In Italia è stato legalizzato e sarà prescritto gratuitamente il farmaco che blocca la pubertà nei bambiniMagdi Cristiano Allam
7 marzo 2019
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... __tn__=K-RIn Italia è stato legalizzato e sarà prescritto gratuitamente il farmaco che blocca la pubertà nei bambini per consentire loro di scegliere se diventare maschio o femmina da adolescenti. È il nuovo strumento per sterilizzare la nostra popolazione che ha già tra i più bassi tassi di natalità al mondo. Il Governo intervenga subito per salvaguardare i nostri figli e il futuro della nostra civiltà
Cari amici, in Italia è stato legalizzato e verrà prescritto gratuitamente il cosiddetto “farmaco gender”, un medicinale in grado di bloccare lo sviluppo della pubertà nei bambini che non si sentono a loro agio con il proprio sesso, per consentire loro di scegliere se diventare maschio o femmina quando diventeranno adolescenti.
Con Determina del 25 febbraio 2019 - pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 2 marzo - il dirigente dell’area pre-autorizzazioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha inserito la molecola triptorelina fra i medicinali erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale. La molecola TRP potrà essere somministrata, sotto stretto controllo medico, ad adolescenti affetti da Disforia di Genere (DG), allo scopo di procurare loro un blocco temporaneo (fino a un massimo di qualche anno) dello sviluppo puberale, con l’ipotesi che ciò “alleggerisca” in qualche modo il “percorso di definizione della loro identità di genere”.
La triptorelina è un potente farmaco antitumorale che ha tra i suoi effetti collaterali quello di sospendere la pubertà. L’Agenzia del Farmaco si dice convinta che l’antitumorale si possa utilizzare senza problemi «considerati l’efficacia di triptorelina nel sospendere la pubertà e il profilo di sicurezza del trattamento, il beneficio evidenziato nei diversi aspetti della condizione clinica, e l’assenza di alternative terapeutiche più efficaci e/o sicure». E ha stabilito che la triptorelina potrà essere prescritta «a totale carico del Servizio sanitario nazionale».
Luciano Moia sul quotidiano “Avvenire”, organo della Conferenza Episcopale Italiana, scrive: “Sull’uso della triptorelina i dubbi esistono eccome. A cominciare dai motivi che consiglierebbero di sospendere lo sviluppo della pubertà a un adolescente in presenza di diagnosi di disforia di genere. Opportuno ricordare che il blocco dello sviluppo puberale si renderebbe necessario in attesa della cosiddetta 'riassegnazione sessuale', cioè dell’intervento chirurgico utile a 'cambiare' il sesso biologico in presenza di gravi sintomi psicologici altrimenti non trattabili. Succede in un caso ogni novemila persone. Ma nessuno può dire, neppure in quel rarissimo caso, che per curare la disforia sia necessario inibire l’ormone dello sviluppo testicolare e ovarico. Anche perché le statistiche riferiscono che la persistenza della disforia di genere è compresa dal 12 al 27% dei casi. Vuol dire che su dieci preadolescenti che manifestano disturbi riferibili alla disforia, almeno 7-8 risolveranno il loro problema al termine dell’età dello sviluppo. I falsi allarmi insomma, determinati da cause psico-sociali e dalle influenze negative della cultura della fluidità di genere, sarebbero ben più numerosi dei casi reali”.
Sempre Luciano Moia domanda: “È vero che questo farmaco potentissimo, bloccando la pubertà e quindi non consentendo la strutturazione dell’identità sessuale secondo il sesso biologico del soggetto, finisce per compromettere anche la definizione morfologica e funzionale del cervello? Gli esperti che hanno studiato il problema hanno visto che, bloccando lo sviluppo puberale dai 12 ai 18 anni – limite previsto dalla legge per l’intervento chirurgico – si potrebbe determinare farmacologicamente un disallineamento tra sviluppo fisico e sviluppo cognitivo. Sarà possibile recuperarlo? Che effetti avrà questo blocco ormonale sull’equilibrio del ragazzo coinvolto? E sarà possibile preservare la sua fertilità?”.
