Ła barbarie tałiana de ła prima goera mondial

Re: Ła barbarie tałiana de ła prima goera mondial

Messaggioda Berto » ven gen 27, 2017 5:30 pm

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Comitato Bandiera Italiana 17 marzo

1904-1915. TRADIMENTO ED AGGRESSIONE DELL’AUSTRIA ALL’ITALIA

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4376608894


Si sente talora accusare l’Italia d’aver commesso con l’ingresso nella prima guerra mondiale un presunto ed indimostrato “tradimento” dell’alleanza con l’Austria-Ungheria, il che in realtà non avvenne. È necessario conoscere e comprendere ciò che era avvenuto prima del 1915, altrimenti la decisione italiana d’entrare nel conflitto sarebbe incomprensibile.

In estrema sintesi, lo stato italiano aveva accettato già alla fine del secolo XIX d’aderire all’alleanza con l’Austria per due ragioni fondamentali: la prima era la speranza di mitigare l’opera di snazionalizzazione sistematica (vero e proprio genocidio culturale) di cui erano vittime gli Italiani del Trentino, della Venezia Giulia e della Dalmazia ad opera dell’impero; la seconda, correlata alla prima, era l’aspirazione ad ottenere le terre irredente, od almeno parte di esse, per via diplomatica. Infatti un articolo della Triplice Alleanza l’articolo VII stabiliva che l’Italia aveva diritto a compensi territoriali dall’impero asburgico nel caso che esso si espandesse nei Balcani.

Non solo ambedue queste speranza furono disattese, ma in più l’Austria violò ripetutamente ed in modo gravissimo le norme del trattato d’alleanza, anche con azioni che si possono configurare quali veri e propri atti di guerra contro l’Italia.
1) Il 13 ottobre 1904 Aehrenthal, ambasciatore asburgico a san Pietroburgo, e Lamsordv, ministro degli esteri zarista, firmarono un trattato segreto, che impegnava i due paesi a proseguire nella loro collaborazione politica, imperniata sulla volontà di conservare lo status quo nei Balcani e sull’impegno a mantenere la neutralità assoluta nel caso che una delle due parti contraenti si fosse trovata in conflitto con una terza potenza. Questo patto segreto con la Russia non fu comunicato dall’impero asburgico all’Italia, ma solo alla Germania, poiché, come spiegò Francesco Giuseppe in una sua lettera a Guglielmo II spedita il 1 novembre 1904, esso aveva proprio una finalità anti-italiana. Esso costituiva una prima violazione delle norme delle Triplice.

[Oesterreich-Ungarn und Serbien 1903-1918. Dokumente aus Wiener Archiven, Beograd, Historisches Institut, 1971-1989, documenti della seconda sezione, dd. 112, 162, 186, 195, 197, 204, 221, 234; la lettera di Francesco Giuseppe all’imperatore tedesco è invece conservata in “Die Grosse Politik der Europaischen Kabinette 1871-1914”, Berlin, Deutsche Verlagsgesellschaft fur Politik und Geschichte”, 1922-1927].
2) il capo di stato maggiore asburgico, Conrad von Hötzendorf, richiese per due volte un attacco a sorpresa ed a tradimento contro l’Italia, paese alleato, precisamente dopo il terremoto di Messina del 1908 (la prima volta) e durante la guerra di Libia nel 1911 (la seconda volta). Il Conrad ammette questi suoi progetti persino nelle sue memorie: Feldmarschall Conrad, “Aus meiner Dienstzeit”, Wien-Berlin, 1921. Famigerata è la nota inviata dal Conrad ad Aehrenthal il 24 settembre 1911, proponendo che l’impero asburgico si lanciasse in una guerra a tradimento contro l’Italia approfittando del conflitto italo-turco (che sapevano essere prossimo: fu proclamato il 29 dello stesse mese), od in alternativa alla distruzione della Serbia ovvero alla conquista d’altri territori balcanici.

