e i suoi genitori; ha mancato di rispetto alla civiltà, alla cultura e all'umanità della Gran Bretagna e del suo popolo.
Lo stato italiano non doveva appoggiare il Papa, caso mai poteva rendere pubblico che avrebbe messo a disposizione la competenza degli ospedali specializzati qualora la Gran Bretagna avesse chiesto aiuto.
Lo stato italiano ha sbagliato a dare la cittadinanza al bambino, per ragioni umanitarie in contrapposizione a quella sua naturale inglese, come se il suo paese la Gran Bretagna fosse un inferno disumano;
lo stato italiano ha sbagliato a offrire gratuitamente i servizi sanitari di proprietà dei cittadini a un cittadino di un paese che è più ricco e meno indebitato di quello italiano, che per molti aspetti è più civile e nel complesso ha servizi migliori, tra cui anche la sanità, non per nulla l'Inghilterra è meta d'emigrazione di molti giovani italiani che qua sarebbero disoccupati e alla disperazione.

In fatto di umanità e di civiltà credo che lo stato italiano e il paese Italia, tra i peggiori se non il peggiore dell'occidente, abbiano poco da insegnare allo stato inglese e alla Gran Bretagna.
Lo stato italiano e il Papa sono anche responsabili di aver innescato delle accuse calunniose infamanti nei riguardi dell'ospedale, dei suoi medici e della sanità britannica.

Il Papa avrebbe dovuto avere più rispetto e più riguardo per lo stato e il paese britannico; visto e considerato che di miracoli né lui né il suo idolo sono in grado di farne.
Se il bambino, per assurdo, fosse stato trasferito in un ospedale italiano non avrebbe certo avuto un trattamento migliore e nemmeno sarebbe stato salvato; i buoni italiani l'avrebbero trattato come cavia per fare sperimentazioni.

La Gran Bretagna, da questo caso e da quello analogo dello scorso anno trarrà lezione per modificare in meglio le sue leggi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:21 am

Le foto di Alfie maltrattato: «Altro che "best interest"»
Benedetta Frigerio
22-04-2018

http://lanuovabq.it/it/le-foto-di-alfie ... t-interest

Thomas, il papà di Alfie, ieri ha deciso di pubblicare le foto che provano i maltrattamenti subiti dal figlio all'Alder Hey Hospital: «Ci scandalizziamo del fascismo razzista, ma taciamo davanti a fatti così gravi che chiederebbero la liberazione, fosse anche con la forza, di un innocente. Invece, neppure la diplomazia si muove.
Ma non finisce qui.

Avevamo già raccontato le negligenze dell’Alder Hey Hospital di Liverpool dove è ricoverato Alfie Evans. Sapevamo dei tubi per la ventilazione mai cambiati per mesi e trovati pieni di muffa. Sapevamo delle volte che il piccolo, lasciato qualche ora con le infermiere, era stato trovato più volte dai genitori immerso in un mare di pipì. Sì, sapevamo tutto questo, ma le foto pubblicate ieri di Alfie con una bruciatura al braccio, il sangue sotto bocca e le ferite all'interno ci hanno lasciato senza parole, sgomenti, indignati.

Soprattutto pensando ai medici e ai giudici che hanno avuto il coraggio di chiamare best interest del piccolo la sua detenzione in ospedale, arrogandosi la capacità di provvedere al suo benessere meglio dei genitori e di ogni altro ospedale pronto ad accoglierlo. Così i giudici hanno avuto il coraggio di affermare che il diritto di movimento e di spostamento dei genitori di Alfie è inferiore a quello di tenere il bambino ricoverato nell’ospedale di Liverpool, sempre in nome del suo best interest. Come a dire che Thomas e Kate, poveri egoisti, pensano più alle loro potestà genitoriali che al welfare (il “benessere” come lo ha chiamato la Corte Suprema) del figlio.

Thomas e Kate hanno provato a parlare con i medici, hanno tentato le vie del dialogo e della ragione, ma evidentemente con l’ideologia diabolica e presuntuosa della morte non si può parlare. Perciò, stanchi, hanno deciso di mostrare al mondo, le prove di quello che prima dichiaravano solo a parole. E, come ci spiega Thomas, «ne ho molte altre di prove, queste sono solo alcune di un plico».

È chiaro che per i giudici e i medici che hanno definito la vita di Alfie «inutile», non ha senso trattarlo come un essere umano. Per loro Alfie è già morto da tempo. Certo è che nemmeno un cadavere si tratta così. Infatti, continua Thomas, «quando abbiamo chiesto spiegazioni del sangue e delle bruciature, non ci hanno risposto e non hanno avviato alcuna indagine. Non sappiamo nemmeno come gliele hanno procurate». Ci sono poi immagini del bambino con l'interno delle labbra tagliato: «Sono dello scorso dicembre, di quando andammo in tribunale a Londra e ci fu vietato di lasciare un nostro parente in camera con Alfie». Quando il bimbo ha delle convulsioni per evitare le lesioni alla bocca la famiglia lo aiuta con un ciuccio, «il che non richiede un grande sforzo, ma le infermiere lo hanno lasciato senza».

