Vittorio Feltri: cari siciliani andate a votare, tanto è inutile
Matteo Legnani
4-nov-2017
https://newsstand.google.com/articles/C ... qm4wm_mLAw
I siciliani votano per la loro regione incasinata come nessun' altra. Sono appassionati di politica perché non hanno alternative: sperano che i partiti risolvano i problemi da loro stessi creati. Si illudono. Da un secolo almeno confidano in una buona gestione dell' isola. Nulla da fare. Qualsiasi amministrazione, di destra o di sinistra, ha fallito. Gli enti pubblici locali sprecano, investono in cose inutili, i trasporti fanno orrore, non funzionano, le strade sono rimaste quelle del tempo in cui Berta filava, non esistono infrastrutture degne della modernità, l' economia langue, poi gli incendi, i forestali che costano e non agiscono, i bilanci delle istituzioni sono in eterno passivo.
Il voto serve soltanto a perpetuare una situazione ambientale scandalosa. Per quale motivo ci dovremmo eccitare per le elezioni di domenica? Non ci importa chi vincerà e chi perderà. Quale sia l' esito dello spoglio, non muterà alcunché né a Catania né a Palermo né altrove.
Crocetta non si è comportato peggio dei suoi predecessori e i suoi successori non faranno meglio di lui. Berlusconi non ha torto quando dice che la Sicilia è stata dominata da tutti, da cani e porci, e che le manca solo di finire sotto le grinfie dei grillini. Sarebbe un finale drammatico, visto il modo osceno in cui il Movimento 5 stelle ha guidato le città delle quali si è impossessato. Però il punto è un altro. La storia insegna che la Trinacria è irrecuperabile, chiunque la governi non è in grado di raddrizzarla.
Non so perché essa sia incapace di tenere il passo con altre zone italiane, ma è evidente che non riuscirà mai a recuperare e a mettersi al passo con la Lombardia, per citare una regione europea a ogni effetto. Pertanto sia che il torrone venga menato dal Cavaliere o da Grillo o da Renzi (improbabile) non verificheremo alcuna differenza.
L' isola seguiterà ad essere bella e maledetta, affascinante, misteriosa e soggetta alle soperchierie di vari potentati, non esclusi quelli mafiosi. La mafia è una sorta di cultura che poi è diventata mentalità, abitudine, costume. È un sistema sociale che, oltre ad aver preso piede, ha preso le teste. Sradicarlo è un' impresa titanica in quanto la piovra è efficiente, mentre lo Stato è affidato a gente sprovveduta, incapace di imporre la legalità. Non lo diciamo noi, lo confermano i fatti sotto gli occhi di chiunque ne abbia buono almeno uno.
Stando ai politici impegnati nella campagna elettorale, il voto siciliano è importante poiché sarebbe un anticipo di quanto tra alcuni mesi succederà sul piano nazionale: chi spopolerà nell' isola, spopolerà nella penisola. Non è vero. La Sicilia è un mondo a sé. Una realtà particolare che non rispecchia quella generale. La consultazione di domani non è una cartina di tornasole, bensì un fenomeno paesano e amen. Il centrodestra, costituito da Berlusconi, Salvini e Meloni, non ha minori opportunità di prevalere rispetto ai grillini e al centrosinistra (sinistrato), ma ciò non conta ai fini del rinnovo del Parlamento romano. Questa sarà un' altra partita.
Ultima considerazione. Se il buon Silvio punta sul ponte riguardante lo stretto di Messina per trionfare in Sicilia, vuol dire che ha poche o zero cartucce da sparare. Siamo alle solite boutade che non hanno mai dato frutti e scatenato soltanto grasse risate. Ma dove vai se il ponte non ce l' hai?
