Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mer feb 07, 2018 11:09 pm

Escono gli sms dei dirigenti-amanti dell’fbi che lavoravano contro Trump
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
07/02/2018

http://m.dagospia.com/maglie-escono-gli ... ump-166629

Vediamo come riescono i media americani e tutti gli altri a trasformare anche questa ulteriore prova del complotto contro Trump ordito a piani alti che più alti non si può, per l'esattezza alla Casa Bianca quando era occupata dal Nobel per la Pace, in un’altra notizia gonfiata.

Certo, FoxNews di Rupert Murdoch si sta trasformando in quel che fu all'epoca del Watergate il Washington Post, il giornale che tira fuori lo scandalo contro tutto e contro tutti, anche in questo caso poco seguita dagli altri.

I quali altri non si rendono conto di perdere credibilità fuori da un nucleo sempre più ristretto di rabbiosi militanti democratici. Giornali e televisioni americane hanno sempre con tutti i loro difetti onorato il principio e il ruolo del cane di guardia al sistema per conto del popolo. Oggi che cosa raccontano? Quanto a noi, Telekabul a GoGo è la versione di Alan Friedman in buen retiro nel Paese dei Fessi.

Le cose però stanno venendo fuori.

La signora Lisa Page, avvocato dell' FBI, scrisse al suo amante Peter Strzok a proposito di come veniva gestita l'inchiesta sulle mail di Hillary Clinton: “Potus vuole essere messo al corrente di tutto quello che facciamo”. Potus è l'acronimo per il presidente degli Stati Uniti.

Ma Barack Obama aveva invece dichiarato di poter essere in grado di garantire che non avrebbe mai, e non aveva mai, interferito nell'inchiesta, eche non ha mai usato influenza politica nelle indagini dell’Fbi.

Il messaggio della Page è del 2 settembre del 2016, fa parte di circa 50000 ‘text’ che la coppia si è mandata nel corso dei due anni di relazione. La Page era un avvocato, Strozk era qualcosa di più, uno dei dirigenti dell'agenzia a capo sia della vicenda Clinton che della più recente indagine Trump Russia. Almeno in linea di principio avrebbe dovuto essere al di sopra delle parti, ma nei messaggi chiama Trump un “fottuto idiota” e parla anche cripticamente di una non meglio precisata assicurazione sulla vita per scongiurare una presidenza Trump.

Arrivano i nuovi testi dell’FBI, sono delle bombe, twitta il presidente. Come dargli torto?

I testi ora venuti fuori sono pieni di rivelazione interessanti. Strzok è evidentemente molto legato al numero 2 dell'agenzia, Andrew McCabe, quello costretto di recente a dimettersi perché è venuto fuori il suo ruolo nell'utilizzare il memorandum preparato contro Trump da una spia inglese, Christopher Steele, su mandato di una società che rappresentava Hillary Clinton e il Comitato Democratico.

McCabe sapeva che era fasullo e pieno di bugie, ha utilizzato lo stesso il documento per ottenere da un giudice l'autorizzazione a spiare almeno un collaboratore della campagna Trump.

Bene, che l'uomo non fosse ovviamente al di sopra delle parti avrebbe dovuto essere chiaro anche semplicemente perché sua moglie aveva partecipato alle elezioni per il Senato dello Stato della Virginia con un pesante contributo del governatore Democratico . La signora nonostante l'aiuto non ce l'aveva fatta, e il 4 novembre del 2015 il giorno dopo che Jillt McCabe ha perso, Strozk definisce i cittadini della Virginia che non l'hanno votata dei "ignorant hillbillys.”, bifolchi ignoranti.

Il senatore repubblicano, Ron Johnson, insieme a una buona parte dei componenti delle commissioni del Senato Homeland Security e Governmental Affairs, ha reso pubblico il testo insieme a un rapporto così intitolato: “The Clinton Email Scandal and the FBI's Investigation of it.”.

In realtà non è la stessa inchiesta del Russia Gate Anzi apparentemente non ha niente a che vedere, eppure complotti e trame si intrecciano straordinariamente. Per chi abbia seguito come abbiamo fatto noi qui su Dagospia l'intera costruzione durante la campagna elettorale e subito dopo l'elezione di Trump, i testi rivelano quel che già sapevamo, cioè che c'è stata da parte dei democratici uno straordinario scavalcamento della legalità, la convinzione di impunità e in più anche una pratica moralistica per colpire l'avversario.

Che certe pratiche non sarebbero state possibili senza uno stretto collegamento tra la campagna di Hillary Clinton e l'amministrazione di Barack Obama, senza il complice silenzio dei giornali che spesso avevano materiale scottante in mano e se lo sono tenuto nel cassetto, e senza un attiva complicità delle grandi agenzie di Washington, FBI in testa, insomma la palude che Trump si proponeva di prosciugare e che lotta forsennatamente per farlo fuori.

Se sei convinto dell'impunità, fai anche un sacco di cavolate, e tra le cavolate si possono registrare le centinaia di migliaia di mail che stavano sul computer dell' ex deputato Anthony Weiner, marito adultero, guardone e pedofilo di Huma Abedin, collaboratrice numero uno di Hillary Clinton.

Il laptop, il computer gli fu sequestrato a New York perché conteneva fotografie che dimostravano la sua pedofilia e il fatto che andava adescando ragazzine su internet, ma sul computer c'erano tonnellate di materiale che riguardavano sua moglie e la Clinton

L'FBI lo ha saputo subito che c'era quel materiale scottante, ma solo un mese dopo, il 28 ottobre del 2016, il direttore James.Comey informà il Congresso di recenti sviluppi che obbligavano a riaprire l'inchiesta sulle mail. Inchiesta tardivamente aperta dunque e frettolosamente richiusa una settimana dopo con un nulla di fatto ancora una volta.

La figura di Comey è tutta da capire ancora , probabilmente ha cercato di ritagliarsi una parte di vantaggio politico e ricattatorio con le cose che sapeva, e non gli è andata bene

Tornando alle lettere fra i due amanti alti funzionari dell' Fbi, c'è una lettera del 24 novembre 2016, 15 giorni dopo l'elezione di Trump, in cui la Page scrive tra l'altro:

"Meanwhile we have OUR task ahead of us.". A quale compito segreto tutto loro che li aspetta si riferisce? Secondo il rapporto del Senato, accoppiato alla lettera che Strzok le ha scritto il 15 agosto, e nella quale parla della necessità di una polizza di assicurazione contro Trump, è il caso di investigare molto più accuratamente sulle azioni che I due possono avere intrapreso o delle quali possano essere venuti a conoscenza.

Il 23 giugno del 2017 l'avvocato scrive all'amante “per favore non scrivermi mai più”, e non si capisce se sia solo la fine di una relazione o l'allarme di essere stati intercettati. Le ulteriori indagini di cui parla la relazione del Senato riguardano anzitutto il ruolo del presidente Barack Obama e di altri importanti dirigenti democratici. Avrebbero tutti tessuto la trama per incastrare Donald Trump. Il nome che a Washington si fa di queste ore è quello di Sidney Blumenthal, vecchio collaboratore di Bill Clinton, sempre sulla breccia.

Proprio in un'intervista nell'aprile del 2016 a Fox news, Barack Obama aveva dichiarato quanto segue .

'I do not talk to the attorney general about pending investigations. I do not talk to FBI directors about pending investigations. We have a strict line,''I guarantee it. I guarantee that there is no political influence in any investigation conducted by the Justice Department or the FBI, not just in this case but in any case. Full stop. Period,'

“Io non parlo con l’Attorney General su investigazioni che sono in corso. Abbiamo una condotta molto rigorosa. Lo garantisco. Garantisco che non c'è alcuna pressione politica in nessuna investigazione condotta dal dipartimento di Giustizia o dall’ Fbi, non solo in questo caso ma in nessun caso. Punto e a capo”.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » sab feb 10, 2018 9:23 pm

???

Messico, il muro di Trump mette a rischio la sopravvivenza delle rare farfalle Quino
2018/02/10
fulvio cerutti

http://www.lastampa.it/2018/02/10/socie ... agina.html

Una piccola farfalla, nativa della California meridionale e nord-occidentale del Messico,potrebbe essere minacciata dal muro di confine voluto del presidente statunitense Donald Trump per ostacolare l’immigrazioe clandestina.

A rischio, spiega la Abc, ci sarebbe un tipo di farfalla originaria del sud della California e del nord est del Messico chiamata Quino già in via di estinzione. Secondo gli ambientalisti la farfalla è una delle specie animali che potrebbero subire gravissimi danni causati dall’impatto devastante del muro sull’ecosistema.

