Il caso del ragazzo rapinatore ucciso di NapoliMassimo GramelliniIl Caffè 3 marzo 2020
Ansa
"I fatti fin qui appurati sono che un ragazzo di quindici anni, Ugo Russo, è stato ucciso a Napoli da un carabiniere fuori servizio a cui aveva puntato alla tempia una pistola giocattolo per estorcergli l’orologio. Che i familiari del ragazzo hanno devastato un pronto soccorso, infischiandosene di chi vi lavorava o vi era ricoverato. E che alcune persone hanno sparato colpi intimidatori contro una caserma dei carabinieri. La morte di un adolescente insulta sempre la vita, anche quando si tratta di un balordo che scriveva sui social «perché uccidere qualcuno, se lo puoi torturare». Il mondo è pieno di ex adolescenti balordi che hanno cambiato strada, mentre a Ugo Russo questa possibilità è stata negata. Ma, per quanto umanamente comprensibile, il tentativo del padre di farlo passare per una vittima dello Stato distorce i termini del problema. Saranno i giudici a stabilire se la reazione del carabiniere sia stata esagerata. Ma resta il fatto che Ugo non è stato ucciso mentre camminava per strada, come succede a tanti bravi ragazzi napoletani che cadono sotto i colpi della camorra durante quei riti tribali di demarcazione del territorio che si chiamano «stese». Ugo non era un passante. Era il prodotto inesorabile di un ambiente che trova normale devastare un pronto soccorso e sparare contro una caserma dei carabinieri. E lo trova normale perché — dopo decenni di convegni e serie televisive — considera ancora quella caserma e quel pronto soccorso i palazzi del nemico".
Il carabiniere si difende: "Temevo ci volessero uccidere"Valentina Dardari - Lun, 02/03/2020
https://www.ilgiornale.it/news/napoli/c ... S1DNUCtcoEIl militare continua a dire di essere stato minacciato con la pistola alla tempia. La procura di Napoli ha avviato l’inchiesta per cercare di chiarire quanto avvenuto
Il carabiniere che a Napoli ha sparato al 15enne Ugo Russo, uccidendolo, continua a difendersi asserendo: “Temevo ci volessero uccidere”.
Ha detto di essere stato minacciato con la pistola alla tempia e di essersi subito qualificato. E, solo dopo aver sentito la pistola scarrellare, di aver sparato, per salvare se stesso e la sua fidanzata. I familiari del giovane rapinatore accusano invece il militare di avergli sparato alle spalle.
L’inchiesta della procura di Napoli, guidata dal procuratore capo Giovanni Melillo, e del nucleo investigativo dell' Arma, dovrà fare luce su quanto realmente accaduto quella tragica notte. Per prima cosa sarà importante l’autopsia sul corpo del ragazzo. Oltre alla visione dei filmati registrati dalle telecamere di sicurezza presenti nel quartiere dove è avvenuto il fatto, e la ricostruzione balistica dei tre colpi di pistola. Melillo ha sottolineato che è fondamentale mantenere un “atteggiamento di ponderazione”.
Il carabiniere non avrebbe sparato alle spalle
Sembra comunque che da un primo esame sul corpo della vittima, il carabiniere abbia detto la verità affermando di non aver sparato alle spalle. Il foro presente dietro la testa sarebbe infatti d’uscita e non di entrata. Come riportato da La Stampa, il padre del ragazzo avrebbe detto: “Io non lo so se Ugo abbia puntato o meno la pistola alla tempia di quel carabiniere. Conosco mio figlio per come è a casa con noi, ma quando è fuori come si fa? Non vado mica dietro a lui. Il carabiniere gli ha sparato alle spalle. È stata un' esecuzione, qualsiasi cosa abbia fatto Ugo, perché sparare così?”.
