Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » dom gen 28, 2018 4:01 pm

Le donne non hanno marciato per le sorelle condannate a morte dai Talebani per aver mostrato una caviglia scoperta da una folata di vento.
Silvana De Mari

https://www.facebook.com/franco.leonard ... 9967591044

Le donne non hanno marciato per la dodicenne lapidata in Iran.
Le donne non hanno marciato per le bambine cristiane e yazide stuprate a Mosul, vendute come oggetti sessuali per pochi dollari.
Le donne non hanno marciato per lo stupro di Colonia.

Tre milioni di donne sono scese in strada perché qualcuno ha osato dire la verità: c'è una notevole percentuale di donne, che è molto sensibile al denaro di un uomo. Questo fa parte non solo di un interesse immediato, se un uomo mi dà un po' del suo denaro campo meglio, ma di precise regole etologiche. Il denaro è il corrispettivo del territorio: per il maschio umano il denaro è quello che è il territorio per il leone e l'orso maschio.
Nel bel testo Neuromarketing di Martin Lindstrom si spiega come i maschi siano molto più bravi di noi a guadagnare denaro perché il piacere che loro provano a guadagnare denaro è enorme, ed è sulle stesse aree che danno il piacere sessuale: infatti solo un maschio che ha territorio può accedere ai genitali femminili.
Un termine brutale e violento, ma etologicamente corretto, è sfigato.
Nel branco chi è basso di rango non ha accesso ai genitali femminili. Una donna può essere miserabile e molto sexy ( Cenerentola), mentre un uomo quando resta disoccupato è ferito nella sua virilità: ricordo a questo proposito il bellissimo film Full Monty. I maschi sono più bravi di noi a guadagnare denaro, regola che ha eccezioni, ovviamente, ma che sui grandi numeri funziona, e, soprattutto, provano più piacere di noi a guadagnarne. Noi proviamo più piacere a spenderne. Quindi che una donna si appoggi a un uomo che guadagna più facilmente di lei e che le dia il suo territorio, il denaro, è nell'ordine naturale delle cose.
Molte donne detestano essere mantenute ed è giusto che non lo siano, ma non si può stigmatizzare il comportamento biologicamente vincente: un uomo mi mantiene mentre metto al mondo e tiro su i figli di entrambi. O se dei bambini non ne vogliamo sapere, se un uomo accede al corpo di una donna deve gratificarla. L'uomo che dopo essere venuto a letto con te, ti porta in pizzeria e ti propone di pagare alla romana, non è un campione della liberazione femminile, ma un violatore di regola etologiche, scaricalo.

Quindi tre milioni di donne che non hanno mosso ciglio davanti ai crimini compiuti nell'islam contro le donne, anzi hanno anche guardato con disprezzo e compatimento Oriana Fallaci, Ida Magli e le poche altre paladine della dignità umana, marciano contro Trump per avere detto una banalità mentre pensava di non essere immortalato.
Ripenso a tutto quello che ho ascoltato negli spogliatoi femminili di palestre e piscine, peccato che nessuno abbia mai registrato quello che molte donne dicono in questi luoghi: non sono tutte campionesse di correttezza. Tra l'altro se le donne sono indignate all'idea che il denaro le compri, chi diavolo ha acquistato 50 milioni di copie di 50 sfumature di sadomaso?

E torniamo ai tre milioni di marciatrici. In realtà Trump oltre a pronunciare la banalità che un uomo ricco ha più probabilità di convincere una donna che un uomo povero, ha fatto ben di peggio. Ha tolto i finanziamenti a Planned Parenthood: una donna che voglia abortire al nono mese di gravidanza, con il forcipe che schiaccia la testa del feto mentre è ancora nella vagina , e gli occhietti che schizzano fuori dalle orbite, dovrà farlo a spese proprie e sarà consentito ai singoli stati di vietare l'aborto oltre il quinto mese.
Questa è la colpa.
L'obamacare garantiva una pasticciata assistenza a meno del 10% della popolazione USA, con enormi guadagni di denaro pubblico delle case farmaceutiche e imponeva a tutte le cliniche, incluse quelle cattoliche , di somministrare la pillola abortiva.
Ora è stato ristabilito il diritto all'obiezione di coscienza dei medici. Thank you president Trump."
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » dom gen 28, 2018 9:51 pm

Trump, schiaffo ai rossi: istituisce il "giorno per le vittime del comunismo"
Luca Romano - Mer, 08/11/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tru ... 60845.html

Donald Trump istituisce la giornata in ricordo delle vittime del comunismo proprio nel giorno dell'anniversario della rivoluzione bolscevica

Più chiaro di così non poteva essere: il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di istituire una giornata nazionale in ricordo delle vittime del comunismo. E come data ha scelto proprio il 7 novembre, giorno in cui, nel 1917, i bolscevichi hanno dato il via alla rivoluzione russa.

Per rimarcare ulteriormente il valore simbolico del proprio gesto, l'inquilino della Casa Bianca ha scelto di farlo proprio nel centesimo anniversario di quell'avvenimento storico foriero di sviluppi così decisivi per la storia della Russia e di tutto il mondo. Storia di lutti e di morte, come dovunque il comunismo è andato al potere con la violenza.

Durante il viaggio in Asia - e precisamente alla vigilia della visita in Cina - Trump ha dichiarato che "durante il secolo scorso, i regimi totalitari comunisti nel mondo hanno ucciso più di 100 milioni di persone e ne hanno sottomesse molte di più a sfruttamento, violenza e devastazione indicibile".

"Oggi noi ricordiamo quanti sono morti e quelli che continuano a soffrire sotto il comunismo - ha aggiunto il presidente senza timore di conseguenze diplomatiche con gli strategici interlocutori cinesi - Dobbiamo far brillare la luce della libertà per tutti quelli che aspirano a un futuro più libero e più radioso".
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » lun gen 29, 2018 7:56 pm

Da Gerusalemme a Davos la rivoluzione di Donald
Fiamma Nirenstein
29/01/2018

https://www.facebook.com/adriano.marche ... 6045354615

Solo 72 ore dopo il discorso di Pence alla Knesset che ha stabilito un primato nella solidarietà americana con Israele (la vostra battaglia è la nostra battaglia" e "quest'aprile (nel 70enario) festeggerete il giorno in cui rispondete alla domanda biblica: può un Paese nascere in un momento, una nazione sorgere in un giorno?” Davos ha segnato un passo ulteriore nella strada della proposta americana di considerare il processo di pace in Medio Oriente ex novo, abbandonando la strada inutile di Gerusalemme divisa fra Israele e palestinesi. È una rivoluzione politica e conoscitiva che sembra prendere velocità: mentre la stampa internazionale si esercitava nelle ore scorse sull'isolazionismo americano, di fatto l'amministrazione Trump muoveva passi innovativi nella politica mondiale di cui il Medio Oriente è da decenni un punto focale.

Quando il 6 di dicembre Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale dello Stato d'Israele, di fatto ha stabilito un punto di partenza per ogni colloquio di pace, e anche per la mentalità di tutti coloro che sono o si sentono implicati nel conflitto israelo-palestinese: dai contendenti stessi al mondo arabo nel suo insieme all'Europa. Già gli incontri fra Netayahu, Merkel, Macron, vanno molto meglio di prima, il PM israeliano testimonia maggiore comprensione.

Trump ha detto a Davos: abbiamo tolto Gerusalemme dal tavolo delle trattative. Come ha osato? Riconoscere una così semplice realtà come il fatto che Gerusalemme è la capitale d'Israele? E poi si è avventurato a parlare di finanziamenti americani sprecati, disprezzati col rifiuto di incontrare Pence, che finiscono nel terrorismo o nelle tasche dei corrotti? Anche questa, una realtà da tutti conosciuta.

