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Lega e M5S, una sfida fra i due poli del populismoStefano Feltri
11 marzo 2018
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... mo/4218134 Da qualche giorno molti giornali denunciano – e forse auspicano – un’intesa tra Movimento 5 Stelle e Lega: avrebbero i numeri per formare una maggioranza e un governo. Eppure i due leader, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, non sembrano averne alcuna voglia. La “Terza repubblica”, come l’ha chiamata Di Maio, è stata inaugurata da un bipolarismo populista.
Fino alla scorsa settimana i poli erano tre: centrodestra, centrosinistra e anti-sistema. Poi è cambiato tutto. La Lega ha egemonizzato il centrodestra, scalzando la leadership di Forza Italia, e la fuga di elettori dal Pd verso i Cinque Stelle ha spostato il Movimento a nuovo centrosinistra, con i democratici a comprimari (anche se ancora non l’hanno ben capito). Siamo tornati in un sistema bipolare, dopo una legislatura a tre, quella 2013-2018.
L’analisi più immediata è che quindi l’interesse primario di Salvini non è governare ora, ma consolidare la propria presa sulla destra, magari nella prospettiva di costruire un partito unico. Per i Cinquestelle, invece, l’esigenza è di formare subito un esecutivo: hanno puntato tutto su questa prospettiva, non si sono preparati a restare all’opposizione e pure il Quirinale sembra pensare che sarebbe pericoloso escludere dal potere il partito di maggioranza relativa. Di Maio, in parte per meriti propri in parte per demeriti di Matteo Renzi e dei suoi, si sta quindi trovando con una opportunità immediata, costruire una maggioranza per governare, e una di medio periodo insperata: cioè diventare il perno di un nuovo centrosinistra populista.
Lo scenario dell’asse M5S-Lega è molto improbabile, quindi. Ma non impossibile. In questo nuovo bipolarismo, si tratterebbe di una grande coalizione tra le due forze principali, un po’ come Spd e Cdu in Germania o come Pd e Forza Italia nel 2011, non certo della costituzione di un polo omogeneo anti-sistema contro cui rinfrescare vecchie identità per contrasto, come spera un pezzo del Pd e i giornali che da questo sono insufflati.
Quello che molti del Pd, ma anche tanti commentatori, non hanno capito è che Lega e M5S sono due partiti populisti ma complementari, non analoghi.
Sono populisti perché del populismo hanno tutte le caratteristiche. Il populismo è stato classificato come una “ideologia sottile”, priva di testi di riferimento, di caratteristiche univoche, di una visione del mondo chiara e coerente. Ma è sicuramente una “mentalità”, come spiega il bellissimo saggio di Marco Tarchi appena ripubblicato dal Mulino, Italia populista. È una mentalità che si basa più “su stimoli emotivi che su considerazioni razionali”, che si richiama a “valori intesi in modo generico e spesso vago”, che si ancora al passato mentre tiene “lo sguardo ben fisso sul presente”. Inoltre entrambe le formazioni condividono un approccio anti-establishment, negano l’esistenza di interessi contrapposti nella società (di classe, di età, di genere, di area geografica) e predicano l’esistenza di un’agenda unica di misure che servono al popolo ma vengono osteggiate dalle élite.
Sono populisti entrambi, ma vogliono rappresentare due popoli diversi, come si capisce leggendo Popolocrazia di Ilvo Diamanti e Marc Lazar, appena uscito per Laterza. Secondo la distinzione classica di Yves Mény e Yves Surel, ci sono tre tipi di popolo: il popolo sovrano, il popolo classe, il popolo nazione. La Lega vuole rappresentare il popolo sovrano, cioè l’unico legittimo titolare del potere che non lo delega mai davvero, e il popolo nazione, una comunità coesa con valori e tradizioni comuni (il giuramento di Salvini sul Vangelo in campagna elettorale), ma anche il popolo inteso come “plebe” o “popolino”, le persone comuni che devono essere protette da élite predatrici.
Il popolo dei Cinquestelle, per usare le etichette di Diamanti e Lazar, è invece il “populus” inteso come un insieme di “cittadini attivi, caratterizzato da una politicizzazione intensa e permanente, che non passa unicamente attraverso il ricorso al referendum, ma attraverso un attivismo continuo, reale e virtuale per il movimento”.
Il punto di arrivo del populismo dei Cinquestelle è la fine della delega, con il cittadino che decide direttamente, magari attraverso Rousseau, la piattaforma per la democrazia diretta. È un “populismo dei cittadini”, idealizzati come veri protagonisti della democrazia invece che meri elettori occasionali. E infatti Di Maio ha presentato la sua Terza Repubblica come “la Repubblica dei cittadini” dopo quella dei partiti, la prima, e quella dei leader carismatici, la seconda.