Per il momento il carabiniere è indagato per omicidio, non si sa ancora di quale natura. In base agli elementi raccolti ieri, domenica 1° marzo, nella mattinata di oggi, la procura deciderà se si tratta di omicidio volontario o colposo con eccesso di legittima difesa. L’avvocato Gaetano Mormile, legale della famiglia della vittima, ha chiesto l’acquisizione dei video delle telecamere di sicurezza. Il militare, ufficiale di pubblica sicurezza 24 ore al giorno, era corretto avesse la pistola d’ordinanza in ogni momento, e a intervenire in caso di necessità o pericolo. Le indagini della procura stanno indagando anche su quanto avvenuto in seguito.
Il pronto soccorso devastato
Conoscenti e parenti della vittima hanno devastato il pronto soccorso dell’ospedale e alcuni proiettili sono stati sparati contro la caserma del comando provinciale dei carabinieri. “Quanto accaduto stanotte e Napoli, fra rapine, ospedali devastati e sparatorie contro la caserma dell' Arma, descrive uno scenario impensabile in un Paese moderno che voglia dirsi civile. Dove delinquenti armati sono giunti con l'indescrivibile arroganza di una criminalità fuori controllo” ha detto Valter Mazzetti, segretario generale dell' Fsp Polizia di Stato.
Le reazioni politiche
Matteo Salvini, leader della Lega, ha detto: “Quando muore un ragazzo è sempre un dramma, ma nessuno può attaccare un carabiniere che, aggredito, ha reagito per difendere la sua vita e la sua fidanzata. Solidarietà a medici e infermieri del pronto soccorso”. Secondo il parere di Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, le forze dell’ordine non sono sufficienti, ci vuole l’esercito e una legge speciale.
Anche Mara Carfagna, vicepresidente della camera, ha osservato che “la situazione dell' ordine pubblico a Napoli è fuori controllo. Troppi ragazzi senza speranza e prospettive cadono nelle mani della criminalità”. Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca del Pd, ha chiesto un posto di polizia all’ospedale Pellegrini.
Tale il padre e tale il figlioQuelle rapine in serie del papà della vittima
Luca Fazzo - Mar, 03/03/2020
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... SGk_NErMVY Il documento porta la data del 28 giugno 2018, e costringe a leggere diversamente la tragica storia di Ugo Russo, il ragazzo napoletano ucciso sabato notte durante il tentativo di rapina a un carabiniere.
Il documento aiuta a capire il contesto, il percorso umano e familiare che ha portato un adolescente a infilarsi nell'impresa che lo ha portato alla morte. Perché il documento, firmato dalla Procura generale di Milano, riguarda il padre di Ugo: Vincenzo Russo. trentotto anni, l'uomo che in questi giorni ha raccontato davanti alle telecamere il suo strazio. Ma che la Procura di Milano accusa di essere un professionista dello stesso tipo di rapine costate la vita a suo figlio. Non ha dovuto guardare lontano, il povero Ugo, per cercare un esempio sbagliato da imitare.
L'impresa che la Procura di Milano attribuisce a Vincenzo Russo è la fotocopia - più organizzata, più professionale - di quella che sabato suo figlio realizza a Napoli. Il 24 settembre 2013 in via Ripamonti, nel capoluogo lombardo, l'auto di un avvocato viene accostata da uno scooter che gli urta lo specchietto, poi il guidatore si ferma e accusa l'avvocato di avergli fatto male alla mano. Appena l'avvocato abbassa il finestrino, arriva un altro scooter, il passeggero lo colpisce al volto e gli strappa una Audermars Piguet da 40mila euro. Nel pomeriggio dello stesso giorno, dall'altra parte di Milano viene messa a segno un'altra rapina identica. La Volante si mette alla caccia degli autori, intercetta due scooter, li insegue. Uno dei motocicli si schianta. A bordo c'è Vincenzo Russo, il padre di Ugo. Viene portato in ospedale, indagato dalla Volante per entrambi i colpi. La sua fotografia viene mostrata all'avvocato rapinato al mattino: che lo riconosce senza ombra di dubbio. «É lui». Ai poliziotti che gli chiedono conto della sua presenza a Milano, Russo spiega di essere disoccupato e di essere salito al nord per cercare di vendere dei profumi. Ma non vengono trovate tracce né di flaconi né di boccette. E dalla banca dati della polizia saltano fuori altre condanne già ricevute dall'uomo per imprese analoghe. Per la Procura, Vincenzo Russo fa parte delle batterie di napoletani che salgono a Milano per i «colpi dello specchietto». E nella richiesta di rinvio a giudizio gli viene contestata la «recidiva reiterata e specifica».