Altro che rispetto per questi medici. Altro che équipe di massimo livello. Altro che efficienza. Nemmeno nel Terzo Mondo si priva così la persona della sua dignità. Facciamo le guerre contro quelli che chiamiamo dittatori favorendo chi è più violento di loro, ci scandalizziamo del fascismo razzista, ormai quasi morto, ma taciamo davanti a fatti così gravi. Fatti che chiederebbero la liberazione, fosse anche con la forza, di un innocente. Invece, neppure la diplomazia si muove. Ma non finisce qui. Prima o poi si muore tutti e si risponderà di ogni cosa «che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli».


Risveglio dal coma e occhi aperti
https://www.facebook.com/massimo.bagatt ... =2&theater

L’apertura degli occhi segna sempre la fine del coma?
http://www.hsr.it/clinica/specialita-cl ... e-del-coma
Dopo dieci o quindici giorni di coma profondo, i pazienti incominciano a riaprire gli occhi, prima su stimolo e poi spontaneamente. Tuttavia, non sono in grado di eseguire ordini semplici come stringere una mano, mostrare la lingua, seguire con la sguardo le persone o mostrare attenzione per quello che accade intorno a loro.
Questo stato, definito di veglia, non si accompagna, però, al recupero della coscienza e può durare per settimane, per mesi oppure, purtroppo, rimanere invariato per sempre.
Alcuni medici preferiscono chiamare ancora coma tale situazione, fin quando non sia evidente il recupero della coscienza.
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Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:22 am

Il giudice mette la parola fine alla storia di Alfie Evans
di Matteo Matzuzzi
2018/04/24

https://www.ilfoglio.it/bioetica-e-diri ... ans-191287

Roma. Niente trasferimento in Italia. Alle 20.25 il giudice Sir Anthony Paul Hayden, magistrato della Corte d’Appello, fa sapere che è “questo è il capitolo finale nella vicenda di un bambino straordinario”. E’ il verdetto che giunge al termine di un’ennesima lunga giornata a Liverpool, con Alfie Evans che respirava da solo dopo l’interruzione della ventilazione iniziata nella tarda serata di lunedì. I medici dell’Alder Hey Hospital, nell’illustrare alle paludate corti inglesi e ai familiari del piccolo il dettagliato protocollo di estubazione avevano garantito che l’agonia sarebbe durata al massimo quindici minuti, che il piccolo non avrebbe sofferto e che tutto sarebbe finito presto. Un po’ come quei video muti di inizio Novecento prodotti dalle società eugenetiche che raccontavano come l’eutanasia fosse l’ultima conquista dell’umanità.

La foto dei genitori di Alfie Evans con il bambino in braccio dopo che i medici gli hanno staccato il ventilatore

Talmente convincenti erano stati i luminari che perfino Hayden aveva ordinato a più riprese di staccare la strumentazione, ché il best interest del bambino era di morire, essendo la sua vita “inutile” (cit). E però le cose sono andate diversamente. Ad Alfie il ventilatore è stato staccato nottetempo e i quindici minuti sono divenuti ore. Al punto che è stato necessario sospendere il protocollo, riconvocare un’udienza davanti al giudice, dargli l’ossigeno e idratarlo, visto che altrimenti la dolce morte teorizzata dai luminari britannici si sarebbe trasformata in tortura per privazione di acqua. Alfie Evans di morire non ha alcuna intenzione, “è un piccolo guerriero che vuole vivere”, ha detto mons. Francesco Cavina, il vescovo che in ventiquattr’ore ha portato il padre del bambino dal Papa. Passano le ore, Alfie respira da solo, seppure a fatica. La sofferenza che secondo il combinato disposto di medici e magistrati sarebbe svanita in un quarto d’ora senza tubi, si è protratta fino a metà mattina, con le mani del bambino che diventavano bluastre e i genitori che imploravano il personale dell’Alder Hey di dargli ossigeno. Richiesta accolta dopo più di otto ore.

Intanto il Bambino Gesù ripeteva di essere pronto a trasferirlo a Roma, l’aereo militare era pronto e il Consiglio dei ministri in quattro minuti di riunione conferiva ufficialmente la cittadinanza italiana ad Alfie. Ma fin dal primo pomeriggio, davanti alla sorpresa per la resistenza del piccolo, era chiaro che la parola ultima sarebbe stata ancora una volta quella di un giudice. Sempre lui, il titolare della Family Division all’Alta corte britannica Anthony Hayden, che tra l’altro è anche attivista per i diritti lgbt (ha scritto il libro Children and Same Sex Families). Lo stesso che lunedì sera – nonostante l’intervento diretto del governo italiano – dava l’ordine di procedere. Subito, senza aspettare ancora. Di notte. Aprendo la seduta, il magistrato puntava il dito contro la cerchia che sta accanto ai coniugi Evans, accusandola di alimentare false speranze con atteggiamenti “deprecabili”. Lupo con i deboli e agnello con i forti, pronto ad ascoltare le lamentele dei medici dell’ospedale di Liverpool che si dicevano “terrorizzati” dal clima “ostile” e che ribadivano il parere contrario a un trasferimento a Roma o Monaco. Hayden, mosso forse da umana pietas, chiedeva loro di ragionare almeno sulla possibilità di far tornare a casa il bambino. Risposta negativa: “Nessuno lascia l’ospedale nottetempo, ci vogliono 4-5 giorni di discussioni approfondite”. Mariella Enoc, presidente del Bambino Gesù aveva già detto che tutto è pronto per il trasferimento ma il problema è che “loro non vogliono”. Ed è su questo diniego, fermo e totale, che s’infrangono le ultime speranze.