La Lega invece promette un’altra traiettoria, quello di rappresentanti forti e grintosi, anche disposti a usare metodi spicci pur di difendere il proprio popolo dalle grinfie delle tecnocrazie internazionali. I Cinque Stelle sognano un popolo senza leader, la Lega l’uomo forte al comando che fa da scudo e rassicura (sorvoliamo qui sulla “legge ferrea” che condanna qualunque partito a trasformarsi in oligarchia, come ci avvertiva già nel 1911 Robert Michels).
Sono due populismi – e due accezioni – di popolo complementari e, per molti aspetti, escludenti. Per questo non è affatto naturale che Lega e Cinquestelle convergano in un’alleanza. Mentre è quasi inevitabile che i rimasugli dei partiti tradizionali scelgano su quale fronte schierarsi di questo bipolarismo populista. Anche se non più da protagonisti ma da junior partner di una coalizione.
Alberto PentoMa in Svizzera che ideologia politica informa la sua democrazia diretta? E' forse populista anche la Svizzera dove utti i cittadini sono sovrani? Che populismo sarebbe mai quello svizzero?Iniziativa popolare federale 'Contro l'immigrazione di massa'Cost. fed. art. 121 e art. 121a (nuovo): Disp. trans. art. 197 n. 9 (nuovo)
https://www.bk.admin.ch/ch/i/pore/vi/vis413.html Entrata in vigore il 09.02.2014 Votato il 09.02.2014
La Costituzione federale1 è modificata come segue:
Art 121 rubrica (nuova)
Legislazione sugli stranieri e sull'asilo
Art. 121a (nuovo) Regolazione dell'immigrazione
1 La Svizzera gestisce autonomamente l'immigrazione degli stranieri.
2 Il numero di permessi di dimora per stranieri in Svizzera è limitato da tetti massimi annuali e contingenti annuali. I tetti massimi valgono per tutti i permessi rilasciati in virtù del diritto degli stranieri, settore dell'asilo incluso. Il diritto al soggiorno duraturo, al ricongiungimento familiare e alle prestazioni sociali può essere limitato.
3 I tetti massimi annuali e i contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un'attività lucrativa devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell'economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri; essi devono comprendere anche i frontalieri. Criteri determinanti per il rilascio del permesso di dimora sono in particolare la domanda di un datore di lavoro, la capacità d'integrazione e una base esistenziale sufficiente e autonoma.
4 Non possono essere conclusi trattati internazionali che contraddicono al presente articolo.
5 La legge disciplina i particolari.
II
Le disposizioni transitorie della Costituzione federale sono modificate come segue:
Art. 197 n. 92 (nuovo)
9. Disposizione transitoria dell’art. 121a (Regolazione dell'immigrazione)
1 I trattati internazionali che contraddicono all’articolo 121a devono essere rinegoziati e adeguati entro tre anni dall'accettazione di detto articolo da parte del Popolo e dei Cantoni.
2 Se la legislazione d'esecuzione relativa all'articolo 121a non è entrata in vigore entro tre anni dall'accettazione di detto articolo da parte del Popolo e dei Cantoni, il Consiglio federale emana provvisoriamente le disposizioni d'esecuzione in via d'ordinanza.
1 RS 101
2 Poiché l’iniziativa popolare non comporta la sostituzione di disposizioni transitorie esistenti, il numero definitivo della presente disposizione transitoria sarà attribuito dopo la votazione popolare. Il numero definitivo sarà stabilito in base alla cronologia delle modifiche adottate in votazione popolare. La Cancelleria federale provvederà agli adeguamenti necessari in occasione della pubblicazione nella Raccolta ufficiale delle leggi federali (RU).
Questo demente scambia per populismo la volontà dei cittadini svizzeri che nel refeendum del 2014 hanno detto no all'immigrazione di massa, indiscriminata e scriteriata«Il populismo non può monopolizzare la democrazia diretta»
29.12.2016
https://www.tio.ch/ticino/politica/1123 ... a-diretta-Nenad Stojanovic spariglia le carte sul 9 febbraio e subito fioccano le adesioni: «Mi hanno già scritto in molti per raccogliere firme»
LUGANO - «Bisogna affrontare i partiti populisti sul terreno della democrazia diretta, non possiamo lasciare solo a loro la possibilità di dire cosa il popolo vuole o cosa il popolo non vuole». Con queste parole Nenad Stojanovic spiega il lancio di un referendum contro l’attuazione dell’iniziativa dell’immigrazione di massa decisa dalle Camere federali. L’Udc, nonostante i suoi importanti numeri in parlamento, sta dettando l’agenda della politica svizzera degli ultimi anni in un altro modo: a colpi di iniziative e referendum. Ecco quindi che Stojanovic ha deciso di tentare l’avventura alla Minder e lanciare una raccolta di firme da comune cittadino.
