Ke oror!Natale con l’Islam, a Udine arrivano i manifestiSaranno affissi in centro dall’associazione “Partecipazione&spiritualità musulmana”. Chiesa incuriosita dall’iniziativa di Davide Vicedomini
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... aometo.jpg http://messaggeroveneto.gelocal.it/udin ... 1.12651924UDINE. Un messaggio lungo un metro per augurare buone feste alle comunità cristiana e musulmana di Udine. L’iniziativa di stampo nazionale dei giovani dell’associazione Psm, Partecipazione&spiritualità musulmana, è stata accolta dal Centro misericordia e solidarietà di via Marano, che lunedì mattina affiggerà 25 manifesti in sei strade del capoluogo friulano.
Un’iniziativa che la Chiesa udinese accoglie con curiosità: «Potrebbe essere una cosa positiva, ma aspettiamo di vedere affissi quei manifesti», ha spiegato don Genero vicario generale dell’Arcidiocesi che proprio pochi giorni fa si era lamentato della scarsa propensione al dialogo da parte della comunità islamica.
La Chiesa: "Potrebbe essere una cosa positiva, ma vogliamo vedere i cartelloni"
«Di primo acchito ci pare un fatto positivo, ma, prima di esprimere qualsiasi tipo di giudizio, attendiamo di vedere questi manifesti». Non si sbottona monsignor Guido Genero, vicario generale dell’Arcidiocesi di Udine
La ricorrenza della nascita del Profeta dell’Islam, Maometto, anticipa infatti di soli due giorni quest’anno le festività natalizie. «Ci è parsa un’occasione speciale – spiega Fauzi Mjoual, segretario e tesoriere del centro Misericordia e Solidarietà – per condividere insieme ai nostri fratelli cristiani i festeggiamenti».
Il Psm ha promosso in questi giorni la campagna di informazione e condivisione rivolta a tutta la cittadinanza. Udine sarà l’unica piazza in regione interessata da questi manifesti che verranno affissi in via dell’Emigrazione, viale Volontari, viale Forze Armate, viale Cadore, via Sacile e via Lombardia.
«In questo difficile momento per le nostre società europee e per il mondo intero – dice Fauzi Mjoual – e di fronte alle tragedie cui assistiamo, crediamo che sia più che mai necessario ricercare e valorizzare i tanti punti di convergenza tra gli esseri umani, in modo da allontanare lo spettro del rigetto dell’altro e della violenza, che spinge l’umanità verso l’abisso dell’incomprensione totale.
Questa iniziativa – aggiunge – vuole inserirsi proprio in questo cammino di condivisione, perché siamo profondamente persuasi della necessità di mettere al centro il tanto che ci unisce rispetto al poco che ci può dividere.
«Vogliamo dire a tutti che siamo fratelli – conclude Fauzi –. Questa è un’occasione speciale, ma continueremo nel nostro viaggio verso l’integrazione e la condivisione. Le religioni possono unire l’umanità e solo l’uso improprio può dividerle». Il Centro misericordia e solidarietà di via Marano, frequentato mediamente da circa 700 fedeli musulmani, non è nuovo a questo genere di iniziative.
Nato ad aprile 2014 dopo lo scioglimento dell’associazione di via del Vascello, ha dato vita, con i giovani del Psm, a una manifestazione contro il terrorismo in occasione dell’attentato che ha colpito il settimanale satirico “Charlie Hebdo”. Quindi ha partecipato a conferenze e convegni insieme al Centro Balducci di Zugliano, «allo scopo – spiega il segretario del centro – di rafforzare il senso di condivisione con la comunità cristiana».
Nel mese del ramadan ha accolto circa 200 profughi grazie anche alle donazioni dei fedeli. Ospita attualmente una scuola di arabo per circa un centinaio di bambini, «ma il nostro intento – aggiunge Fauzi – è quello di rendere il centro ancora più attivo e collaborativo all’interno della città».