Nel novembre 2018 Scienza & Vita e il Centro studi Rosario Livatino hanno anche loro sollevato i seguenti dubbi sulla somministrazione della triptorelina: “Il cosiddetto farmaco viene immesso nell’elenco del Servizio Sanitario Nazionale in carenza di studi clinici e di follow-up a lungo termine; è alto il rischio, adoperando la triptorelina per bloccare la pubertà fino a 4 anni circa – dai 12 ai 16 anni d'età –, di indurre farmacologicamente un disallineamento fra lo sviluppo fisico e quello cognitivo del minore; non esistono evidenze sull’effettivo pieno ripristino della fertilità nel caso di desistenza dal trattamento e di permanenza nel sesso di appartenenza; resta sospesa la questione del consenso all’uso del cosiddetto farmaco, vista la scarsa consapevolezza di adolescenti e preadolescenti circa le proprie potenzialità procreative. Premesso poi che la capacità di agire viene raggiunta al compimento della maggiore età, come faranno i medici a garantire che il consenso di un pre-adolescente cui si intenda somministrare la triptorelina sia “libero e volontario”? Che cosa accadrà se i genitori vorranno accedere alla “cura” e il minore no, o il contrario, o, ancora, in caso di contrasto fra genitori? Potrà il genitore (o il tutore) esprimere l’assenso a un atto di disposizione del corpo altrui, in evidente contrasto con l’ordinamento vigente? Da ultimo: fra i poteri di AIFA, autorità amministrativa con competenze delineate dal quadro normativo europeo e nazionale, non rientra quello di affrontare e risolvere questioni che coinvolgono beni di rilievo costituzionale, tutelati da Convenzioni internazionali ed europee, che oltrepassano la portata e i confini della mera autorizzazione al commercio di un farmaco”.
Cari amici, nel contesto di un’Europa che ha il più basso tasso di natalità al mondo e le cui popolazioni sono a rischio di estinzione perché fanno sempre meno figli, anziché promuovere la cultura della vita e sostenere la famiglia naturale, le madri e i giovani per metterli nella condizione di rigenerare la vita, si promuove all’opposto la cultura della morte e si sostiene tutto ciò che si traduce nella morte, nella sperimentazione e sterilizzazione sessuale, dall’aborto all’eutanasia, dal matrimonio omosessuale all’utero in affitto, dall’eugenetica al blocco farmacologico della pubertà. Chiediamo al Governo di intervenire subito per salvaguardare i nostri figli. Dobbiamo acquisire e diffondere informazione corretta, recuperare i valori che ci fortificano dentro, mobilitarci per riscattare questa nostra civiltà decadente. Andiamo avanti. Insieme ce la faremo.
Triptorelinahttps://www.humanitas.it/enciclopedia/p ... iptorelinaLa triptorelina viene utilizzata principalmente nel trattamento dei sintomi del tumore alla prostata in fase di sviluppo avanzata.
Che cos'è la triptorelina?
La triptorelina agisce riducendo la produzione di alcuni ormoni in modo da far diminuire i livelli di testosterone nell'organismo.
Triptorelina per la disforia di genere anche in Italia: non fa cambiare sesso e salva viteSimone Valesini
8 Mar, 2019
https://www.wired.it/scienza/medicina/2 ... ria-genere Aifa ha esteso la prescrivibilità agli adolescenti con disforia di genere. Qualcuno lo ha presentato come un farmaco per far cambiare sesso ai minorenni, ma non è così: sospende l’arrivo della pubertà per dare più tempo per indagare la propria identità di genere
In Italia dobbiamo proprio essere impazziti. Almeno a leggere i titoli di certi giornali: La sanità pubblica passa la puntura per far cambiare sesso ai minori. O ancora, più incisivo (nel caso ce ne fosse bisogno): Ci costringono a pagare il farmaco che fa cambiare sesso ai ragazzini. Insomma: che succede? Ci siamo trasformati di colpo in una roccaforte della fantomatica, e temutissima pare, teoria gender (che, ricordiamolo, non esiste)? Non proprio: capita che l’Aifa, su richiesta delle principali società scientifiche italiane, ha stabilito l’estensione della prescrivibilità e rimborsabilità di un farmaco utilizzato per il trattamento della disforia di genere negli adolescenti. Si chiama triptorelina, ed è una molecola in grado di agire sul sistema endocrino e sospendere così l’arrivo della pubertà.
