Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 9:39 am

Il pacco demagogico statalista fascio-comunista dei 5 stelle, le scimmie irresponsabili dell'ignorante e presuntuoso orango genovese, il salvatore della provvidenza, il comico della patacca sull'idrogeno, lo sciamano della chiacchera a cui non è mai riuscito nemmeno un miracolo

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Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 9:41 am

Grillo il comico della patacca sull'idrogeno e altre storie pataccare


Dal Foglio dell'8 marzo 2013
Beppe Grillo ha iniziato a fare politica provando a iscriversi al Pd, le sue prime battaglie erano imbevute della peggiore sottocultura che ha alimentato la sinistra negli ultimi 30-40 anni: la battaglia per l’acqua bene comune, l’anti militarismo anti occidentalista, l’ambientalismo anti industriale, la fascinazione per la decrescita con tutta la sua retorica anti sviluppista e anticapitalista, il giustizialismo che riprende a piene mani la teoria berlingueriana e la pratica dipietrista.



La grande bufala dell’idrogeno
Maurizio Pallante

https://www.peacelink.it/ecologia/a/5828.html

Il profeta maggiore ha proclamato che l’idrogeno ci salverà e tutti sono in attesa del suo avvento. Arriva. Sta arrivando. È già arrivato. Il suo regno aprirà una fase nuova nella storia dell’umanità: l’era dell’energia pulita e della sua disponibilità illimitata. «Riuscire a sfruttarlo efficacemente come fonte d’energia potrebbe significare per l’umanità una sorgente energetica virtualmente illimitata, quella sorta di elisir che per secoli alchimisti e chimici hanno cercato inutilmente.» (J. Rifkin, Economia all’idrogeno, pag. 214). Tutta una serie di profeti minori già dipinge nei dettagli i nuovi connotati di un sogno radicato in quella patologia dello spirito umano che i greci chiamavano hybris. Non ci saranno più black out. Le automobili alimentate a idrogeno non inquineranno, per cui se ne potranno produrre senza limitazioni e aprire nuovi mercati in tutto il mondo. Le case diventeranno veramente quelle macchine per abitare preconizzate da Le Corbusier, robotizzate e dotate di una gamma oggi inimmaginabile di elettrodomestici programmabili a distanza. Basterà pigiare qualche tasto e non si dovrà più fare nulla manualmente. Nemmeno grattarsi la schiena. L’industrializzazione potrà estendersi ai paesi sottosviluppati e finalmente si riuscirà a cancellare l’insopportabile vergogna costituita da 2 miliardi di esseri umani che all’inizio del terzo millennio sono ancora privi dei vantaggi dell’elettricità. Guerre per il controllo delle fonti energetiche non se ne faranno più e le odiose forme di ricatto esercitate dai paesi arabi nei confronti dei paesi industrializzati svaniranno come nebbia al sole. Tiè.

Destre e sinistre politiche, industriali e sindacalisti, docenti universitari e semi-analfabeti di ritorno, libri, giornali e televisioni: non c’è più nessuno che non aspetti con ansia l’alba della nuova era. Ragione più che sufficiente per rimanere scettici a priori e andare a verificare se questa aspettativa messianica abbia o non abbia fondamento.
L’idrogeno, dicono i suoi profeti, è il più abbondante degli elementi chimici dell’universo, è un ottimo combustibile e la sua ossidazione, sia mediante combustione, sia mediante ricombinazione con l’ossigeno nelle celle a combustibile, genera soltanto vapore acqueo, H2O, dove si ritrova intatto, bello e nuovo, come se non fosse successo niente. Cosa si può volere di più dalla vita? Peccato che non si trovi mai da solo, ma sia sempre avvinghiato con altri elementi: con l’ossigeno nelle molecole dell’acqua (H2O), con il carbonio nelle molecole del metano e degli idrocarburi. Per poterlo utilizzare occorre prima scindere questi legami. E per scinderli occorre utilizzare energia. Insomma l’idrogeno non è, come spesso si lasciano scappare i suoi ammiratori travolti dall’entusiasmo, una fonte energetica, ma un vettore energetico.
Come fonte di energia per ricavare l’idrogeno si può utilizzare il carbone, bruciandolo in presenza di vapor acqueo. In queste condizioni la combustione va a cercarsi l’ossigeno che le è necessario nelle molecole di H2O. L’ossigeno si unisce col carbonio generando monossido di carbonio, CO, e l’idrogeno resta libero. Questo processo tecnologico si chiama reforming ed è stato utilizzato sin dall’inizio del secolo scorso per ottenere il gas di città, che si produceva nei gasometri e alimentava le cucine dei nostri nonni. Un suo effetto collaterale indesiderato era di ucciderne di tanto in tanto qualcuno, per cui si è ritenuto più prudente sostituirlo con il metano, che, tra l’altro, è meno costoso. Il CO prodotto dal reforming può però essere però bruciato a sua volta, sempre in presenza di vapor acqueo, per ricavare altro idrogeno. In questo caso l’ossigeno della molecola d’acqua si unisce al monossido di carbonio trasformandolo nell’innocua ma climalterante CO2: l’anidride carbonica. Con la stessa tecnologia si possono usare come fonte energetica gli idrocarburi o gli alcoli. Pur avendo un rendimento energetico piuttosto alto, circa il 75 per cento, la produzione dell’idrogeno in questo modo non darebbe nessun contributo alla riduzione dell’effetto serra, né risolverebbe la dipendenza energetica dei paesi occidentali dalle fonti fossili.