Su Davos, di nuovo la risposta dei palestinesi è stata furiosa, ma questo non ha smorzato i toni americani e il letargo europeo e arabo è scosso dalla nuova idea mediorientale di Trump che ha messo sul tavolo senza mediazioni anche la questione dell'Iran. Sembrava una bestemmia la revisione del trattato obamiano-europeo sul nucleare del 2015, e adesso non c'è Paese importante che non vada dicendo che il trattato va conservato ma che bisogna bloccare l'Iran nella corsa balistica, l'espansione in tutto il Medio Oriente, i diritti umani.

Sia Macron, che la Merkel pensano ormai che con l'Iran non ci siamo capiti , e lo dicono a voce alta: può quindi darsi che i 120 giorni in cui devono scegliere di rivedere il trattato secondo le richieste di Trump non trascorrano invano.

Certamente il peggiore nemico del riconoscimento americano di Gerusalemme, dopo i palestinesi è il custode della Moschee, re Abdullah. Con Abu Mazen aveva condannato Trump all'esilio dalle trattative. Ora, dopo attenta riflessione, a Davos il re ha cambiato posizione, insistendo che l'unica potenza che può mediare è l'America. Adesso la sfida per Trump è costringere gli israeliani a dare qualcosa di veramente valido a Abu Mazen in cambio del riconoscimento.

Che cosa significa questo in pratica? Abdullah non lo rivela al pubblico, anche se ha appena incontrato Pence. Sembra ormai chiaro che gli americani possono contare sulla mediazione con i palestinesi dei sauditi, degli egiziani, e di Abdullah stesso. Il piano esiste, i particolari cominciano a filtrare, sarebbe uno Stato del tutto autodeterminato e indipendente ma solo gradualmente entrerebbe in possesso di forze di sicurezza, la richiesta di rinuncia oltre il territorio del ‘67 potrebbe essere del 10 per cento, la capitale potrebbe essere est Gerusalemme e dintorni; il diritto al ritorno sarebbe abbandonato.

Dunque, Gerusalemme, lotta al terrorismo, sicurezza, aiuto economico.. e sullo sfondo una presa di posizione definitiva sull'Iran. Netanyahu ha parlato uno a uno con tutti i capi di Stato a Davos, proseguendo nella diplomazia dei nuovi mercati, della sicurezza e tecnologia; ha congratulato Kagame del Rwanda, che è diventato presidente dell'Unione Africana.

I tempi cambiano: per la prima volta nella storia il Consiglio d'Europa ha inserito in una mozione parlamentare la richiesta all'Autorità Palestinese, sempre omaggiata, di fermare i pagamenti ai terroristi incarcerati, milioni di euro. È vero la richiesta sta dentro una dichiarazione critica della politica israeliana, come no, ma Roma non fu fatta in un giorno.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mar gen 30, 2018 9:57 pm

Trump stasera terrà il suo primo 'state of the union' nella migliore situazione possibile
Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://m.dagospia.com/maglie-trump-stas ... ile-166076

La verità è che Donald Trump questa sera alle ore 21:00 di Washington terra’ il suo primo discorso sullo Stato dell'Unione in una situazione che migliore non potrebbe essere, e non solo perché l'economia marcia alla grande e rientrano aziende con capitali, pronte a elargire premi di produzione e bonus ai dipendenti perché incoraggiate dalla riforma delle tasse.

C'è di più. Il complotto per tenerlo fuori dalla presidenza, e poi per sputtanarlo, una volta che presidente è diventato ugualmente, con accuse di collusione con la Russia , ordito a tavolino niente meno che dalla campagna di Hillary Clinton e dal comitato Nazionale democratico, ma con l'attiva complicità dell'FBI e di pezzi della Casa Bianca di Barack Obama, sta venendo fuori grazie a un memorandum che avrebbe dovuto restare segreto e che invece la Camera ha votato per rendere noto agli americani, e grazie alla cacciata, perché di questo si tratta, di rimozione, non di dimissioni, del potente numero 2 dell' FBI Andrew McCabe, al centro del complotto.

Se verrà fuori tutto, e così sembra, sarà inutile tentare di minimizzare la portata eversiva, altro che il famoso e mitico Watergate.

Proprio perché il clima è questo, e sempre di più a Washington si dice che il procuratore speciale incaricato del Russia gate, Robert Mueller, concluderà senza risultato alcuno la sua inchiesta, al contrario che un'altra parallela potrebbe essere aperta sul tradimento dei democratici e dell'agenzia federale, al presidente si chiede di fare un discorso impeccabile e non cedere come pure sarebbe legittimo a rabbia e reazioni esagitate, nemmeno di fronte alla provocazione che alcuni parlamentari democratici stanno preparando.

Come? Dichiarando che non si presenteranno, che andranno a una cerimonia di discorso alternativo a Hollywood,o inventandosi abiti neri a lutto, rose bianche del Metoo, e manifestazioni folcloristiche simili, alle quali il parterre d'onore dello Stato dell'Unione non è abituato.

Questo genere di manifestazione l'hanno appena fatto alla cerimonia dei Grammy awards, e a parte il fatto che i molestatori finora conclamati sono tutti dell'elite Democratica e liberal di Hollywood e dintorni, o di Washington e dintorni,a parte il fatto che aver fatto leggere a Hillary Clinton un brano e del libro scandalistico su Trump di Michael Wolf,proprio nei giorni in cui è venuto fuori che la signora coprì personalmente una persona del suo staff accusata di molestie, non è stata una grande idea, a parte il fatto che le lamentele di cantanti neri ricchi sfondati, tutti premiati maschi, sul razzismo dominante, si infrangono sul tasso di disoccupazione dei neri e degli ispanici più basso della storia; a parte tutte queste considerazioni, i Grammy Awards hanno registrato gli ascolti più bassi da quando sono trasmessi in cerimonia televisiva.

Ovvero, se fate canzonette non ci rompete le scatole con la vostra politica da salotto, esattamente come per i giocatori negli stadi e gli attori alle cerimonie di premiazione. Gli Oscar sono attesi ansiosamente.

Però per il momento il clima non è destinato a migliorare, i vari Chuck Schumer e Nancy Pelosi non intendono cambiare i loro toni, la moderazione che di solito segue alle Ire del primo anno non si vede, forse perché il Partito Democratico questa volta si è veramente spinto troppo oltre, ha veramente scelto l'illegalità per contrastare il fenomeno Trump, e ora quella classe dirigente va cambiata tutta.

Ma come, le complicità dell’Fbi sono ormai evidenti a tutti e Schumer continua a insultare i suoi colleghi repubblicani che se ne occupano chiamandoli paranoidi? Ma come, Trump raddoppia a un milione e ottocento il numero dei ragazzi stranieri che intende naturalizzare, e la Pelosi risponde che sta lavorando a un'America tutta bianca? Non sono all'altezza, ma certo l'unità della quale gli americani sembrano ora desiderosi perché di guerra in casa si sono stufati, non si vede. Né si potrebbe vedere.

Trump deve però fare come a Davos, dove è arrivato nella tana del nemico e li ha incantati tutti, forte dei risultati della spinta all'economia fornita dalla riforma delle tasse in pochissimo tempo.

Perciò, stando alle indiscrezioni trapelate dai suoi ghost writers, intende usare il discorso per dimostrare che è pronto a gesti di pacificazione con i democratici, che è pronto a fare accordi bipartisan nel delineare il secondo anno della sua agenda, ribadendo che le sue priorità sono l'immigrazione e le infrastrutture.

Ai democratici l'onere di continuare a rispondere di no a tutto. Un esempio concreto? La proposta sui cosiddetti Dreamers, o DACA, che Trump ha perfettamente sintetizzato in un Tweet

“I have offered DACA a wonderful deal, including a doubling in the number of recipients & a twelve year pathway to citizenship, for two reasons: (1) Because the Republicans want to fix a long time terrible problem. (2) To show that Democrats do not want to solve DACA, only use it".