«Questo tipo di farfalla non può volare oltre i 5 metri. Quindi se si costruisse un muro di 9 o 12 metri ai confini, sarebbe impossibile per loro migrare negli Stati Uniti dal nord del Messico» spiega il legale del Center for Biological Diversity che, insieme ad alcuni gruppi di ambientalisti, ha fatto causa al Ministero per la Sicurezza Interna per quella che sarebbe una condanna a morte per le farfalle.

Non è la prima volta che qualcuno lancia l’allarme per gli effetti di quel confine innaturale, già nel 2016 molti ambientalisti sottolinearono i rischi di tanti animali la cui migrazione sarebbe stata messa a rischio: secondo quanto riportato dal Worldwatch Institute, nella regione al confine fra Stati Uniti e Messico risiede il più alto tasso di specie in pericolo d’America. Il 31 per cento delle specie elencate come «minacciate» dal Dipartimento degli Interni americano si trovano in quella regione: a essere in pericolo sarebbero mammiferi, uccelli e piante, come l’iconico Roadrunner (Beep Beep di Wile E. Coyote) o il cactus Saguaro, simbolo del cinema del Sud-ovest americano. Ci sono poi i puma, le pecore Bighorn del deserto, i giaguari, gli orsi neri e gli ocelot, tutti a rischio d’estinzione. Tutti animali messi a rischio dalla mano dell’uomo.
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Messaggioda Berto » sab feb 17, 2018 10:08 pm

RUSSIAGATE: LA MONTAGNA HA PARTORITO IL TOPOLINO - MAGLIE: IL PROCURATORE MUELLER INCRIMINA 13 RUSSI PER AVER INTERFERITO NELLE ELEZIONI AMERICANE, FAVORENDO TRUMP/SANDERS E DANNEGGIANDO HILLARY OLTRE CHE TED CRUZ E MARCO RUBIO. È LA SOLITA VECCHIA DISINFORMAZIA IN SALSA RUSSA, NIENTE DI NUOVO. MA POTREBBE ESSERE IL MODO CHE HA TROVATO MUELLER PER USCIRE DIGNITOSAMENTE DA UN’INCHIESTA CHE NON ANDAVA DA NESSUNA PARTE…
17.02.2018

http://m.dagospia.com/maglie-il-procura ... ino-167334

Maria Giovanna Maglie per Dagospia - È arrivata la notizia delle 13 incriminazioni di russi per avere interferito nelle elezioni danneggiando Hillary Clinton, Ted Cruz e Marco Rubio, e favorendo Bernie Sanders e Donald Trump. Il tutto all'insaputa dei danneggiati e dei beneficati.

È un topolino partorito dalla montagna, perché si tratta della solita disinformazia in salsa russa, ma in realtà potrebbe essere il modo che ha trovato Meuller per uscire dignitosamente da un’inchiesta che non andava da nessuna parte. Naturalmente domani i giornali scriveranno tutto il contrario cercando di gonfiare lo scandalo che, com’è chiaro, non si è ancora manifestato…

(ANSA) - Il procuratore speciale che indaga sul Russiagate, Robert Mueller, ha annunciato che un grand giurì federale ha incriminato 13 cittadini russi e tre entità russe nell'ambito delle indagini sulle interferenze di Mosca nelle elezioni presidenziali americane del 2016. "Hanno coscientemente e intenzionalmente cospirato per truffare gli Stati Uniti con il proposito di interferire con i processi politici ed elettorali americani", si legge nelle 37 pagine del provvedimento.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mer feb 21, 2018 8:44 am

America fatta a maglie - trump spiazza tutti e promette controlli più efficaci sulle armi
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
19/02/2018

http://m.dagospia.com/america-fatta-a-m ... rmi-167512

Parole parole parole, invettive costruite con cinismo anche nei giorni del lutto, con i cadaveri della scuola in Florida ancora caldi e la negligenza colpevole dell’FBI sotto gli occhi di tutti ,ma chissà perché tutte le polemiche e le critiche rivolte solo alla Casa Bianca, poi Trump tra un Tweet e l'altro li ha spiazzati tutti annunciando che è pronto a sostenere un sistema nazionale di controlli più efficace e con sanzioni severe per chi fallisca nell'azione di controllo, per chiunque voglia acquistare un arma.

Ora, sarà bene ricordare che sul Secondo Emendamento, sul diritto ad armarsi e a difendersi, sulla popolarità delle armi negli Stati uniti, insieme alla vetusta polemica sul potere micidiale esercitato sulla politica dalla Nra, l'associazione nazionale dei produttori di armi e dei possessori, chiacchiere se ne sono sempre fatte molte, fatti nessuno. Non è che Barack Obama tra il 2008 e il 2010, per esempio, quando aveva la maggioranza al Congresso e al Senato oltre che essere al governo della nazione, abbia cambiato nulla.

Le armi sono un argomento di propaganda elettorale e di polemica tra i partiti abbastanza usurato, forte sulle coste, inesistente nel centro del Paese. I repubblicani duri e puri rivendicano la giustezza del Secondo Emendamento, i moderati se ne vergognano e tacciono, i democratici centristi la pensano come i repubblicani duri e puri salvo che in campagna elettorale, i più radicali ne fanno invece una battaglia ideologica ma priva di proposte.

Quando è il momento di prendere voti, tutti indistintamente sanno che a meno che non parli in qualche college liberal, a Manhattan o a San Francisco, sulle armi conviene tacere.

Grande ipocrisia e mancanza di coraggio, o forse rispetto dell'opinione popolare in un Paese in cui populismo non è una parolaccia. Magari prima di parlare bisognerebbe farsi un giro non nelle città americane di moda in Europa, ma in quei territori sterminati nei quali tra un ranch e l'altro c'è anche mezz'ora o un'ora di macchina, in quei paesini dove c'è solo un emporio ancora oggi, in quelle zone di gigantesche riserve naturali in cui si va a caccia e a pesca d'abitudine fin da ragazzini, armati.

Ogni volta che c'è una sparatoria, di nuovo tornano sotto accusa le armi e la facilità di procurarsele, nonostante il terrorismo internazionale abbia dimostrato che basta un automobile per ammazzare decine di persone; nonostante la vicenda recente del massacro in Florida abbia dimostrato che quel ragazzo così gravemente disturbato avrebbe potuto essere fermato molte volte, che ben due segnalazioni fatte all’ FBI sono cadute nel vuoto.

Naturalmente Donald Trump nella sua comunicazione diretta con gli elettori senza corpi intermedi, non si è fatto sfuggire l'occasione di prendere in giro il Bureau ma anche di accusarlo di essere ridotto al fantasma di quello che fu, una struttura tutta concentrata nella capitale Federale e politicizzata oltre il lecito. Avevate troppo da fare a inventarvi complotti con la Russia e a tramare in favore di Hillary Clinton per fare il vostro lavoro, è il succo dei tweet indirizzati dal presidente.

Difficile dargli torto. Il clima di divisione politica profonda non aiuta ad individuare ea denunciare adeguatamente la crisi in cui è caduto l’FBI, che ormai tutti chiamano Federal Bureau of incompetence, l’Ufficio Federale di Incompetenza, ad essere generosi, perché a ogni dettaglio che viene fuori sull'attività degli ultimi anni il sospetto che la collusione del Bureau sia superiore in capacità di fare danni agli Stati Uniti rispetto a quella messa su dalla Russia, diventa più forte.

Come è difficile dar torto a Trump a proposito del tweet che per l'intero weekend ha menato scandalo, scritto dopo l'incriminazione di 13 russi per avere interferito con le elezioni del 2016 secondo il procuratore speciale Robert Mueller, ma senza che gli interessati, beneficati e danneggiati, ne sapessero niente, e senza raggiungere alcun risultato di alterazione del voto. E allora? Dai tempi dell'Unione Sovietica e del Kgb orari invertiti dalla gestione di Putin, che sempre un uomo del Kgb è, i russi mettono in giro zizzania, fanno disinformazia, non necessariamente per favorire qualcuno, operazione titanica in un Paese come gli Stati Uniti in campagna elettorale, ma per alimentare un po' di confusione e di polemica politica sempre utile per un avversario internazionale.

Dice allora Trump che se lo scopo dei russi era quello di far casino negli Stati Uniti, tra audizioni al Congresso e al senato, odio di partito, polemiche furibonde e commissioni speciali, ci sono riusciti così bene che se la stanno facendo sotto dal ridere.

“If it was the GOAL of Russia to create discord, disruption and chaos within the U.S. then, with all of the Committee Hearings, Investigations and Party hatred, they have succeeded beyond their wildest dreams. They are laughing their asses off in Moscow. Get smart America!”

