Forza Trump, sei una speranza per il mondo intero.Forza Trump, sei una speranza per il mondo intero, per tutti gli uomini di buona volontà, schiaccia la testa mostruosa della viscida casta che alberga ovunque, persino nella tua Casa Bianca dove la volontà della maggioranza dei cittadini ti ha posto per ben servirli.
Anche noi in Europa confidiamo in te come confidano Israele, il Giappone, l'India, l'Australia, tanti altri paesi del Mondo e tutti i buoni uomini della terra.https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674 L'articolo anonimo contro Trump sul New York Timesmercoledì 5 settembre 2018
https://www.ilpost.it/2018/09/05/artico ... york-timesLo ha scritto un membro dell'amministrazione, per raccontare che ci sono "persone coraggiose" alla Casa Bianca che cercano di impedire al presidente di fare danni
Il New York Times ha pubblicato mercoledì sera nello spazio Editoriali e commenti sul suo sito un eccezionale “articolo anonimo”, introdotto e spiegato così:
Il New York Times compie oggi il raro passo di pubblicare un articolo di commento anonimo. Lo facciamo su richiesta dell’autore, un importante esponente dell’amministrazione Trump la cui identità ci è nota e il cui ruolo sarebbe minacciato se fosse svelata. Crediamo che pubblicare questo articolo anonimamente sia l’unico modo per diffondere una lettura importante presso i nostri lettori. Vi invitiamo a inviare domande sull’articolo o sui nostri criteri di pubblicazione.
Le cautele del New York Times nello spiegare la delicata scelta di pubblicare l’articolo pur nascondendone la fonte hanno a che fare con il suo contenuto e le accuse molto forti che espone. L’autore vuole contemporaneamente descrivere la grande incompetenza e inaffidabilità del presidente Trump – soprattutto nell’allontanarsi da quelli che sono citati come i principi della politica Repubblicana e nel cambiare frequentemente avviso su molte decisioni e approcci importanti – e anche il valore dei suoi collaboratori che alla Casa Bianca cercano di attenuare le conseguenze di una presidenza descritta come disastrosa e pericolosa: “[Per Trump] Il problema – che non riesce a realizzare del tutto – è che molti dei principali responsabili nella sua stessa amministrazione lavorano assiduamente dall’interno per opporsi a parti del suo programma e alle sue peggiori inclinazioni. Io lo so, sono uno di loro”.
L’imprevedibile comportamento [del Presidente] sarebbe più preoccupante se non fosse per gli oscuri eroi dentro e intorno alla Casa Bianca. Alcuni dei suoi collaboratori sono stati descritti dai media come “cattivi”, ma in privato si sono spinti molto in là per trattenere all’interno della West Wing le decisioni sbagliate, anche se non ci sono evidentemente sempre riusciti.
Può suonare come una magra consolazione in quest’era confusa, ma gli americani devono sapere che ci sono degli adulti in queste stanze. Ci rendiamo conto esattamente di cosa sta succedendo. E cerchiamo di fare ciò che è giusto anche quando Donald Trump non lo fa.
Le critiche contro Trump – che verranno di certo citate e ripetute infinite volte nelle prossime settimane – sono chiarissime e per niente sfumate.
La radice del problema è l’amoralità del Presidente. Chiunque lavori con lui sa che non è ancorato a nessun comprensibile principio che guidi i suoi processi decisionali.
Malgrado sia stato eletto come Repubblicano, il Presidente mostra pochissime affinità con gli ideali storici dei conservatori: libero pensiero, libero mercato e liberi individui. Nel migliore dei casi, li ha citati in situazioni preconfezionate. Nel peggiore, li ha palesemente attaccati.
In aggiunta alla sua propaganda del concetto che la stampa sia “nemica del popolo”, gli istinti del Presidente Trump sono generalmente anti-mercato e anti-democratici.
Non equivocatemi. Ci sono elementi positivi che l’incessante narrazione negativa sull’amministrazione manca di afferrare: una riuscita deregulation, riforme fiscali storiche, un rafforzamento militare e altro.