Russo chiede di essere ammesso al rito abbreviato: e il 28 maggio 2018 viene assolto, il giudice non crede al riconoscimento effettuato dall'avvocato rapinato. Ma la Procura generale non si arrende e attraverso il sostituto Massimo Gaballo presenta ricorso contro l'assoluzione. Gli elementi contro il padre di Ugo, scrive il pg, sono «chiari, univoci, concordanti». C'è il riconoscimento da parte della vittima, «assolutamente certo ed esente da qualsiasi indecisione o dubbio», ma non solo. Ad incastrarlo, secondo l'accusa, c'è lo scooter, quello con cui si è schiantato nel pomeriggio mentre scappava dalla Volante. «Conferma ulteriore della responsabilità del Russo si rinviene dai filmati e dal sequestro del motorino () si allegano due fotogrammi dai quali emerge in maniera evidente che il ciclomotore sequestrato al Russo è lo stesso ciclomotore utilizzato dal rapinatore n. 1 nella rapina in via Ripamonti». Ora ci sarà l'appello. Ma Vincenzo Russo ha altre angosce con cui fare i conti.
15enne ucciso, il papà di Ugo: ‘Niente fiori, ai funerali donate soldi all’ospedale Pellegrini’
3 marzo 2020
https://napoli.fanpage.it/15enne-ucciso ... ellegrini/Il padre di Ugo Russo, il ragazzo di 15 anni ucciso da un carabiniere che ha reagito a un tentativo di rapina, ha invitato chi volesse partecipare ai funerali del figlio a non inviare fiori ma a effettuare donazioni all'ospedale Pellegrini di Napoli; dopo la morte del giovanissimo, deceduto nel Pronto Soccorso dell'ospedale del centro di Napoli, una folla di amici e parenti aveva devastato i locali rendendo necessaria la chiusura per alcune ore e il trasferimento immediato di alcuni pazienti che erano ricoverati. Sul Rolex e sulla collanina che sono stati trovati nelle tasche del 15enne dai medici durante i soccorsi, Vincenzo Russo ha dichiarato che non si trattava di refurtiva di una precedente rapina, come ritengono gli inquirenti, ma che la collanina era del figlio e che ci sarebbero diverse fotografie che potrebbero dimostrarlo.
L'ipotesi di reato per il carabiniere, indagato, era di eccesso di legittima difesa, successivamente modificata in omicidio volontario, capo di accusa che all'esito delle indagini potrebbe nuovamente variare. "Non è una vittoria per noi – ha detto Vincenzo Russo – non è una vittoria per nessuno. La vittoria per me sarebbe stata riavere mio figlio a casa".
In mattinata si è tenuta l'udienza di convalida per il 17enne che nella notte tra il 29 febbraio e il 1 marzo era con Ugo e che ha partecipato alla tentata rapina ai danni del carabiniere. Il gip ha confermato il fermo e ha disposto la misura del collocamento in comunità. Il ragazzo, ha riferito il suo legale, l'avvocato Mario Bruno, ha ribadito di non avere fatto altre rapine in precedenza e che quel colpo era stato deciso per recuperare i soldi per andare in discoteca. Massimo riserbo, invece, sulle altre questioni che riguardano la dinamica, compresa la testimonianza sul numero dei colpi esplosi dal carabiniere.
L'avvocato del giovane carabiniere, Enrico Capone, ha ribadito le dichiarazioni che aveva rilasciato ieri a Fanpage.it: "Il mio assistito è molto dispiaciuto di quello che è successo. La magistratura sta facendo il suo corso. Noi siamo fiduciosi e sereni che venga accertata quella che è la verità: un comportamento professionalmente impeccabile".