Certo, l'ultima frase ha urticato i benpensanti, traducibile perfino in “gli sta ridendo anche il culo”, scritta da un presidente.

Ma questo è Trump e non potete farci niente, durante il fine settimana ha trovato anche il tempo di polemizzare con la candidata ideale di Hollywood, Oprah Winfrey, invitandola a candidarsi nel 2020, viste le idee confuse che ha dimostrato di nutrire durante un forum alla CBS, perché sarebbe l'avversario ideale per vincere facile.

Poi ha fatto dire alla sua portavoce, Sarah Sanders, che il presidente aveva parlato venerdì col capogruppo repubblicano al Senato, John Cornyn, a proposito di una legge in preparazione che renderà più efficace la verifica dei precedenti e delle caratteristiche di chiunque tenti di comprare un'arma, e che sostiene qualunque tipo di legge di questo genere.

La proposta di legge di Comyn rende le agenzie federali responsabili se falliscono in questo tipo di segnalazione e controllo. Non è neanche un'idea dell'ultima ora perché era stata presentata in novembre dopo la sparatoria nella chiesa di Sutherland Springs, in Texas.

L'assassino, Devin Kelley, era stato condannato per violenze e abusi in famiglia e cacciato con disonore nel 2014 dall'aeronautica militare.

Acquistò il fucile Ruger AR-556 nell'aprile del 2016 in un negozio di San Antonio, nonostante la legge federale proibisca ai militari congedati con disonore di possedere armi da fuoco per colpa di un grave errore della Air Force, che non comunicò, come indicato dal Pentagono, il verdetto di condanna per violenze domestiche della corte marziale al registro federale, grazie al quale è possibile verificare la fedina penale di chi vuole acquistare armi.

Kelley uccise 26 persone, non i suoi suoceri, che quella domenica non erano in chiesa, ed erano il suo obiettivo. Avrebbe continuato, lo ha fermato sparandogli uno dei parrocchiani, che in chiesa ci vai regolarmente armato.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » dom feb 25, 2018 9:19 pm

Trump annuncia ‘le più dure sanzioni mai imposte alla corea del nord’ e spedisce Ivanka
Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://m.dagospia.com/maglie-trump-annu ... nka-167906

Mettere il dittatore con le spalle al muro e costringerlo alla trattativa in condizioni di debolezza ; di più, mettere con le spalle al muro anche altre nazioni che, come la Cina, ma non solo la Cina, in questi anni hanno aiutato Il dittatore ad aggirare qualunque tipo di sanzioni; nel frattempo prepararsi a un attacco militare.

È questo lo scopo delle misure annunciate da Donald Trump come le sanzioni più gravi mai imposte alla Corea del nord, ma non arrivano a sorpresa perché erano state preannunciate già alla partenza del vicepresidente Mike Pence per l'apertura delle Olimpiadi d'inverno in Corea del Sud.

Ora c’e’ un Donald Trump molto energico e risoluto, che ha preso per le corna la brutta storia della strage in Florida e intende fare qualcosa senza toccare, così ha confermato, il diritto alla difesa sancito dal Secondo Emendamento della Costituzione, quindi tanti auguri; che parla a ruota libera al convegno dei conservatori americani, forte del 50% di gradimento secondo Rasmussen report, paragonato al 45% nello stesso periodo di presidenza per Barack Obama; che vuole vincere il duello a distanza con la Corea del nord.

Trump ha spedito a chiudere le Olimpiadi la figlia Ivanka, “la più brillante che ci sia”, secondo il suo ultimo Tweet, a oscurare l'incredibile popolarità di cui ha goduto presso i media americani la sorella di Kim jong-un e capo della sua propaganda, trattata come una graziosa fanciulla innocua e ambasciatrice di pace, non come il mostro che è.

Nelle stesse ore lancia le sanzioni decise soprattutto dal dipartimento del Tesoro, che intensifica i suoi sforzi per tagliare le fonti di finanziamento al programma missilistico-nucleare di Pyongyang, prendendo di mira il commercio internazionale ed in particolare le spedizioni via mare.

L'Office of Foreign Assets Control del Dipartimento del Tesoro ha a questo scopo pubblicato una lista nera di 27 società e 28 navi sottoposte a sanzioni, più un individuo. Le navi sono registrate, o battono bandiera, di altri Paesi come Cina, Singapore, Taiwan, Hong Kong, Isole Marshall, Tanzania, Panama e isole Comore.

La manovra è studiata molto bene ed è insidiosa perché individua e colpisce le complicità internazionali. Chiunque , indipendentemente dalla sua nazionalità è da dove è situato, traffichi col regime nordcoreano aggirando le sanzioni, sarà soggetto alle ritorsioni del Tesoro americano.

Se gli stessi Paesi che magari alle Nazioni Unite votano le sanzioni, poi le aggirano e forniscono Il dittatore Kim jong-un di materiale con il quale sviluppa missili balistici e il nucleare, non sfuggiranno più all'Amministrazione Usa che le ha individuate e chiamate per nome.

Il metodo è quello già da qualche tempo deciso alla Casa Bianca contro un'opinione più prudente del Pentagono, ovvero stringere la morsa delle pressioni su Pyongyang anche a costo di spaventare la Corea del sud e il suo molto prudente presidente Moon, sfidare la Cina che e’ il vero alleato del dittatore Kim jong-un e lo tiene in vita, preparare un attacco di guerra vero e proprio, e con queste premesse concrete sedersi in modo autorevole e forte a un tavolo delle trattative.

L'ho riassunto bene Mike Pence, il vicepresidente che è in sintonia col presidente, e che ieri, aprendo i lavori della convention dei conservatori, aveva chiarito che “gli Usa non stanno dalla parte di dittature omicide, continueremo a tenere duro fino a che la Nord Corea non cesserà di minacciare il nostro Paese, i nostri alleati e abbandoneranno il loro nucleare e i loro missili balistici una volta per tutte”.

Lo stesso Pence, dieci giorni fa, di ritorno dai giochi Olimpici Invernali, aveva dichiarato che gli Usa sono pronti al dialogo con Pyongyang, a precise condizioni e che “la campagna di massima pressione andrà avanti e si intensificherà. Ma se vogliono parlare, parleremo”.

Come parleranno e’ quel che si vedrà ora perché si capirà se, colpito da sanzioni finalmente efficaci, Il dittatore sceglierà la strada del dialogo oppure continuerà a rispondere con minacce e dichiarazioni di distruzione.

Non sono d'accordo il Pentagono e la Casa Bianca sulla strategia, ma non perché qualcuno voglia tenere in vita il dittatore nordcoreano, è che sono diverse le valutazioni sui rischi.

Il.generale McMaster, consulente per la sicurezza nazionale, ritiene che la scelta politica dura di Trump verso la Corea del Nord per essere credibile debba essere sostenuta da solidi piani militari, che sarebbero a basso rischio per le vite dei soldati americani.

Invece per il Pentagono la Casa Bianca si muove in modo troppo ardimentoso e con eccessiva fiducia nelle proprie capacità di gestire un attacco militare alla Penisola coreana senza andare incontro a conseguenze catastrofiche per l'esercito americano e per la Corea del Sud.

È una vecchia storia quella dello scontro tra consiglieri militari della Casa Bianca e militari del Pentagono. Trump sta perdendo la pazienza, come ha raccontato, dopo averlo incontrato a colazione, il vecchio grande esperto Henry Kissinger al New York Times. Anche lui però gli ha consigliato di riflettere molto prima di ordinare attacchi.

(ANSA) - "Stiamo lanciando il pacchetto di sanzioni contro la Corea del Nord più grande di sempre": lo afferma il presidente americano Donald Trump che parla di misure che colpiranno 56 tra compagnie di navigazione e spedizione marittima e aziende commerciali. Tutte accusate di assistere il regime di Pyongyang, ha spiegato Trump, nell'evadere le precedenti sanzioni.

(ANSA) - I militari nordcoreani spingono sullo sviluppo di testate nucleari e missili balistici: con le Olimpiadi di PyeongChang alle ultime battute e nel giorno delle nuove sanzioni Usa, il Rodong Sinmun, organo del Partito dei Lavoratori, rispolvera i toni forti e in un editoriale dice che Pyongyang ha vettori intercontinentali, da lancio sottomarino e bombe all'idrogeno. Tutti i preparativi per un attacco possibile agli Usa sono pronti. "Il desiderio di denuclearizzare il Nord è più stupido di quello del prosciugamento degli oceani".