Ho offerto un fantastico accordo su DACA che raddoppia il numero dei destinatari e prevede un percorso di 12 anni verso la cittadinanza, per due ragioni. 1)perché i repubblicani vogliono sistemare un problema terribile che dura da troppo tempo,2) per dimostrare che i democratici non vogliono risolvere Daca, solo usarlo.

Ovvero, per spiegarlo meglio, l'amministrazione Trump ha un nuovo piano sull'immigrazione per il Congresso che offre a 1,8 milioni di "dreamers" (i giovani immigrati non autorizzati che attendono di diventare americani , e nel Paese studiano, vivono e lavorano), un percorso verso la cittadinanza in 10-12 anni. Il piano però richiede l'eliminazione della "lotteria della carta verde", che distribuisce residenze senza controllo, e limita l'immigrazione familiare di ricongiungimento automatico. Richiede inoltre al Congresso di stanziare 25 miliardi di dollari per un "fondo fiduciario" per la costruzione del muro sul confine tra Stati Uniti e Messico.

Le ragioni sono chiare, "Il Dipartimento della Sicurezza Nazionale deve avere gli strumenti per scoraggiare gli immigrati clandestini, la capacità di rimuovere le persone che entrano illegalmente negli Stati Uniti e l'autorità per proteggere la sicurezza nazionale". La proposta non è solo ragionevole, è generosa, ma non viene meno all’agenda elettorale

Che cosa rispondono i democratici, su che cosa questa volta si irrigidiscono? E se dicono di no, come si presentano agli elettori verso novembre del 2018, le fondamentali elezioni di meta’ mandato?

Lo capiremo questa sera quando il discorso di rebuttal, cioè di contestazione di quello del presidente sarà tenuto da John Kennedy, nipote di Robert, uno della Dynasty, che torna a essere rispolverata dopo tanto tempo. Un segnale di grande difficoltà della classe dirigente democratica? Probabilmente sì. Un segnale che si cambia guardia, saltando i vecchi ma soprattutto saltando il potere stabilito da Clinton e Obama? Sarebbe auspicabile ma non è detto.

Un altro cavallo di battaglia nel discorso di questa sera, in Italia le 3:00 del mattino, saranno le infrastrutture, ovvero l'ammodernamento di trasporti e strade di cui l'America ha grandissimo bisogno perché casca a pezzi. Trump ha preparato un ambizioso piano per ricostruire strade, ponti, porti, stazioni, tutte cose che riguardano la vita quotidiana.

Saranno naturalmente accompagnate nel discorso dai dati sull'economia che va alla grande, sulla sicurezza nazionale migliorata, sul gran sollievo fiscale, sulla riduzione di spesa pubblica e governo. Obiettivamente Trump ha un compito facile se stiamo a risultati, se il discorso sullo stato dell'Unione è appunto il discorso sulle condizioni nelle quali sta oggi il Paese,le condizioni sono buone,e’ tornata a lavorare o ha visto aumentato il proprio salario gente che stava nella disperazione.

Ma Trump è forte anche in altro. Quando parla di commercio non sbilanciato a sfavore degli Stati Uniti, quando difende Israele, quando ribadisce l'imperativo della sicurezza ai confini della patria, quando tuona contro gli sprechi delle Nazioni Unite, punta il dito contro la Cina complice della Corea del nord, chiede ai membri della NATO di fare il loro dovere, quando rivendica di aver sradicato l’Isis, di aver sfidato l’Iran nel Golfo Persico; non sono vane promesse, sono cose fatte.

Manca l'unità del Paese, quella One Nation under God che alla fine gli americani vogliono a tutti i costi. Inutile raccontare storie, Trump potrà fare un discorso conciliatorio, e lo dovrà fare, ma nelle prossime settimane le vicende dei dossier fasulli, della doppiezza dell’Fbi,, della complicità del governo di Obama, terranno banco e divideranno ancora di più e metteranno alla prova l'informazione.

Una tremenda responsabilità è sulle spalle dei media, giornali e televisioni che hanno perso la credibilità così solida nel sistema di informazioni americano, e che rischiano di vivere una Watergate al contrario. A Hollywood possono fare tutti i film che vogliono per celebrare i fasti del Washington Post, ma oggi che vanto possono menare?
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mar gen 30, 2018 10:08 pm

Si è dimesso Andrew McCabe, il vicedirettore dell'FBI
lunedì 29 gennaio 2018

http://www.ilpost.it/2018/01/29/dimissi ... rew-mccabe

Andrew McCabe, vicedirettore dell’FBI, si è dimesso, e ha fatto sapere che le dimissioni avranno effetto immediato.
Rimarrà in congedo fino a marzo, e a marzo andrà in pensione.
McCabe ha 49 anni, ed era vicedirettore dell’agenzia dal febbraio del 2016. Dopo il licenziamento di James Comey ne era stato anche brevemente direttore.
Aveva recuperato il suo ruolo di vicedirettore dopo la nomina a direttore di Christopher Wray.
Andrew McCabe, democratico, era stato più volte criticato da Donald Trump per non aver approfondito a sufficienza – secondo Trump – l’indagine sulle mail di Hillary Clinton, e per il suo coinvolgimento nell’investigazione sul caso Russia.
La portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders ha però detto che la decisione di McCabe non è stata conseguenza di pressioni da parte di Trump.
Il nuovo vicedirettore dell’FBI sarà David Bowdich, un agente dell’FBI che aveva diretto l’intervento dell’agenzia durante l’attentato di San Bernardino.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mer gen 31, 2018 8:58 am

Trump esalta "nuovo momento americano": "Grazie al taglio delle tasse 2 milioni di posti di lavoro"
31 gennaio 2018

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... b3f11.html

Molte luci e pochissime ombre nel discorso sullo Stato dell'Unione di fronte al Congresso degli Stati Uniti. Donald Trump ha rilanciato il messaggio di "un'America sicura, forte e orgogliosa". Ha usato poi toni concilianti con i democratici: "Stasera sto allungando una mano aperta per lavorare con i membri di entrambi i partiti".

L'America di nuovo grande

"Meno di un anno e' passato da quando da questo podio ho parlato" alla nazione e "una nuova ondata di ottimismo stava gia' invadendo la nostra terra...da allora abbiamo portato avanti la nostra missione di rendere l'America di nuovo grande". Cosi' il presidente Donald Trump aprendo il suo primo discorso sullo Stato dell'Unione davanti al Congresso riunito in seduta comune e ricordando il suo precedente intervento in Parlamento all'indomani del suo insediamento.

Il nuovo "momento americano"

Elencando i successi economici della sua amministrazione, Trump esalta "il nuovo momento americano", grazie soprattutto all'approvazione della riforma fiscale. Da allora "circa 3 milioni di lavoratori hanno ottenuto tagli alle tasse...Apple ha annunciato che investira' 350 miliardi di dollari in America...e Exxon Mobil ha annunciato che investira' 50 miliardi", ha dichiarato. "Non c'e' mai stato momento migliore per iniziare a vivere il sogno americano", ha rimarcato. "Quindi ogni cittadino che guarda da casa questa notte, indipendentemente da dove si trova o da dove arriva, se lavora duramente, crede in se stesso, crede nell'America...puo diventare cio' che vuole e insieme possiamo raggiungere assolutamente tutto".

Due milioni di nuovi posti di lavoro

"Dall'elezione sono stati creati 2,4 milioni di nuovi posti...la disoccupazione ha toccato il minimo da 45 anni anni" e per gli afro-americani "cosa di cui sono molto orgoglioso" il livello dei senza lavoro "e' il piu' basso mai registrato".