Conrad von Hötzendorf comunque chiese con insistenza un attacco all’Italia per tutto il periodo 1906-1914, trovando in questo il sostegno e l’appoggio di Francesco Ferdinando, l’erede al trono (che ormai costituiva di fatto il vertice dell’impero in considerazione della tarda età di Francesco Giuseppe), degli ambienti di corte e dello stato maggiore, oltre al consenso di larga parte dell’opinione pubblica. La definizione di “italofobo” riferita a von Hötzendorf è dalla biografia su questo personaggio scritta da Lawrence Sondhaus, probabilmente il più grande storico militare vivente americano sul tema Austria/Ungheria. Sondhaus nel suo libro “Franz Conrad Von Hötzendorf: Architect of the Apocalypse” accomuna sia von Hötzendorf sia Francesco Ferdinando d’Asburgo in questa “italofobia”, ed aggiunge che costoro non erano gli unici a pensarla in tal modo (“Francis Ferdinand, an italophobe and no friend of the Triple Alliance. They were not alone in their thinking”).
Il generale Hötzendorf era ossessionato anche dall’idea di una guerra d’aggressione, per quanto ritenuta “preventiva”, anche contro la Serbia, che egli propose nel 1906, nel 1908, nel 1912, nel 1913 ed ancora nel 1914.

Se l’Austria non attaccò, a sorpresa ed a tradimento, l’Italia, approfittando in un caso del terremoto di Messina, nell’altro della guerra italo-turca, ciò fu solo perché la Germania, consultata in proposito, lo impedì.
[Oesterreich-Ungarn und Serbien 1903-1918. Dokumente aus Wiener Archiven, Beograd, Historisches Institut, 1971-1989, “Note des chefs des Generalstabs Conrad”, 24 settembre 1911, d. 2644; Hew Strachan, La Prima Guerra Mondiale, Milano, 2005; Vezio Vascotto, La guerra Italo-Turca, su Storia Militare n° 226, Luglio 2012, pag 26-39].

3) la crisi internazionale provocata dalla decisione unilaterale della Duplice Monarchia d’annettere la Bosnia, che era divenuta un protettorato (non un possesso diretto) nel 1878, con l’obbligo sottoscritto dall’impero asburgico di non annetterla, è stata oggetto di molti studi esaustivi, fra cui si possono ricordare Albertini, Duce, Tommasini fra gli italiani, e Nincic e Schmitt fra gli stranieri.
La crisi incominciò con la decisione asburgica d’annettere quello che era soltanto un protettorato (che per di più aveva opposto resistenza all’invasione imperiale nel 1878), in contrasto con gli impegni internazionali presi dal governo di Vienna nell’anno dell’occupazione della Bosnia-Erzegovina. Si andò vicini ad una guerra con Serbia e Russia, che alla fine arretrarono soltanto per le minacce della Germania, che di fatto impose l’accettazione dell’annessione (la crisi durò dall’ottobre 1908 al marzo 1909). L’annessione del protettorato della Bosnia costituiva quindi una violazione degli impegni presi dall’impero asburgico nel 1878 con la Russia e la Serbia, che prevedevano che questa regione non fosse annessa.

Inoltre costituiva anche una violazione degli accordi presi con l’Italia. Nel 1904 il ministro degli esteri asburgico, Goluchowski, si incontrò con il suo omologo italiano ad Abbazia, nel Quarnero, per trovare un accordo fra i due governi al fine d’evitare tensioni riguardanti i Balcani. Tittoni assicurò Goluchowski che l’Italia non aveva intenzione d’intervenire nei Balcani, ed il ministro degli esteri asburgico fece lo stesso nei suoi confronti, assicurando che non si sarebbe modificato lo status quo esistente, inclusa la condizione della Bosnia, che sarebbe rimasta un protettorato, ma non sarebbe stata annessa. L’unica variazione che, assicurava Goluchowski, avrebbe potuto essere apportata sarebbe stata l’occupazione del sangiaccato di Novi Bazar, ma non l’annessione della Bosnia. [Aufzeichnung über eine Unterredung Seiner Excellens des Herrn Ministers Grafen Goluchowski mit dem königlich italienischen Minister des Aussern Tittoni”, in Oesterreich-Ungarn und Serbien 1903-1918. Dokumente aus Wiener Archiven, Beograd, Historisches Institut, 1971-1989]