Ma questi successi si sono ottenuti non per merito ma malgrado lo stile di leadership del Presidente, che è impulsivo, aggressivo, piccino e inefficace.
L’autore dell’articolo dice di condividere con diversi altri suoi colleghi nella Casa Bianca le sue opinioni.
Dalla Casa Bianca ai dipartimenti e alle agenzie dell’esecutivo, i maggiori dirigenti confessano in privato la loro quotidiana incredulità nei confronti dei commenti e delle azioni del comandante in capo. La maggior parte cerca di tenere separate le proprie operazioni dai suoi capricci. Le riunioni con lui vanno fuori tema ed escono dal seminato, si dedica a ripetute invettive, e la sua impulsività si traduce in decisioni a metà, male informate e a volte spericolate su cui bisogna tornare indietro.
“Non c’è letteralmente modo di prevedere se cambierà idea da un minuto all’altro”, un importante ufficiale dell’amministrazione si è lamentato con me di recente, esasperato da una riunione nell’Ufficio Ovale in cui il Presidente ha ribaltato una grossa decisione che aveva preso solo una settimana prima.
L’articolo sul New York Times – che segue rivelazioni dello stesso tenore diffuse nelle anticipazioni del libro del giornalista Bob Woodward – è stato subito ripreso da tutti i maggiori siti di news e programmi televisivi statunitensi. Tre ore dopo la sua pubblicazione Donald Trump ha risposto pubblicamente durante un evento alla Casa Bianca:
C’è qualcuno su quello che io chiamo il morente New York Times che racconta che lui apparterrebbe a una resistenza all’interno dell’amministrazione Trump. Questo è quello con cui abbiamo a che fare.
Trump ha continuato definendo l’articolo “un editoriale anonimo, ovvero inconsistente”. La sua portavoce Sarah Huckabee Sanders ha poi diffuso un comunicato ufficiale:
L’individuo dietro questo articolo ha scelto di tradire, invece che sostenere, il Presidente degli Stati Uniti regolarmente eletto. Non sta scegliendo il Paese, ma mettendo se stesso e il suo ego prima della volontà del popolo americano. Questo codardo dovrebbe fare la cosa giusta e dare le dimissioni.
Sanders ha aggiunto che “siamo delusi ma non sorpresi che il giornale abbia scelto di pubblicare questo patetico, scriteriato ed egoista commento. È un nuovo punto più basso per il cosiddetto paper of record, che dovrebbe pubblicare delle scuse come fece dopo le elezioni rispetto alla sua disastrosa copertura della campagna Trump. È solo un altro esempio dello sforzo congiunto della stampa liberal per screditare il Presidente”. Il New York Times ha risposto puntualizzando di non avere mai pubblicato scuse, ma solo una lettera ai lettori ammettendo di avere sottovalutato il consenso per Trump.
Trump furioso: "Resistenza dentro la Casa Bianca è una disgrazia"Il presidente se la prende con il funzionario che ha raccontato al Nyt come all'interno dell'amministrazione ci siano funzionati che sabotano l'azione del tycoon. La portavoce Sanders: "È solo un traditore"
05 settembre 2018
https://www.repubblica.it/esteri/2018/0 ... -205705047 La "resistenza" in seno alla Casa Bianca "è una disgrazia". Così il presidente Donald Trump ha commentato l'editoriale anonimo di un funzionario della sua amministrazione sul New York Times. Il dirigente dichiara di lavorare, come molti altri funzionari della Casa Bianca, per boicottare l'agenda del presidente che sta mettendo a repentaglio "la salute della repubblica".