(ANSA) - Ivanka Trump è arrivata in Corea del Sud per guidare la delegazione americana alla cerimonia di chiusura dei Giochi di PyeongChang. La figlia del presidente americano Donald è sbarcata all'aeroporto di Incheon, a Seul, e incontrerà il presidente sudcoreano Moon Jae-in che ha organizzato una cena nella residenza presidenziale.

Alla cena, secondo quanto riportano i media coreani, è invitata tutta la delegazione Usa, di cui fanno parte anche la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, il generale Vincent Brooks, il senatore James Risch, Marc Knapper, dell'ambasciata statunitense e Allison Hooker, un funzionario del Consiglio di sicurezza specializzato in affari coreani. La Casa Blu ha predisposto un menù vegetariano kosher per la figlia del presidente americano e dopo cena è in programma uno spettacolo di musica tradizionale coreana.

(ANSA) - Gli Usa dovrebbero cogliere la fase di riconciliazione tra le due Coree con la consapevolezza che gli sforzi degli ultimi 25 anni di Seul e alleati per denuclearizzare il Nord sono falliti: è l'invito al dialogo del presidente Moon Jae-in espresso a Ivanka Trump nell'incontro avuto prima della cena alla Blue House in onore della "first daughter" americana. Una posizione poco in linea con le nuove sanzioni annunciate oggi dalla Casa Bianca contro Pyongyang.

"Notando che il dialogo sulla denuclearizzazione e quello tra Sud e Nord non possono separarsi, il presidente Moon ha osservato che i due binari devono scorrere fianco a fianco e che è importante per Corea del Sud e Stati Uniti lavorare a stretto contatto per quella conclusione", ha riferito il portavoce Yoon Young-chan in un briefing coi media, nel resoconto della Yonhap. "Il Paese con la più forte determinazione a respingere le armi nucleari della Corea del Nord è la Corea del Sud. Ma gli sforzi congiunti di Seul e Washington sulla denuclearizzazione della penisola coreana negli ultimi 25 anni non hanno avuto effetto", ha aggiunto Moon, secondo Yoon.

I due Paesi dovrebbero cogliere l'opportunità attuale e "spero di poter realizzare questo storico risultato insieme al presidente Trump", ha aggiunto Moon che ha poi ripetutamente ribadito la necessità di riprendere i negoziati con il Nord sul nucleare, impossibili senza un dialogo diretto tra Washington e Pyongyang.
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Messaggioda Berto » lun mar 12, 2018 9:38 pm

Il Congresso Usa unito contro la dittatura cinese
Epoch Times

http://epochtimes.it/news/il-congresso- ... strategico

In una maratona di incontri e discussioni, i leader del Congresso degli Stati Uniti un ammiraglio e diversi esperti indicato la Cina come il rivale strategico più influente a minaccia della sicurezza nazionale americana.
Il consenso sulla necessità di respingere gli attacchi della dittatura cinese con un approccio «nazionale che coinvolga gli sforzi di tutto il Governo» è stato unanime.

Donald Trump ha dichiarato – nel suo recente discorso sullo stato dell’Unione – che la dittatura comunista cinese è ormai un rivale strategico degli Stati Uniti.
Tuttavia, mentre i diplomatici americani e cinesi favorevoli allo statu quo hanno criticato l’uso della parola «rivali», il parlamento statunitense ha espresso con ferma chiarezza come vi sia «pieno sostegno alla visione realista del presidente, che riconosce la Cina come una nazione a partito unico governata da un regime comunista».
Il direttore dell’Fbi, Christopher Wray, ha aggiunto che la Cina è una «minaccia» non solo «per il governo» ma «per l’intera società».
Wray sottolinea come il regime totalitario cinese non si sia servito di agenti e spie ‘tradizionali’, ma abbia manipolato diverse persone e personalità di rilievo – specialmente in ambito accademico – per appropriarsi di informazioni segrete e rubare tecnologia agli Stati Uniti.

RISCHIO DI GUERRA

Le richieste di respingere l’aggressione cinese sono aumentate il 24 febbraio, dopo che l’ammiraglio Harry Harris – comandante della flotta degli Stati Uniti nel Pacifico – ha testimoniato davanti alla Commissione per i Servizi Armati della Camera sulla posizione in cui si trova e sulle sfide che le forze armate americane devono affrontare nella regione Asia-Pacifico: «alcuni ritengono che le azioni della Cina nel Mar Cinese Meridionale siano solo ‘opportunistiche’, ma io non la penso così: Pechino sta usando il suo potere economico e militare per piegare gli Stati vicini alla propria volontà, distruggendo l’assetto geopolitico dell’area».

Carri armati cinesi in parata. Pechino 3 settembre 2015. (Kevin Frayer/Getty Images)

L’ammiraglio Harris è noto per la sua posizione intransigente sulla politica di aggressione militare cinese nel pacifico: «L’impressionante crescita militare della Cina potrebbe presto sfidare il predominio degli Stati Uniti in quasi tutti i campi. La modernizzazione militare in corso in Cina è un elemento centrale delle strategie dichiarata di soppiantare l’America come alleato strategico per i Paesi della regione Indo-Pacifica». Per l’alto ufficiale, gli Stati Uniti devono prepararsi per essere in grado di vincere un’eventuale guerra contro la Cina: «Io sono un militare, e penso allo stesso modo sia al deterrente che alla vittoria. La mia convinzione è che sia importante pianificare le risorse per vincere una guerra anche mentre si sta lavorando per prevenirla».

La visione di Harris ha ricevuto sostegno da numerosi altri membri sia della Camera che del Senato, che hanno usato parole molto simili nel sostenere una posizione comune come, per esempio il deputato Joe Wilson: «non è abbastanza che il ministero degli Esteri o della Difesa vedano la Cina come un rivale: penso che dobbiamo vedere la Cina come un rivale dell’intero governo americano». Aggiungendo che Pechino già vede «gli Stati Uniti come un avversario» e che anche i diversi ministri del governo Usa «stanno sempre più velocemente arrivando a questo consenso unanime».

UN NUOVO CONSENSO

In un’altro incontro della Commissione per Sevizi Armati della Camera che aveva per tema ‘Competizione strategica con la Cina’, anche il deputato Mac Thornberry, presidente della Commissione, ha affermato che gli Stati Uniti devono avere un approccio «che coinvolga l’intero governo» per contrastare l’aggressione cinese.

Manifesto in una strada di Weifang che rappresenta il Mar Cinese Meridioale con lo slogan ‘Territorio della Cina. Per non cedere mai un millimetro del nostro terreno’ (foto: Str/Afp /Getty Images).

Citando il documento di Strategia Difensiva Nazionale del Pentagono, Mac Thornberry ha dichiarato che la dittatura di Pechino «sta sfruttando la modernizzazione militare e influenzando altri Stati un un’ottica di economia predatoria, per costringere i Paesi vicini al proprio volere, cambiando l’assetto della intera regione Indo–Pacifico a proprio vantaggio».

Il 15 febbraio, la Commissione di Revisione Economica e della Sicurezza ha tenuto un gruppo di discussione sulle riforme militari e la modernizzazione della Cina durante il quale James Holmes, professore di strategia marittima allo U.S. Naval War College, ha citato il contrammiraglio in pensione Michael McDevitt: «Verso il 2020 la Cina avrà la flotta più grande del mondo […] e la più capace marina militare del mondo. Gli americani e i loro alleati devono affrontare una ‘sfida cinese’ […] o rinunciare ai loro diritti e privilegi marittimi cedendoli direttamente e incondizionatamente alla Cina. Devono unirsi tutti insieme e sfruttare ogni risorsa possibile».

Le opinioni espresse durante la settimana di incontri da membri del Congresso americano, leader militari, capi dei servizi segreti, osservatori ed esperti militari sulla minaccia posta dalla dittatura comunista cinese suggeriscono che si stia formando un largo consenso.
Questo consenso emergente fa eco sia alla Strategia di Sicurezza Nazionale di Trump diffusa a dicembre 2017, che alla Strategia per la Difesa Nazionale del Pentagono di gennaio 2018.

La precedente politica americana era fondata sulla convinzione che l’aiuto americano alla crescita della Cina e la sua integrazione nell’ordine internazionale avrebbero liberalizzato e assimilato all’Occidente il regime dittatoriale comunista che da settant’anni domina la nazione cinese.
In pieno contrasto con queste vane speranze, i documenti dimostrano che Pechino ha ingrandito ed esteso il proprio potere a discapito della sovranità nazionale di altri Stati, e sta attivamente cercando di scalzare gli Stati Uniti nel controllo della regione Indo-Pacifico.