Per questo motivo, e anche come pretesto per continuare i festeggiamenti natalizi, la moschea di via Marano spalancherà le proprie porte alla cittadinanza udinese domenica 27 dicembre, dopo la prima edizione che si è svolta ad aprile. All’evento sono stati invitate le autorità, varie istituzioni e la Chiesa.
Il ritrovo è per le 13.30 e, dopo i discorsi, seguiranno la visita ai locali che ospitano la moschea e un rinfresco a base di prodotti tipici della cultura islamica.
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... aometo.jpgL’Islam a scuola? La Curia non ci sta e tra i presidi spunta il no al crocifissoIl vicario della diocesi di Udine: la multiculturalità non è praticabile, coinvolgiamo anche le famiglie. Il sociologo Orioles in un post su Fb attacca don Di Piazza: le sue proposte solo di apparente buon senso di Maurizio Cescon
23 dicembre 2015
http://messaggeroveneto.gelocal.it/udin ... 1.12668613UDINE. Simboli delle religioni nelle aule friulane: il mondo della scuola e la Chiesa si dividono sull’idea lanciata dai preti di frontiera, nella “Lettera di Natale”.
Ampio il ventaglio dei pareri: dalla chiusura totale, alle perplessità, dalla difesa della laicità dell’istituzione a possibili aperture, in modi e tempi da definire. La curia di Udine, però, non ci sta: multiculturalità non praticabile. Un tema sensibile, dunque, che tocca le coscienze e i valori.
L’arcivescovo di Udine monsignor Andrea Bruno Mazzocato, nell’intervista rilasciata al Messaggero Veneto, sostiene che «da parte dei rappresentanti musulmani non ci sono difficoltà ad accogliere i nostri simboli cristiani. La ricchezza sta nel fatto di aprirci all’aspetto reciproco, non azzerando invece tutto, così si creerebbe il deserto; bisogna invece riconoscere i simboli dell’uno e degli altri, perché questa è la ricchezza. Noi cristiani dobbiamo sostenere i valori che veicolano la nostra storia, li dobbiamo offrire come valore, non come qualcosa che è in contrapposizione».
Monsignor Guido Genero, vicario della diocesi udinese, è meno accomodante: non ritiene percorribile l’ipotesi avanzata dai preti di frontiera.
«Credo che il problema sia stato affrontato in termini inadeguati - sostiene -. La presenza dei simboli non deve essere artificiosamente imposta. Stiamo parlando di due tipi di questioni, una che riguarda il rapporto tra istituzioni religiose e Stato, l’altra che interessa direttamente le famiglie che hanno i figli a scuola. E quindi è necessaria una riflessione profonda, cauta e complessa.
Ritengo pure che vi siano degli aspetti importanti, anche pratici, da dirimere. Per esempio in una scuola paritaria di impostazione islamica, vi sarebbe la possibilità di mettere il presepe cristiano sotto Natale? Questa impostazione multiculturale è difficile da definire, soluzioni non ne vedo, e comunque dovrebbero avere voce in capitolo anche i genitori degli studenti.
Non va bene, a mio avviso, nemmeno il laicismo alla francese, che punta a eliminare tutto, in contrasto con il desiderio di un credente di poter manifestare la propria fede in modo pubblico, senza ferire gli altri. Sulla simbologia nelle classi, ripeto, vedo complicato fare una sintesi.
Chi deve scegliere? Quante e quali le religioni “ammesse”? Quelle che hanno una percentuale di scolari fatta con il manuale Cencelli? E poi dovremmo rivoluzionare completamente il calendario scolastico: si starebbe a casa per osservare il sabato ebraico, o il venerdì musulmano? I simboli non sono solo spazio, ma anche tempo: preferirei continuare ad adottare la simbologia cattolica, già affermata, e diventata tradizione».