«Grande interesse» - Il referendum ha subito avuto molto risalto sulla stampa di tutta la Svizzera. Condizione sine qua non per l’eventuale riuscita: servono infatti 50mila firme da raccogliere entro aprile. «Da solo non ce la farei mai, è evidente. Ma nelle ultime 12 ore ho già ricevuto molte email di persone disposte a raccogliere firme nei rispettivi cantoni. C’è un grandissimo interesse».
La questione più importante - «Ritengo che il popolo debba avere l’ultima parola su una questione così importante», spiega. «Anzi, sulla questione più importante che ha impegnato la politica svizzera negli ultimi tre anni. Questo indipendentemente dal fatto che uno sostenga o meno la legge di applicazione». Il giornalista, politologo e socialista teme, in caso contrario, che «i politici populisti battano questo chiodo almeno fino alle Federali del 2019, dicendo che l’élite in Parlamento non rispetta la volontà popolare».
Il volere del popolo - È proprio sul concetto di volontà popolare che Stojanovic vuole fare chiarezza. «Si dice che il popolo vuole l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, anche se nella realtà la maggioranza è stata molto risicata». Il testo Udc, infatti, era stato approvato dal 50,3%, con uno scarto inferiore ai 20mila voti. «Bisogna anche ricordare che il popolo non ha votato solo il 9 febbraio, ma lo ha fatto a più riprese sugli accordi bilaterali con l’Unione europea, approvandoli sempre con maggioranze ben maggiori. Anche quella è la volontà popolare».
Tradimento? - Molti voti contraddittori su temi analoghi di cui il Parlamento ha dovuto tenere conto attuando l’iniziativa. Non è stato dunque un tradimento della volontà popolare, come ritengono in molti? «Non penso che sia così automatico dirlo. L’applicazione puntuale avrebbe portato all’abolizione dei bilaterali. Il Parlamento si è trovato di fronte a un compito realmente difficile».
Udc messa all’angolo - Non si rischia ora, mettendo all’angolo l’Udc, di accelerare la strada verso un voto sui bilaterali con un risultato tutt’altro che scontato? «Anche lanciando un’iniziativa contro la libera circolazione, non si potrebbe tecnicamente andare al voto prima di 4 anni. Ma se si aspetta il 2020, i partiti populisti continueranno a monopolizzare la volontà del popolo e questo è un veleno per la nostra democrazia».
Ticino campo di battaglia - Il lancio di questo referendum da parte di Stojanovic, con un estremo risalto sulla stampa d’Oltralpe, rende sempre più evidente un fenomeno: sui temi dell’immigrazione, il Ticino è sempre più il campo di battaglia favorito dalla politica svizzera. Come mai? «Si potrebbe scrivere un libro su questo tema. Proprio in questi giorni Bilanz ha dedicato una copertina al Ticino come precursore su alcune questioni», spiega Stojanovic. Che legge la tensione ticinese, però, anche sotto un’altra luce: «In Ticino da 25 anni a questa parte passa una grande narrazione che ormai tutti accettano, secondo cui l’immigrazione è solo un problema e mai un’opportunità». Il riferimento è evidente alla Lega. «Il Ticino, non solo oggi, ma da sempre ha avuto anche effetti positivi dall’apertura delle frontiere, nonostante ci sia chi lo sottace o non se ne rende conto. Io, personalmente, conosco pochissimi politici ticinesi, anche della Lega, che non abbiano un genitore o almeno un nonno straniero».
Svizzera: piano per limitare gli immigrati Ue dal 2017http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/20 ... d=ACC4G0hCIl governo svizzero ha presentato il piano per porre limiti all'immigrazione di cittadini di Paesi Ue dal 9 febbraio 2017 per dare seguito al risultato del referendum di due anni fa con cui gli svizzeri hanno votato contro l'immigrazione di massa. In particolare, il governo propone di fissare ogni anno un limite al numero di cittadini Ue che possono andare a vivere e lavorare in Svizzera. Oltre scatterà una sorta di clausola di salvaguardia unilaterale con quote vincolanti anche per i frontalieri.
Il referendum del 2014 a favore dell’introduzione di contingenti annuali di stranieri, anche per quelli provenienti dalla Ue, dava tre anni di tempo al governo per attuarlo. Si tratta però di un Piano B perché non scatterà se nel frattempo interviene un’intesa tra Svizzera e Ue. «Un accordo con l’Unione è la migliore soluzione per noi» ha sottolineato il ministro della Giustizia Simonetta Sommaruga, che tuttavia ha spiegato di dover dare seguito all’esito della consultazione. Sommaruga ha anche ricordato che da quando si è svolto il referendum ad oggi ci sono poi stati ben 10 round di negoziati tra Berna e l'Ue senza che si riuscisse a trovare un'intesa.I negoziati con la Ue sono in stand-by fino al referendum del 23 giugno sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea.