"I nostri tagli alle tasse hanno comportato un grande sollievo per la classe media e le piccole imprese", dice Trump. "Da quando il taglio alle tasse e' passato - osservera' - circa 3 milioni di lavoratori hanno gia' ottenuto bonus e molti di questi ammontano a migliaia di dollari per lavoratore". "Vogliano che ogni lavoratore - affermera' - conosca la dignita' di un duro giorno di lavoro, che ogni bambino sia sicuro nella sua casa la notte e che ogni cittadino sia orgoglioso di questa terra che amiamo".

"Anche gli americani sono dreamers"

"Anche gli americani sono dremers". Cosi' il presidente Donald Trump nel suo discorso sullo Stato dell'Unione, utilizzando l'espressione riferita ai giovani immigrati portati negli Usa da bambini da genitori clandestini che lui e' pronto a legalizzare in cambio del finanziamento del muro al confine con il Messico.

Il carcere di Guantanamo resta aperto

Il presidente ha ordinato al ministro della Difesa, James Mattis, di tenere aperta la prigione di Guantanamo. Lo ha detto personalmente durante il discorso sullo Stato dell'Unione. "Daremo la caccia ai terroristi ovunque si trovino e per molti di loro il carcere sara' Guantanamo", ha dichiarato Trump mentre per Mattis in Congresso c'e' stata una standing ovation.

Arsenale nucleare forte è un buon deterrente

"Dobbiamo modernizzare e ricostruire il nostro arsenale nucleare, sperando di non doverlo mai usare, ma rendendolo cosi' forte e potente da funzionare come deterrente rispetto ad ogni atto di aggressione". "Forse un giorno in futuro - ha osservato - arrivera' un magico momento quando i Paesi del mondo si uniranno per eliminare le armi nucleari ma sfortunatamente ancora non ci siamo".

Tra gli ospiti i genitori del ragazzo che fu detenuto in Corea

Il presidente americano Donald Trump durante il suo discorso sullo Stato dell'Unione ha onorato, tra gli altri, l'agente di polizia Ryan Holets e sua moglie Rebecca, una coppia del New Mexico che ha adottato Hope, una bambina nata da una madre dipendente da eroina. La coppia era ospite della first lady. "Ryan e Rebecca - ha detto Trump - voi rappresentate la generosita' della nostra nazione. Grazie e congratulazioni". Tra i momenti piu' emozionanti c'e' stato anche l'omaggio a Cindy e Fred Warmbier, i genitori di Otto, il giovane studente americano morto in Ohio lo scorso anno dopo 17 mesi di prigionia in Corea del Nord in condizioni ancora non chiarite. Lungo applauso per la famiglia.


Il discorso più twittato della storia

Il discorso sullo Stato dell'Unione del presidente americano Donald Trump e' stato il piu' twittato della storia. Ad annunciare il record e' proprio Twitter che ha rilevato come il discorso di quest'anno abbia oltrepassato addirittura prima della conclusione i 3 milioni di tweet. I momenti piu' twittati sono stati tre. Al primo posto il riferimento ad alzarsi orgogliosamente durante l'inno nazionale, al secondo il tema della riforma del sistema di immigrazione, al terzo la citazione della gang criminale MS-13.



Il presidente attacca Mosca, Pechino, Iran e Corea del Nord e chiede il riarmo nucleare degli Usa
Una parte del discorso del presidente americano sullo Stato dell'Unione che ha rivolto al Congresso Usa è stata dedicata ai "nemici" dell'America. Commerciali, militari, politici e... immigrati.
di CLAUDIO GERINO
31 gennaio 2018

http://www.repubblica.it/esteri/2018/01 ... -187686609

"L'America ha finalmente voltato pagina su decenni di accordi commerciali iniqui che hanno sacrificato la nostra prosperità e portato via le nostre società, i nostri posti di lavoro e la nostra ricchezza nazionale", ha sottolineato, ad un certo punto del suo discorso al Congresso, il presidente americano. E poi ha parlato a lungo di immigrazione, energia, ma soprattutto di "nemici" che minacciano gli Usa, sia sul piano commerciale che su quello strettamente militare. Così, alla fine, ha chiesto al Congresso il via libera anche per un riarmo nucleare degli Stati Uniti.

Riarmo nucleare per le "minacce" russe, cinesi e nordcoreane
Donald Trump ha poi parlato delle Forze armate, proponendo un piano di ammodernamento e di rilancio degli arsenali nucleari. "Mosca e Pechino stanno minacciando ora la nostra economia, i nostri interessi e i nostri valori. Per questo - ha detto - dobbiamo rendere più forti le nostre Forze armate per dissuadere chiunque da qualsiasi aggressione contro l'America". Il presidente americano ha parlato anche della Corea del Nord: "Non possiamo permettere che ci siano complicità e concessioni verso un regime depravato che vuole distruggere gli Stati Uniti. Basta guardare al "carattere depravato" del leader nordcoreano per capire la natura della minaccia nucleare per gli Usa e i suoi alleati, mettendo in guardia contro la compiacenza e le concessioni. "Non farò gli errori delle precedenti amministrazioni ", ha ammonito. In aula presente anche la famiglia di Otto Warmbier, lo studente Usa presumibilmente torturato in Corea del nord e morto dopo essere stato rimpatriato.

"Questa notte chiedo al Congresso di approvare una legislazione che contribuisca ad assicurare che gli aiuti monetari degli americani servano sempre gli interessi dell'America e vadano solo agli amici degli Americani. Come parte della nostra difesa dobbiamo modernizzare e ricostruire il nostro arsenale nucleare, nella speranza di non doverlo mai usare, ma rendendolo cosi forte e potente per fare da deterrente a qualsiasi atto di aggressione. Forse un giorno in futuro ci sarà un momento magico - ha aggiunto - in cui i paesi del mondo si uniranno per eliminare le loro armi nucleari. Sfortunatamente non ci siamo ancora".

Lo scontro con l'Iran
Trump ha fatto poi esplicito riferimento all'accordo sul nucleare iraniano: "Quando il popolo iraniano ha protestato contro i crimini della loro corrotta dittatura non sono rimasto in silenzio. L'America sta con il popolo iraniano e la loro coraggiosa lotta per la libertà", chiedendo al Congresso di affrontare "le principali falle del terribile accordo nucleare".

Il piano per l'immigrazione.
"Le comunità in difficoltà, soprattutto quelle degli immigrati, trarranno beneficio dalle politiche per l'immigrazione che saranno incentrate sul miglior interesse dei lavoratori americani e delle famiglie americane. Nell'ultimo anno abbiamo cercato di ricostruire il legame di fiducia tra i nostri cittadini e il loro governo. Gli americani amano il loro Paese - ha osservato - e meritano un governo che dimostri loro, in cambio, lo stesso amore e lealtà". "È mio dovere proteggere gli americani, perché anche gli americani sono dreamers", facendo riferimento al modo in cui vengono definiti quegli immigrati irregolari che sono entrati negli Usa illegalmente da minori e la cui regolarizzazione è al centro de braccio di ferro politico in corso sulla riforma dell'immigrazione. "Per 30 anni Washington ha tentato e fallito nel risolvere questo problema. Questo Congresso può finalmente riuscirci". Così il presidente Donald Trump sfoggia ottimismo sulla riforma dell'immigrazione, elencando i pilastri del suo piano, ovvero la legalizzazione degli 1,8 milioni di 'dreamers' (gli immigrati clandestini portati in Usa da piccoli) in cambio del finanziamento del muro, la fine della lotteria per i permessi di soggiorno e la concessione di permessi di immigrazione solo ai familiari più stretti degli immigrati residenti. Trump ha fustigato le "frontiere aperte" che sono costate "numerose vite".