Peccato che con il cambio di sesso non c’entri proprio nulla: il suo utilizzo è motivato, piuttosto, dalla necessità di concedere qualche anno in più ai ragazzi che non si riconoscono nel fenotipo sessuale con cui sono nati.
Per permettere di riflettere con più calma sul da farsi e, al contempo, mitigare l’impatto psicologico, spesso devastante, che ha per loro lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, come la barba, il seno, le mestruazioni e via dicendo. Una terapia che gli specialisti valutano con estrema attenzione, nell’ambito di un percorso lungo e meditato, che prevede un equipe multidisciplinare e il coinvolgimento (attivo e obbligatorio) dei genitori, prima di riconoscere l’utilità di un intervento farmacologico.
Ma che tra disinformazione e fake news, a qualcuno non pare proprio andare giù.
Il farmaco
Iniziamo dall’oggetto del contendere. “La tritorelina è un agonista del rilascio dell’ormone gonadotropico”, spiega a Wired Paolo Vitti, presidente della Società italiana di endocrinologia, una delle quattro società scientifiche italiane che lo scorso anno hanno firmato una richiesta indirizzata ad Aifa per chiedere la rimborsabilità del farmaco anche in caso di adolescenti con disforia di genere. In poche parole – racconta l’esperto – agisce bloccando la secrezione delle gonadotoprine, ormoni che stimolano le gonadi e regolano quindi la secrezione degli ormoni sessuali (come il testosterone e gli estrogeni). “È un farmaco utilizzato da anni in molti tipi di pazienti – sottolinea Vitti – per esempio per bloccare il ciclo mestruale in caso di sanguinamenti genitali legati diverse patologie, in attesa dell’arrivo naturale della menopausa, o per il trattamento di tumori ormono-dipendenti come il quello al seno o il cancro alla prostata. Insomma: si tratta di un farmaco usato da anni e dagli effetti completamente reversibili. È per questo che gli specialisti che seguono i ragazzi con disforia di genere hanno iniziato a utilizzarlo: si tratta di un farmaco estremamente efficace e sicuro”.
La disforia di genere
Capito di cosa parliamo, perché utilizzarlo in ragazzi pre-adolescenti? La disforia di genere è una condizione che spesso compare presto nel corso della vita: capita quando un bambino o una bambina non si riconosce nel genere sessuale determinato dai suoi cromosomi. “È una condizione che spesso regredisce nel corso della crescita, ma quando prosegue fino all’arrivo dell’adolescenza può creare fortissimi disagi”, racconta a Wired Maria Cristina Meriggiola, ginecologa ed endocrinologa dell’università di Bologna, e responsabile del programma sui disturbi dell’identità di genere del Policlinico S. Orsola-Malpighi. “L’inizio della pubertà è un momento estremamente difficile da affrontare per questi ragazzi, che vedono il loro corpo modificarsi sensibilmente in una direzione che li mette a disagio”.
I primi peli di barba, i cambiamenti nella struttura corporea, lo sviluppo del seno, sono tutti cosiddetti caratteri sessuali secondari. Cambiamenti a cui andiamo incontro con l’arrivo della maturità sessuale, che danno ai nostri corpi le caratteristiche fenotipiche di un adulto del sesso stabilito dai nostri cromosomi. Per un ragazzo che non si sente di appartenere al proprio genere biologico, si tratta di cambiamenti che hanno un enorme impatto sulla psiche.