L'anonimo editorialista, "sta probabilmente fallendo" proprio come il New York Times, ha proseguito Trump. "Se io non fossi qui - ha rimarcato - il New York Times probabilmente non esisterebbe" più. Trump ha dunque tirato fuori un documento dalla tasca sottolineando tutti i successi della sua amministrazione. "Nessuno ha fatto quello che è riuscita a fare questa amministrazione dal punto di vista dei provvedimenti approvati e nell'ottenere risultati", ha insistito il presidente citando il bilancio, la deregulation, i tagli alle tasse e la bassa disoccupazione.
In nottata è arrivato puntuale il tweet di Trump: "Tradimento?, mentre sui media, e probabilmente non solo, è scattata la 'caccia' all'autore della lettera, per cercare di individuare chi possa essere e se addirittura, si spinge a dire qualcuno, sia un responsabile all'interno del governo o della Casa Bianca.
"Vigliacco e senza spina dorsale": non ha usato mezzi termini la portavoce della casa Bianca, Sarah Sanders, per bollare l'alto funzionario dell'amministrazione.
"Circa 62 milioni di persone hanno votato il presidente Trump e nessuno di loro ha votato per una fonte del fallimentare New York Times senza spina dorsale e anonima". "L'individuo dietro la lettera - prosegue Sanders - ha scelto di tradire invece di sostenere il presidente eletto degli Stati Uniti. Al primo poso non ha messo il paese ma se stesso e il suo ego. Questo codardo dovrebbe fare la cosa giusta e dimettersi".
Cosa c'è nel libro di Bob Woodward sulla Casa Bianca di Trump2018/09/05
https://www.ilpost.it/2018/09/05/libro- ... b-woodwardUn nuovo libro sta facendo discutere negli Stati Uniti e sta agitando la politica americana: l’ha scritto Bob Woodward, il famoso e rispettato giornalista del Washington Post che negli anni Settanta indagò sul caso Watergate insieme a Carl Bernstein, e racconta il primo anno e mezzo dell’amministrazione di Donald Trump con una serie di aneddoti e storie al limite dell’incredibile. Il libro si chiama Fear e deve ancora uscire, ma il Washington Post ha pubblicato alcuni dei passaggi più notevoli, che descrivono una Casa Bianca alla deriva e uno staff presidenziale impegnato quotidianamente a contenere l’impulsività di Trump, descritto da molti ex dipendenti della sua amministrazione come poco interessato agli affari esteri e inconsapevole di come funzioni un governo.
Woodward descrive una serie di macchinazioni quotidiane dello staff di Trump per evitare disastri e crisi internazionali, e che sono descritte come una sorta di «colpo di stato amministrativo»: si parla di collaboratori che disobbediscono a ordini particolarmente assurdi o pericolosi, o rubano i documenti dalla scrivania di Trump per evitare che li legga o non farglieli firmare, per capirci.
Woodward ha scritto il libro basandosi su centinaia di ore di interviste con fonti di prima mano, soprattutto ex funzionari e consiglieri della Casa Bianca che hanno assistito direttamente agli aneddoti raccontati, e consultando diari personali e documenti riservati. Il Washington Post ha pubblicato l’audio di una telefonata avvenuta lo scorso 14 agosto tra Woodward e Trump, che si è lamentato di non aver potuto replicare alle accuse contenute nel libro. Nella telefonata, Woodward spiega al presidente di aver chiesto a sei diverse persone vicine a lui di fissare un appuntamento, senza riuscirci. Dopo le anticipazioni pubblicate dal Washington Post, Trump ha immediatamente negato le accuse del libro, e lo stesso hanno fatto diversi membri dell’amministrazione protagonisti delle storie.
La testimonianza sull’inchiesta sulla Russia
Una delle storie anticipate dal Washington Post riguarda l’indagine sulla Russia condotta dal procuratore speciale Robert Mueller. Trump ha sempre rifiutato di testimoniare (potrebbe essere costretto da un mandato di comparizione) ma Woodward racconta che è stato il capo dei suoi avvocati John Dowd – che si è dimesso lo scorso marzo – a convincerlo a rifiutare, convinto che Trump avrebbe commesso il reato di falsa testimonianza se sottoposto a un interrogatorio.