Più possibilista un altro esponente della chiesa friulana, don Bruno Cescon, direttore del settimanale diocesano di Pordenone “Il Popolo”. «Multiculturalità, è una bella parola - dice -. Pensi che c’è una scuola superiore cattolica, a Gaza, nella tormentata Palestina, frequentata da moltissimi ragazzi di fede islamica, dove si insegnano entrambe le religioni e dove c’è il crocifisso nei corridoi e nelle aule. E a Betlemme c’è una scuola cattolica e pure un sindaco cristiano.
Quindi il dialogo tra le religioni, se c’è la volontà, non è utopia. Io ritengo che nella nostra realtà vi sia la necessità di riservare comunque uno spazio speciale alla cultura innervata dal cristianesimo. Aiutare a comprendere, chi viene da fuori, e a stimare quel patrimonio di arte, pittura, scultura, architettura che definisce la nostra civiltà con radici ben definite. Poi, con il tempo, potrà anche avvenire, nelle nostre scuole, l’ingresso di altri simboli, oltre a quelli cristiani, a patto che ci sia un numero sufficiente di ragazzi che praticano quella determinata fede».
Anche il mondo della scuola, su tale tema, non la pensa in modo univoco. Aldo Durì, dirigente di istruzione superiore di tre istituti della Bassa friulana, tra cui il Malignani di Cervignano, sposa il modello Parigi. «La scuola è dei cittadini - afferma - lo spazio deve essere libero, dedicato all’insegnamento delle materie previste, non occupato da simboli religiosi o di ideologie. Va bene la scuola multiculturale e negli istituti che dirigo l’integrazione viene praticata ogni giorno, con esempi e fatti.
Ma l’istituzione dello Stato è laica, che è rispetto e accettazione di tutti, sul modello francese. Personalmente sono contrario anche al crocifisso in aula, e lo sostengo io, che sono cattolico e ho studiato in seminario. Ma al contempo sono un funzionario e rappresento lo Stato laico, non confessionale e la scuola appartiene a tutti, senza distinzioni.
Anche quella sul presepe e sul Natale è una polemica pretestuosa. Ogni studente è libero di professare la propria fede nella sua chiesa, nella sua casa, nella sua comunità. Ma per favore lasciamo fuori la scuola da tali dibattiti. Si rispettino i valori della Costituzione e si insegnino le materie».
Contrarissimo a introdurre i simboli di altre religioni il professor Alessandro Basso, preside dell’Isis Marchesini di Sacile-Brugnera.
«Chi fa queste proposte sta perdendo la trebisonda - dice -. Non esiste proprio. Personalmente sono favorevole solo a mantenere le nostre tradizioni cattoliche, no a tutto il resto, la mia chiusura è netta e totale. Ci sono due possibilità per il nostro sistema scolastico: o è laico, oppure adotta i simboli della tradizione cristiana. Non vedo lo spazio per altre simbologie, è una proposta fuorviante. Cosa spieghiamo? Cosa diciamo? Privatamente, invece, è un altro discorso: ognuno può seguire, in libertà, la propria religione».
Sul tema, con un post su Facebook, interviene pure il sociologo Marco Orioles. «Che i cosiddetti preti “di frontiera” cantino le lodi della laicità, e chiedano nel contempo la presenza nelle scuole dei simboli di tutte le religioni, pare un’assurdità - osserva -. La scuola o è un luogo neutro, deputato a rappresentare ciò che unisce (l’appartenenza alle istituzioni) e non ciò che divide (l’appartenenza culturale), o è lo specchio delle differenze presenti nella società: tertium non datur.
Che poi costoro si schierino per il presepe in aula è, come minimo, tardivo o, come dicono loro stessi facendo riferimento ad altri, grossolanamente strumentale. Dov’erano, questi uomini di fede, quando i simboli della cristianità erano oggetto di sequestro o di silenziosa sparizione? Come mai non hanno lanciato un doloroso appello quando le nostre tradizioni erano aggredite dal branco laicista? Auspicare l’ospitalità è meritevole; un po’ meno lo è il voler stordire l’opinione pubblica con proposte di apparente buon senso».