“Abbiamo pazienti che diventano anoressiche, per cercare di impedire al proprio corpo di assumere le forme femminili”, ricorda Meriggiola, “molti ragazzi sviluppano forte depressione, stati di ansia, adottano comportamenti autolesionistici che possono portare, nei casi più estremi ma purtroppo non così rari, fino al suicidio”. In questo campo non esistono molte statistiche, ma una rassegna pubblicata su Lancet Diabetes and Endocrinology nel 2017 aiuta a snocciolare qualche numero: viene citata per esempio una ricerca del 2016, che ha studiato 218 bambini e adolescenti con disforia di genere all’arrivo della pubertà, individuando 84 eventi di autolesionismo, 74 di pensieri suicidi e ben 29 tentativi di suicidio. Comorbidità psicologiche che a guardare la letteratura disponibile non sono legate tanto al disagio dei ragazzi per il proprio corpo, o la propria sessualità, quanto piuttosto al rifiuto e al bullismo che sperimentano da parte del resto della società. È per questo – sottolinea l’esperta – che non si può liquidare la disforia di genere come un semplice disagio psicologico passeggero. Ed è per questo motivo che la comunità scientifica internazionale si è orientata, negli ultimi anni, verso l’adozione di una terapia farmacologica per aiutare questi ragazzi. Semplicemente, si tratta di salvare delle vite.
Ritardare la pubertà
A differenza di quanto scritto da alcuni giornali, la triptorelina non viene prescritta per spingere questi ragazzi al cambiamento di sesso (non è questa la sua azione farmacologica), né per promuovere in alcun modo una modifica della loro identità di genere. Il razionale di utilizzo è tutt’altro: ritardare l’arrivo della pubertà con tutti i cambiamenti fisici che comporta, in modo da concedergli più tempo per ragionare con calma sul proprio dissidio interiore, comprendere realmente quale identità di genere sentano propria, e decidere come procedere. “L’utilizzo del farmaco arriva solo dopo un percorso molto strutturato, in cui i ragazzi e i loro genitori sono assistiti da psicologi, psichiatri, endocrinologi”, spiega l’esperta. “La triptorelina viene assunta, al massimo, per circa due anni, al termine dei quali i giovani, ormai adolescenti, decidono se sospendere il percorso, o di continuare la strada verso il cambio di genere”.
Per i minorenni continuare su questa strada vuol dire iniziare una terapia ormonale che modifica il loro fenotipo in direzione del sesso a cui sentono di appartenere. E, solo dopo la maggiore età, decidere se e quando affrontare gli interventi chirurgici che renderanno la transizione definitiva. Per loro, aver utilizzato la triptorelina vuol dire non aver affrontato i cambiamenti corporei incompatibili con la propria idea di genere, con i disagi psicologici che comportano, e anche trovarsi a vivere da adulti in un corpo più congruente con il fenotipo del genere desiderato. Per chi interrompe il trattamento e si rende conto di trovarsi a proprio agio col sesso assegnatogli dalla biologia, invece, non ci sono effetti collaterali: la pubertà inizia con qualche anno di ritardo, e fa il suo corso regolarmente.
“Si tratta di una terapia che viene utilizzata solo da pochi anni, e quindi i dati di letteratura non sono ancora molti”, spiega Meriggiola. “Ma quelli disponibili ci dicono tutti che non ci sono effetti nocivi legati al trattamento con la triptorelina. Per questo motivo è consigliata in tutte le linee guida internazionali per la presa in carico della disforia di genere”. Abbiamo stabilito che non si tratta di un trattamento che fa cambiare sesso, che è una terapia consigliata in tutti i paesi sviluppati, e che tutte le evidenze scientifiche disponibili dicono che non ha effetti collaterali permanenti. L’ultimo dubbio da chiarire, forse, è perché si è deciso di rimborsare l’utilizzo di questo farmaco. “È una questione di giustizia e accessibilità”, spiega l’esperta. “Il trattamento costa migliaia di euro ogni anno, che vanno ad aggiungersi ad altre spese, ingenti, che queste famiglie devono sostenere. Solamente così è possibile garantire a tutti i ragazzi con una disforia di genere gli stessi diritti”.