Più forti anche all'estero.
"L'esperienza del passato ci ha insegnato che la compiacenza e le concessioni sono un invito alla provocazione e all'aggressione: non ripeterò gli errori delle precedenti amministrazioni che ci hanno portati in situazioni pericolose. Mentre ricostruiamo la forza e la fiducia dell'America a casa, stiamo ripristinando la nostra forza e la nostra posizione all'estero".

Stop alla guerra contro il carbone
"Abbiamo posto fine alla guerra contro l'energia americana e abbiamo posto fine alla guerra contro il carbone pulito. Ora siamo esportatori di energia nel mondo", ha sottolineato Trump. "Come promesso al popolo americano da questo stesso podio 11 mesi fa, abbiamo attuato i più imponenti tagli alle tasse e le più grandi riforme della storia americana".

Posti di lavoro e disoccupazione
"Dalle elezioni abbiamo creato 2,4 milioni di nuovi posti di lavoro, compresi 200.000 soltanto nel manifatturiero. Dopo anni di stagnazione, finalmente vediamo i salari aumentare": ha detto il presidente degli Stati Uniti. "Le richieste di disoccupazione hanno raggiunto livelli minimi da 45 anni. E qualcosa di cui sono molto orgoglioso: la disoccupazione fra gli afroamericani è ai minimi mai registrati. Anche quella fra gli islamici ha raggiunto livelli minimi nella storia. A tutti coloro che ci stanno guardando da casa: non importa dove siete stati o da dove venite, questo è il vostro momento, se lavorate sodo, se credete in voi stessi, se credete nell'America, potrete sognare tutto ciò che volete e diventare tutto ciò che desiderate. E insieme possiamo conseguire assolutamente qualsiasi cosa".

Il taglio fiscale
Donald Trump ha vantato "il più grande taglio fiscale della storia" ricordando che "da quando abbiamo approvato il taglio delle tasse circa tre milioni di lavoratori hanno già ottenuto bonus, molti dei quali di migliaia di dollari. Apple ha appena annunciato il suo piano per investire un totale di 350 miliardi di dollari in America e assumere altri 20 mila lavoratori". "Le aziende stanno tornando negli Usa, vogliono essere dove c'è l'azione", ha aggiunto. "Molte case automobilistiche stanno costruende ed espandendo i loro impianti negli Usa, cosa che non vedevamo da decenni. Chrysler sta spostando un grande impianto dal Messico al Michigan; Toyota e Mazda ne stanno aprendo uno in Alabama. Presto impianti apriranno in tutto il Paese. Queste sono tutte notizie che gli americani non sono abituati di sentire da anni. Aziende e lavoro se ne andavano, ma adesso stanno tornando, vogliono essere dove c'è l'azione".

Riduzione dei prezzi dei farmaci e cure sperimentali per i malati terminali.
Il presidente americano ha indicato come una delle sue "priorità top dell'anno" la riduzione dei prezzi dei farmaci, che in Usa generalmente sono molto più alti che nel resto del mondo. "E i prezzi andranno giù in modo sostanziale, controllate", ha assicurato Trump. E ha anche chiesto al Congresso di approvare in tempi stretti una normativa che preveda la possibilità di cure sperimentali non approvate dalla Food and drug administration per le malattie più gravi, per i malati terminali.

Silenzio sul Russiagate
Nel suo discorso sullo stato dell'Unione, il presidente americano Donald Trump non ha mai affrontato il tema delle interferenze russe nelle elezioni Usa nè quello delle indagini relative note come Russiagate.

Guantanamo resta aperta
Donald Trump ha scelto il giorno del suo primo discorso sullo stato dell'Unione per firmare un nuovo ordine esecutivo che annuncia la sua intenzione di tenere aperta la prigione di Guantanamo, che Barack Obama voleva chiudere. Lo ha annunciato la Casa Bianca, mentre il presidente Usa interveniva a Capitol Hill. "I terroristi non sono semplici criminali - ha dichiarato Trump - sono combattenti nemici illegali. In passato - ha spiegato - sono stati rilasciati centinaia di pericolosi terroristi, che poi abbiamo rivisto sui cambi di battaglia", compreso il leader di Isis Al-Baghdadi catturato nel 2004. "Per questo oggi mantengo un'altra promessa - ha annunciato - ordinando al ministro Mattis di riesaminare le nostre politiche sulla detenzione e di mantenere aperta la prigione di Guantanamo Bay".
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » ven feb 02, 2018 7:49 am

Trump sbanca allo ‘state of the union’: ecco cosa succederà a democratici e repubblicani
Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://m.dagospia.com/maglie-trump-sban ... ani-166234

Forse sarà stato il il discorso più ascoltato della storia, forse no, certo 46 milioni di telespettatori sono un bel numero, specialmente se è stato annunciato un attivo boicottaggio e addirittura un contro discorso a Hollywood; di certo 3 americani su 4, compreso un 54% di democratici, hanno apprezzato e approvato i toni e il programma del discorso, dichiarato di essere pieni di fiducia, affermato di essersi sentiti orgogliosi nell’ ascoltarlo, giurato sul fatto che il presidente intende unire e non dividere ed è un sondaggio nazionale della Cbs, non di amici del presidente;

a sorpresa il sondaggista giornalista conservatore e anti trumpiano più famoso d'America, Franz Luntz, si è dichiarato conquistato per sempre da quel discorso, e convertito al trumpismo; finalmente nella palude di Washington, sempre attiva e presente, il terrore corre veramente sul filo, in attesa che Donald Trump da un momento all'altro autorizzi la desecretazione e dunque la pubblicazione di un memorandum che sputtana niente male i comportamenti dell' FBI contro di lui e pro Hillary Clinton.

Insomma, ci sarebbero un sacco di cose interessanti e importanti di cui occuparsi, eppure a noi tocca leggere articoli su articoli tanto dal New York Times quanto su decine di giornali e TV italiani sul silenzioso messaggio polemico contro il marito fedifrago contenuto nel tailleurino bianco indossato da Melania Trump per ascoltare il discorso del presidente a Capitol Hill martedì sera.

Tutto è partito dalla CNN che ha armato l'esilarante polemica in diretta durante il discorso, poi è intervenuto dottamente il New York Times.

Sentite la sciocchezza originale, per la penna della giornalista di moda del Times, Vanessa Friedman:

“Si tratta esattamente del tipo di abbigliamento diventato simbolo della rivale del marito durante le elezioni. "Un'uniforme anti-Trump", insomma, alla Hillary Clinton”.

Ora vi riporto quasi per esteso perché merita, una sciocchezza all’ italiana, una qualunque, l’articolo di Quotidiano.net

“Ci voleva lo Stato dell’Unione per farla riapparire in pubblico. Se non al fianco di Trump almeno nella stessa stanza, dove però non sono arrivati insieme”.

Ora, il presidente entra sempre da solo e per ultimo, là dove lo aspettano tutti gli esponenti delle istituzioni riunite, per tenere il discorso dello Stato dell'Unione. La first lady sta in tribuna d'onore e arriva con gli ospiti selezionati dalla società americana come simbolici per l'occasione.

Continua l’articolo:”Stavolta è riemersa dal nulla in un abbagliante tailleur avorio, il tipo di abbigliamento diventato di ordinanza per la rivale del marito, Hillary Clinton, che però sembrava sempre avere sbagliato taglia.Completo pantalone di Dior, top di seta Dolce e Gabbana, décolleté Louboutin. La scorciatoia sartoriale è stata decriptata come opzione tra le più audaci: il bianco è l’opposto del nero scelto dalle donne democratiche contro Trump e le molestie sessuali. Ed è anche il colore delle suffragette. Idea grandiosa, non la smettevano più di applaudirla. E lei ha recitato la sua parte in maniera impeccabile: sorridente, enigmatica. Stizzita il giusto quando il consorte si è messo a esaltare i valori della famiglia. Ora è possibile che banalmente, aprendo l’armadio, sia stata attratta dal colore simbolo di purezza e nuovi inizi.