Corte dei Conti: "In Sicilia la politica più costosa d'Europa. Spreco di soldi pubblici"
di Giuseppe Pipitone | 28 febbraio 2015
https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/0 ... ci/1463682
Più di tutte le altre Regioni d’Italia, più della Camera e del Senato, in certi casi ancora più caro rispetto agli altri paesi europei: è il costo della politica in Sicilia, finito al centro dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, al Palazzo Steri di Palermo. È un dettagliato j’accuse agli sperperi della politica isolana quello contenuto nella relazione annuale di Giuseppe Aloisio, procuratore facente funzioni della Corte dei Conti di Sicilia. Un elenco di sprechi che spesso diventano oggetto d’indagine da parte dei magistrati contabili.
A leggere la relazione, il 2014 è l’annus horribilis per la spesa pubblica siciliana: le condanne per danno erariale ammontano infatti a 39 milioni di euro, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. E mentre le condanne raddoppiano, in crescita sono anche i nuovi casi d’indagine. Aloisio ha citato il caso “del presidente del consiglio e della quasi totalità dei consiglieri dell’ex Provincia regionale di Catania, ai quali è stato contestato il danno complessivo di circa 450mila euro per l’illegittima utilizzazione dei fondi assegnati per spese di missione e di funzionamento, ritenute non compatibili con le esigenze istituzionali dell’organo consiliare”.
La provincia etnea, all’epoca guidata da Giuseppe Castiglione, oggi sottosegretario, era finita al centro delle polemiche per i rimborsi a sei cifre chiesti e ottenuti dai suoi consiglieri: gagliardetti, t-shirt, bandierine, disegni in carta di papiro, tutti rigorosamente pagati con fondi pubblici. Ancora maggiore la cifra che secondo i magistrati contabili sarebbe stata ingiustamente spesa dai gruppi parlamentari all’Assemblea regionale siciliana tra il 2008 e il 2012. A giudizio sono finiti i sette capigruppo, ancora oggi indagati dalla procura di Palermo, per “l’illegittima utilizzazione dei fondi assegnati, non riconducibili agli scopi istituzionali del’Ars, con la contestazione di un danno erariale di un milione e 925 mila euro”.
Ma non è solo nei rimborsi e nei fondi parlamentari la chiave dello spreco: al centro della relazione dei magistrati contabili anche il caso dei gettoni di presenza. Aloisio ha citato il caso dei “consiglieri di un piccolo comune che hanno deciso di aumentare del 417 per cento il gettone di presenza: un danno di 650 mila euro circa”. Proprio in questi giorni è finita nella bufera la città di Agrigento, dove il consiglio comunale è riuscito a convocare 1.133 riunioni delle commissioni solo nel 2014: in pratica tre volte al giorno, tutti i giorni, incluso Natale e Ferragosto. Alla fine il costo per i bilanci comunali è stato di 285mila euro.
Ma non è solo la politica che spreca risorse pubbliche in Sicilia. “Tra i 39 milioni di euro di condanne per danno erariale troviamo un po’ di tutto: dai 5 milioni provocati dalla Formazione alla società che non ha riversato i biglietti per le aree archeologiche con un danno di 16 milioni” ha spiegato nella sua relazione Luciana Savagnone, presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei conti. Il riferimento è per il caso Novamusa, la società che dal 2003 gestiva i principali siti archeologici siciliani, dal teatro antico di Taormina, fino alle aree archeologiche di Segesta e Selinunte: solo che il costo dei biglietti per visitare i siti veniva trattenuto interamente dalla società privata, senza versare nelle casse della Regione siciliana la percentuale (il 70 per cento) di sua competenza.
“Nel settore della formazione professionale – continua Savagnone – è stata evidenziata, quale grave anomalia del sistema, l’eccessiva spesa di soldi pubblici, non tanto e non solo per formare lavoratori, ma per sostenere finanziariamente gli enti”. Già ribattezzata come il “buco nero” dei milionari finanziamenti di Bruxelles, il settore della formazione professionale siciliana finisce adesso nella relazione dei magistrati contabili. “Sembrerebbe trattarsi – scrivono – di una spesa fine a se stessa che rischia di trasformare lo scopo del settore, originariamente unicamente formativo, in uno scopo parassistenziale. La maggior parte delle condanne in questione sono state emesse nei confronti di enti di formazione, ritenuti responsabili di danno erariale per aver sottratto o distratto finanziamenti dal fine per cui erano stati concessi o per la mancata restituzione all’amministrazione erogatrice delle somme non ammesse a discarico”.