Comunque, per ciò che riguarda la Triplice Alleanza, l’articolo VII stabiliva che l’Italia aveva diritto a compensi territoriali dall’Austria nel caso che essa si espandesse nei Balcani, il che era avvenuto con l’annessione unilaterale della Bosnia-Erzegovina. Il ministro degli esteri italiani Guicciardini si mise pertanto in contatto con i suoi omologhi di Austria e Germania; il 2 gennaio 1910 s’incontrò con l’ambasciatore austriaco Lützow, ricordandogli che bisognava applicare e precisare i contenuti dell’articolo VII; poi parlò direttamente col nuovo cancelliere della Germania, Bethmann-Hollweg, ricordandogli che era necessario procedere con l’articolo VII, in seguito all’annessione austriaca della Bosnia. Il cancelliere tedesco ammise che ciò era giusto, sostenendo però che prima di prevedere quanti territori l’Austria dovesse cedere bisognasse prima stabilire quanti territori avesse occupato (sic). In seguito, il nuovo ministro degli Esteri italiano, Antonio di San Giuliano, si incontrò con il nuovo ministro degli esteri austriaco, il Merey. Anch’egli, come già aveva fatto il cancelliere tedesco, ammise che secondo l’articolo VII l’Austria avrebbe dovuto, avendo annesso la Bosnia, cedere suoi territori all’Italia come compenso, però chiese che si aspettasse sino al prossimo rinnovo del trattato. Per farla breve, sia la Germania, sia l’Austria doverono riconoscere che in base all’articolo VII, dopo l’annessione della Bosnia-Erzegovina l’Italia avrebbe avuto diritto a compensi territoriali, ma si rifiutarono di procedere in tale direzione, cercando pretesti e cavilli. [“Documenti diplomatici Italiani”, Roma, Libreria dello stato-Istituto poligrafico dello Stato, 1933; Die Grosse, cit., Aufzeichnung der Reichskanzler von Bethmann-Hollweg, 5 aprile 1910; “Österreich-Ungarns Aussenpolitik von der Bosnischen Krise 1980 bis zum Kriegsaubruch 1914”, Wien, Österreichischer Bundesverlag 1930-, d. 2171, Merey ad Aehrenthal, 13 maggio 1910].

4) L’impero asburgico si rese responsabile negli anni precedenti al conflitto di almeno tre autentici ATTI DI GUERRA contro l’Italia, compiuti secondo modalità che oggigiorno sarebbero definite di “guerra sporca”, in modo indiretto ed il più segretamente possibile.
A) Durante la guerra italo-turca l’Austria non solo progettò d’attaccare, senza motivo ed a tradimento, l’alleata Italia (il che non avvenne solo per merito della Germania), ma diede appoggio politico e militare nascosto alla Turchia, incitando Istanbul a continuare il conflitto e fornendogli armi e finanziamenti. In Libia era la Germania che, sia direttamente con suoi agenti segreti ed ufficiali, sia indirettamente e per il tramite della Turchia, mandava istruttori militari, armi ed oro, per alimentare la guerriglia contro l’Italia e suscitare l’insurrezione.
B) in Albania l'Austria, impossibilitata dalla guerra a dispiegare un'azione aperta, inviava segretamente armi e denari, fomentando le insurrezioni locali.
C) In Abissinia era ancora l'Austria che esercitava un'opera d'accanita sobillazione ai nostri danni presso il Negus (con cui si era in piena pace), incitandolo ad invadere Eritrea e fornendolo d'artiglierie.
Questi furono soltanto i fatti più gravi, ma ne furono molti altri perpetrati dagli austro-tedeschi nel periodo di neutralità che erano comunque contrari al diritto internazionale e lesivi della sovranità nazionale italiana.

Questi erano ATTI DI GUERRA, che ponevano l’Austria e la Germania in stato di guerra di fatto, ma non dichiarata, con l’Italia, quando essa era ancora neutrale ed erano in corso trattative diplomatiche. Anche se formalmente è stata l’Italia a dichiarare guerra all’Austria ed alla Germania, di fatto sono stati questi due imperi ad iniziarla, aggredendo proditoriamente lo stato italiano.
5) A tutto questo s’aggiunga il regime di guerra di fatto attuato dall’impero asburgico sin dal lontano 1866, non contro lo stato italiano ma contro la nazione italiana, a causa delle gravissime misure persecutorie contro gli Italiani sudditi dell’imperatore che vivevano in Dalmazia, Venezia Giulia, Trentino, con la finalità (da parte dell’impero) di cancellarne l’esistenza culturale e l’identità nazionale. Sono state, tutte, violazioni del trattato della Triplice da parte dell’Austria, avvenute ben prima del 1915 e tali da configurare un autentico TRADIMENTO.