Attualmente 1,3 milioni di cittadini della Ue risiedono in Svizzera: solo nel 2015 c’è stato un flusso netto di 100mila europei. Questo crescente afflusso ha alimentato un movimento anti-immigrati nel Paese, con argomenti sempre più popolari come la minaccia di dumping sociale o l’aumento del traffico stradale.
Il referendum, passato per un soffio, ha messo a repentaglio gli accordi Ue-Svizzera del 2002 che regolano la libera circolazione delle persone e le relazioni economiche bilaterali. Il piano presentato oggi crea una commissione incaricata di fissare ogni anno un tetto agli ingressi di stranieri sulla base delle esigenze del mercato del lavoro elvetico, della domanda di lavoratori stranieri e delle prospettive dell’economia. Oltre questo limite scatterà una sorta di clausola di salvaguardia unilaterale con quote vincolanti anche per i frontalieri. Se questo tetto viene superato il governo ha la facoltà di imporre delle quote. La modifica della legge federale prevede anche che gli stranieri in cerca di lavoro in Svizzera non percepiscano alcuna prestazione di aiuto sociale. Il disegno di legge definisce inoltre che quando uno straniero rimane disoccupato perda il suo diritto di soggiorno in Svizzera.
Il progetto ora andrà all’esame del Parlamento. In mancanza di un accordo con la Ue, il nuovo sistema scatterebbe il 9 febbraio 2017.
Anche questo demente scambia la democrazia diretta e la sovranità popolare svizzera per populismoSvizzera al 5° posto del populismo autoritario in Europa
Sonia Fenazzi
17 agosto 2016
https://www.swissinfo.ch/ita/studio-com ... a/42375008 Ungheria, Grecia e Polonia sono attualmente i tre capofila sul fronte del populismo autoritario in Europa; la Svizzera si colloca in quinta posizione, appena alle spalle dell'Italia. È quanto risulta dal relativo Indice 2016 dell'istituto di ricerca svedese Timbro, che valuta 33 paesi.
Nel termine "populismo autoritario", l'autore dello studio Andreas Johansson Heinö, include tutti quei partiti che osteggiano il concetto di una democrazia liberale, al quale aderiscono tutti i partiti tradizionali in Europa e che è alla base delle istituzioni europee. Secondo questo concetto, la democrazia è intesa come un'accettazione delle decisioni della maggioranza, che devono però rispettare determinati diritti individuali ancorati nella costituzione e nei trattati internazionali.
Il "Timbro Authorian Populism Index 2016 " comprende dunque partiti – sia di destra che di sinistra – molto diversi tra loro. Il ricercatore svedese ha analizzato l'evoluzione di 206 partiti, che hanno ottenuto almeno lo 0,1% in un'elezione in ognuno dei 33 paesi, a partire dal 1980. Per misurare il loro grado d'influenza, ha utilizzato due indicatori: il totale dei mandati in parlamento e la partecipazione al governo.
La situazione nel 2016 è sintetizzata nel seguente grafico, nel quale si nota che solo tre paesi - Islanda Malta, Montenegro - sono esenti da un sostegno elettorale a partiti populisti autoritari:
Il grafico, indica la percentuale dei partiti autoritari e totalitari alle ultime elezioni nei singoli paesi.
https://www.swissinfo.ch/blob/42374896/ ... --data.pngIl grafico, indica la percentuale dei partiti autoritari e totalitari alle ultime elezioni nei singoli paesi.
(swissinfo.ch)
La presenza della Svizzera nella "top 5" è dovuta ai risultati elettorali in parlamento e alla presenza in governo dell'Unione democratica di centro (UDC). Tra l'altro Svizzera e Austria sono tra i primi paesi in cui i partiti autoritari di destra si sono insediati al governo, rileva Andreas Johansson Heinö, autore del rapporto "Timbro Authorian Populism Index 2016".
In merito alla partecipazione dell'UDC al governo federale va ricordato che nel sistema svizzero, secondo una formula non iscritta nella Costituzione o nella legge, ma convenuta dai partiti dal 1959, i sette seggi in linea di principio sono ripartiti proporzionalmente tra le formazioni politiche secondo la loro forza in parlamento. L'avanzata dell'UDC alle Camere federali ha portato all'aumento – da uno a due – dei suoi rappresentanti nell'esecutivo.
Andreas Johansson Heinö indica che in media in tutta l'Europa un elettore su cinque oggi vota per un partito populista, sia esso di destra o di sinistra: mai prima d'ora questi partiti hanno avuto un sostegno così forte in tutta Europa, sottolinea il politologo, precisando che non c'è praticamente alcun paese che sta andando chiaramente controcorrente. Un'evoluzione che secondo il ricercatore rappresenta una grave minaccia per la democrazia liberale.