L’ambasciata d’Italia, con il proprio capo dello staff, intercede in Aula per favorire l’uscita del bambino dall’Alder Hey Hospital, visto che la questione interessa ormai i più alti livelli dei due governi. Niente da fare. Il bambino è – per dirla con Thomas Evans, il padre – “ostaggio e lo fanno morire di fame”. Ma il problema è sì giudiziario, ma anche etico: “La mancata riconnessione del supporto ventilatorio meccanico dopo tutte queste ore mostra quella che già il cardinale Elio Sgreccia, in occasione della vicenda di Charlie Gard, aveva chiamato un ‘accanimento tanatologico’, ossia una ostinazione ideologica e priva di ragionevole fondamento clinico ed etico nel porre fine alla esistenza di un paziente”, dice il prof. don Roberto Colombo, genetista clinico e docente della facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma, nonché membro ordinario della Pontificia accademia per la vita. “Gli inglesi – aggiunge – chiamano l’accanimento terapeutico con il termine therapeutic obstinacy (ostinazione terapeutica), ma in questo caso, si potrebbe parlare di ‘ostinazione anti curativa’. Questo è il contrario delle autentiche ‘cure palliative’, che prevedono di prendersi cura del paziente inguaribile fino all’ultimo istante della sua vita, senza procurare anzitempo la sua monte con una eutanasia omissiva. La medicina ha bisogno di essere liberata da una ideologia mortale che nega in radice la sua vocazione al servizio della vita”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Alfie Evans e l'idolatria religiosa statalista e miracolista

Messaggioda Berto » mar mag 01, 2018 8:24 am

Dalla parte dell'Inghilterra, dell'ospedale inglese e dei medici inglesi che non sono dei mostri

Ferdinando Montechiaro
https://www.facebook.com/zio.Ferdinando ... 6048589538

[dalla bacheca di amici, Silvio]

IL governo italiano ha sottovalutato il fatto che la giurisdizione inglese antepone gli interessi del minore a quelli dei genitori...
È pacifico che in un paese civilmente avanzato le sofferenze del bambino vengano prima di quelle dei genitori.

1. Vi è un ClamoreDisinformato messo in giro ad arte dalla famiglia e dai militanti provita. Alfie è in uno stato SemiVegetativo, cioè in coma, a causa di una grave, ampia, documentata e irreversibile compromissione cerebrale, per cui è normale che possa esserci attività respiratoria spontanea.

2. La disinformazione ha colto di sorpresa persino BeppinoEnglaro, che in una intervista sostiene il potere assoluto dei genitori sul figlio, come se un bambino fosse proprietà dei genitori senza diritti propri. Nel caso di Alfie è come se Eluana fosse stata vittima di un incidente stradale all'età di un anno e fosse in stato vegetativo da allora.

3. Alfie è destinato ad essere un corpo in crescita senza attività cognitive e di relazione, che è una indubbia condizione disumana e di grave sofferenza, a meno di ritenere che non soffra proprio perché non consapevole per la compromissione cerebrale. Che si tratti di AccanimentoTerapeutico è indubbio.

4. La giurisdizione italiana ha certamente un vuoto, in parte colmato dalla recente legge sul FineVita, ma anche in Italia la desistenza terapeutica è praticata in un contesto di relazione tra medici e genitori. I genitori di Alfie Evans, come quelli di Charlie Gard, sono delle eccezioni mosse da motivazioni religiose e supportate dalle associazioni pro vita per motivi politici.

5. La questione della CittadinanzaItaliana, come una sorta di AsiloPolitico, è ridicola, poiché in effetti nulla vieta che un cittadino europeo sia ricoverato in un ospedale italiano e che lo Stato del Vaticano possa pagare le rate relative. Il governo italiano ha sottovalutato il fatto che la giurisdizione inglese antepone gli interessi del minore a quelli dei genitori, a differenza delle esortazioni del Papa di comprensione verso le sofferenze dei genitori. E' pacifico che in un paese civilmente avanzato le sofferenze del bambino vengano prima di quelle dei genitori.

6. Le offerte degli ospedali cattolici, Bambin Gesù e Gaslini, sembrano mosse più da motivazioni ideologiche e religiose, che scientifiche. Non a caso nessun altro paese europeo sostiene la posizione Alfano/Minniti/Pinotti. Nemmeno Trump sembra voler ripetere la trafila intrapresa meno di un anno fa per Charlie Gard.

7. Un grande merito, ancora una volta, va ai colleghi inglesi, che mantengono una posizione umana e scientifica, nonostante la bufera mediatica e politica che li ha investiti. La loro grande umanità e la loro grande professionalità, che si evincono anche dai comunicati dell'Alder Hey Children's Hospital), sono un esempio e una lezione per tutti noi.