Vittorio Feltri: “Pure a 15 anni un bandito deve sapere che può morire”3 marzo 2020
https://stopcensura.info/vittorio-feltr ... H3o_mBPIeAGiovanissimo rapinatore napoletano, Ugo Russo, 15 anni, ucciso a pistolettate da un carabiniere di 23 anni. Una storia incredibile avvenuta nel capoluogo campano, resa ancora più assurda dall’epilogo al pronto soccorso, dove il ragazzino era stato portato dopo la sparatoria che lo aveva colpito: i familiari e i parenti della vittima hanno devastato per rabbia il reparto ospedaliero, chiedendo giustizia. Quale giustizia? Saperlo.
I fatti sono ingarbugliati. Tentiamo di fare chiarezza. Il militare dell’Arma fuori servizio è fermo in auto con la fidanzata nella zona di Santa Lucia. Si avvicina Russo con la rivoltella spianata (un giocattolo, in realtà) e intima all’uomo al volante di consegnargli il Rolex che stringe al polso. Il rapinato avverte il malavitoso: occhio che sono un carabiniere.
Il giovinetto se ne infischia e insiste nella sua intimidazione, finché il servitore dello Stato, minacciato, estrae la propria arma e fa fuoco tre volte. Russo, raggiunto dai proiettili alla testa, stramazza e viene trasportato nella struttura sanitaria. Niente da fare: muore.
A questo punto scoppia un casino infernale. I congiunti del morto, convinti sia stato commesso un sopruso, distruggono tutto ciò che possono. Una protesta violentissima. Data l’età del loro caro, sono persuasi che questi dovesse essere risparmiato dal tutore dell’ordine, il quale forse prima di premere il grilletto sarebbe stato obbligato a consultare i documenti di colui che gli voleva sottrarre l’orologio.
Non hanno tenuto conto che se uno punta a rapinarti, non ti importa la sua data di nascita e reagisci con i mezzi di cui disponi.
In altre parole, un bandito, per quanto adolescente, dovrebbe sapere che aggredire un cittadino comporta il rischio di subirne una reazione le cui conseguenze se sono tragiche, pace amen. Non possiamo rimproverare il militare dell’Arma perché non si è fatto sopraffare dal ragazzo. Chi viene aggredito ha il diritto di difendersi come può.
Le proteste dei genitori del giovanotto sono comprensibili sul piano umano, non su quello della logica. I nostri figli che prendono una brutta piega continuiamo ad amarli, ma non è lecito giustificarli se commettono un delitto grave quale una rapina e ci rimettono la vita. Chi diventa criminale sappia che tra gli incerti del mestiere c’è una pallottola in testa.
Napoli, ragazzo ucciso. Il giudice che lottò contro la camorra: «La vera vittima è il carabiniere»Domenica 7 Settembre 2014
https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca ... 0RXOPoTxEU«L'identikit del bravo ragazzo una volta era ben diversa da quella che oggi qualche sprovveduto vorrebbe appiccicare al morto dell'altra notte».
Usa parole durissime nei confronti di Davide Bifolco. È Luigi Bobbio, per anni pm anticamorra a Napoli, poi senatore e sindaco di Castellammare di Stabia (Napoli), oggi giudice al Tribunale civile di Nocera Inferiore (Salerno). Giudizi che posta su facebook e che rivendica pienamente. A suo giudizio il carabiniere che ha sparato «è la sola è unica vittima di quanto è accaduto». Una «vittima del suo senso del dovere - prosegue Bobbio - e del fatto di essere chiamato a operare in una realtà schifosa la cui mentalità delinquenziale e la inclinazione a vivere violando ogni regola possibile è la normalità». Il magistrato dice di conoscere bene quel territorio, di «conoscere a fondo la sua delinquenza camorrista e quanto radicata e profonda sia l'arroganza del suo potere».