Sono 109 gli atti di citazione notificati a 255 amministratori del settore, per un danno di 48 milioni di euro. Pesanti bacchettate arrivano anche al settore delle assunzioni nel settore pubblico. “C’è un ricorrente spreco di risorse pubbliche nelle procedure di assunzione di personale o di ingiustificato riconoscimento ai dipendenti di qualifiche o livelli superiori da parte delle società in house della Regione siciliana i quali, nonostante il divieto posto a contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica, hanno continuato a disporre reclutamento di personale non giustificato e vietato” ha detto il procuratore Aloisio. Che poi ha definito “il fenomeno, oggettivamente allarmante per la finanza pubblica regionale”. Come dire che a sprecare denaro non sono soltanto i politici ma anche la classe dei burocratici regionali.
???
In Sicilia la politica più costosa d’Europa? Il solito attacco per denigrare l’Autonomia – La Voce di New York
di Laura Bercioux
http://www.lavocedinewyork.com/zibaldon ... lautonomia
Quis custodiet custodes? Non abbiamo ancora letto la relazione della Corte dei Conti. Ma abbiamo la sensazione che ci sia stata una forzatura per fare dire ai giudici della magistratura contabile cose che non hanno mai detto. Basti pensare ai costi degli europarlamentari...
Quando è guerra è guerra. Lo Stato italiano non si accontenta di usare la Sicilia come un bancomat, di umiliarne diritti e prerogative, di linciare quotidianamente tutto il suo Popolo e le sue Istituzioni, come se la nostra Terra fosse una sorta di paese di Bengodi e di privilegi (tanto, avendo l’informazione schierata a senso unico, si può dire qualunque cosa). No, non basta, si deve portare a casa il risultato finale, lo scalpo dei Siciliani.
Sbaglia chi pensa che siccome lo Statuto non sia mai stato attuato se non come corda per impiccare gli stessi siciliani, questo non rappresenti ancora oggi un pericolo potenziale per la dominazione italiana della Sicilia. Sbaglia perché invece il pericolo è stato avvistato e i bombardamenti (mediatici e non solo) proseguono senza sosta ogni giorno. A noi il compito di parare i colpi. Il che è facilissimo: basta svelare, almeno ai Siciliani, quello che sta succedendo alle nostre spalle e sulla nostra pelle.
Due fatti, apparentemente non connessi.