Le aspettative messianiche si sono pertanto appuntate sulla scissione dell’idrogeno dalle molecole dell’acqua mediante l’elettrolisi. La filiera dell’idrogeno, di cui tanto si parla, richiede dunque un consumo di energia elettrica per fare l’elettrolisi per ricavare l’idrogeno con cui fare energia elettrica nelle celle a combustibile. Gasp! Più dell’elisir degli alchimisti sembra la riproposizione in termini tecnologici dell’uroburo, il mitico serpente che si morde la coda. E meno male che la filiera si ferma lì, perché se dovesse proseguire si avviterebbe in una spiralina che finirebbe ben presto per esaurimento dell’energia. Infatti ogni trasformazione energetica, come sanno anche gli studenti liceali, comporta una perdita. La prima domanda da porsi è pertanto la seguente: l’energia elettrica che si ottiene al termine della filiera dell’idrogeno che percentuale è dell’energia alla fonte con cui la filiera viene avviata? Quanta se ne spreca per strada?
Il rendimento dell’elettrolisi, da cui si ricava l’idrogeno, non supera il 70 per cento. In altri termini da 100 unità di energia sotto forma di elettricità si ricavano 70 unità di energia sotto forma di idrogeno e se ne perdono 30 sotto forma di calore a bassa temperatura difficilmente utilizzabile. Il rendimento delle fuel cell, da cui si ricava energia elettrica con l’idrogeno, si attesta intorno al 50 - 60 per cento, per cui l’efficienza complessiva di queste due fasi della filiera va dal 35 (70 x 50) al 42 (70 x 60) per cento. L’energia che si perde (65 – 58 per cento) è più di quella che si ottiene. A queste perdite occorre aggiungere quelle della prima fase, in cui si produce l’energia elettrica necessaria a effettuare l’elettrolisi.

Se con l’idrogeno si vuol sostituire il carbonio per eliminare le emissioni di CO2, occorre scartare la produzione termoelettrica, perché altrimenti si otterrebbe l’effetto contrario di farle aumentare. Il rendimento medio attuale della trasformazione termoelettrica nelle centrali italiane è del 38 per cento. Moltiplicato per il rendimento delle due fasi successive, l’efficienza totale della filiera si ridurrebbe al 10 - 16 per cento. Un disastro sia in termini ecologici sia in termini economici. Ipotizzare nel breve periodo un processo di questo genere pur di favorire lo sviluppo della tecnologia dell’idrogeno equivarrebbe ad accendere i fuochi d’artificio la sera prima della festa del patrono per verificare se funzionano. Eppure autorevoli ambientalisti scientifici, che hanno e hanno avuto ruoli di grande responsabilità nella politica energetica nazionale, hanno scritto sul manifesto che un elemento strategico di «una rivoluzione energetica da concertare» è la «ricerca sviluppo e diffusione delle tecnologie dell’idrogeno inizialmente prodotto da fonti fossili, ma anche da rinnovabili».