Per convincere Trump a non farsi interrogare, Dowd simulò una deposizione, facendogli domande incalzanti e portandolo a contraddirsi. Trump si infuriò e all’inizio sembrò convinto di non farsi interrogare, salvo poi decidere di nuovo di voler testimoniare. Woodward racconta anche che Dowd raccontò a Mueller com’era andata la preparazione alla deposizione, spiegandogli che non voleva che Trump testimoniasse per paura che la trascrizione uscisse sui giornali e portasse le potenze straniere a prendere meno sul serio il presidente. «John, capisco», gli disse Mueller, secondo Woodward. «Non testimoni. O fa così, o finisce in una tuta arancione», disse alla fine Dowd a Trump alludendo all’uniforme dei detenuti. Trump ciononostante si impuntò: «Sarei un buon testimone». Dowd disse a Trump che non era così, aggiungendo: «Ho paura di non poterla aiutare più di così», e si dimise il giorno successivo.
Woodward descrive l’inchiesta sulla Russia come un tasto molto dolente per Trump, e un motivo di imbarazzo. In una telefonata ufficiale, il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi gli disse: «Sono preoccupato per quest’indagine, Donald. Continuerai a esserci?». Fu come “un calcio nelle palle”, disse Trump ai suoi collaboratori.
I documenti rubati
Ma Woodward racconta di altri ex collaboratori di Trump che hanno lasciato la Casa Bianca per esasperazione dopo aver tentato a lungo di contenere il comportamento di Trump. Uno di questi è Gary Cohn, ex capo consigliere economico di Trump, che a sua volta se ne andò lo scorso marzo. Cohn, un ex finanziere di Wall Street, provò a lungo a limitare l’isolazionismo economico di Trump, anche adottando soluzioni estreme: in un caso, tolse dalla scrivania del presidente un documento che voleva firmare per ritirare gli Stati Uniti da un importante accordo economico con la Corea del Sud. Spiegò a un suo assistente che lo aveva fatto per proteggere la sicurezza nazionale, e che Trump non se n’era accorto.
In un’altra occasione, lo staff di Trump dovette preparare un documento per ritirarsi dal NAFTA, l’importante accordo commerciale con Canada e Messico. Ma i suoi consiglieri erano preoccupati che potesse avere gravi conseguenze diplomatiche ed economiche, quindi Cohn disse: «Posso fermarlo. Tolgo il foglio dalla sua scrivania». E lo fece. Gli Stati Uniti sono tuttora dentro al NAFTA.
Donald Trump con l’ex consigliere economico Gary Cohn (a destra) e il consigliere per la sicurezza nazionale H. R. McMaster (secondo da destra) nello Studio Ovale. (Alex Wong/Getty Images)
Il rapporto con i militari
Woodward ha raccolto anche i racconti e le lamentele degli ufficiali dell’esercito al lavoro alla Casa Bianca, che nell’amministrazione Trump sono notoriamente ignorati e maltrattati come non era mai successo in passato. Woodward racconta di una riunione del Consiglio per la Sicurezza Nazionale dello scorso gennaio, in cui Trump chiese perché gli Stati Uniti mantenessero una presenza militare così massiccia nella penisola coreana, e perché portassero avanti l’operazione di intelligence che consente di rilevare in pochi secondi i lanci missilistici nordcoreani. «Lo stiamo facendo per prevenire la Terza guerra mondiale», gli rispose disarmato il segretario per la Difesa John Mattis. Dopo la riunione, prosegue Woodward, Mattis era preoccupato e esasperato, e disse ai suoi collaboratori che Trump si era comportato come – e aveva le capacità di comprensione di – «un bambino di 11 o 12 anni».