Non può esistere dubbio alcuno pertanto su cui abbia tradito il patto della Triplice Alleanza: l’impero asburgico. L’Austria temeva ed avversava l’Italia e si comportò con autentica perfidia (etimologicamente “mancanza di fedeltà”) in diversi modi, tradendo ripetutamente le clausole d’alleanza e perpetrando inoltre atti di guerra ed aggressione contro lo stato italiano e le sue forze armate, per molti anni e ben prima della dichiarazione di guerra italiana.
L’intervento in guerra italiano nel 1915 fu praticamente reso inevitabile dalle continue aggressioni imperiali e dalla minaccia costante portata da Vienna all’esistenza dello stato e dello stesso popolo italiani.

di M.V.


Xe da dir ke el Trentin, ła Venesia Julia, ła Dalmasia no łe xe mai stà tere tałiane, caxo mai łe gheva fato parte dei domegni romani vudi co l'envaxion militar de ła Retia, Dalmasia e Istria;
se xonte ke sta goera ła ga desfà el Veneto (co ła Furlania) e xa coesto lè pì ke bastansa par retegner sta goera n'ato criminal contro łe xenti venete.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ła barbarie tałiana de ła prima goera mondial

Messaggioda Berto » dom ago 26, 2018 8:11 am

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Re: Ła barbarie tałiana de ła prima goera mondial

Messaggioda Berto » dom ago 26, 2018 8:11 am

Italia 1918-2018. Chissà cos'è cambiato?
mercoledì 22 agosto 2018
Enzo Trentin

http://www.lindipendenzanuova.com/itali ... e-cambiato

Il 27 ottobre Vicenza ospita l’evento conclusivo di tutte le celebrazioni della Grande Guerra, e noi speriamo che tra le autorità che prenderanno la parola per commemorare l’avvenimento non ci sia qualche patriottardo, poiché abbiamo documentato qui [ https://www.vicenzareport.it/2018/07/gr ... nte-berico ] e qui [ https://www.vicenzareport.it/2018/08/ce ... nde-guerra ] alcune informazioni non molto note, e non a torto Friedrich Dürrenmatt sosteneva: «la Patria è lo Stato se sta per compiere assassini di massa».

Dopo queste premesse – e a beneficio dei patriottardi – vediamo cosa si dice dell’Italia a partire da quella che gli agiografi di regime (ovvero coloro che elaborano la storia arricchendola di elementi favolosi o leggendari a scopo celebrativo), e consideriamo la questione a partire dalla quarta guerra di indipendenza (uno dei nomi dati all’intervento italiano nella prima guerra mondiale) in un’ottica storiografica che individua in quest’ultima la conclusione del Risorgimento e dell’Unità d’Italia.

Di Bruno Pederoda abbiamo già indicato il libro dal titolo: «Tra macerie e miserie di una regione sacrificata – Veneto 1916-1924» © 1999 – Piazza Editore – Silea (TV), dal quale continuiamo a stralciare qualche brano fornendo altre informazioni. In quest’opera è documentato un gruppo di capi d’accusa riguardanti il Ministero delle Terre Liberate: i reati compiuti nella distribuzione di sussidi ai profughi. “Quando sarà possibile avere sott’occhio tutti gli elementi di giudizio, vedrà la Camera che dei molti milioni assegnati al Veneto, non pochi presero altre vie. (…) Per fatale necessità, il Veneto, dopo essere stato il campo di battaglia è diventato il teatro delle gesta più esecrabili dei pescicani”. (…) Terza agenzia malavitosa, i consorzi rottami. “Muniti di fogli di autorizzazione rilasciati dai competenti ministeri, hanno portato via tutto il buono e l’utilizzabile dai teatri di guerra; (…) hanno portato via tutto, tranne i rottami”. Anche in questo particolare, il Trentino segnala su tutti. Non sono necessarie troppe parole “per dimostrare quali ladri siano i signori del consorzio rottami. Ma ladri è un titolo troppo onorifico: fatte rare eccezioni, i soldati venivano corrotti perché spezzassero motori, tubi, gruppi elettrogeni in maniera di far figurare come rottame delle macchine preziose, rese inservibili e quindi asportate. Ma il colmo è stata l’asportazione dei ponti appena danneggiati dei torrenti del Trentino. Così che i Comuni e i capitanati sono oggi costretti a ricomprare dal Consorzio come rottami i ponti quasi intatti”, che erano stati rimossi perché dichiarati inservibili.grande guerra