Primo fatto: il Procuratore generale della Corte dei Conti “siciliana” dice che i costi della politica in Sicilia sono molto elevati, addirittura i più alti d’Europa (?!). (Nota metodologica: mi fido di quello che leggo sui giornali, perché non ho ascoltato “de visu” la relazione e questa non è ancora disponibile sul sito dell’ecc.ma Corte). Ora, un conto è dire che i costi della politica in Sicilia sono davvero molto alti, e che, a leggi vigenti, se ne fa un cattivo uso, perché purtroppo questo è vero, o quanto meno assai verosimile. Un altro è avventurarsi in queste azzardate comparazioni senza base logica o numerica. Sapete, io sono uomo di numeri, e stento a credere che la Procura abbia fatto un completo studio comparativo tra i costi della politica regionale siciliana e quelli di tutte le altre Regioni e lo Stato. Per non parlare dei costi dell’Unione europea! Si parla tanto della retribuzione dei parlamentari nazionali del nostro Paese. Ma qualcuno immagina quanto si porta a casa ogni mese un eurodeputato? Tutti sono a conoscenza che, mettendoci dentro il costo dei collaboratori, un eurodeputato costa alla collettività una cifra di gran lunga superiore a quella di un parlamentare italiano? Detto così – ripeto, mi fido dei giornalisti – mi pare una grande “boutade”! Buona per fare un “pezzo”, per alimentare una campagna-linciaggio, ma assolutamente priva di riscontri numerici. Suvvia! Ma avete idee di quanto costino, sia in valore assoluto, sia pro capite rispetto a tutti i cittadini italiani, gli organi centrali dello Stato? E volete farci credere che tra la Lombardia e la Sicilia ci siano davvero quelle grandi differenze? Dopo tutto quello che si sente sugli scandali della politica italiana, da Bolzano ad Agrigento? No! Ecc.mo Procuratore, non mi convince un’affermazione così perentoria e affrettata, sempre che Ella l’abbia mai pronunciata. I numeri che consociamo tutti non consentono di suffragarla. Sarebbe interessante sapere a quali numeri faccia riferimento. Ma il punto – come sempre – non è questo. Il punto vero della questione è un altro. Qual è il compito della Corte dei Conti o, quanto meno, il compito principale? Dare giudizi sulla difesa degli interessi erariali nell’attuazione della legge o dare giudizi sulla validità della Costituzione in quanto tale?
Peraltro le affermazioni della Corte sono subito rimbalzate e amplificate da un giornale all’altro con un significato che è ben diverso da quello originale e già mirante allo scopo, tutto “politico”, del Governo Renzi, che più volte abbiamo denunciato: chiudere i conti con lo Statuto siciliano, e – perché no – con la Sicilia stessa. È gente autoritaria e spicciativa quella: la democrazia e le autonomie le vivono come inutili e intollerabili impacci. Ma quali regole? Le regole le facciamo noi! E così lasciamo stare i giornali “privati”, che a un certo punto sono pagati dai loro padroni per dire questo, ma il servizio pubblico di RAI 3 addirittura dice che questi costi derivano da un “uso distorto dello Statuto” (?). Affermazione lasciata quasi cadere là, senza accorgersi della viltà e dell’eversività di una caduta così semplice. Per condire questa affermazione, non si sa mai, segue un’intervista ad un campione degli interessi italiani in Sicilia da (almeno) tre generazioni: l’ineffabile senatore Enrico La Loggia, che ci spiega quanto siamo “sporchi, brutti e cattivi” noi siciliani che invece dovremmo essere d’esempio per tutti (ma perché solo noi? boh!). Altre campane? Nessuna, naturalmente. Questa è l’informazione “democratica” “ggente”!
Insomma, si usa il servizio pubblico italiano per una campagna mediatica contro una Regione italiana. Roba da stracciare il passaporto o la carta d’identità di un Paese che ci odia. Avete letto qualche commento on line sui principali giornali italiani? Fatelo, è istruttivo sapere quel che pensano di noi i “fratelli d’Italia”: la cosa più gentile e simpatica che ho letto e che vorrebbero pregare gli USA di riprendere in considerazione l’idea dell’incorporazione dell’Isola fra i suoi Stati. Perché non posso credere che il Procuratore abbia fatto un’affermazione così grave. Sarebbe ancora più scandaloso! Ve lo immaginate un Procuratore romano della Corte dei Conti che si lancia contro i costi della Costituzione del 1947, invocandone un “efficientamento” e una “semplificazione” di questa democrazia troppo costosa? Sarebbe conflitto tra poteri. La Corte costituzionale per prima ne chiederebbe le dimissioni. Chi ce lo immischia il PM a giudicare la Costituzione? Questa è stata la volontà dell’Italia, del suo Popolo, dei suoi legittimi rappresentanti. Se non gli piace cambi nazione… Suo compito, di custode, è quello di controllare che questa democrazia affronti i propri costi senza distoglierli dalle finalità istituzionali. Punto e basta. Arrestiamo gli spreconi e i corrotti, ma le istituzioni sono dei Cittadini, non dei Politici. O nell’Europa dei “mercati” queste regole elementari non valgono più?