Da sinistra: il consigliere per la sicurezza nazionale H.R. McMaster, il chief of staff della Casa Bianca John Kelly, Donald Trump e il segretario della Difesa Jim Mattis. (Andrew Harrer-Pool/Getty Images)
Un aspetto che emerge dai racconti di Woodward sembra essere il fatto che diversi membri dell’amministrazione vivano il loro lavoro come un sacrificio per il bene del paese. «I segretari della Difesa non scelgono sempre il presidente per cui lavorano», avrebbe detto Mattis ad alcuni amici secondo il resoconto di Woodward. Il libro riporta anche uno sfogo di John Kelly, capo dello staff della Casa Bianca ed ex rispettato generale dei Marine, che avrebbe detto di Trump durante una riunione ristretta: «È un idiota. È inutile provare a convincerlo di qualsiasi cosa. È andato fuori dai binari. Siamo nella Città dei matti. Non so nemmeno perché siamo qui. È il peggiore lavoro che abbia mai avuto». Kelly ha minacciato più volte di licenziarsi, secondo i giornali americani, ma è sempre rimasto alla Casa Bianca. Dopo le anticipazioni sul libro di Woodward, Kelly ha smentito di aver dato dell’idiota a Trump.
Durante una cena con diverse persone, tra cui Mattis e il capo delle forze armate statunitensi Joseph F. Dunford Jr., Trump si mise a insultare il senatore Repubblicano John McCain, considerato negli Stati Uniti un eroe di guerra e morto lo scorso 25 agosto. Trump lo descrisse come un codardo, accusandolo di aver sfruttato il fatto di essere figlio di un importante generale per essere liberato in anticipo quando fu fatto prigioniero in Vietnam. «No signor presidente, credo che abbiate invertito le cose», gli rispose Mattis, spiegando che McCain fece esattamente il contrario, rifiutando di ottenere un trattamento privilegiato e rimanendo prigioniero più di cinque anni. «Oh, okay» rispose Trump.
Dopo il bombardamento chimico del regime siriano nella provincia di Idlib dell’aprile del 2017, Trump chiamò Mattis per dirgli che voleva assassinare Assad. «Uccidiamolo cazzo. Andiamo lì, uccidiamone molti». Mattis disse a Trump che se ne sarebbe occupato, ma una volta messo giù il telefono disse ai suoi collaboratori: «Saremo molto più cauti di così». Alla fine lo convinse a ripiegare sui bombardamenti mirati che ebbero effettivamente luogo. Mattis ha smentito tutti i virgolettati che gli sono attribuiti nel libro.
Nel periodo di massima tensione con la Corea del Nord, quando Trump definì Kim Jong-un «piccolo Rocket Man» all’ONU, i consiglieri militari erano preoccupati che Trump potesse provocare il dittatore nordcoreano. Trump disse a Rob Porter, avvocato che lavorò nello staff di Trump fino allo scorso febbraio e una delle principali fonti del libro, che «È tutta una questione di leader contro leader. Uomo contro uomo. Io contro Kim».
I maltrattamenti allo staff
Non è un segreto che Trump non nasconda il suo disprezzo per alcuni suoi collaboratori, e anche per figure di prima importanza nell’amministrazione. Un caso famoso è quello di Jeff Sessions, il segretario della Giustizia che delegò la supervisione sull’inchiesta sulla Russia per non cadere in un conflitto di interessi, provocando l’ira di Trump, che continua a insultarlo e criticarlo su Twitter ogni settimana. Il presidente, scrive Woodward, lo definì un “traditore”, dandogli del “ritardato mentale” e imitandone l’accento meridionale, insinuando che in Alabama non potrebbe essere nemmeno un avvocato di campagna.
Trump aveva un pessimo rapporto anche con Reince Priebus, ex capo dello staff della Casa Bianca. Una volta, scrive Woodward, disse a Porter di ignorare Priebus, nonostante rispondesse direttamente a lui come tutto lo staff della Casa Bianca. Trump paragonò Priebus «a un piccolo ratto, che scorrazza soltanto in giro». Trump, racconta Woodward, prendeva spesso in giro anche H.R. McMaster, ex consigliere per la sicurezza nazionale, imitandone il modo di respirare e accusandolo di vestirsi con completi scadenti, come «un rappresentante di birre».