Angela Polin
La "loro grande umanità" li costringa a restituire Alfie ai genitori. Sono sempre i genitori che possono decidere della loro creatura. Il compito del medico si conclude con la corretta informazione sui pro e sui contro. Nessuno, proprio nessuno, tanto meno degli estranei alla famiglia, può affermare che il bene del bambino sia morire asfissiato, di fame e di sete. Morirà quando sarà il suo momento: non prima e non dopo.
Quanto all'ideologia poi.... non è per ideologia che uno staff medico e un giudice possono decidere, d'imperio, che il piccolo deve morire?
Lo restituiscano alla famiglia, piuttosto! E la aiutino per quanto possibile ad affrontare le difficoltà che inevitabilmente arriveranno, ma a casa loro se lo desiderano. Alfie in questo momento e sequestrato dallo Stato-Regno Inglese. Si vergognino!



Ferdinando Montechiaro
... il fatto che Alfie abbia continuato a respirare da solo per alcune ore non è un fatto inaspettato né di per sé la dimostrazione che “è in grado di farcela”. Anche il cuore di Eluana Englaro, che era rimasta attaccata alle macchine per diciassette anni, non smise subito di battere ma ci vollero due giorni. Il destino di Alfie è segnato, non perché hanno tolto le macchine per la ventilazione ma perché ha una malattia incurabile che lo ha condannato a morte. Che non significa che lo Stato lo sta uccidendo. Il giudice non ha fatto altro che difendere l’interesse del bambino, è dal 1891 – con il Custody Children Act – che in Regno Unito il padre non ha il diritto di habeas corpus del minore.





Regno Unito, la "fuga" degli infermieri italiani: 'Qui possiamo fare carriera ed essere considerati persone, non numeri'
di Ludovica Liuni
25 ottobre 2015

https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/1 ... ri/2145587

Hanno meno di trent’anni, una laurea in scienze infermieristiche e nessuna intenzione di perdere tempo in Italia. Il loro presente è in Inghilterra, il futuro chi lo sa.
Il fenomeno, riferisce l’organizzazione Nursing & Midwifery Council, ormai coinvolge oltre 2.500 italiani e stando alle stime dell’Ipasvi, la Federazione Nazionale Collegi Infermieri, si è registrato un incremento del 70% negli ultimi tre anni. Fino al 2012, infatti, chi decideva di trasferirsi oltremanica lo faceva più per scelta che per necessità. Ma da quando l’Inghilterra si è trasformata in una meta così ambita?

Inghilterra, selezione per merito e possibilità di crescita – In Inghilterra il 40% della forza lavoro negli ospedali è costituita da infermieri e medici stranieri. E se la fetta maggiore di assunti arriva dalle Filippine e dall’India, negli ultimi sei anni anche italiani, spagnoli e portoghesi hanno fatto la loro parte. A oggi il Nursing & Midwifery Council ha stimato che oltre ai 2.500 operatori sanitari arrivati dal nostro paese, ce ne sono più di 10mila che vengono dalla penisola iberica. E, come è emerso da un servizio della Bbc, il boom è avvenuto a partire dal 2011, con l’acuirsi della crisi economica.

Tre le procedure di “reclutamento”. La prima è rappresentata dalle agenzie private che fanno da intermediario tra i laureati italiani e gli ospedali inglesi. La selezione, spesso, avviene con un semplice colloquio via Skype. Poi ci sono gli infermieri freelance, che cercano da sé un posto disponibile. Infine c’è il sistema sostenuto dall’Ipasvi, la Federazione Nazionale Collegi Infermieri, che mette online i bandi che arrivano dagli ospedali inglesi.

“Questa è la soluzione su cui puntiamo di più – spiega a ilfattoquotidiano.it Luigino Schiavon, presidente della Federazione Ipasvi di Venezia – perché non ci sono di mezzo le agenzie”. Il primo step è mandare il proprio curriculum, poi sono le stesse infermiere inglesi a venire in Italia per completare la selezione. “Arrivano qui per valutare motivazioni e competenze dei candidati”, aggiunge Schiavon. Per ora i giovani reclutati con questa modalità sono circa 1.200. Un sistema ben avviato, dunque.

Ma quali sono le ragioni che spingono i ragazzi italiani a dare la priorità all’Inghilterra rispetto agli altri Paesi europei? “Lì il ruolo professionale è molto valorizzato dal sistema sanitario – spiega Schiavon – e dopo sei mesi di affiancamento gli infermieri sono regolarmente assunti con un contratto a tempo indeterminato”. Quello che affascina di più, però, sono le prospettive di crescita: “La progressione di carriera avviene per merito – spiega -. Si parte da un salario minimo di 26mila sterline all’anno per arrivare a 98mila sterline quando si raggiunge l’apice”.

Negli ultimi mesi, però, il governo inglese ha messo una stretta sugli ingressi. Da gennaio 2016 per essere assunti sarà necessario possedere alcuni requisiti linguistici, tra cui il superamento dello Ielts (International English Language Testing System) negli ultimi due anni o lo svolgimento di un corso con almeno il 75% di interazione clinica in inglese.

