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Il regime partitocratico è ormai giunto al capolineadi ENZO TRENTIN
https://www.miglioverde.eu/il-regime-pa ... -capolineaCosa ci sarà durante la transizione e cosa accadrà dopo non è possibile prevederlo. Infatti è possibile rispondere alla domanda «perché sta accadendo questa crisi?» ma certamente non è possibile rispondere alla domanda «cosa ci sarà dopo?».
La crisi del regime partit ocratico consegue all’esaurimento della funzione socializzante del sistema politico nato con la fondazione della Repubblica. Sono decenni che il regime affronta crisi istituzionali e sempre ha saputo trovare l’antidoto. L’ultima crisi ha comportato la nascita della cosiddetta II Repubblica come risposta dell’establishment all’inchiesta giudiziaria denominata “mani pulite” e al processo per istituire un nuovo ordine internazionale conseguente alla caduta dell’impero sovietico.
Il governo Monti ha svelato, invece, l’incapacità del sistema politico nazionale di trovare una soluzione alla crisi politica in atto, perciò sosteniamo che il regime partitocratico è giunto al capolinea. Il governo in atto non è stato investito dal consenso dei cittadini ma dal consenso di un Parlamento di nominati, come era accaduto ai precedenti governi Prodi e Berlusconi due frutti del “porcellum”.
Lorella Presotto, membro assai attivo della Confederazione Civica nazionale (ennesimo soggetto politico alternativo che si propone di partecipare alla elezioni politiche del 2013 come elemento riformatore) ci ricorda che lo Stato Tedesco rifiuta la cessione di sovranità e vuole rafforzare la propria democrazia. Stessa cosa ha affermato l’Ungheria, che ha creato apposite commissioni per controllare la legittimità degli atti dell’UE, scatenando le furie di quest’ultima. La Romania rifiuta di pagare il “presunto debito”. La Serbia ha deciso di instaurare un proprio regime monetario. La Grecia è ormai quasi data fuori del tutto dall’Europa, purtroppo con gravi danni perpetrati dalla stessa Europa. La Gran Bretagna si chiama fuori dall’Europa. L’Irlanda sta meditando se uscirne. La Spagna è teatro costante di rivolte popolari. La Repubblica Ceca non ha aderito agli ultimi Trattati europei. Insomma questa Unione europea è un colabrodo che non soddisfa.
Tutti i popoli ormai si sono resi conto che l’Unione Europea non è unione di popoli ma unione delle lobby finanziarie speculative. Gli organismi europei non eletti, sono dei veri e propri Kapò nazisti che vogliono ridurre gli Stati europei a veri e propri lager.
Una prova di ciò?
A Vicenza per il 15 settembre è prevista una marcia con partenza da Verona il giorno 13, che si concluderà con un Sit–In davanti alla Caserma “Generale Chinotto” sede della «EUROGENFOR» definita la nuova Gestapo, perché può agire nella più completa immunità giudiziaria, come previsto dal Trattato di Velsen prontamente approvato (praticamente senza discussione) il 14 maggio 2010.
Dopo il Senato, anche la Camera approva la ratifica del Fiscal compact. Nella stessa seduta è stata approvata anche l’adesione al Meccanismo Europeo di Stabilità (Esm). Sicuramente molti non conoscono cosa significa questa decisione. Ma in poche parole dimentichiamoci i nostri diritti sociali, perché da oggi siamo schiavi di un potere oligarchico; servo delle banche e dei poteri forti.
Ancora una volta tutto è passato sotto silenzio generale dei mass media tradizionali e poi ci vogliono far credere che siamo liberi e le dittature sono altrove. Insomma, abbiamo un Parlamento che si è fregiato negli scorsi decenni di essere portatore di democrazia, e che è oggi rappresentato da una Casta di soggetti ignobili e traditori dei più alti ideali umani: la libertà, la democrazia, la solidarietà.
Il Presidente Giorgio Napolitano ha formalizzato il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo, sulla trattativa Stato-Mafia. Niente meno!
Intanto, è di questi giorni l’infuriare della polemica dovuta ad una gaffe di Mario Monti (il professore si autodescrive come una sorta di “uomo della provvidenza”. Sigh!). Costui pretenderebbe che anche gli altri assumessero un modus operandi simile a quello italiano dove la democrazia parlamentare è una farsa “devoluta” ai poteri forti da un lato, e alla euro-burocrazia dall’altro.
Intanto il dibattito negli Stati Uniti sul ripristino della legge Glass-Steagall ha ricevuto una spinta importante il 24 luglio, quando l’ex capo di Citigroup Sanford Weill ha chiesto lo “spacchettamento” delle grandi banche. «Quello che dovremmo fare probabilmente è separare le banche d’affari dalle banche ordinarie, far sì che le banche si occupino dei depositi, dei crediti commerciali e dei mutui, che le banche facciano qualcosa con cui non mettano a rischio i dollari dei contribuenti, che non siano troppo grandi per fallire» Weill ha dichiarato al programma “Squawk Box” di CNBC.
Acutamente il periodico EIR osserva che: «È come se Bruto rimpiangesse di aver ucciso Cesare.» Fu proprio Sandy Weill a imporre l’abrogazione della legge Glass-Steagall, con la creazione nel 1998 di Citigroup con la fusione tra Citicorp, una banca commerciale, e Travelers Group, un conglomerato finanziario. Il suo “fait accompli” costrinse il Congresso ad abrogare formalmente la legge Glass-Steagall dopo che molti dei suoi aspetti erano già stati smantellati, come riconosce tra gli altri il rapporto della Commissione Angelides sulle origini della crisi.