È possibile ignorasse la famosa maglietta di Maria Grazia Chiuri, direttore artistico di Dior, che annunciava «Dovremmo essere tutte femministe». Possibile. E tuttavia è difficile credere che la first lady non abbia considerato le potenziali interpretazioni della sua scelta".

State chiamando un'ambulanza? Vi capisco. La first lady non è andata a Davos perché aveva l'influenza e una trasferta in mezzo ai ghiacci di meno di 24 ore non era l'ideale per curarsela.

Se poi era anche un po' incazzata per la brutta storia trapelata della pornostar che avrebbe avuto un one-night stand 12 anni fa con suo marito, mentre lei forse persino allattava il bambino appena nato, ne ha tutte le ragioni.


Il tempo di farsela passare.

Tra l’altro la pornostar in questione era in TV subito dopo il discorso ma dalla sua bocca non è uscita una sola parola che confermi la storia e neanche la transazione pecuniaria avvenuta molti anni dopo per essere sicuri che stesse zitta.

Al ritorno di Trump da Davos i due sono andati insieme a una cerimonia per il Giorno della Memoria, ma non so perché tutti i media hanno fatto finta che non sia accaduto e che lei sia tornata ad apparire solamente per il discorso sullo Stato dell'Unione.

Si è vestita di bianco, meglio colore avorio, perché le parlamentari democratiche avevano preannunciato che, esattamente come è accaduto per i Grammy Awards e altri premi di Hollywood, si sarebbero vestite di nero in segno di lutto per le molestie nei confronti delle donne che adesso tutti hanno scoperto, e perché tra i grandi molestatori ci sarebbe anche il presidente.

Quindi se c'è polemica, è con loro, non col marito. Si è vestita di bianco per poter essere vista da qualunque inquadratura, per distinguersi dagli abiti maschili, tutti scuri, le divise, per essere quello che deve essere, e che fa a meraviglia, la first lady di più bella della storia d'America.

Tanto bella da perdonarle, a lei non a Dior, quei pantaloni terribili che finiscono sopra la caviglia, e che addosso a chiunque altro sembrerebbero un indumento circense, e una cattiveria pura concepita contro le donne.

Non posso esimermi da riportare anche la frase conclusiva dell'articolo sublime di Quotidiano.net

“Melania usa i vestiti come strumenti sovversivi per suggerire ciò che non può dire. E così facendo provoca ondate di supporto incondizionato in chi è talmente avvilito da cercare nel bianco un segnale di riscossa”.

Sovversivi, avvilito, riscossa. Amen.

Chi ha guardato con attenzione il discorso nella notte tra martedì e mercoledì, certamente non può non essere stato colpito dall'atteggiamento triste solitario e finale di buona parte dei democratici.

Le mani sotto il culo a significare che non ci sarebbero stati mai applausi, Nancy Pelosi ormai ridotta a manifesto dell'alzheimer che fa le smorfie e guarda male il collega Chuck Schumer perché fa un applauso in un momento dovuto, i parlamentari democratici neri che non applaudono quando il presidente annuncia il più basso tasso di disoccupazione di afroamericani della storia, i parlamentari che non applaudono quando sentono parlare di un numero di giovani stranieri da legalizzare pari a 1 milione e 800 mila, cioè il doppio di quelli che loro avevano chiesto, qualcuno che si alza e lascia l'aula quando il grosso dei partecipanti comincia a scandire U-S-A come se si vergognassero di sentir dire che lì non comandano loro, e’ il popolo ad essere rappresentato; il contro discorso, il rebuttal in puro stile anni 60, affidato a uno spaesato, intimidito, con tanto di bavetta all'angolo delle labbra, Joe Kennedy in mezzo a degli studenti; tutto è stato un segno di grande, residuale, difficoltà e debolezza. Si sono spinti troppo oltre nel tentativo di esautorare il presidente, non sanno come tornare indietro.

Ma molto interessante è stato anche lo spettacolo offerto dai repubblicani. Non dimenticate che la maggioranza di quei deputati e senatori quel presidente non lo voleva tanto quanto i democratici. Erano pronti a perdere, a subire 8 anni di Hillary Clinton, ma never Trump.

L'altra sera, guardandoli scattare per standing ovations, vedendo sui loro volti la realtà della vittoria assaporata e goduta, mentre Trump snocciolava i dati dell'economia “roaring”, annunciava gli investimenti che arrivano per trasporti, strade, ponti, in un Paese che cade a pezzi, confermava la politica di protezione dei confini della patria e di sicurezza senza chiudere all'immigrazione che è la storia d'America, rivendicava Gerusalemme capitale e menava sani schiaffoni alle Nazioni Unite e agli alleati fedifraghi europei, mentre si consentiva di concludere promettendo che il sogno americano è tornato e alla grande;

mentre accadeva questo, era chiaro che Donald Trump al Grand Old Party da outsider una cosa sicuramente ha insegnato: a combattere e vincere. Sono loro quelli che gli devono di più, comunque finisca l’avventura.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » sab feb 03, 2018 8:31 am

Trump e il nuovo scenario Mediorientale: Parla Daniel Pipes
02/02/2018

http://www.linformale.eu/trump-e-il-nuo ... niel-pipes


A seguito delle ultime decisioni e dichiarazioni di Donald Trump relativamente all’Autorità Palestinese, L’Informale ha voluto sentire il parere di Daniel Pipes, ospite frequente su queste pagine e tra i maggiori esperti internazionali di Medioriente.

Un anno dopo l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca qual è la sua valutazione della politica americana in Medioriente?

Ho diverse preoccupazioni relativamente a Trump ma in questa fase sono sensibilmente a favore di buona parte della sua politica mediorientale.

Trump ha dichiarato che la questione di Gerusalemme è “fuori dalle trattative” e che taglierà ulteriori fondi all’Autorità Palestinese se non tornerà a negoziare con Israele. Cosa ne pensa di queste dichiarazioni?

Sta facendo la cosa giusta per motivi sbagliati. Ha intrapreso questi passi per riattivare un processo diplomatico vecchio di trenta anni il quale è dannoso e destinato a fallire. Israele potrebbe pagarne le conseguenze.

In una intervista rilasciata a maggio al nostro giornale lei ci ha detto che con il passare del tempo Trump maturerà un atteggiamento “moderatamente ostile” nei confronti di Israele. Alla luce dei recenti sviluppi ha cambiato idea?

Per il momento sì. Ma attribuisco la buona situazione in cui si trova attualmente Israele agli errori dei palestinesi piuttosto che alla considerazione di Trump nei confronti dello Stato ebraico. Se i palestinesi dovessero rimediare ai loro errori, l’atteggiamento potrebbe mutare drasticamente.

Quanto è efficace la decisione americana di tagliare i fondi all’UNRWA?

Non è efficace per niente. Soltanto il governo del Belgio si è offerto di pagare un terzo della riduzione e molti altri paesi lo stanno seguendo, persino il Middle East Forum ha partecipato! Inoltre, tagliare i fondi non affronta l’aspetto più rilevante e dannoso dell’UNRWA, in altre parole il suo obiettivo di incrementare la popolazione dei rifugiati invece di diminuirla.

L’atteggiamento risoluto dell’Amministrazione Trump nei confronti dell’Autorità Palestinese, lascerà il suo capo, Mahmoud Abbas, nell’incapacità di predisporre ulteriori inganni?

Al contrario, lo invita ulteriormente a ingannare fingendo di volere parlare di pace con Israele.

Ritiene che un eventuale Stato palestinese sia la soluzione al conflitto, o, insieme a Martin Sherman, pensa che questo sia un modello fallito, un relitto ideologico del passato?