Italia, assunzioni a singhiozzo dal 2008 – I dati pubblicati dall’Ocse nel 2014 parlano chiaro: nel nostro Paese mancano circa 60mila infermieri e, al tempo stesso, sono ben 25mila i neolaureati che non riescono a trovare lavoro. Un paradosso che si traduce nella chiusura dei reparti e nella riduzione dei posti letti. Il problema è la mancanza di concorsi e assunzioni: “Dal 2008 la crisi economica ha ridotto il finanziamento al sistema sanitario e ormai abbiamo alle spalle anni di blocchi del turnover e dei contratti – spiega a ilfattoquotidiano.it Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi -, questo significa che noi formiamo il giusto numero di infermieri, ma loro poi non vengono assorbiti dalla pubblica amministrazione”. Motivo per cui decidono di andare via.

Gli italiani, poi, sono molto corteggiati dagli altri Paesi europei: “Le agenzie governative che prendono contatto con noi ci dicono che i nostri infermieri sono i più ricercati grazie alle loro competenze”. L’unica speranza è che le assunzioni vengano sbloccate: “La politica deve dare a questi giovani la possibilità di tornare – spiega Mangiacavalli -, in questo modo avremo sul mercato dei professionisti arricchiti dalla loro esperienza all’estero”.

Bisogna però sfatare un mito. Non è vero che gli italiani che vanno via sono rimpiazzati da infermieri di altre nazionalità. La quota di stranieri che lavorano negli ospedali pubblici italiani è piuttosto bassa: su 430.537 iscritti all’Albo nazionale solo 27.278 vengono dall’estero. “La maggior parte degli infermieri romeni e bulgari che sono in Italia operano nelle strutture privato-assistenziali”, sottolinea la presidente Mangiacavalli.

Gli infermieri in Inghilterra: “Qui siamo persone, non numeri” – Antonio Torella è un infermiere pugliese trapiantato a Bologna. Per lui, 31 anni e una laurea conseguita nel 2007, quella inglese è stata una parentesi lavorativa che si è appena conclusa. “Faccio parte dell’ultima generazione che è riuscita a entrare negli ospedali italiani tramite concorso pubblico e a ottenere un contratto a tempo indeterminato”, racconta a ilfattoquotidiano.it.

Ma Antonio, dopo otto anni di lavoro senza prospettive di crescita, sentiva il bisogno di fare un’esperienza all’estero: “Ho chiesto un periodo di aspettativa non retribuita per andare in Inghilterra”, spiega. La sua destinazione è stata un ospedale pubblico di Brighton, ottanta chilometri a sud di Londra. Qui Antonio è venuto a contatto con i problemi di una generazione vicinissima alla sua e al tempo stesso molto distante: “Per la prima volta ho vissuto tutte le preoccupazioni di questi ragazzi appena laureati che sono costretti ad andare all’estero per trovare lavoro”, ammette.

Giovani che non possono fare altro che rispondere alle sirene inglesi. È il caso di Liliana Mistretta, 26 anni, stanca di aspettare un posto fisso che non arrivava mai: “Dopo la laurea ho lavorato per sei mesi nel privato, poi ho fatto l’infermiera domiciliare con partita Iva, ma non vedevo crescita professionale”, spiega a ilfattoquotidiano.it. Così nove mesi fa è andata via, senza nemmeno sapere bene l’inglese: “All’inizio ho cercato lavoro in una casa di riposo perché volevo migliorare la lingua, poi dopo qualche mese mi hanno offerto un contratto a tempo indeterminato in un ospedale di Brighton”. E ora non può che dirsi soddisfatta: “In Inghilterra siamo persone e non numeri”, ammette.

Il lavoro è duro, ma le prospettive di crescita sono un incentivo a fare di più. Lo conferma Flavia Amendola, 24 anni, da quattro mesi in servizio a Brighton: “Ho capito subito che in Italia non c’era spazio per me”, ricorda. Così ha deciso di partecipare a uno dei colloqui che le agenzie inglesi organizzano in Italia: “Ho fatto una prova scritta e una di anatomia medica e ho superato entrambe”, ricorda.

Ora lavora nel reparto di medicina d’urgenza, ma il bello del sistema inglese è che ti permette di cambiare e di crescere: “Qui il merito è al centro del sistema – spiega -, se partecipi ai corsi di aggiornamento sali di livello”. In questo modo crescono le responsabilità, ma anche i guadagni. Tutte opzioni che in Italia non vengono prese in considerazione: “Nel nostro Paese ho visto infermieri leggere un ecocardiogramma meglio dei medici, ma la nostra professione è sottopagata e bistrattata da tutti”. Entrambe, però, sognano di tornare a casa prima o poi. Ma alle loro condizioni: “Vogliamo un posto fisso”.


Riattivare un cuore morto da oggi è possibile. In Inghilterra è stato effettuato il primo trapianto da un cadavere
2015/03/27

https://www.huffingtonpost.it/2015/03/2 ... 54198.html

Nel Regno Unito è stato effettuato il primo trapianto di cuore da cadavere in Europa: l'intervento, di cui danno notizia i principali quotidiani inglesi, è stato portato a termine al Papworth Hospital nel Cambridgeshire su un uomo di 60 anni che ha ricevuto un cuore da un cadavere, ed è perfettamente riuscito.
Fino ad ora era stato possibile trapiantare cuori ancora in funzione da pazienti in stato di morte celebrale. Ma i chirurghi dell'ospedale britannico hanno dimostrato che anche un cuore morto può essere riattivato. Il primo intervento è stato portato a termine un mese fa, ed il paziente che ha ricevuto il nuovo cuore "morto" si sta riprendendo bene.
Secondo i medici inglesi, la nuova tecnica potrebbe determinare un incremento di un quarto dei trapianti di cuore nel Regno Unito, permettendo di salvare centinaia di vite.
Il cuore morto è stato riattivato nel ricevente attraverso una pompa che ne ha permesso il monitoraggio per un'ora, in maniera da accertarne l'efficienza.