A suo giudizio «giustificazionismo, buonismo, perdonismo e pietà non solo non servono a niente ma aggravano il male. A 17 anni si è uomini fatti e gli uomini sono responsabili delle loro scelte, delle loro azioni, dei loro stili di vita». Per il giudice «quello che a me interessa è che un bravo ragazzo in divisa stia bene e non abbia riportato danni nel fare il suo dovere inseguendo con i colleghi, di notte, tre teppisti su un ciclomotore, senza caschi, uno dei quali era evaso dagli arresti domiciliari e che avevano forzato un posto di blocco e comunque non si erano fermati all'alt facendosi inseguire a folle velocità». Bobbio sostiene che «il fatto che sbandati come loro, parenti e non del morto, vogliano giustificarli mostrando di ritenere normale la loro condotta che evidentemente ritengono normale mi fa solo disgusto».
E ancor di più «i disordini di piazza, le sommosse di teppisti e familiari che bruciano auto della polizia per vendicare uno di loro sono folli e inammissibili e vanno represse con durezza». Secondo Bobbio «il problema non è nella vicenda in sè ma piuttosto in quella ignobile gazzarra che sta percorrendo le strade del rione Traiano. È quella gente, la sua insofferenza alle regole, la sua cultura del disordine la causa e l'origine di episodi come quello in questione».
Un “bravo ragazzo” non punta pistole alla tempia. Giù le mani dal carabiniere! 2 marzo 2020
http://blog.ilgiornale.it/ricucci/2020/ ... epeat=w3tc Ma cosa cazzo si pretende a puntare una pistola alla testa a qualcuno? Seriamente c’è bisogno di affermare “io sto con il carabiniere”? Realmente c’è in giro un dibattito, come un virus, che vede i pro e i contro il carabiniere? Ma veramente le caserme dei Carabinieri, nei luoghi delicati, non hanno postazioni mitragliera con una M249 carica colpo in canna pronta a tirare 473829 colpi al minuto verso chi spara alla caserma?
Domande. Inutile pianto greco. La forza di dover stare qui a dimostrare che le foglie sono verdi come atto rivoluzionario.
Oggi il carabiniere ha ucciso un quindicenne domani un trentenne, dopo domani un quarantenne. Anche quello è il suo lavoro. Anche questa è la normalità. Brutale fanghiglia sotto le scarpe del giorno italiano. Comunque questo non andrebbe bene. Non andrebbe giù lo stesso a questo girone infernale di strilli e capricci, nel Paese in cui si reclama legge e un omicida, che non indossa nessuna divisa, si becca quattro anni di galera per un morto ammazzato.
Un ragazzo problematico, emarginato, deve essere aiutato, non ucciso. Ma se ti punta una pistola in faccia, pronto a spararti, può essere ammazzato. E forse, quella pistola non era mossa dall’emarginazione, ma dalla consapevolezza del suo agire. Specie se quel ferro era puntato in faccia a un carabiniere, che per altro stava rapinando. Quella pistola finta che, però, il quindicenne voleva risultasse vera. Ogni azione piccola porta a un’ineluttabile verità.
Il suono dell’assenza, ben più forte di quella di uno sparo. L’assenza di una famiglia che poteva risparmiargli l’inferno e che poteva prendersi cura di lui, anziché distruggere un ospedale. Perché tanti figli dei vicoli dei Quartieri spagnoli, o di quei quartieri simbolo del limite civile di tutta Italia, hanno superato il baratro sputando sangue e paura; ce l’hanno fatta a guardarsi allo specchio, a reinventarsi, ripensarsi, dedicarsi la vita. E hanno schivato come ganci e montanti di una pericolosa montagna di muscoli, le rapine, le sparatorie, la coca, le puttane e le puttanate. Come Fabio Pisacane, calciatore del Cagliari, sulla cui esperienza è uscito un libro di Franco Esposito. E come tanti altri che hanno emarginato l’emarginazione, contro tutto e contro tutti
Viene da sé il vero virus del nostro tempo: l’assenza degli uomini. Purtroppo non si tratta di aver demolito, con la postmodernità, i modelli di autorità. Siamo giunti oltre. Qui si tratta di condannare persino chi è posto lì per difendere la nostra sicurezza. Condannarlo sempre, dubitarne sempre, aumentare lo stress e la pressione sempre, pretendendo, da quell’uomo in divisa, l’impotente controfigura del soldatino di piombo. Per il capriccio di un uomo folla in mutande sul divano.