«Non era più una presidenza»
Porter ha detto a Woodward che quella in cui lavorava «Non era più una presidenza. Non era più una Casa Bianca. Era solo un uomo, che era se stesso». Dopo la protesta di Charlottesville, in cui un neonazista investì e uccise una manifestante, Trump fece il famoso e criticato discorso in cui condannava «entrambe le parti» per le violenze. I suoi consiglieri lo convinsero a fare un nuovo discorso per condannare esplicitamente il suprematismo bianco, ma subito dopo averlo pronunciato disse al suo staff: «È il peggiore errore che abbia mai fatto. Il peggior discorso che ho mai fatto».
Il capo dello staff della Casa Bianca John Kelly con Ivanka Trump e Jared Kushner. (AP Photo/Evan Vucci)
A essere particolarmente scosso dal comportamento di Trump fu Cohn, che è ebreo, che infatti subito dopo presentò una prima lettera di dimissioni, salvo essere convinto da Trump a rimanere. Anche Kelly confidò a Cohn di essersi infuriato per il comportamento di Trump su Charlottesville: «Avrei preso quella lettera di dimissioni e gliel’avrei messa nel culo sei volte», disse secondo Woodward a Cohn.
I familiari
Nel libro di Woodward i familiari di Trump alla Casa Bianca – principalmente la figlia Ivanka Trump e suo marito Jared Kushner, entrambi con un ruolo ufficiale di consiglieri del presidente – hanno un ruolo marginale. Si racconta però di un episodio in cui l’ex consigliere di Trump Stephen Bannon si infuriò con Ivanka intimandole di fare riferimento a Priebus, il capo dello staff, e non direttamente a suo padre: «Sei una cazzo di dipendente! Entri qui come se comandassi tu, ma non è così! Sei una dipendente!». «Non sono una dipendente, non lo sarò mai. Sono la First Daughter!», gli rispose Ivanka Trump.
Conseguenze
Secondo Politico, la posizione già traballante di Kelly potrebbe subire il colpo decisivo dal libro di Woodward. Si sa che Trump era già arrabbiato con Kelly per una vicenda legata al funerale di McCain. Secondo diverse fonti, infatti, Kelly aveva comunicato lo scorso luglio che avrebbe mantenuto il suo incarico fino alla fine del mandato di Trump, per mettere a tacere le continue voci che ipotizzavano le sue dimissioni, ma il suo annuncio venne accolto con scetticismo nella Casa Bianca. Secondo un ex funzionario dell’amministrazione contattato da Politico «ora possiamo contare i granelli di sabbia rimasti nella clessidra».
Trump ha detto in un’intervista al Daily Caller che è soltanto «un altro brutto libro», aggiungendo che Woodward ha avuto problemi di credibilità, e che avrebbe preferito poter replicare. Politico dice invece che Woodward è un giornalista che Trump rispetta personalmente, tanto da averlo difeso quando fu criticato dall’amministrazione Obama per altri retroscena.
Con ogni probabilità non ci saranno conseguenze nei rapporti tra Trump e l’opinione pubblica, che è ormai abituata ad assistere a scene particolarmente caotiche alla Casa Bianca e tra Trump e i suoi collaboratori, ma potrebbero esserci conseguenze all’interno della Casa Bianca, visti i giudizi e gli aneddoti che contiene il libro. Woodward è considerato un giornalista serio, e gli standard giornalistici delle grandi testate e case editrici statunitensi richiedono spesso appunti e registrazioni anche quando poi le fonti delle informazioni non vengono rivelate: è difficile naturalmente dire quanto ci sia di vero e quanto no nel libro di Woodward, ma il caso di Jeff Sessions, la nota impulsività di Trump, le frequentissime dimissioni dei suoi collaboratori e la loro litigiosità in pubblico contribuiscono a rendere quanto meno credibili, verosimili, i racconti come quelli contenuti nel libro di Woodward.