Lo stato di salute degli ospedali inglesi
16 novembre 2017
Simona Soldati

http://www.clinicalriskmanagement.it/cl ... -2014-2016

In questo report vengono riportati i risultati di tre anni di ispezioni condotte negli ospedali del Servizio Sanitario Inglese. Le ispezioni sono state condotte tra il settembre 2013 e il giugno 2016 in 153 articolazioni locali (136 specialistiche, 17 non-specialistiche) del Servizio Sanitario Inglese; dal gennaio 2014 sono stati classificati 292 ospedali che operano all’interno delle articolazioni locali del Servizio Sanitario Inglese. Ciò ha permesso una comprensione dettagliata della qualità dell’assistenza in Inghilterra.

Le articolazioni locali del Servizio Sanitario Inglese stanno affrontando sfide importanti, poiché gli ospedali devono gestire una domanda crescente dei loro servizi, in un momento in cui anche loro devono risparmiare come mai è stato fatto in passato.

Nel report viene riportato che alcuni Servizi Sanitari locali forniscono cure di qualità molto elevata, nonostante le sfide in atto e si prendono cura dei pazienti in maniera adeguata.
I punti principali

Sebbene venga riportato che vi è un elevato livello di qualità nell’erogazione dell’assistenza sanitaria in Inghilterra, gli autori del report riportano una grande differenza nella qualità dell’assistenza tra i vari ospedali e all’interno dei servizi dello stesso ospedale; questa disparità è stata spesso associata a differenze di qualità della leadership. In un numero relativamente basso di casi, la qualità delle cure è stata giudicata molto scarsa e, in 28 servizi specialistici locali del Servizio Sanitario Nazionale, sono state introdotte misure straordinarie dal 2014 per garantire un miglioramento.

Per quanto riguarda la qualità delle cure, il 78% degli ospedali non specialistici inclusi nell’indagine è stato classificato come ‘buono’ e il 15% è stato valutato come ‘eccezionale’.

La sicurezza legata all’assistenza è ciò che desta la maggiore preoccupazione, con l’11% (4 su 5) degli ospedali non specialistici valutati come inadeguati per quanto riguarda la sicurezza e che necessitano, quindi, di miglioramento.

Per quanto riguarda, invece, l’efficacia, il 56% degli ospedali non specialistici sono classificati come buoni o eccezionali, significa che forniscono cure e trattamenti evidence-based e registrano buoni outcome.

La sicurezza è ancora una preoccupazione in più della metà (53%) degli ospedali specialistici valutati ed è necessario un miglioramento.
Si è osservato che la maggioranza del personale ospedaliero tratta i pazienti con rispetto e dignità, ad esempio assicurandosi di rispettare la privacy dei pazienti e di spiegare ai pazienti in che cosa consiste la loro cura. Dove sono state evidenziate problematiche, queste sono state principalmente dovute ai livelli non soddisfacenti dello staff.

In tutti i centri oggetto dell’analisi, si è osservato che una leadership di alta qualità è fondamentale ed ha un impatto diretto sulla qualità dei servizi erogati.

Perché è importante

Nel valutare se un servizio è sicuro, sono state esaminate tre ampie aree che comprendono la cultura, il personale e l’ambiente. Rispetto ad altri settori, gli ospedali non specialistici del Servizio Sanitario Inglese hanno la percentuale più elevata di inadeguatezza (11%) e necessitano di miglioramenti (70%) legati alla sicurezza. Ciò significa che più di quattro ospedali su cinque devono migliorare la loro sicurezza. Nessun ospedale è stato classificato come ‘eccezionale’ per quanto riguarda la sicurezza.

Una componente fondamentale per quanto riguarda la sicurezza, che è una preoccupazione ricorrente nei report, è il riconoscimento del peggioramento clinico dei pazienti e l’intervento con un trattamento adeguato prima che la loro condizione si aggravi. Negli ospedali in cui ciò viene fatto in modo adeguato, è presente un team multidisciplinare ben integrato, con incluse conoscenze di terapia intensiva che supportano il personale dei reparti ospedalieri.

Un altro strumento importante è l’utilizzo di un sistema di allerta precoce a score. In molti ospedali questo non viene utilizzato in modo proattivo o efficace, in quanto il personale fa ricorso solamente al proprio giudizio clinico e non agisce in modo appropriato sulla base degli ‘score’ di un sistema di allerta precoce. Il personale, in questi casi, sembra vedere tale sistema come un esercizio gravoso, piuttosto che uno strumento essenziale per proteggere i pazienti.