Ho discusso lungamente con Martin Sherman su questa questione. Se i palestinesi dovessero completamente rinunciare alle loro rivendicazioni territoriali contro Israele insieme alla loro campagna di delegittimazione, accetterei uno Stato palestinese. Ma questa prospettiva è completamente teorica e lontana da noi di almeno un secolo.

Sembra che la “causa palestinese” abbia perso molto del suo fascino per gli stati arabi sunniti. L’Iran e la Turchia sono diventati i suoi principali sponsor mediorientali. Si tratta di un punto di svolta?

Sì, un punto di svolta temporaneo. Una volta che la minaccia iraniana sarà passata, gli stati arabi sunniti potrebbero nuovamente riscoprire la causa palestinese.

Considera il principe reale Mohammad bin Salman dell’Arabia Saudita una risorsa per Israele?

È un po’ forte come affermazione. Lo considero una risorsa per l’Arabia Saudita e spero che insieme ai suoi sforzi di modernizzazione diminuirà l’ostilità araba nei confronti di Israele.

In un’intervista con L’Informale, Edward Luttwak ha detto: “L’Iran sembra una grande potenza se si guarda la situazione rispetto alla guerra in Siria, ma questa è solo un’immagine che non corrisponde alla verità. In Siria l’Iran mette in campo dodicimila soldati i quali vengono reclutati in Iran, Afghanistan e Pakistan. Appartengono a gruppi sciiti dove la povertà regna sovrana e che per 3, 4 dollari al giorno sono disposti a fare qualsiasi cosa…la teocrazia è molto abile nel vendersi e nel nascondere la propria natura fallimentare”. E’ d’accordo con questa analisi?

No. Ogni parte coinvolta in un conflitto ha le sue debolezze, ma concentrarsi solo su queste senza guardare ai suoi punti di forza o alle debolezze degli antagonisti distorce la situazione. Mi sembra che sia quello che abbia fatto Edward Luttwak. Nonostante i suoi problemi, l’Iran è l’aggressore di successo in Medioriente, attualmente dominante in quattro capitali arabe.

Il governo degli Stati Uniti dovrebbe operare per fare cadere il regime iraniano o dovrebbe semplicemente continuare a guardare e aspettare la sua eventuale fine?

La prima opzione. Mi frustra e stupisce che nonostante 39 anni di aggressione iraniana, dal sequestro dell’ambasciata USA al consolidamento del nucleare, porre fine alla Repubblica Islamica dell’Iran non sia mai stata la politica degli Stati Uniti.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » dom feb 04, 2018 9:59 pm

AMERICA FATTA A MAGLIE - IL MEMO PUBBLICATO CONFERMA GLI ELEMENTI CHE AVETE LETTO (SOLO) SU QUESTO MODESTO SITO: SENZA IL DOSSIER FARLOCCO PAGATO DAI DEMOCRATICI E SCRITTO DA UNA SPIA INGLESE, L'FBI NON AVREBBE POTUTO METTERE SOTTO CONTROLLO I MEMBRI DELLA CAMPAGNA TRUMP, E IL CAN CAN DEL RUSSIAGATE NON SAREBBE MAI PARTITO - LA CRISI NERA DEI DEMOCRATICI, CHE GIUDICANO TRUMP 'PESSIMO' MA NON TROVANO UNO STRACCIO DI ALTERNATIVA
Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://m.dagospia.com/america-fatta-a-m ... o-m-166372

Si può continuare a chiamarlo ancora soltanto del fumo, mentre contemporaneamente, e con sprezzo della coerenza, si tuona sull’oltraggio alla sicurezza nazionale e all'equilibrio dei poteri, e ostentare stupore se la commissione Intelligence, che avrebbe dovuto restare neutrale e rispettosa dei poteri per indagare sui quali è stata istituita, neanche fosse una inutile super commissione all'italiana insomma, ha invece usato i propri poteri e le leggi della maggioranza contro dei democratici con i quali non si può spartire neanche una nocciolina, tanto sono talebani e privi di idee per il Paese.

Cosi’ strillano i disinformatori americani del mainstream e gli zelanti imitatori italiani. Ma basta leggere con mente sgombra le quattro paginette del memorandum preparato da Devin Nunes per capire che c'è stato un attacco violento al sistema, e che qualcuno invece di stare zitto ha deciso di denunciarlo, appena ha avuto qualche prova in mano.

L'aveva detto Donald Trump? Sì l'aveva detto dall'inizio, invece hanno messo sotto indagine lui. Lo aiuta la nuova offensiva a pensare seriamente alla possibilità di licenziare un procuratore speciale che si ostini ad andare avanti con una indagine viziata dall'origine?

Lo vedremo, chi conosce la capacità di Donald Trump di negoziare quando è possibile, di rompere clamorosamente quando lo ritiene necessario, non si stupirebbe.

Oltretutto il presidente è forte, anche se la verità viene taciuta. Il suo indice di popolarità, tenuto schiacciato per mesi, è tra il 49 e il 50 per cento. Nell'arco di una settimana ha avuto un grande successo internazionale con gli operatori economici più influenti del mondo a Davos, dove un presidente americano non andava dal 2000, e con un discorso sullo Stato dell'Unione apprezzato dal 75% degli americani.

Certo, da fastidio a molti che i Repubblicani del Congresso finalmente alzino il capino troppo a lungo reclinato in difesa del loro presidente. Il nuovo rapporto è stato chiaro proprio la sera del discorso sullo Stato dell'Unione, quando sui volti dei deputati, dei senatori, del governo, dei militari, degli ospiti espressione della società che sta a cuore alla dottrina Trump, c'era la gioia di aver capito di essere tornati a vincere combattendo. È una metamorfosi, quello è lo stesso partito che Trump non lo voleva e che si è fatto del male per scongiurarne l'elezione.

Pollster e studiosi democratici americani cominciano a dovere ammettere che la crisi di quel partito è profonda, colpito dalla folgore di una sconfitta che invece credevano vittoria annunciata senza ombre, ancora attaccati al mito di Barack Obama, molto offuscato per la verità, ormai dopo più di un anno.

A The Hill Solis Doyle dice che la principale ragione di ansia dei democratici è proprio il presidente. Sentite la dichiarazione, una prova in più che la coerenza non appartiene a chi fa opposizione solo con la pancia e il risentimento.” La gente si agita così precocemente proprio perché Trump è così pessimo. Continuiamo a guardarlo e a dirci: chi potrebbe essere il migliore per sconfiggerlo? Chi è abbastanza carismatico? Chi può vincere con lui in un dibattito a due?”

Quindi Trump è pessimo, “so bad”, ma non si riesce a trovare uno in grado di affrontarlo per carisma e capacità di eloquio e di convincimento. Bella coerenza, vero?

Altri più corretti spiegano che Trump ha anche rivoluzionato il concetto di chi può fare il presidente, lasciando la gente a chiedersi se il prossimo leader del Partito Democratico potrà provenire non dal Senato o dalla sede di un governatore, ma dall'industria dello spettacolo o dal mondo degli affari.

Lo stesso entusiasmo frenetico per una Oprah Winfrey, che ha poi fatto sapere di non essere interessata, almeno per ora, o il ricorso alla cieca a un giovane della famiglia Kennedy, Joe, per rispondere al discorso sullo stato dell'Unione, denotano debolezza.

Ma la mancanza di una linea certa, tra la sinistra radicale e il centro moderato, e la difficoltà a reperire almeno per ora un leader degno di questo nome, sono nulla nel cahier de doléance dei democratici se paragonate a corruzione, imbrogli, collusioni con la Russia, connivenza eversiva con strumenti dello Stato, colpe e accuse per più di un anno agitate pesantemente come armi per minare autorevolezza e legalità della presidenza Trump, e ora pronte per essere rivolte contro gli accusatori moralisti, il mondo democratico.