Nel giro di pochi minuti i commenti di Weill sono stati ripresi da tutti i principali mass media, col New York Times che faceva notare che Weill aveva “essenzialmente” chiesto il ripristino della legge Glass-Steagall. Il Times sottolinea che la tardiva conversione di Weill a Glass-Steagall «è un’ammissione ricca di ironia», notando che «tra gli oggetti di sua proprietà c’è una enorme targa di legno massiccio con un elenco dei suoi successi. Uno di questi è “il distruttore di Glass-Steagall”.» Il Financial Times del 26 luglio, in un articolo con cui si congratula con Weill per le sue dichiarazioni, sottotitola: «Meglio ripristinare Glass-Steagall che una Volcker Rule debole». «Secondo la classifica delle conversioni» dice l’articolo, «il cambiamento d’idea di Mr. Weill equivale a quello di San Paolo sulla via di Damasco.»
Durante la sua intervista a CNBC, Weill ha dichiarato che se gli Stati Uniti vogliono restare i leader finanziari mondiali, le grosse banche dovranno essere separate, il che, ha detto, le renderà più profittevoli di quanto non siano attualmente. «Il sistema bancario è davvero molto importante», ha dichiarato. «Ritengo che il problema che è sorto sia dovuto ad un’eccessiva concentrazione di investimenti nel sistema bancario, troppa leva, con pochissima trasparenza e troppe cose in bilancio che non contavano veramente. E ritengo che molte di queste cose debbano cambiare.» […] «Nonostante i problemi, non c’è davvero altro paese al mondo che possa essere un leader in questo. Quindi, spetta agli Stati Uniti essere ancora il leader. E se dobbiamo essere i leader, dovremo avere un sistema finanziario che ci aiuti ad essere i leader, come non sta accadendo adesso». Le banche d’affari dovranno essere «completamente separate» dalle banche commerciali. Weill ha insistito su questo, dicendo che «possono investire i propri soldi come vogliono» ma «torneranno ad essere entità a parte, come lo erano 25 anni fa.»
Alle esternazioni di Weill ha fatto seguito un attacco diretto sul Financial Times contro Lord Turner, capo del Financial Services Authority (FSA), la City di Londra, in un editoriale non firmato del 25 luglio (quindi attribuibile al direttore). Il Financial Times critica il fatto che Turner «abbia mostrato poco interesse nella separazione tra banche d’affari e banche commerciali auspicata dal nostro giornale.»
L’attacco contro Turner colpisce il candidato della City di Londra a prossimo governatore della Banca d’Inghilterra dopo Mervyn King, che si è battuto per ottenere maggiori poteri di supervisione per la banca centrale a scapito della FSA a partire dall’anno prossimo. In questa battaglia la City ha perfino usato strumentalmente lo scandalo Libor contro il successore prescelto da King, Paul Tucker, per aprire la strada a Turner. Il punto di vista «ben poco rivoluzionario» di quest’ultimo è stato ridicolizzato dal Financial Times, che scrive che «su questioni di cultura e attuazione delle leggi, sarebbe stato ottimo sentire un appello di Lord Turner per un approccio più deciso. È assurdo che nessuna persona di alto livello sia stata indagata per gli scandali emersi dalla crisi.»
La svolta globale a favore di Glass-Steagall è riverberata anche in Germania. Il settimanale Der Spiegel ha fatto anch’esso la sua svolta di Damasco pubblicando un articolo del direttore intitolato “Separate le banche”. E perfino il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble è saltato su questo treno. In un’intervista a Welt am Sonntag il 29 luglio, Schaeuble dichiara di «non voler escludere del tutto la proposta della separazione bancaria. Se si dimostra che l’Europa ha urgenza di una misura simile, la Germania non si opporrà.»
In questo quadro di estrema instabilità (sorvoliamo volutamente le crisi mediorientali foriere di ulteriori conflitti, Siria in testa) molti soggetti politici pensano a concorrere alle elezioni politiche del 2013, e per che cosa? Per – eventualmente – assidere in Parlamento e fare le riforme? E quali? Ci siamo dimenticati il fallimento di ben tre bicamerali negli ultimi 30 anni circa? Vogliamo ignorare la sempre più marcata cessione dei poteri di questo Parlamento alla NATO/OTAN, all’UE, ai banchieri internazionali?
Dall’altro lato c’è tutto un mondo indipendentista in ebollizione che perora la via “democratica, legale e nonviolenta” per ottenere l’autogoverno di questo o quel territorio, questo o quel popolo. Ma sul rispetto di quali istituzioni? Considerato che delle istituzioni attuali la partitocrazia ha fatto strame? E per quale forma di autogoverno, ancora non è ben chiaro, fatti salvi alcuni timidi accenni a voler imitare le istituzioni della Confederazione elvetica, ma di non far assolutamente nulla per esigere la corretta applicazione di quegli strumenti di democrazia diretta (esercitabili in Svizzera) che già sono presenti nel quadro legislativo italiota, ma che sono stati edulcorati e depotenziati da una burocrazia connivente con la partitocrazia.
Eppure, i più responsabili tra gli indipendentisti dovrebbero approfittare di questo periodo di transizione per prefigurare al meglio i loro progetti sul tipo d’autogoverno per cui chiedono il consenso all’opinione pubblica, perché la politica è la nobile amministrazione delle polis, ereditata dai padri della Magna Grecia, non il mero esercizio del potere.