Il prezzo della politica. – In occasione delle elezioni politiche del 1919, i fondi delle Prefetture per interventi a favore dei profughi si tramutarono in fondi da usare per la propaganda elettorale. Come se si trattasse della cosa più naturale di questo mondo. “Il fondo profughi era diventato una specie di fondo segreto, anzi di pozzo nero nel quale tutti i feudatari elettorali del Nord e del Sud hanno attinto a piene mani, per ingraziarsi i favori di popolazioni povere e danneggiate e per pagare signorilmente i vari galoppini”. Nati dall’incontro tra ideali politici luminosi e oscuri interessi di clan, i partiti politici italiani si muovono nella penombra, con preferenza per quella che precede la notte rispetto a quella che prelude al mattino. Essi rifuggono dalla legalità perché hanno in orrore ogni controllo. E come l’internazionale del crimine prospera sui narcodollari, così essi fondano le loro fortune sulle cleptolire.

Del commercio delle ossa dei caduti della grande guerra abbiamo accennato precedentemente [ https://www.vicenzareport.it/2018/07/gr ... nte-berico ]: “Mentre ogni paese si mobilitava per innalzare un monumento ai propri caduti, – degli operai raccoglievano dagli altipiani, dal Carso, le ossa dei Caduti per lo sfruttamento industriale della fabbricazione dei fosfati – “ (1) E quando fu finalmente posto termine alla profanazione, ecco lo sfruttamento cambiare tipo e direzione: “Tuttora dei turpi vanno rubando le casse di zinco dai cimiteri, le croci, le lamiere delle cappelle votive e persino le pietre dei muri dei sacri recinti”. L’Italia si era lasciata prendere dalla tentazione di diventare grande nazione prima ancora di essere diventata una ‘nazione civile’. Era il pericolo che Giuseppe Prezzolini aveva paventato fin dai tempi della guerra italo-turca e, in fondo, la disgrazia che da sempre ci attanaglia.
C’è anche un altro mercanteggiamento sui poveri resti: “Se il Genio militare aveva rischiato una pessima fama per gli intrallazzi compiuti da alcuni dei suoi ufficiali ed ex ufficiali impegnati nella ricostruzione, la Sanità Militare rischiò invece di macchiarsi di infamia, per l’odiosa speculazione introdotta da non pochi dei suoi nell’opera di riesumazione, trasporto e ricomposizione delle salme dei caduti. La tecnica del malaffare non differisce gran che tra l’una e l’altra delle Armi: in entrambi i casi ci si imbatte in qualcuno che depone le spalline per darsi al mercato e in qualche altro che invece le conserva per dargli man forte e poi dividere gli utili. La voce di infami speculazioni sui cadaveri era presto circolata; scrivendone a poco meno di tre anni dalla cessazione del conflitto, il giornalista vorrebbe far credere il malaffare ‘un ricordo’, legato al comportamento di imprese civili “che ebbero cura delle salme di caduti in guerra (…) in quanto fu da qualcuna di queste speculato sui grandi eroi della Patria, dividendo una salma in più parti, per far figurare un maggior numero di morti” (2).