In realtà, oltre alle fonti rinnovabili, non bisogna omettere qualche riflessione sul nucleare. Il contributo delle rinnovabili alla produzione elettrica, a eccezione dei grandi impianti idroelettrici, è talmente modesto che soltanto confondendo i propri nobili desideri con la realtà si potrebbe immaginare che in tempi storicamente prevedibili ne possano produrre una quantità superiore alla domanda in modo da poter utilizzare il surplus per effettuare l’elettrolisidell’idrogeno. Tuttavia, ammettiamo per assurdo che si riesca a soddisfare la domanda di energia elettrica (in forte espansione, non dimentichiamolo) con le fonti rinnovabili. Come è noto, i consumi raggiungono i massimi livelli di giorno, mentre di notte calano bruscamente. Se le fonti rinnovabili fossero in grado di rispondere alla domanda di picco, di notte si avrebbe un eccesso di offerta che potrebbe essere utilizzata per effettuare l’elettrolisi. Anche in questa ipotesi assurda, nonostante il parere degli ambientalisti scientifici, l’unica fonte rinnovabile con cui non sarebbe possibile avviare la filiera dell’idrogeno è il fotovoltaico, come si deduce dalla semplice constatazione che di notte il sole non c’è. Rimanendo nell’ambito del ragionamento per assurdo, il compito di avviare la filiera dell’idrogeno toccherebbe allora alle altre fonti rinnovabili. Con un rendimento successivo di elettrolisi e celle a combustibile che non supera il 35 - 42 per cento, ma per semplificare i conti facciamo ottimisticamente salire al 50 per cento, per fare l’elettrolisi dell’acqua occorrerebbe installarne una potenza doppia di quella che occorrerebbe se si utilizzasse direttamente l’energia elettrica che producono. Con quello che costano e col poco che rendono in relazione all’investimento, a parità di costi si darebbe un contributo molto maggiore alla riduzione dell’effetto serra utilizzando il carbone nelle centrali termoelettriche e confinando la CO2 negli abissi marini. Si compirebbe il miracolo di far uscire il carbone pulito dalla categoria degli ossimori e di farlo entrare a vele spiegate nella categoria delle opzioni tecnologiche ecologicamente compatibili.

Non resterebbe che il nucleare. Per il nucleare l’idrogeno sarebbe come il bacio del principe azzurro alla bella addormentata nel bosco. Lo risveglierebbe dal letargo rendendolo vantaggioso e interessante come non è mai stato. Nelle centrali atomiche il costo del combustibile è relativamente modesto rispetto ai costi di investimento, per cui il problema non è massimizzare i rendimenti, ma far lavorare gli impianti 24 ore su 24 per accelerarne l’ammortamento. Con la produzione dell’idrogeno le loro potenzialità possono essere sfruttate a pieno: di giorno per rispondere ai picchi dei consumi e di notte, quando la domanda scende al minimo, per produrre l’elettricità necessaria a effettuare l’elettrolisi dell’acqua, praticamente senza spese aggiuntive. Risultato: i loro tempi di ammortamento si dimezzerebbero e si avrebbe una produzione di idrogeno in quantità veramente significative ai costi più bassi. In questo modo il nucleare non si limiterebbe più alla generazione di energia elettrica, che rappresenta soltanto poco più di un terzo dei consumi energetici delle società industriali, ma producendo anche un combustibile come l’idrogeno, potrebbe diventare una fonte energetica globale, che abbatte le emissioni di CO2 e i costi delle bollette riducendo al contempo la dipendenza strategica dei paesi industrializzati dai paesi produttori di fonti fossili. Il sospetto che, sostenendo l’idrogeno alcuni ambientalisti stiano inconsapevolmente facendo i cavalli di Troia del nucleare, è forte. È più che un sospetto.
A queste considerazioni sull’inefficienza energetica insita nei processi di produzione dell’idrogeno e sui problemi ambientali che pongono, ne vanno aggiunte altre sulla inefficienza e sulla pericolosità di questo gas come vettore energetico. A parità di volume e pressione, l’idrogeno contiene un quarto dell’energia contenuta nel metano. Inoltre è molto più volatile. Per avere un’idea dei problemi che ne derivano, basta pensare che se nelle automobili alimentate a metano la bombola occupa praticamente tutto lo spazio del bagagliaio, per avere la stessa energia con l’idrogeno bisogna impegnare uno spazio grande il quadruplo. Un gasdotto alimentato a idrogeno non solo trasporterebbe 4 volte meno energia di un metanodotto, ma le fughe di gas in volume sarebbero 8 volte maggiori. La sua portata effettiva sarebbe dunque ancora minore. Non bisogna poi dimenticare i pericoli di esplosioni, che si possono verificare sia nella fase del trasporto, sia nella fase di utilizzazione. Basta l’1,5 per cento in peso di idrogeno nell’aria per fare miscela tonante.