Non posso credere che lo abbia detto, e infatti non lo credo, avendolo sentito solo nel servizio pubblico renziano, nemmeno sul “Giornale” o sul “Fatto quotidiano” (che quando parlano di Sicilia sembrano testate di un regime a partito unico, divisi su tutto, ma uniti sullo spolpare la Sicilia). E quindi? Chiediamo la testa del capo redattore di Rai Sicilia?
Io da cittadino ho il diritto di sapere come stanno le cose! C’è stato davvero un “uso distorto” dello Statuto? E di chi? Contro chi? Chi è stato defraudato? Lo Stato italiano? Ma per piacere! Defraudati siamo noi, allo 0,1 % dalla corruzione dei politici siciliani, e al 99,9 % dai furti dello Stato italiano. Perché non diciamo questo? Perché non diciamo che, se anche tutti, ma proprio tutti, i politici e i funzionari siciliani fossero un immane casta corrotta e irredimibile, questa deruberebbe risorse alla Sicilia stessa e non mai al Continente, che non mette un centesimo nella nostra spesa pubblica, da sempre.
Poi, nel merito, non credo che la somma di 40 milioni di corruzione sia vera. Essa sarà certamente maggiore, conoscendo la qualità morale che esprimono i partiti “ITALIANI” in Sicilia, con la loro inqualificabile classe politica, priva di ricambio, da sempre. Se fosse vero, significherebbe che la corruzione in Sicilia incide per lo 0,1 per mille (!) del Pil, mentre – non dimentichiamolo mai – l’Italia preleva ogni anno ILLEGITTIMAMENTE, cioè ruba, il 12,5 % del nostro Pil gettandoci nella prostrazione più assoluta.
C’è qualcosa che non va, Ecc.ma Corte, nello Statuto, è vero. Ma sapete cos’è? Quello di avere previsto per la magistratura, anche contabile, un decentramento soltanto gerarchico e non autarchico. Voi siete sempre, purtroppo, anche se dovete onori e stipendi allo Statuto, magistrati dello Stato, al quale avete giurato fedeltà. I furti dello Stato sono al di là dei vostri compiti e del vostro orizzonte. Se lo Stato distoglie risorse illegittimamente a una Regione, per voi non c’è danno erariale, e avete ragione. Lo Stato non è danneggiato da questi furti, ma la Sicilia sì. E così inseguite le pagliuzze e vi sfuggono le travi… Ah, se avessimo la Nostra Corte dei Conti, come quel “Tribunale del Real Patrimonio”, o “Magna Curia dei Maestri Razionali”, ai quali toccava persino il compito di dare “esecutoria” ai decreti del re lontano, solo se questi non configgevano con le Costituzioni e Capitoli del Regno. Ma allora eravamo uno Stato, seppure solo semi-indipendente. Oggi, siamo una “Regione”, rectius “Colonia”, della Repubblica italiana e ci tocca questo.
Secondo fatto, apparentemente non legato al primo: la “Faraona”, dove una corte di cortigiani in cerca d’autore si è affollata bavosamente alla tavola del nuovo potente. Scorrendo i volti c’è qualche conoscenza. Mi è sembrato – ma sarà un inganno della memoria – di scorgere qualche volto di antico berlusconiano o cuffariano, passato per la corte di Raffaele Lombardo. Sempre le stesse persone, sempre lo stesso stile, da barone che va di corsa a giurare fedeltà a un re lontano, nelle mani del viceré vicino, pensando di poter affliggere come sempre i propri vassalli con una benedizione che suggella l’alleanza tra parassiti lontani e vicini. Salvo solo, per inciso, il buon Zamparini, che infatti non è siciliano, e che secondo me era lì solo perché non ha capito niente. Sugli altri, tra i quali molte persone privatamente per bene e qualche mio esimio collega, stendiamo solo un velo pietoso.