Pertanto, banalmente: cosa avrebbe dovuto fare un Carabiniere rapinato con una pistola, vera o finta, in faccia? Ah, vero: fare la fine di Mario Cerciello Rega. Giusto…
Indagate i giardinieri per aver tagliato il prato. Indagate i gelatai per aver servito crema e pistacchio.
L’ennesima storia di tristezza all’italiana nell’Italia ridicola, che non termina mai di umiliare se stessa, fotocopia sbiadita di un Paese maturo. Neanche più il coraggio trasgressivo della delinquenza di dover affrontare la morte per vocazione, quella che sa che si può morire. Neanche più il buon senso di evitare lo scatenarsi della tempesta emotiva della curva nazionale. Neanche più l’idea che ad aver ammazzato il quindicenne non sia stata la mano di un carabiniere, ma l’assenza dello Stato, di lavoro, di una formazione, di un’educazione, la disabitudine alla legalità, la sterilità della famiglia.
In certe terre, lo Stato e il malessere di vivere non s’incrociano mai. E quando lo fanno, il più delle volte, si sparano addosso.
Napoli, Bobbio: "Se il carabiniere non può sparare, perché avere le forze dell'ordine?" martedì 3 marzo 2020
https://www.secoloditalia.it/2020/03/na ... 1mSOZaX80ML’ex pm anticamorra di Napoli Luigi Bobbio, oggi giudice del tribunale civile di Nocera Inferiore, un passato da senatore e da sindaco a Castellammare di Stabia, interviene nuovamente sul caso del rapinatore ucciso da un carabiniere a Napoli. E lo fa con un post molto forte sul proprio profilo facebook.
“Lasciamo che la Procura di Napoli faccia il suo lavoro. Non posso però non rilevare che per il Carabiniere non tira una bella aria. E allora mi sia consentita una valutazione di scenario”, scrive Bobbio.
L’analisi del giudice Bobbio
“Se il giovane e coraggioso militare, che ne sia o meno giuridicamente responsabile, verrà indagato, processato e condannato per omicidio volontario del rapinatore a mano armata del quindicenne, ebbene allora costui – aggiunge l’ex pm – avrà comunque raggiunto il suo scopo. E compiuto la sua mira criminale: aggredire, sopraffare, annichilire e distruggere un giovane bravo e perbene, il suo esatto opposto. Sarà comunque il male che prevale sul bene.
E allora la domanda legittima è la seguente: se in tutte le Nazioni, civili e non, del mondo il poliziotto che avesse compiuto la medesima azione del nostro figlio Carabiniere, verrebbe scriminato ed encomiato perché le armi a tutte le polizie del mondo vengono date per questo, per fermare i criminali violenti armati. E se i tutori dell’ordine in Italia invece devono essere indagati, processati e condannati per averle usate, perché continuare ad avere Forze di polizia armate?”.
La difficile interpretazione delle leggi
“Il problema – prosegue Bobbio – è, peraltro, a questo punto, di evidente natura normativa. Aggravato dall’interpretazione giudiziaria delle leggi, nel contesto di un coacervo di norme. Che, con l’usuale chiesastica ipocrisia normativa italica, pongono ostacoli e vincoli di ogni tipo all’uso delle armi da parte di Polizia e Carabinieri. Al punto che io, al loro posto, l’arma di ordinanza farei sempre in modo di dimenticarmela a casa, pur di non trovarmi costretto a usarla. E allora la questione è proprio questa. O si cambia radicalmente il panorama normativo rendendo in fatto e in diritto sostanzialmente libero l’uso delle armi in condizioni come quella creatasi a Napoli, oppure, per tutelare la vita e l’avvenire dei nostri uomini e donne in divisa, è molto meglio disarmarli subito”, conclude.