Va osservato, però, che la certezza dell’esistenza del losco affare si ebbe solo dopo una interrogazione parlamentare e che la conferma dell’orrenda verità venne per bocca del Ministro della Guerra. L’indegno traffico si svolgeva in parecchi cimiteri, ma in modo particolare in quelli del Monte Grappa. È qui che un ex ufficiale della Sanità ‘dei paesi di Roma’ si improvvisa imprenditore ed ottiene dagli ex commilitoni responsabili del settore l’appalto della traslazione dei cadaveri. C’era un tariffario di 60 lire a salma, ma si trovò subito il modo di non sporcarsi le mani subappaltando per ben due volte i lavori, sicché gli operai ricevevano un terzo della cifra pagata dallo Stato.
Il rappresentante del Governo, pur ammettendo davanti alla Camera pesanti responsabilità di persone appartenenti all’esercito, tentò tosto di scaricare il grosso delle colpe sugli operai: (La questione è trattata anche qui: [ https://www.venetostoria.com/?p=2237 ] «Va osservato, però, che la certezza dell’esistenza del losco affare si ebbe solo dopo un’interrogazione parlamentare e che la conferma dell’orrenda verità venne per bocca del Ministro della Guerra. L’indegno traffico si svolgeva in parecchi cimiteri, ma in modo particolare in quelli del Grappa.»

Sulla cima del Monte Grappa, nel 1935 fu completato il sacrario, che è uno dei principali ossari militari della prima guerra mondiale. Vi sono inumati i resti di 22.950 soldati. Nel settore nord, l’ossario austro-ungarico con 10.295 morti di cui solo 295 identificati. Nel settore sud, l’ossario italiano con 12.615 morti dei quali solo 2.283 sono identificati. Qualcuno osserva: «Se all’ossario ci sono 20.372 militi ignoti, una qualche ragione ci sarà…» Il sacrario militare di Asiago, più noto come sacrario del Leiten, è un altro dei principali ossari militari della Grande Guerra. I resti mortali di 21.491 caduti italiani ignoti e 11.762 austro-ungarici senza nome sono raccolti in grandi tombe comuni nelle gallerie centrali più prossime alla cappella. L’ossario del Pasubio, insieme a quelli di Tonezza del Cimone, del monte Grappa e di Asiago compare in uno dei quattro quarti dello stemma della provincia di Vicenza. Il sacello-ossario del Pasubio contiene i resti di 5.146 soldati italiani e 40 austriaci caduti durante la prima guerra mondiale su quel massiccio. Le ossa dei caduti, in molte teche in cui sono custodite, sono a vista, quindi appartengono a militi ignoti. A Redipuglia (il maggiore cimitero militare italiano e uno dei più vasti d`Europa) riposano 100.187 caduti. Di questi solo 40mila soldati hanno nomi, cognomi, grado e corpo di appartenenza che sono incisi sulle placche. Gli sconosciuti giacciono in cima alla collina di Redipuglia, nel sacello sotto le croci nere, senza nemmeno un fiore. Dai vasi di pietra bianca spunta soltanto qualche rametto lasciato seccare. Al Sacrario di Pian di Salesei (Comune di Livinallongo – BL) il conteggio è ancora più tragico, poiché ospita i loculi dei 704 caduti identificati (tra cui 19 austro-ungarici) e di 4.700 militari rimasti senza nome. Si potrebbe continuare per le decine e decine di altri siti simili, ma i visitatori che avessero una visione d’insieme, non potrebbero che chiedersi: “come mai tanti soldati senza nome?”

Se la Grande Guerra appare lontana un secolo, analizziamo – sempre a beneficio dei predetti patriottardi – alcune testimonianze provenienti dalla seconda guerra mondiale (che per gli storici è solo il naturale proseguimento della prima), ed ecco la voce di alcune note personalità che fino al 8 settembre 1943 stavano dalla parte dei nemici dell’Italia. Il resto sono solo chiacchiere da salotto, ed anche i nostri lettori hanno il diritto di crearsi una propria opinione:

«... penso che l’armistizio di Badoglio sia stato il più grande tradimento della storia…». (Dalle “Memorie” del Field Marshal Bernard Law Montgomery).
«… la resa dell’Italia fu uno sporco affare. Tutte la nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l’Italia è la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della RSI…». (da “Diario di Guerra” di Dwight “Ike” Eisenhower, Comandante supremo delle Forze USA nello scacchiere europeo).
«Certamente non mi garba l’idea che questi ex nemici mutino opinione quando sanno che stanno per essere battuti e passino dalla nostra parte per ottenere d’essere aiutati a mantenere il potere politico.». (Harry Hopkins, consigliere del presidente USA Franklin Delano Roosevelt).
«… il fatto è che il Governo italiano decise di capitolare non perché si vide incapace di offrire ulteriore resistenza ma perché era venuto, come in passato, il momento di saltare dalla parte del vincitore…». (da “Le armate alleate in Italia” del Field Marshal Harold Alexander).
«… l’Italia fu fedele al suo carattere di sciacallo internazionale, sempre in cerca di compenso per i suoi tradimenti…». (da “Storia della diplomazia” di Vladimir Petrovič Potëmkin, ambasciatore sovietico a Roma. Mussolini e l’ambasciatore Potemkin avevano firmano il trattato di non aggressione e neutralità, a Palazzo Venezia, il 2/09/1933).

Qualche ben pensante dirà: «ma sono cose lontane nel tempo, oggi l’Italia si comporta assai diversamente, nel contesto internazionale.» Ai lettori l’ardua sentenza:

Il 24 marzo 1999, poco dopo le ore 20, i bombardieri NATO colpivano i primi obiettivi Serbi a Pristina, Pogdorica e alla periferia di Belgrado. Cominciò così la guerra del Kosovo.

[http://www.massimodalema.it/doc/16361/kosovo-fu-un-errore-bombardare-belgrado.htm ] Per la seconda volta dal 1945 – la prima era stata la Guerra del Golfo nel 1991 – l’Italia partecipò con propri mezzi e truppe a una operazione militare offensiva. E lo fece per decisione di un governo di centrosinistra guidato da Massimo D’Alema, insediatosi nell’ottobre del 1998, quando lo scenario di un conflitto armato era già un’ipotesi concreta. E ciò con una interpretazione alquanto singolare dell’Art. 11 della Costituzione: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.»

La guerra di Silvio Berlusconi, invece, comincia il 25 aprile 2011 dopo quarantotto ore di silenzio e alla vigilia di un delicato vertice a Roma con il presidente francese Nicolas Sarkozy. [ http://www.ilfoglio.it/articoli/2011/05 ... e_c133.htm ] Berlusconi sa bene di andare incontro – sul fronte interno – a una possibile crisi di nervi della Lega, sa pure che il passato coloniale italiano suggerirebbe una maggiore flemma, così come è avvertito della cogenza del trattato di amicizia da lui stesso stipulato con il colonnello libico Mu’ammar Gheddafi.

Ai persistenti benpensanti non resta che riflettere su quanto scrive il quotidiano on line “Affaritaliani.it” del 10 gennaio 2014, che titola: “I cittadini italiani non esistono. Altro che Unità… La verità nei geni” [ http://www.affaritaliani.it/roma/i-citt ... 12014.html ] l’articolo ci informa su una ricerca dell’Università di Roma, La Sapienza: «Ha analizzato il Dna di 57 popolazioni locali e scopre che la differenza di “patrimonio” tra un sardo e un abitante delle Alpi è maggiore di quella tra un ungherese e un portoghese, distanti migliaia di chilometri. E che il ceppo italico non esiste: lo Stivale è da sempre un porto di mare per le genti. Gli effetti del Risorgimento e del Paese unito non si vedono ancora nella popolazione. La nostra struttura genetica è figlia del Medioevo. Altro che Unità d’Italia. A leggere il Dna degli italiani, sembra quasi che il Risorgimento non ci sia mai stato e che Garibaldi e i suoi Mille, girando per le campagne abbiamo fatto più una passeggiata che una conquista.