Articolo in inglese: US Needs to Push Back Against Chinese Regime Aggression, Say Members of Congress

Traduzione di Fabio Cotroneo
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mar mar 13, 2018 8:52 pm

Usa, Trump caccia il segretario di Stato Tillerson: "In disaccordo su alcune cose". Al suo posto il capo della Cia Pompeo
13 marzo 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ia/4222854

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha cacciato il segretario di Stato Rex Tillerson: al suo posto ha nominato il direttore della Cia, Mike Pompeo. L’annuncio è arrivato via Twitter: “Farà un fantastico lavoro”, ha scritto Trump di Pompeo, aggiungendo anche un messaggio di ringraziamento per il segretario di Stato uscente: “Grazie a te Tillerson per il tuo servizio”. “Auguri a tutti”, ha concluso il Presidente. Il tycoon ha fatto sapere che a sostituire il repubblicano italoamericano alla guida della Cia sarà Gina Haspel, l’attuale vice direttore, che diventa così la prima donna in assoluto a dirigere la Central Intelligence Agency.

Una decisione che il presidente Usa ha preso “da solo” e, grazie alla quale, aggiunge, “ora Tillerson sarà molto più contento”. Trump – riporta il Washington Post – ha chiesto a Tillerson di farsi da parte venerdì scorso, costringendo il segretario di Stato ad accorciare il suo viaggio in Africa. Il licenziamento di Rex Tillerson era nell’aria già da mesi per il cattivo rapporto tra lui e Donald Trump ed è arrivato poche ore dopo che il capo della diplomazia Usa si era schierato a fianco di Londra, concordando con le conclusioni di Theresa May che la Russia è “molto probabilmente responsabile” dell’avvelenamento dell’ex spia russa e della figlia. “Concordiamo – aveva detto il segretario di Stato – sul fatto che i responsabili, sia quelli che hanno commesso il crimine sia quelli che l’hanno ordinato, debbano avere serie conseguenze”.

Il presidente era da tempo in contrasto con lui anche perché “troppo parte dell’establishment” e, parlando con i giornalisti, ha fatto riferimento ad “alcuni disaccordi“, in particolare sulla questione nucleare dell’Iran. Il presidente Usa ha detto poi di ritenere “questo cambio importante ora che sono in corso i preparativi per l’incontro con il leader della Corea del Nord Kim Jong-un e le trattative per le modifiche del Nafta”, l’accordo di libero scambio fra Stati Uniti, Canada e Messico. Nonostante questo però, il sottosegretario di Stato americano, Steve Goldstein, ha replicato a Trump con una serie di tweet, nei quali ha spiegato che Tillerson “non ha parlato con il presidente stamattina ed è ignaro del motivo“. Goldstein ha fatto sapere anche che “il segretario aveva tutte le intenzioni di rimanere al suo posto per i progressi importanti fatti nella sicurezza nazionale”.

Dal canto suo invece, il direttore uscente della Cia Mike Pompeo si è detto “profondamente grato al presidente Trump per avergli consentito di svolgere l’incarico di direttore dell’agenzia di intelligence e per l’opportunità di servire come segretario di Stato”. “La sua leadership – ha dichiarato Pompeo – ha reso l’America più sicura e non vedo l’ora di rappresentarla”. Ora si dice pronto a lavorare per far sì “che la nostra nazione sia per sempre sicura, forte ed orgogliosa e potente e libera”.

Ma, secondo i media americani, Tillerson non sarebbe il solo ad esser stato cacciato dalla Casa Bianca in questi giorni. Citando due alti dirigenti dell’ amministrazione, il Wall Street Journal riferisce infatti che anche John McEntee, assistente personale del presidente, è stato licenziato lunedì. Una terza fonte della Casa Bianca ha fatto sapere che è stato rimosso dal suo incarico per una non meglio specificata questione di sicurezza. McEntee era uno dei collaboratori di più lunga data del tycoon, con cui aveva lavorato sin dai primi giorni della campagna presidenziale.

CHI È GINA HASPEL – A 62 anni, Haspel lavora dal 1985 alla Cia, dove nel febbraio 2017 era stata nominata da Donald Trump vice direttore, prima donna ufficiale di carriera ad occupare tale posizione. Nel 2002 è stata oggetto di critiche per la sua gestione di una prigione segreta della Cia in Thailandia, dove i sospetti membri di Al Qaida furono sottoposti a torture e interrogatori con metodi non autorizzati, come il waterboarding. Una prassi a causa della quale nel 2013 si vide negare la conferma a vice direttore ad interim del National Clandestine Service e che spinse alcuni senatori della commissione intelligence del Senato a chiedere a Trump di riconsiderare la sua nomina di Haspel a numero due della Cia. Nel giugno 2017 il centro europeo per i diritti umani e costituzionali chiese un ordine di arresto nei suoi confronti proprio per le accuse di aver supervisionato le torture dei sospetti terroristi.


Cosa c’è dietro l’uscita di tillerson, chi sono mike pompeo e soprattutto gina haspel
Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://m.dagospia.com/maglie-cosa-c-e-d ... pel-169277


Per chi non lo avesse chiaro, Gina Haspel, nuovo “Director of the Cia”, direttore della Cia, (l’ inglese li salva dagli orrori della declinazione femminile politically correct, però potete sempre provare a dire la capa della CIA), è una donna, anche se non del genere che piace dalle parti di Arcore, dove di Donald Trump vengono apprezzate la moglie e la figlia.

È la prima volta che una donna viene nominata a un incarico tanto maschile nella tradizione, nella storia e nella pratica, ma siccome l’ha nominata Donald Trump, la notizia dell'Innovazione passa sotto silenzio e si preferisce parlare del fatto che, guarda un po', la signora non è una mammoletta, e subito dopo l’11 Settembre ha assistito a pratiche di interrogatorio di terroristi definite come tortura, ma altrimenti avrebbe scelto un altro mestiere.

Per chi non lo avesse chiaro, l'uscita di scena di Rex Tillerson, sostituito bruscamente col capo della CIA, Mike Pompeo, non è il fulmine a ciel sereno, la notizia inattesa, la bomba inaspettata, che avete sentito dai titoli dei TG e sulle pagine web dei quotidiani.

Rex Tillerson è un uomo forte importante sulla scena mondiale, ex capo della Exxon Mobil, esperto di tavoli di negoziato internazionale a livello economico, tanto esperto da aver deciso dall'inizio di fare di testa sua. Ma il capo dell'esecutivo e’ un altro, non è lui, quindi prendendone le distanze per 14 mesi, si è cacciato da solo.

Ieri Tillerson ha dato il pretesto che il presidente aspettava al presidente, contraddicendo platealmente una scelta della Casa Bianca di tacere per il momento sulla vicenda orribile e oscura della ex spia russa e di sua figlia avvelenati a Londra, e dichiarando che "we are outraged that Russia appears to have again engaged in such behavior. From Ukraine to Syria – and now the U.K. – Russia continues to be an irresponsible force of instability in the world, acting with open disregard for the sovereignty of other states and the life of their citizens”.

Una dichiarazione estremamente dura, che tradotta suona così: siamo oltraggiati che la Russia a quanto pare sia di nuovo coinvolta in certi comportamenti. La Russia continua a essere una forza irresponsabile di instabilità nel mondo, ad agire con aperta noncuranza per la sovranità di altri Stati e la vita dei loro cittadini”.

Gli replica Trump, mentre fa l'annuncio delle nuove nomine: parlerò con Teresa May, aspetto di sapere con esattezza come sono andate le cose, e se le nostre conclusioni saranno uguali a quelle del Regno Unito, allora condanneremo la Russia.

Poi, nel dare appuntamento in California ai giornalisti - ”ci vediamo al muro”, altro viaggio che susciterà polemiche pesanti - spiega che fin dall'inizio ci sono stati disaccordi con Rex Tillerson, che, per esempio, Tillerson ritiene l'accordo con l'Iran un buon accordo, il presidente lo ritiene pericoloso e stolto, e che ha preso la decisione di sostituirlo personalmente, che è sicuro che con Mike Pompeo ci sarà un ottimo rapporto e molte meno occasioni di disaccordo.

La verità però è che a parte il pretesto della crisi tra Russia e Inghilterra, il rapporto con Tillerson si è definitivamente logorato sulla Corea del Nord, e Trump non intende andare al delicatissimo incontro con Kim Jong un, e prepararlo, con uno che gli sembra che remi contro.