Però, in mezzo a questo rito senza storia, che si ripete stancamente da 600 anni circa, un messaggio politico forte c’è stato. Faraone, sotto il volto compiaciuto del Commissario Delrio, ha pubblicamente attaccato lo Statuto, cioè, tradotto in politichese, ha fatto pubblicamente “giuramento di fedeltà” agli interessi esterni alla Sicilia. Come dire. “Non state a sentire il resto del discorso. Io sono qui per garantire gli interessi della dominazione italiana sulla Sicilia e, se resta qualche briciola da questo sacco, per spartirla a famigli, ascari e ruffiani”. Che migliaia di lavoratori privati del loro stipendio per queste politiche affamatorie fossero appena fuori dalla cittadella dal potere a protestare è un dettaglio. La nostra vita intera è un dettaglio da affidare a poche righe dei giornalisti compiacenti. Questa è la nuova, vecchissima Sicilia che ci attende.
Mettiamo insieme, come sempre, i pezzi. L’attacco allo Statuto aumenta di intensità ogni giorno, fino al fallimento della Sicilia, già programmato per il prossimo 30 aprile (mi pare di averne già parlato) quando si inizierà il processo “formale” della sua revoca. Strano tanto accanimento per un pezzo di carta che è lettera morta. Ma che ci sarà scritto di tanto minaccioso in esso?
Hanno un Tallone d’Achille però: devono convincere la maggior parte dei Siciliani che la colpa di tutti i loro mali è nello Statuto. Se non ci riescono e perdono le elezioni regionali che si terranno dopo il fallimento della Regione, allora saranno stati sconfitti e a quel punto dovranno darci tutto ciò che ci spetta, ma proprio tutto. Ancora non ci sono riusciti. Vediamo di non farli riuscire e di organizzarci in modo da riprenderci la Regione, anzi la Sicilia, e mandare a casa una classe dirigente di manager del sottosviluppo, professionisti dell’antimafia, incompetenti burocrati e grigi collaborazionisti. Ma mandarli a casa per davvero! Sapremo farlo?
Coi soldi sprecati dalla Sicilia si potrebbe fare un Ponte sullo Stretto ogni cinque anni
di Francesco Cancellato
La vera grande opera per la Sicilia? Via lo Statuto Speciale che ha prodotto solo sprechi e clientele. Se i costi del pubblico fossero in linea con le regioni più virtuose, ci sarebbero 2 miliardi all'anno in più da spendere. Il Ponte ne costa 8,5. Fate due conti
3 Ottobre Ott 2016
http://www.linkiesta.it/it/article/2016 ... tret/31955
L’ultima scoperta è che sui 15 mila addetti della Regione Sicilia 6 mila non possono essere trasferiti: 3mila di loro - uno su cinque! - perché sono dirigenti sindacali. Tremila, perché usufruiscono dei 3 giorni di permesso al mese (e dell’intrasferibilità) previste della “legge 104” per disabilità propria o di un familiare.
Se vi sembra abbastanza per scandalizzarvi, tirate un bel respiro e aggrappatevi alla poltrona. La Sicilia, in fatto di spesa pubblica e sprechi, è qualcosa da Guinness dei Primati. La spesa per il personale pubblico è pari a 2 miliardi di euro, laddove il totale nazionale è pari a 6. Avete capito bene: un terzo della spesa nazionale per il personale finisce sull'Isola.
Andiamo avanti: la Sicilia è l’unica regione in cui i comuni spendono più del 40% di spesa corrente per il personale. Nel resto dell’Italia la media è attorno al 20%. Ancora: la sola assemblea regionale siciliana costa circa 165 milioni di euro, laddove in Lombardia ne costa 68, in Piemonte 66, in Campania 62. Costo, questo, che oltre allo straboccante peso dei dipendenti è anche figlio di una classe politica che recentemente la Corte dei Conti ha definito come “la più costosa d'Europa”. Una classe politica che si fa rimborsare, pro capite, circa 28 caffè al giorno, per 365 giorni l’anno, festivi compresi. Che nel 2014 ha subito condanne per danno erariale pari a 39 milioni di euro (record!). E che in piena buriana da patto di stabilità si ritrova sindaci di piccoli comuni che alzano il gettore di presenza per i consiglieri comunali del 417%.