Per il rapporto sullo Stato dell’Assistenza negli anni 2015/16, è stato intervistato un campione degli ispettori per comprendere quali sono i fattori che differenziano gli ospedali classificati come ‘eccezionali’ da quelli valutati come ‘inadeguati’. La cosa più importante è che gli ospedali valutati come ‘eccezionali’ hanno una cultura aperta e virtuosa e ascoltano veramente il personale circa le preoccupazioni sulla sicurezza. Sono in grado di monitorare e agire sulla base di problemi identificati e di condividere ciò che si è imparato dagli incidenti. Hanno un approccio che viene comunicato e compreso da tutto il personale e promuovono costantemente una cultura di apertura in cui il personale non si sente di essere ritenuto colpevole per eventuali problemi.

Una cultura legata all’apprendimento in cui gli errori vengono segnalati e indagati è fondamentale per fornire un servizio sicuro. Mentre una parte del personale si comporta passivamente riguardo alla sicurezza e lo vede come il ruolo della dirigenza per dire loro cosa fare, altri lo prendono seriamente in considerazione e segnalano incidenti quando li vedono. Tuttavia, alcuni dicono che si sentono scoraggiati quando non ricevono risposte. In una cultura della sicurezza efficace, la stessa è responsabilità di tutti e tutto il personale ha il dovere di proteggere i pazienti da eventuali danni. Ciò include la segnalazione di incidenti riguardanti la sicurezza del paziente e l’impegno attivo nell’apprendere dagli incidenti per migliorare la sicurezza.

Dove c’erano evidenze che la sicurezza del paziente era la priorità assoluta dell’ospedale, il personale era fiducioso nel segnalare incidenti e considerava la segnalazione e l’apprendere dagli incidenti come parte importante della sicurezza, piuttosto che un onere burocratico. In questi ospedali, tutto il personale lavora insieme, assumendosi la responsabilità della segnalazione e di imparare dagli incidenti, piuttosto che vederla come il ruolo di un particolare gruppo del personale.



L'Avvenire, giornalaccio idolatra e papolatra offende l'Inghilterra e gli inglesi.

Charlie, se l'Inghilterra si scopre senza cuore
Silvia Guzzetti

http://www.famigliacristiana.it/articol ... uore-.aspx

Il Patriarca Moraglia: "Sul caso Alfie l'Europa ci ha deluso ancora"
Sconvolti e sconfitti di fronte ad Alfie
Alfie, parla Mariella Enoc: "A Liverpool ho trovato solo porte chiuse"
Disperato il papà di Alfie: "Stanno per uccidere mio figlio"
Alfie Evans, monsignor Paglia: «L'unico aiuto? Un'alleanza d'amore»
Il Papa al padre di Alfie: «Il tuo amore come quello di Dio che non si rassegna a perderci»
Il padre di Alfie dal Papa: «Lo salvi». E Francesco: «L’unico padrone della vita è Dio»
Alfie Evans, nessuna vita è una vita di scarto
Il confine tra eutanasia e accanimento terapeutico
Addio al piccolo Charlie, la battaglia è finita
Charlie, se l'Inghilterra si scopre senza cuore
Charlie, uno di noi
Addio Charlie, medici e giudici hanno deciso che non devi vivere

Non sembrano lo stesso bambino quello raccontato dai genitori Connie Yates e Chris Gard e quello descritto dai medici del “Great Ormond Street Hospital”, il famoso ospedale pediatrico londinese che l’ha in cura da mesi e vorrebbe lasciarlo morire. Il Charlie di papà e mamma apre gli occhi, si muove e si diverte e dà segni di felicità quando viene portato a fare un picnic sul tetto dell’ospedale. Il Charlie dei dottori è quasi morto. Soffre, non risponde quando lo si chiama, è cieco e sordo e non può respirare senza il ventilatore.

Qualunque genitore che si rispetti sa perché i medici non vedono quel battito delle ciglia o i movimenti nel corpicino che segnalano la vita in Charlie. Lo stesso motivo per cui soltanto mamma e papà capiscono subito se un figlio fa uno starnuto che segnala un raffreddore oppure è di cattivo umore perché la giornata a scuola è andata male. Eppure, a Londra, questo principio, riconosciuto dalle legislazioni di tutto il mondo, che sono i genitori e soltanto loro a sapere qual è il bene dei figli, non vale più e tocca a giudici decidere che Charlie non ha diritto di vivere.

Realtà aberrante alla quale l’opinone pubblica si è ribellata, con la campagna condotta a difesa del bambino dal vendutissimo tabloid Daily Mail, il mezzo milione di firme della petizione citizengo.org e l’1,3 milioni di sterline raccolte dai genitori perché Charlie possa essere curato. E’ un nuovo trend, alimentato dall’alto numero dei divorzi e la tendenza ad affidare a servizi sociali e giudici il destino dei bambini, quello segnalato da Charlie secondo il quale lo stato può e deve sostituire i genitori. Basti pensare che in Scozia c’è uno schema che assegna ogni bambino a un professionista, assistente sociale o preside che sia, che prenderà le decisioni chiave sulla sua vita. Proprio come se i genitori non fossero in grado. E sempre più spesso sono le maestre che dicono ai bambini che cosa devono mangiare per un’alimentazione sana e come prendersi cura del loro corpo. Quasi i genitori non fossero più competenti a occuparsi dei figli.