Nelle prossime settimane infatti sì lavorerà In un clima che assomiglia molto a quello dei Summit della Guerra Fredda e si prenderanno decisioni tutte legate alla sicurezza nazionale. Dove si terrà il summit? Chi farà parte della delegazione presidenziale? Come rispondere a eventuali richieste a sorpresa della Corea del Nord prima del summit, richieste che se negate lo metterebbero in crisi, se accolte segnalerebbero debolezza? Quali documenti di pre impegno sulla strada della denuclearizzazione può e deve chiedere Washington prima dell'incontro?

Naturalmente nel frattempo resteranno in piedi le questioni della rinegoziazione del Nafta con Canada e Messico e della guerra commerciale incombente con l'Unione europea e la Cina, sarà presa la decisione definitiva sull'accordo farlocco con l'Iran, incombe la Siria, la Russia è un interlocutore riottoso rispetto al quale, fino a che non finiscono le inchieste del procuratore speciale, l'amministrazione Trump gioca con le mani legate dietro la schiena.

Non è una fase che si possa gestire con un segretario di Stato che pensa in proprio, spesso dichiara in proprio, addirittura una volta di fronte a testimoni ha chiamato “Moron” imbecille, il suo presidente. Non solo Tillerson, probabilmente anche altri prenderanno la strada di casa probabilmente, per primo a quanto si sa il consigliere per la sicurezza nazionale H.R. Master.

Calza invece a perfezione alla bisogna il ritratto e il personaggio di Mike Pompeo, il nuovo segretario di Stato. Intanto è simbolicamente forte la nomina a capo della diplomazia di uno che faceva il capo delle spie. Trump combatte contro il deep state di Washington, questa scelta, ma anche di piu’ quella di Gina Haspel, personaggio sempre dietro le quinte, pancia a terra, ma estremamente apprezzata nell'ambiente, sono tanto utili all'Amministrazione quanto modi di tendere la mano ai nemici. Non cambieranno idea quei dirigenti dell’Fbi o dei servizi che intendono candidarsi alle elezioni di midterm nelle file del partito Democratico, ma per i moderati il segnale è vistoso.

Pompeo viene da West Point e dall'esercito americano della Cortina di ferro prima della caduta del Muro di Berlino. Poi una carriera di manager nell'industria pesante, fino alla scelta della politica nel partito repubblicano con l’elezione a deputato del Kansas dal 2011 al 2017, quando è stato nominato direttore della Cia con il buon margine di 66 a 32. Da deputato è stato protagonista di polemiche furibonde tanto sull' accordo di Obama con l'Iran, quanto sull' assassinio dell'ambasciatore Stevens a Bengasi nel 2012. Fece parte di una commissione di inchiesta, chiese e ottenne una forte reprimenda dell'allora Segretario di Stato Hillary Clinton per la gestione dell'attacco e della ricaduta politica.

Definirlo una spia di professione oggi che viene nominato segretario di stato e’ quindi inesatto, certo ha tessuto, e saputo in quest'ultimo anno tenere in piedi, nonostante lo Sturm und drang della Presidenza Trump, buoni rapporti con l'intelligence internazionale.

E’ invece una spia, e che spia, la signora che da oggi è capo della Cia, dando una bella capocciata al soffitto di cristallo delle conquiste femminili.

61 anni, 32 di carriera nell'agenzia, periodi importanti nei cosiddetti Black Sites dove sono stati interrogati e sottoposti alla pratica, poi abbandonata, del waterboarding, l'annegamento che si ferma un attimo prima della morte, i terroristi islamici.

Ci saranno sicuramente polemiche forti al momento della conferma in Senato, molte di più per lei che non per lui.

Come vi dicevo, è molto apprezzata. dagli Insider di Washington, che si sono immediatamente diffusi in dichiarazioni positive, compreso l'ex direttore della CIA e del National Intelligence di Obama, Michael Hayden. Ma è detestata da una parte del partito democratico, e dalle associazioni per i diritti civili. Il waterboarding lo consenti’ nel 2002 da direttore di un blacksite in Thailandia. Nella prigione segreta della CIA furono torturati due famosi terroristi, Abu Zubayadah e al Rahim al-Nashiri. Qualche anno dopo la Haspel finì di nuovo sotto accusa per aver ordinato la distruzione di video che provavano torture.

La pratica del finto annegamento ripudiata durante l'amministrazione Obama, almeno ufficialmente perché Guantanamo non è mai stata chiusa, e’ invece difesa tanto dal neo segretario di Stato quanto dal presidente Trump, che anche di recente ha ribadito che:

"We’re worried about waterboarding as our enemy, ISIS, is beheading people and burning people alive. Time for us to wake up," . Ci stiamo a preoccupare del waterboarding mentre il nostro nemico l'isis decapita la gente la brucia viva. È l'ora di svegliarsi.

A quanto pare sono arrivati quelli svegli.
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mer mar 14, 2018 10:26 am

KYLE, UN RAGAZZINO CORAGGIOSO, INTELLIGENTE E LEALE. ATTACCATO FURIOSAMENTE DAI MEDIA DI SINISTRA

Kyle Kashuv, 16 anni, sopravvissuto al massacro della scuola superiore Marjory Stoneman Douglas in Florida, si è incontrato con l’amministrazione Trump per offrire i suoi suggerimenti sul come prevenire le sparatorie nelle scuole.

I media di sinistra hanno immediatamente attaccato Kyle perchè colpevole di essere di idee repubblicane. Mentre la sua proposta intelligente, che diparte dai triti ragli delle sinistre sul controllo delle armi da fuoco (il solito rimedio universale), e definisce un programma articolato per aumentare la sicurezza all’interno delle scuole, viene totalmente ignorata.

Alle detrazioni di certi giornalisti da strapazzo quali Will Sommer, che lo accusano di essere una pedina manipolata da Trump (“… ora Trump mette in scena il sopravvissuto di Parkland più ferventemente opposto al controllo delle armi da fuoco”), Kyle risponde in maniera ferma e obiettiva “Questa rappresentazione dei fatti non è assolutamente vera. Sono stato IO a chiedere di incontrare il Presidente, ed IO a chiedere che la Casa Bianca pubblichi la mia proposta. L’amministrazione non mi ha mai spinto ad usare certi argomenti”).

E quando la stampa attacca Lady Melania Trump semplicemente per avere espresso piacere ad avere incontrato Kyle e discusso la sua proposta, questo ragazzino si schiera immediatamente in sua difesa “Sieme immorali ad insultare Lady Trump solo perchè detestate suo marito, e la vostra condotta è un insulto a quello che stiamo cercando di fare. Lady Trump è una Santa che ha a cuore questo paese, ed ogni americano individualmente, al 100%. Se attaccate Lei, attaccate me.”
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » sab mar 17, 2018 9:56 pm

Trump abbatte la burocrazia: via le zavorre
Epoch Times
17/03/2018

http://epochtimes.it/news/trump-bombard ... spinge-giu

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (Samira Bouaou/The Epoch Times)

Si parla tanto di quello che dice Trump, ma davvero poco di quello che fa nel concreto. The Donald è un presidente che, a livello di idee, si potrebbe definire conservatore, ma di certo non sta conservando molte delle riforme del suo predecessore: una buona parte delle principali decisioni di Barack Obama sono state ‘messe in pausa’ o annullate. Ma il miliardario è stato, e continua a essere, attivo nel riformare gli Stati Uniti e mantenere le promesse elettorali.

Per esempio, Trump in campagna elettorale aveva ripetutamente annunciato tagli «enormi» alla burocrazia: «Rimuoveremo l’ancora che ci sta tirando a fondo». Parole non proprio nuove, alle orecchie di qualsiasi cittadino di un Paese democratico, salvo il fatto che questa volta, in poco tempo, alle parole stanno seguendo i fatti.

Negli Usa, stime indipendenti valutano a 2 mila miliardi di dollari annui, il costo degli eccessi normativi per il settore privato. Un valore più alto dei profitti derivanti dalla riscossione delle tasse sugli stipendi.
L’amministrazione Obama da sola, in effetti, aveva aumentato di oltre 122 miliardi di dollari annui il peso economico della burocrazia statunitense. E, contando George W. Bush, negli ultimi 15 anni, questi costi annui sono aumentati di almeno 200 miliardi.

I benefici di una riforma della burocrazia sono numerosi e ben documentati. Per esempio, in un recente studio intitolato Il potenziale di crescita della deregolamentazione, il Consiglio Economico degli Usa ha affermato – con una stima prudente – che, dal 1980 fino a oggi, l’eccesso di burocrazia costerebbe ogni anno agli Usa in media lo 0,8 per cento della crescita del prodotto interno lordo.