Dimenticavamo: il bilancio 2015 della Regione Sicilia è in disavanzo di 6,19 miliardi e un accordo Stato-Sicilia ha concesso all’Isola che la compartecipazione agli introiti Irpef passi dai 500 milioni del 2016 a 1,7 miliardi nel 2018. In cambio, la Regione dovrà tagliare il 3% di spesa corrente, a partire dal 2017.
La spesa per il personale pubblico siciliano è pari a 2 miliardi di euro, su un totale nazionale che è pari a 6. La Sicilia è l’unica regione in cui i comuni spendono più del 40% di spesa corrente per il personale. Nel resto dell’Italia la media è attorno al 20%. Ancora: la sola assemblea regionale siciliana costa circa 165 milioni di euro, laddove in Lombardia ne costa 68, in Piemonte 66, in Campania 62
Non sappiamo se ce la faranno. Quel che bisognerebbe mandare a memoria, piuttosto, è che quando si parla di sprechi, di spese inutili e di costi fuori controllo a proposito della Sicilia forse parlare del Ponte sullo Stretto è quantomeno fuori luogo. Un’opera cara, certo. Una cattedrale nel deserto il cui unico indotto che produrrebbe è costruirla, probabilmente. Un’opera, tuttavia, che costerebbe 8,5 miliardi di euro, più o meno cinque anni di stipendi pubblici siciliani. O, se preferite, un anno e mezzo di perdite della Regione. E che i 600 milioni di euro che si calcolano come già spesi per i lavori preliminari dal 1870 a oggi, sono più o meno pari a quel che l’Assemblea Regionale Siciliana ha speso in più di quella lombarda negli ultimi sei anni.
Tutto questo per dire una cosa: che la più grande opera pubblica che si può fare in Sicilia è abolire quell’autonomia che in settant’anni ha prodotto solo sprechi, clientele e assistenzialismo, facendo precipitare l’isola in una situazione di sottosviluppo strutturale che poco ha da spartire con le sue enormi potenzialità. E che molto ha contribuito al consolidamento del potere mafioso.
Al di là del Ponte e dell’alta velocità ferroviaria tra Napoli e Palermo, che permetterebbero di raggiungere il capoluogo siciliano da Roma in sei ore, contro le 11 attuali, si potrebbero fare un sacco di cose, in Sicilia. Filippo Romeo, il Direttore del Programma “Infrastrutture e Sviluppo Territoriale” dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, ne ha tracciato un bel quadro su Formiche, giusto ieri. Parla, Romeo, di “un hub aeroportuale, ovvero un raccordo degli aeroporti attuali, migliorati e potenziati, al centro della Sicilia per intercettare le rotte che arrivano dall’Asia e dalle Americhe per poi distribuire il traffico all’interno del Mediterraneo, verso l’Europa e verso l’Africa”. E ancora, del collegamento dei porti con le linee di alta velocità e capacità, ancora tutta da costruire. Su cui si innesta, ovviamente, anche il Ponte.
“Un tale sistema di infrastrutture logistiche integrate - conclude Romeo - consentirebbe di intercettare tutti i traffici che passano per Suez e garantirebbe alle merci ed al prodotto industriale italiano di andare sui mercati internazionali con un 25% di costo in meno”. Fosse anche la metà, sarebbe abbastanza. Investimenti costosi, certo. Ma sappiamo dov’è la spesa pubblica improduttiva e dove tagliarla, perlomeno in Sicilia. E se non facciamo niente - come Italia, non solo come Sicilia - siamo semplicemente complici del suo sottosviluppo. E del nostro declino.