Lo stato britannico , oltre che “Grande Fratello”, è “Genitore vicario”. Più preoccupato di far morire i figli che di farli vivere. Perché – è il movimento per la vita a segnalarlo – sono, in questo momento, tanti i Charlie che muiono perché mamma e papà non hanno l’energia dei Gard. E il tubo che garantisce cibo e acqua viene staccato anche a tanti anziani, la vita dei quali non avrebbe abbastanza qualità. Il “Genitore vicario” fa finta di non vedere.


Il Papa impotente e chiaccherone che Dio non ascolta e che non è capace di fare miracoli, almeno stesse zitto.

Il padre di Alfie dal Papa: «Lo salvi». E Francesco: «L’unico padrone della vita è Dio»
Antonio Sanfrancesco

http://www.famigliacristiana.it/articol ... e-dio.aspx

«Vorrei ribadire e confermare che l’unico padrone della vita dall'inizio alla fine naturale è Dio. È nostro dovere fare di tutto per custodire la vita». Dopo il tweet dal suo account @Pontifex e la preghiera durante il Regina Coeli di domenica scorsa, papa Francesco torna a lanciare un appello al termine dell'udienza generale per il piccolo Alfie Evans, il bambino inglese di 23 mesi ricoverato nell’Arder Hey Hospital di Liverpool per un morbo neurologico degenerativo al quale potrebbe essere presto staccata la spina secondo quanto disposto dai giudici inglesi contro la volontà dei genitori, Tom e Kate, rispettivamente 21 e 20 anni, che si oppongono disperatamente all'esecuzione della sentenza.

L'ospedale Bambino Gesù di Roma si è più volte detto disponibile ad accogliere il bambino per assisterlo e accompagnarlo alla sua morte naturale. Prima dell'udienza generale, attorno alle 9, papa Francesco a Santa Marta ha incontrato privatamente Thomas Evans, il giovane papà di Alfie. Thomas, giunto da Londra a Roma appositamente per questo incontro, sta cercando di evitare che venga eseguita la sentenza della Corte di Londra. Il giovane papà ha informato il Pontefice della situazione e sul suo profilo social ha pubblicato un paio di foto, che documentano l'incontro, accompagnate dal commento: «Alfie faremo qualsiasi cosa per te. Tu non stai morendo e perciò non permetteremo che ti tolgano la vita. Santità, salvi il nostro figlio». Il papà di Alfie scrive ancora di «non aver dormito, non aver mangiato e non essersi messo la cravatta né preparato» e di essere «saltato ieri sera su un aereo per venire a Roma e incontrare il Papa».

«Non potete controllare ogni aspetto della vita delle persone»

Per la vita di Alfie sono ore decisive. I suoi genitori hanno chiesto questo all’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool di portare Alfie all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, una delle eccellenze pediatriche a livello internazionale. I medici inglesi però hanno sempre rifiutato il trasferimento del bambino: secondo loro il massimo interesse di Alfie è morire, e per questo ritengono necessario che gli sia interrotta la ventilazione artificiale, che finora gli ha consentito di respirare. I tribunali inglesi e la Corte europea per i diritti umani hanno dichiarato legittima la loro decisione, fino all’ultima udienza di lunedì 16 aprile.

Alfie, nato sano il 9 maggio 2016, aveva due mesi quando Tom e Kate (19 e 18 anni, all’epoca) si accorgono che c’è qualcosa che non va. A sei mesi mostrava già un ritardo nello sviluppo, ma è stata una bronchite che, nel dicembre successivo, lo ha fatto entrare nell’ospedale da cui non è riuscito più a uscire. Le sue condizioni sono drasticamente peggiorate per via di una malattia neurodegenerativa a oggi sconosciuta, che secondo tutti i medici che lo hanno visitato lo porterà alla morte.

Quando erano ormai stabilite data, ora e modalità per la morte di Alfie, i suoi genitori hanno compiuto una protesta durissima: giovedì scorso sono andati a riprendersi il figlio, fisicamente, all’Alder Hey, con un ambulanza privata ed équipe medica, e con un parere legale con cui i propri avvocati dichiaravano il diritto a portare via il piccolo. I due giovani genitori sono stati bloccati dalla polizia nel reparto di terapia intensiva dove è ricoverato Alfie e hanno ripreso la scena. Sono diventati immediatamente virali i video dei poliziotti che piantonavano la corsia e di Thomas che mostrava suo figlio nella stanza e che chiedeva di portarlo via, in un altro ospedale, perché non fosse fatto morire.

Nella drammatica udienza del 16 aprile, l’avvocato degli Evans ha gridato ai giudici: «Non potete controllare ogni aspetto della vita delle persone», dopo aver invocato per Alfie, invano, l’«Habeas corpus», l’antico diritto all’inviolabilità delle persone. I giudici hanno risposto che quel che conta è l’interesse supremo del bambino, e non sono i genitori a deciderlo. È lo Stato britannico che per Alfie, come per Charlie Gard, ha deciso che deve morire. Contro la volontà dei suoi stessi genitori.


Alberto Pento
Al Papa ricordo che Dio non è un padrone e che la vita risponde alle sue leggi, alle leggi del creato e che il Creatore non è equiparabile a un padrone, a un re, a un imperatore, a un dittatore, ... e che l'uomo è in parte, entro certi limiti e ambiti, corresponsabile e responsabile.
La vita è anche dell'uomo, della sua volontà.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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