ORDINI ESECUTIVI

Trump ha anche emanato una serie di ordini esecutivi e di memoranda del presidente che forniscono linee guida in ambito normativo. Ad esempio: ha richiesto ai funzionari preposti di accelerare le richieste di approvazione per la costruzione e l’avvio della Dakota Access Pipeline (un oleodotto di oltre 1.800 chilometri tra il Nord Dakota e l’Illinois), e analogamente di invitare TransCanada a chiedere di nuovo l’autorizzazione a costruire e mettere in opera la realizzazione della Keystone XL Pipeline.

Inoltre anche altri due ordini esecutivi dovrebbero avere un impatto diretto e sostanziale sulla futura creazione di norme: l’Executive Order 13771, per esempio, richiede che per ogni nuova norma introdotta ne vengano eliminate due esistenti; partendo da questo ordine, i funzionari della Casa Bianca si sono posti l’obiettivo di cancellare tre leggi per ogni nuova varata.

TASK FORCE PER LE RIFORME

L’Eo 13777, tra l’altro, prevede che ogni autorità di vigilanza nomini una task force per la riforma delle norme, che si occupi di valutarle e di suggerire cancellazioni, sostituzioni o modifiche.

La creazione della task force ha l’obiettivo di allargare la ricerca delle leggi che causino diminuzione di posti di lavoro o che ne inibiscano la creazione di nuovi; o di quelle norme che non sono più attuali, non sono più necessarie o sono ormai inefficaci; e delle norme, ancora, che abbiano costi superiori ai benefici, o che siano insufficientemente trasparenti per raggiungere gli standard di riproducibilità, o che siano state emanate in applicazione di ordini esecutivi e simili atti del presidente, che sono però stati in seguito annullati o modificati in modo sostanziale.

IDEE COMPLETAMENTE OPPOSTE A QUELLE DI OBAMA

Parte delle modifiche al ‘sistema’ da parte dell’amministrazione Trump riguardano questioni etiche o relative a una diversa visione della società rispetto a quella del suo predecessore: Trump ha per esempio annullato il provvedimento esecutivo di Obama che attribuiva agli studenti transgender il diritto di utilizzare il bagno pubblico a loro giudizio più confacente alla propria identità di genere, indipendentemente da quale fosse il loro sesso biologico oggettivo. Inoltre Trump ha limitato il raggio di applicazione di un provvedimento di Obama, che richiedeva ai datori di lavoro di fornire la copertura dell’assicurazione sanitaria per una serie di metodi contraccettivi, tra cui alcuni medicinali e strumenti che possono essere usati per gli aborti o per le sterilizzazioni.

L’attuale presidente degli Stati Uniti si è anche battuto contro le politiche di Obama legate alla lotta contro il riscaldamento globale e per esempio ha annunciato che gli Stati Uniti si sarebbero ritirati dall’accordo sul clima di Parigi, che Obama aveva firmato il 22 aprile 2016.
Questo perché l’amministrazione Trump (supportata da solide evidenze e prove scientifiche, comprensibilmente poco apprezzate in Europa, ma sostenute dai conservatori americani) ritiene che la teoria secondo cui le emissioni di Co2 prodotte dall’uomo determinino fenomeni pericolosi come il riscaldamento globale, sia in sostanza una bufala scientifica.

Nel suo primo anno di presidenza, Donald Trump ha emanato un numero di leggi federali (1209) inferiore per due terzi a quello delle amministrazioni di Barack Obama (3.356) e George W. Bush (3.233). Il numero di normative ‘importanti’, ovvero quelle che si prevede costino 100 milioni di dollari o più all’anno per il settore privato, sono state solo 32 nel primo anno di Trump, mentre sono state 73 per Obama e 51 per G.W.Bush.

SIAMO SOLO ALL’INIZIO

Per quanto vaste siano state finora le riforme di Trump, molte altre rimangono da concludere e numerosi sono anche gli ostacoli legali. Ma il presidente americano non si scoraggia. Tanto che al Forum Economico Mondiale di Davos, in Svizzera ha affermato: «Abbiamo intrapreso la più grande riduzione della burocrazia mai concepita». Certo, Trump non è proprio un presidente che misura le proprie parole, ma la sua amministrazione ha per lo meno dato prova del fatto che certe esternazioni iperboliche di The Donald – almeno solitamente – non rimangono solo su carta. E che le riforme continuano.

Diane Katz è una ricercatrice che si occupa delle politiche di vigilanza per The Heritage Foundation. Collabora come esperto esterno per Geopolitical Intelligence Services. Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Gis Reports Online.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la visione di Epoch Times.

Articolo in inglese: Donald Trump’s Regulatory Revolution

Traduzione di Vincenzo Cassano
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Re: Je suis Charlie e Trump, forza Trump!

Messaggioda Berto » mer mar 21, 2018 9:14 pm

LA COSA PIÙ FASTIDIOSA DEL CASINO DI CAMBRIDGE ANALYTICA? CHE QUANDO BARACK OBAMA USAVA I SOCIAL NETWORK PER PROFILARE GLI ELETTORI SI CHIAMAVANO BIG DATA ED ERANO IL NUOVO E SOFISTICATO STRUMENTO DELLA DEMOCRAZIA.
FACEBOOK DA SEMPRE CI RUBA I DATI MA NON HA MAI DAVVERO SPOSTATO L’OPINIONE PUBBLICA, NÉ IN EUROPA NÉ IN AMERICA. È CHE ORA FA COMODO A CHI NON AVEVA CAPITO NIENTE DARE LA COLPA DI BREXIT E TRUMP AI CATTIVONI DEL WEB
19.03.2018
Maria Giovanna Maglie per Dagospia

http://m.dagospia.com/america-fatta-a-m ... ica-169673

La cosa più fastidiosa di tutto questo casino intorno a Cambridge analytica e Facebook, abilmente tirata fuori dal sinistrissimo Guardian, ripresa avidamente dal New York Times, e ora cavalcata da tutti i giornaloni del mondo in missione contro il populismo per conto di Dio, è che non gliene frega proprio niente a nessuno di denunciare, casomai, che il Grande Fratello è arrivato, ha colpito e se n'è andato.

A nessuno importa che la popolazione mondiale basta che metta un ditino su internet ed è analizzata, spogliata, vivisezionata, sfruttata, schedata, e il peggio è che fa la vittima molto volentieri, porgendo il capo al boia, riempiendo profili, test della personalità, quiz, scambiandosi insulti con amici virtuali, insomma esponendosi senza paura.

A nessuno interessa che le famose tecniche raffinatissime di plagio del voto furono sperimentate la prima volta in Virginia per l’elezione di un governatore, e fallirono, non hanno funzionato neanche un po' nonostante gli alti lai per Marine le Pen, e che si chiamavano Big Data per la campagna di Barack Obama, e furono invece accolte come un sofisticato strumento nuovo della democrazia.

A nessuno viene in mente che a far pendere la bilancia del voto pro uscita dall'Europa furono le immagini delle televisioni inglesi con i clandestini accampati a Calais in attesa di passare la Manica, altro che fake news, altro che manipolazioni.

A nessuno viene in soccorso la convinzione che, pur sommersi come siamo, da quando sono nate radio tv e pubblicità e poi internet, da messaggi intesi a condizionarci, noi non siamo dei burattini di gomma senza cervello, e se ci facciamo convincere è perché e’ la cosa che già ci piaceva prima, verso la quale ci stavamo orientando, e che se pure ci hanno convinto una volta, poi abbiamo la capacità di riflettere e ripensare e opporci, perché siamo uomini, non caporali.

No, la vera ragione del gran casino è che si acchiappano molti piccioni con un solo strepito contro la nostra libertà e Indipendenza violate all'improvviso. La Brexit è stata estorta, viva l'Unione Europea; Donald Trump, Vivaddio è presidente di truffa, vuoi mettere con Santa Hillary, che a forza di cascare di qua e di là tra un po' c'avrà le stimmate; e se non è stato un accordo diretto tra the Donald e the Putin, ci ha pensato il russo americano scienziato di Cambridge Analytica a fare il grande inghippo - pensate che si chiama Alexandr Kogan, ma si è cambiato il cognome in Spectre - quindi Putin c'entra comunque.

Infine, il Grande Fratello si è abbattuto anche sull'Italia, è tutto è spiegato, anche lo scandaloso successo di Salvini, è stato l'algoritmo, non la saturazione degli elettori per le balle di Renzi, non la noia per le promesse sempre uguali resuscitate dal Cav, non le “risorse clandestine”, non le tasse da strozzinaggio. E’ stata Cambridge analytica, strumento populista del demonio al pari della Casaleggio associati, tutto e’ spiegato, e avanti con le larghe intese.