Corte dei Conti: ex Province in rosso con i dipendenti più costosi d'Italia
I magistrati contabili in audizione alla Commissione Ars: "La Regione è in ritardo, problemi per ricollocare il personale nei Comuni"
14 aprile 2016
http://palermo.repubblica.it/politica/2 ... -137652562
È la radiografia di un'agonia che si trascina da mesi, fra i ritardi della legge di riforma e i bilanci sempre più magri a causa della riduzione dei trasferimenti da Stato e Regione, quella tracciata dalle sezioni riunite della Corte dei Conti in audizione alla Commissione Affari Istituzionali per relazionare sulla salute finanziaria delle ex Province, ora Liberi Consorzi e Città Metropolitane. I magistrati contabili mettono in luce i punti critici che iniziano dall'enorme ritardo nell'attuazione della riforma e nella conseguente assegnazione di deleghe e relative risorse.
Lo Stato ha tagliato in quattro anni il 96 per cento di risorse, la Regione oltre a tagliare, ritarda nell'erogazione dei fondi. In più le ex Province dovranno contribuire alla finanza statale per oltre 115 milioni di euro. E nel frattempo le ormai ex Province non sono riuscite ad incrementare le entrate "proprie", quelle da tributi o altre operazioni come la riscossione di affitti. Anzi la "dipendenza" dai trasferimenti regionali è aumentata, con punte di circa il 40 per cento delle entrate per Siracusa e Enna. A fronte di ciò le ex Province spendono tutto, anche i soldi guadagnati da operazioni "straordinarie e non strutturali", in pratica non ripetibili nei successivi bilanci, solo per le spese correnti. Gli investimenti si sono ridotti al lumicino, non oltre il sei per cento del bilancio. Secondo ecenti calcoli dell'assessore regionale all'Economia, Alessandro Baccei, una voragine di 180 milipni di euro mentre la Regione ne taglia 150 di trasferimenti. E fra le spese correnti il peso più consistente riguarda il personale.
E' il punto maggiormente dolente non solo perchè la riduzione del personale, scrive la Corte, "è legata a cause volontarie - vale a dire pensionamenti - a causa del mancato avvio in Sicilia del processo di razionalizzazione delle unità di personale tra i vari livelli di governo". Attualmente i dipendenti delle nove ex Province sono 5710 contro i 6.103 del 2012. Calati del 35 per cento i dirigenti, di appena il 6,4 i dipendenti e dell'85,2 i tempi determinati e secondo la Corte altri pensionamenti potranno tagliare da qui al 2018 un altro 29 per cento di personale. E rimangono anche 559 precari. Malgrado questa (modesta) riduzione il personale delle ex Province costa a ogni cittadino siciliano 35,34 euro mentre nel resto d'Italia questa cifra si ferma a 22,9 euro "testimoniando - scrivono i magistrati - l'anomalia dei volumi di spesa sostenuti dagli enti siciliani rispetto al restante territorio nazionale".
Allarme anche sul fronte del ricollocamento di quella parte di personale che con la riforma sarà in esubero. Con l'incentivo approvato in finanziaria destinato ai Comuni che stabilizzano i precari "si introduce - scrive la Corte - un significativo e peculiare elemento di novità nelle priorità assunzionali dei comuni, certamente non privo di conseguenze nell’ipotesi – ampiamente realizzatasi in ambito nazionale – di ricollocazione del personale in esubero”. In pratica nei municipi non ci sarà più neanche un posto per i dipendenti provinciali
in esubero. Ultimi due pesanti appunti riguardano la Regione e la capacità delle ex Province di adottare meccanismi di spending review. La mancata attuazione della riforma per i giudici sta finendo di distruggere la salute finanziaria degli enti che, dal canto loro, non sono riusciti a tagliare neanche un euro dalle intoccabili spese correnti. Mentre i servizi, dalle strade, alle scuole all'assistenza ai disabili sono sempre più un ricordo.