Di Salvino PaternòColonnello in congedo Arma Carabinieri.
"Sapete cosa mi infastidisce di più nella vicenda del Carabiniere che, per reagire e difendersi da una rapina a mano armata, ha ucciso un giovane rapinatore?
No, non sono gli specialisti di balistica, i maestri di tiro e gli esperti di tecniche di intervento che ogni volta, come funghi ammuffiti, spuntano sui social e nelle TV. Secondo loro il Carabiniere ha agito spropositatamente, potendo attingere l’aggressore su parti del corpo non vitali. E certo! D’altronde è risaputo che l’interno di un autoveicolo e l’oscurità notturna offrono le migliori condizioni ambientali e di visibilità per mirare con precisione. Per non parlare dello stress emotivo derivante da un’arma spianata alla tempia; è indubbio che tale circostanza conferisca all’operatore la calma e la rilassatezza necessaria per sparare al pari di un cecchino comodamente disteso sui tetti di un edificio… o no?
Ma a questo punto, mi chiedo, non sarebbe stato ancora più opportuno che l’agente mirasse alla pistola impugnata dall’aggressore facendogliela schizzare dalle mani? Tex Willer lo fa ogni volta! Per quale motivo non l’ha fatto anche lui? E come mai non ha riconosciuto grazie all’olfatto o all’udito che la pistola impugnata era una semplice riproduzione di quelle vere? E perché non indossava gli occhiali laser e ad infrarossi che gli avrebbero permesso di vedere il volto del rapinatore nascosto dal casco, comprendendo così che si trattava di un minore?
No, non sono questi fessi che mi disturbano. A questi ci sono abituato.
E non è neanche l’accusa mossa dalla magistratura, che nel volgere di poche ore si trasforma da eccesso colposo in legittima difesa a omicidio volontario. La prossima quale sarà? Tentata strage?
Certo, è un atto dovuto, dovuto da parte di coloro che, comodamente seduti nella poltrona della propria scrivania, vagliano il comportamento di colui che, nella frazione di pochi secondi, ha dovuto valutare se, con una pistola puntata in faccia, ricorreva la condizione di “attualità del pericolo” prevista dalla legge. Sorseggiando seraficamente un caffè, poi, valutano se ricorreva anche la condizione di “inevitabilità”, e cioè se, in quelle condizioni di estremo pericolo, prima di estrarre l’arma e sparare, c’era il tempo di identificarsi e intimare la resa. Tra un aperitivo e l’altro, infine, vagliano se ricorreva la condizione di “proporzionalità” tra offesa e difesa, e cioè, se in quella situazione convulsa, con l’adrenalina che scorreva nelle vene, il cuore che batteva nel petto togliendo il respiro e appannando la vista, c’era la lucidità per valutare i danni che si stavano infliggendo, calcolare le traiettorie, analizzare i movimenti spasmodici del criminale nell’oscurità, per rendersi conto se, mentre il grilletto veniva tirato, era di spalle o di fronte.
No, non mi secca l’operato della magistratura. Anche a questo ci sono abituato.
Quello che mi dà veramente fastidio è l’atteggiamento di coloro che accomunano i due protagonisti della vicenda asserendo che “sono entrambi vittime della stessa tragedia”.
Eh no, cari miei, non c’è nulla, ma proprio nulla, in comune tra il rapinatore ed il Carabiniere. Tra chi aggredisce e chi si difende. Tra chi protegge le istituzioni e, a rischio della propria vita, tutela la società e chi invece la distrugge, la deruba, la sfregia. Sono due vite differenti, poste agli antipodi. Non c’è alcuna assimilazione tra l’etica delle forze dell’ordine e la subcultura di coloro che si nutrono a pane e gomorra, che reputano naturale rapinare la gente in mezzo alla strada e distruggere un ospedale che non è in grado di compiere il miracolo di far risorgere un morto.