Preso atto di tutto ciò, si dovrebbe ben comprendere (se non proprio giustificare) il perché esistono numerosi movimenti politici che sostengono il diritto morale a secedere, benché alcuni argomenti pro secessione non siano del tutto accettabili a livello internazionale. Inclusi quelli basati sul consenso e sulla pura autodeterminazione. Nondimeno vi sono varie considerazioni che, complessivamente ponderate, costituiscono un valido supporto per un diritto morale a secedere sotto determinate circostanze. Tra gli argomenti più convincenti a favore del diritto alla secessione figurano quello fondato sulla giustizia rettificatoria. Il Veneto, per esempio, fu annesso all’Italia con un referendum farsesco e fraudolento non dissimile dagli altri che hanno preteso l’accasamento sotto i Savoia. Una conferma la troviamo in svariate applicazioni nei moti secessionisti del mondo contemporaneo e in particolare nei paesi ex comunisti. Esso afferma che una regione ha diritto a secedere se è stata ingiustamente incorporata nella più ampia unità da cui intende separarsi.

Allen Buchanan scrive nel Capitolo II, di “Secessione – Quando e perché un paese ha il diritto di dividersi”: «dimostro che un gruppo può lecitamente opporsi allo Stato con la forza qualora si trovi a essere vittima di una ridistribuzione discriminatoria – ossia, qualora le politiche economiche o fiscali dello Stato operino sistematicamente a detrimento di quel gruppo e a beneficio di altri, in assenza di una valida giustificazione morale per questa difformità di trattamento. In terzo luogo, ritengo che, a certe condizioni, un gruppo sia legittimato a secedere quando ciò risulti necessario alla tutela della sua particolare cultura o forma di vita comunitaria. Ciascuna di queste conclusioni rappresenta una brusca dipartita rispetto a quella che spesso viene ritenuta una fondamentale caratteristica dell’individualismo liberale: l’esclusiva preoccupazione per i diritti individuali e il conseguente insuccesso nel valutare l’importanza della comunità o dell’appartenenza al gruppo per il benessere e per la stessa identità dell’individuo.»

Insomma, i Veneti, i lombardi, i sud tirolesi, i sardi ed altri ancora, non hanno particolari interessi ad essere italiani; né a difendere uno specifico orgoglio ad essere tali. La disuguaglianza sociale si amplifica e stabilizza solo con il monopolio statuale della forza. Afferma Quinto Leprai: “Senza l’azione coercitiva, legislativa, normativa e burocratica dello stato italiano le variazioni sociali fra gli individui sarebbero tanto repentine e caotiche da rendere trascurabile il valore di questa disuguaglianza nel lungo periodo”. I popoli della penisola hanno solo la necessità di un progetto istituzionale concreto, innovativo e fattibile. Infatti, come sosteneva Richard Buckminster Fuller [https://it.wikipedia.org/wiki/Richard_Buckminster_Fuller ]: “Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta.” E nello scegliere nuovi soggetti politici autenticamente democratici, li si stimoli alla redazione aprioristica di un nuovo ‘Patto Sociale’ su cui basare le proprie scelte elettorali. Questo, poiché un altro argomento sostiene che la secessione è giustificata quando la divisione dell’unione politica esistente aumenterebbe l’efficienza. Genova e ponte Morandi docet.


Note:

(*) Più sopra abbiamo parlato di guerre; troviamo calzante aggiungere che mentre “il Re Soldato” (diventerà “re fellone” dopo l’8 settembre 1943), trattava per ottenere maggiori possedimenti territoriali, che costarono 1.240.000 di morti tra civili e militari, e che l’Asburgo gli avrebbe regalato purché non intervenisse – attraverso un cambio di alleanze – nella Prima Guerra Mondiale scoppiata il 28 luglio 1914; il poeta Trilussa (pseudonimo anagrammatico di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri (Roma 1871–1950) in quello stesso tempo scisse la «Ninna Nanna De La Guerra» che troviamo calzante proporre qui: https://www.youtube.com/watch?v=5fywn3HN-x0

(1) Il Risorgimento, 22-23 febbraio 1922, nr. 4 – Cappellano insieme ai soldati, sul Grappa
(2) Il Risorgimento, 16 giugno 1921, nr. 142 – Cappellano insieme ai soldati, sul Grappa



Gino Quarelo
Letto volentieri.
Non tutti gli Stati hanno compiuto assassini di massa; per esempio lo Stato Svizzero che è una buona Patria per gli svizzeri e un buon esempio per i veneti che desiderano l'indipendenza dallo stato italiano e costruirsi un loro stato che per me deve essere altro dall'esperienza della Serenissima, finita da 220 anni.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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