Dice proprio cosi’ il protagonista del famoso memorandum sugli imbrogli dell' FBI, che “ci sono chiare prove della collusione con la Russia, certamente, ma da parte della campagna Clinton e del Comitato Nazionale Democratico”. E allora su che cosa sta indagando il procuratore speciale Robert Mueller?

Trump non si fa mancare nulla giustamente della soddisfazione di questo risultato, e twitta come un pazzo su quelli che dovrebbero vergognarsi di aver trasformato in uno strumento politico il bureau federale di polizia, difendendo la sua scelta di far prevalere l’interesse pubblico, altro che attacco la sicurezza nazionale o un regalo al suo amico Putin, sostiene in modo sempre più delirante Nancy Pelosi.

I democratici tuonano infatti sulla crisi costituzionale aperta da un presunto mancato rispetto da parte della commissione Intelligence della Camera, su base strettamente repubblicana, e da parte dell'Amministrazione. Rispetto di cosa?

C’è un presunto luogo sacro che non avrebbe dovuto essere toccato, quindi secondo loro il presidente per non destabilizzare l’Fbi e le sensibilità del “deep state”, avrebbe dovuto rinunciare a denunciare come e quanto hanno cercato di fregarlo.

I democratici sostengono inoltre che c'erano altre prove ed elementi di analisi da loro esibiti, e che i repubblicani hanno votato di non rendere noti, sostanzialmente che la testimonianza di MacCabe e stata male interpretata, e concludono che il memorandum è fuorviante, e accusano I repubblicani di tentare di minare l’investigazione del consigliere speciale .

Quindi alla fine del lungo tortuoso ragionamento, che si tratti solo di fumo non lo sostiene nessuno, con buona pace dei giornali italiani che ci si sono invece buttati sopra.

Vediamole quelle tre pagine e mezzo rese note venerdì per autorizzazione del presidente, nonostante la furiosa opposizione dell' Fbi, la complice tiepidezza del dipartimento di Giustizia, editoriali tuonanti di New York Times, Washington Post, CNN eccetera. Conferma peraltro gli elementi che avete letto molte volte su questo modesto sito.

Il memorandum asserisce che l'ex vicedirettore dell'FBI, Andrew McCabe, ora rimosso, ha testimoniato a porte chiuse che, senza il dossier anti Trump, l’ FBI non sarebbe stata in grado di ottenere nel 2016 l'autorizzazione di sorveglianza contro i componenti della campagna, primo il volontario esperto di politica internazionale, Carter Page; che tanto l’Fbi quanto il Dipartimento di giustizia sapevano che in realtà il dossier era stato commissionato e pagato dal Comitato nazionale Democratico e dalla campagna di Hillary Clinton. Emerge che Steele era una fonte dell’Fbi e che il Bureau interruppe il rapporto dopo che lui svelò senza autorizzazione ai media nel 2016 i suoi legami con gli agenti federali.

Sostiene inoltre che l’autore del dossier, l’inglese Christopher Steele, che lo aveva confezionato insieme a spie russe, aveva espresso sentimenti personali di disprezzo per Trump. Pregiudizio condiviso con l’Fbi e con il Dipartimento di Giustizia.

Il tutto è avvenuto naturalmente con responsabili del Bureau e del Dipartimento di Giustizia legati e nominati dalla precedente Amministrazione, ma ci sono anche personaggi rimasti nella nuova, come Rod Rosenstein, numero 2 del Dipartimento di Giustizia, che ha avuto carta bianca sul Russiagate, visto che l’attorney general, Jeff Sessions si è fatto da parte.

Ora, alzano alti lai quegli stessi giornali che hanno tentato di impedire la pubblicazione del memorandum, accompagnati da giornali italiani dolenti, come per esempio la Stampa o l'Ansa, (dai vari TG citerò soltanto in casi eccezionali) sarebbe incerto il futuro del direttore dell'Fbi, Christopher Wray, nominato ad agosto da Trump al posto di James Comey, coinvolto in modo gravissimo negli imbrogli che hanno portato all'inchiesta sul Russiagate, ma anche nella copertura del brutto affare delle mail di Hillary Clinton.

Ma se il nuovo direttore dell' FBI non è in alcun modo coinvolto, perché dovrebbe risentirsi? Se invece ha ritenuto di difendere l'agenzia oltre il dovuto e il ragionevole, quindi di non tener fede al patto di fedeltà verso il Dipartimento di Giustizia e verso il presidente, che è il capo di tutta la baracca, è bene che se ne vada, inutile tenere personaggi ambigui.

Certo, Christopher Wray non aveva ritenuto di prendere misure contro il numero due dell'Fbi Andrew McCabe, la cui moglie corse per un seggio in Senato con cospicui fondi di un alleato dei Clinton, o gli agenti-amanti Peter Strzok e Lisa Page, che lavoravano al Russiagate e si scambiavano sms anti-Trump. Se sono tutti a casa ora, è solo merito dei repubblicani del Congresso come Nunes.

Trump ai giornalisti che gli chiedevano se ha ancora fiducia nel vice ministro di Giustizia, Rod Rosenstein, che supervisiona l'indagine dell'Fbi sul Russiagate, ha risposto: “ ci potete arrivare da soli “.

Apriti cielo, a lasciar trapelare quel che è naturale, ovvero che non ci sarebbe stato il Russiagate senza questi imbrogli.

Ora - ci racconta con dolore un dispaccio dell'Ansa- Trump e i repubblicani possono tentare di spacciare il Russia Gate per un’inchiesta nata da un atto illegale e di parte, avvalorando la loro teoria cospirativa di un “deep state” manovrato dai democratici contro di lui”. Poi rassicurano:

“ L’opposizione è sul piede di guerra. I vertici del partito hanno ammonito Trump a non usare come pretesto il memo per screditare l’inchiesta o per licenziare Rosenstein o lo stesso Mueller, minacciando altrimenti una crisi costituzionale”.

“Spacciare”. “Pretesto”. “Ammonito Trump”.

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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » lun feb 05, 2018 10:55 pm

“Il fisco di Trump sfida l’Europa”
luigi grassia
2018/02/05

http://www.lastampa.it/2018/02/05/econo ... agina.html

La riforma fiscale avviata dal presidente Donald Trump negli Stati Uniti «rischia di intensificare la competizione fiscale globale, comportando una possibile erosione delle basi imponibili nei Paesi dell’Unione europea». Lo segnala la Bce in un focus su «L’impatto economico della riforma fiscale statunitense» pubblicato oggi sul sito istituzionale. Se nel complesso la riforma «fornirà un significativo stimolo fiscale all’economia statunitense nel prossimo decennio», segnala la Banca centrale europea nel documento, «spingendo la domanda interna e facendo salire il Pil reale nel breve termine, le conseguenze che tutto ciò avrà sull’area euro rimangono altamente incerte e complesse».

La concorrenza fiscale fra Stati, purché non spinta fino alla creazione di «paradisi», è stata lodata per decenni dagli apologeti del libero mercato come via da seguire, anche in Europa dove si trovano il Lussemburgo, le isole Jersey e Guernsey, l’Irlanda e altri Stati o staterelli che offrono fiscalità di vantaggio ai capitali stranieri. Durante gli stessi decenni si è detto da parte dei liberisti (ma anche degli europeisti senza etichetta) che questa concorrenza fiscale è cosa buona e giusta e che quando si scatena è tanto peggio chi non è capace di adeguarvisi. In tutti questi decenni i costi dell’elusione fiscale per gli Stati europei e per i singoli cittadini sono stati pesantissimi, senza bisogno di Trump. La situazione è stata esaltata per decenni dagli economisti iper-liberisti e (di volta in volta) benedetta oppure ignorata dai trattati europei e dalle istituzioni di Bruxelles e di Francoforte. Adesso che gli Usa fanno passi nella stessa direzione l’Europa è a corto di argomenti per polemizzare.
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