Sentite il progetto micidiale per l’Italia che oggi viene scoperto dai coraggiosi investigatori.

“Nel 2012”, si legge, “CA ha realizzato un progetto per un partito italiano che stava rinascendo e che aveva avuto successo per l’ultima volta negli anni ‘80”. Usando - prosegue la nota - l’Analisi della Audience Target, CA ha rimesso gli attuali e i passati membri del partito assieme con i potenziali simpatizzanti per sviluppare una riorganizzazione della strategia che soddisfaceva i bisogni di entrambi i gruppi. La struttura organizzativa moderna e flessibile che è risultata dal lavoro di CA ha suggerito riforme che hanno consentito al partito di ottenere risultati molto superiori alle aspettative in un momento di grande turbolenza politica in Italia”.

Roba da ergastolo, vero? D'altra parte uno degli slogan di Cambridge Analytica è rivelatore dell'intento criminale nella sua originalità: “Convincere qualcuno a votare un partito non è molto diverso da convincerlo a comprare una certa marca di dentrificio”. Con quella bocca puoi votare ciò che vuoi.

Fatta salva la letteratura sul miliardario recluso e malefico Mercer, sul diabolico stratega Bannon, sul matematico russo-americano di cui già ho detto uscito da un cattivo romanzo di spionaggio, resta che quella società ha utilizzato un' applicazione Facebook sui quiz di personalità, e chi non ha riempito uno, alzi la mano. Fino al 2014, quando Facebook ha ristretto questa possibilità, con l’ applicazione si vedevano anche le informazioni degli amici di coloro che rispondevano al quiz. In questo modo sono stati raccolti a quanto pare profili e dati di circa 50 milioni di americani , e Facebook ha omesso di denunciarlo.


Davvero crediamo che lo abbia fatto solo Cambridge Analytica? Certo che no, visto che gli stessi social network offrono servizi analoghi. Provate a cercare un prodotto qualunque su Google, e da quel momento in poi vi comparirà in tutte le sue gamme e salse fino alla nausea. Non mi pare che le meccaniche dell’ advertisement sociale siano più ingenue o innocue di quelle oggi rimproverate in politica alla CA. Quanto ai numeri, altro che 50 milioni!

Ma siccome la chiave di tutto, anche delle intenzioni di chi ha costruito attraverso le dichiarazioni di un pentito lo scandalo, è la volontà di inficiare alcuni risultati elettorali ritenuti scandalosamente populisti, sarà forse il caso di ribadire che non si costruisce un candidato dal nulla e non lo si porta la vittoria in pochi mesi con dei profili di Facebook, nemmeno se manipolati con tecniche sofisticate.

E’ la stessa storia del 1994, quando si inventarono che Berlusconi aveva vinto le elezioni contro la gioiosa macchina da guerra perché aveva le televisioni. Peccato che fino a poche settimane prima di capire che era il caso di mettersi in proprio in politica, le televisioni del Cav avessero appoggiato sostanziosamente la campagna di Mani pulite e di Tangentopoli. Peccato che casomai quelle televisioni hanno mercificato la cultura, non spostato l'opinione politica nazionale.

Venendo alla polemica di attualità, Trump ha vinto in Stati tradizionalmente democratici, il blue wall. Forse sono popolati da cretini, forse non ne potevano più del Tax and spend del caro Obama. Come il Kowalski di Gran Torino, che un computer non l'ha neanche mai visto da vicino.



Obama violò la privacy degli americani con la complicità di Facebook
Giampaolo Rossi
22/03/2018

http://www.occhidellaguerra.it/obama-privacy-facebook

Carol Davidsen è stata il capo Dipartimento “Media Targeting” dello staff di Obama nelle elezioni del 2012 ed è considerata un’esperta di campagne elettorali online in America. In una conferenza pubblica, tre anni dopo l’elezione di Obama, rivelò qualcosa che allora passò sotto silenzio ma che oggi è dirompente alla luce dello scandalo Cambridge Analityca: “Noi siamo stati capaci di ingerire l’intero social network degli Stati Uniti su Facebook”.

Nello stesso intervento affermò che i democratici acquisirono arbitrariamente i dati dei cittadini americani a cui i Repubblicani non avevano accesso; e questo avvenne con la complicità dell’azienda americana che lo consentì tanto che la Davidsen è costretta ad ammettere che “ci fu uno squilibrio di acquisizione informazioni ingiusto”(nel video dal minuto 19:48)

https://youtu.be/LGiiQUMaShw


Nei giorni scorsi su Twitter, la Davidsen è tornata sulla questione confermando che a Facebook furono sorpresi quando si accorsero che lo staff di Obama aveva “succhiato l’intero social graph” (vale a dire il sistema di connessioni tra gli utenti) “ma non ce lo impedirono una volta capito cosa stavamo facendo”.

Il motivo, aggiunge la Davidsen è che “loro ci dissero che erano dalla nostra parte”.

In altre parole Facebook consentì ad Obama di rubare i dati dei cittadini americani e di utilizzarli per la sua campagna presidenziale, in quanto azienda schierata dalla parte dei democratici.

D’altro canto già nel 2012, sul Time, un lungo articolo di Michael Scherer spiegava come Obama si era impossessato dei dati degli americani su Facebook con lo scopo d’intercettare l’elettorato giovanile. Esattamente nello stesso modo in cui lo ha fatto Cambrdige Analytica per la campagna di Trump: attraverso un app che carpì i dati non solo di chi aveva autorizzato, ma anche della rete di amicizie su Facebook ignare di avere la propria privacy violata. Solo che allora la cosa fu salutata come uno dei nuovi orizzonti delle politica online e descritta da Teddy Goff, il capo digital della campagna di Obama, “il più innovativo strumento tecnologico” della nuove campagne elettorali.

La stretta connessione tra Facebook e il Partito Democratico Usa è continuata anche nelle ultime elezioni come rivelano in maniera implacabile le mail di John Podesta, il potente capo della campagna elettorale di Hillary Clinton, pubblicate da Wikileaks.

È il 2 gennaio del 2016, quando Sheryl Sandberg, Direttore esecutivo di Facebook e di fatto numero due dell’Azienda, scrive a Podesta una mail di augurio di Buon Anno, affermando: “Sono elettrizzata dai progressi che sta facendo Hillary”.

È il periodo in cui si stanno completando i preparativi per la designazione alla primarie del Partito democratico che partiranno a febbraio; e la risposta del Capo Staff di Hillary non lascia adito a dubbi: “Non vedo l’ora di lavorare con te per eleggere la prima donna presidente degli Stati Uniti”.

Sheryl Sandberg (oggi una delle dirigenti Facebook al centro dello scandalo) è la donna che Zuckerberg volle fortemente nella sua azienda strappandola nel 2008 al diretto concorrente Google.

La manager, da sempre democratica, aveva lavorato nell’amministrazione di Bill Clinton come capo staff di Larry Summers il Segretario del Tesoro, voluto proprio dal marito di Hillary.

Il rapporto tra Podesta e la Sandberg è di vecchia data. Nell’agosto del 2015 lei scrive a lui per chiedergli se fosse disposto ad incontrare direttamente Mark Zuckerberg. Il grande capo di Facebook è interessato ad incontrare persone che “lo aiutino a capire come fare la differenza sulle questioni di politica a cui lui tiene maggiormente” e “comprendere le operazioni politiche efficaci per far avanzare gli obiettivi” tematici a cui lui tiene, come “immigrazione, istruzione e ricerca scientifica”. E chi avrebbe potuto farlo meglio del guru della campagna elettorale di colei che erano tutti convinti, sarebbe diventata il successivo presidente degli Stati Uniti?


Conclusione

Lo scandalo Cambridge Analytica che doveva essere l’ennesimo attacco contro Trump e la sua elezione si sta trasformando in un boomerang per Democratici e sopratutto per Facebook; l’azienda è oggi al centro del mirino delle polemiche per un modello di business che si fonda proprio sull’accaparramento e la cessione dei nostri dati di privacy che possiede nel momento in cui noi inseriamo la nostra vita, le nostre immagini, le amicizie e la nostra identità all’interno del social media.

Ma la questione è sopratutto politica: quello che oggi è scandalo perché fatto per la campagna elettorale di Trump, fu ritenuta una grande innovazione quando lo fece Obama. Con in più un particolare di non poco conto: che nel caso di Obama, Facebook ne era a conoscenza e consentì la depredazione dei dati degli americani.

Forse, all’interno del suo “mea culpa”, è di questo che Zuckerberg e i vertici di Facebook dovrebbero rispondere all’opinione pubblica.
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