Tenetevi i vostri eroi, ammantati di cinica prepotenza e sopraffazione, e lasciateci i nostri valori di sacrificio, onore, impegno e fedeltà.
Scagliatevi pure contro il Carabiniere, offendetelo, vituperatelo, minacciatelo pure, ma non provatevi a metterlo sullo stesso piano di un delinquente… a tale denigrazione non ci abitueremo mai!"
Ugo Russo, il garante dei detenuti: "A Napoli non giri col Rolex"Marco Della Corte - Mer, 04/03/2020
https://www.ilgiornale.it/news/napoli/u ... Xyyur_98IE Pietro Ioia, garante dei detenuti presso il comune di Napoli, ha dichiarato: "Poteva essere fermato al primo colpo al petto, non do la colpa al carabiniere, ma con il rolex al polso non ci giri"
Pietro Ioia, garante dei detenuti per il comune di Napoli ed ex detenuto, è intervenuto recentemente al programma La Zanzara di Cruciani e Parenzo in onda su Radio24.
Ioia ha parlato dell'omicidio del giovane Ugo Russo, dicendo la sua sul triste episodio avvenuto nel quartiere Santa Lucia a Napoli: “Per me due sono le vittime. Il carabiniere ed il ragazzo. Non mi sento di stare dalla parte del carabiniere o del ragazzo. Però penso che la reazione del giovane carabiniere è stata un poco eccessiva, infatti è accusato di omicidio volontario”. Quanto accaduto poteva essere fermato prima? Ioia ha dichiarato: “Si, si, al primo colpo al petto si poteva fermare. E poi noi sappiamo com’è questa città, come si fa a camminare con un Rolex in coppa o’ braccio, insomma, sai che più o meno puoi subire una rapina. Tu sei carabiniere. Devi sapere queste cose. Io col Rolex al braccio a Napoli non ci cammino”.
Ugo Russo, il carabiniere che gli ha sparato ha colpa?
Il carabiniere 23enne in servizio nel bolognese che ha sparato a Ugo Russo può essere realmente considerato colpevole di un delitto? Pietro Ioia si è espresso anche su tale questione, affermando: “No, la colpa al carabiniere no, però…Il punto fondamentale è che col Rolex al polso a Napoli non giri. Guarda che il sindaco ha fatto un’ordinanza proprio per i turisti col Rolex da anni. Lasciate il Rolex in albergo e mettete l’orologio di plastica”. Nonostante tutto, a Napoli c'è una parte di popolazione che sembra dare ragione al 15enne defunto. Ioia ha spiegato la situazione: “Lì c’è consenso solo per l’età del ragazzo, ma nel cuore nostro sappiamo che il ragazzo ha sbagliato. Perché il guaglione teneva 15 anni, p***a miseria. Non si può morire così a 15 anni a Napoli”.
Quindi cosa avrebbe dovuto fare il giovane carabiniere ora indagato per omicidio volontario? Forse lasciare a casa la pistola? Ricordiamo come il militare in quel momento non fosse in servizio. Il garante dei detenuti ha risposto in tal caso: “Per me si. Era meglio se lasciava a casa la pistola e l’orologio. Sappiamo com’è Napoli. Senza Rolex non succedeva”. Vincenzo, padre del 15enne, ha espresso alcune dichiarazioni circa la collanina trovata nella tasca di Ugo. L'uomo ha affermato: "La collanina che Ugo aveva in tasca quando è morto e che in molti hanno pensato fosse il bottino di una precedente rapina, era invece sua. Tante foto lo dimostrano".
Gino Quarelo Siamo allo stesso livello demenziale dei nazi maomettani e di chi dice che le donne che girano con le minigonne e con il trucco o con il capo scopeto e i capelli al vento meritano di essere stuprate; è colpa loro se vengono stuprate da qualche arappato.