Fonte illimitata. Pulita. Non sarebbe meglio evitare questi aggettivi, che attengono alle divinità? E forniscono una foglia di fico ecologica alla convinzione che il meccanismo della crescita economica possa essere perpetuato sostituendo le fonti rinnovabili alle fonti fossili? Davvero si auspica che le loro caratteristiche positive possano essere utilizzate per ottenere quegli scopi negativi che alle caratteristiche negative delle fonti fossili non sarebbero più possibili?
Ma l’obbiezione di fondo decisiva l’ha formulata la mia vecchia zia Maria, che ha ottant’anni, fa la casalinga ed è sempre vissuta a Voghera, domandandomi: «Ma una volta che si sia prodotta l’elettricità, non conviene usarla direttamente invece di impiegarla per ottenere l’idrogeno con cui rifare l’elettricità nelle celle a combustibile?». Valle a dar torto.



Beppe Grillo e le "verità" su Mossad, Israele e Iran
25.06.2012
Mazzetta

https://www.giornalettismo.com/archives ... ele-e-iran

«Grillo è un buon attore che sa che cosa vuole il suo pubblico. Ma non sa dire che cosa vuole». Al giornalista isrealiano è bastata un chiacchierata per scoprire il bluff.

CHI E’ GRILLO? – Lui non è il leader del movimento che ha creato, lui c’entra poco, anzi, a dirla tutta neppure lui capisce del tutto il movimento che ha creato, ma intanto tira avanti e naviga a vista, al comando di una nave che non conosce e che non sa neppure in che direzione stia andando. Quello che poi colpisce nell’intervista è la faciloneria con la quale Grillo pontifica di politica estera, mettendo in mostra limiti evidenti, subito colti dall’intervistatore

I DIRITTI UMANI – Grillo ha un approccio al mondo tutto suo e al giornalista che gli chiede dell’Iran ha offerto risposte davvero imbarazzanti, come quella sulla pena di morte. L’Iran di Ahmadinejad? «Un giorno ho visto impiccare una persona, su una piazza di Isfahan. Ero lì. Mi son chiesto: cos’è questa barbarie? Ma poi ho pensato agli Usa. Anche loro hanno la pena di morte: hanno messo uno a dieta, prima d’ucciderlo, perché la testa non si staccasse. E allora: che cos’è più barbaro?». Una risposta agghiacciante, perché la questione non è ovviamente nella gara a chi sia più o meno barbaro, ma semmai nel rispetto dei diritti umani e il fatto che negli Stati Uniti li rispettino poco o che anche Israele ricorra agli ancora più barbari “omicidi mirati”, non dovrebbe spostare di una virgola la condanna a un regime che usa la pena capitale praticando pubbliche esecuzioni che riportano al medioevo.

DONNE ED ECONOMIA – Non va meglio con il resto, come per i diritti delle donne: «Mia moglie è iraniana. Ho scoperto che la donna, in Iran, è al centro della famiglia. Le nostre paure nascono da cose che non conosciamo». Nemmeno un po’ preoccupato da quel regime? «Quelli che scappano, sono oppositori. Ma chi è rimasto non ha le stesse preoccupazioni che abbiamo noi all’estero. L’economia lì va bene, le persone lavorano. È come il Sudamerica: prima si stava molto peggio. Ho un cugino che costruisce autostrade in Iran. E mi dice che non sono per nulla preoccupati».

IN FAMIGLIA, MA NON IN SOCIETA’ – Anche qui il fatto che in Iran la donna sia “al centro della famiglia” e che le donne persiane siano molto più emancipate e meno represse di molte donne che vivono in altri paesi musulmani, nulla toglie a una realtà che è fatta di un’evidente discriminazione ai danni delle donne. Ancora più preoccupante è come s’esprime sulla situazione economica e sulla repressione del regime in particolare, che dalla lettura di Grillo sembra far bene e raccogliere le critiche solo di alcuni disfattisti che sono scappati all’estero. Scappati senza motivo, sembra, tanto che in Iran non c’è crisi economica, anzi “l’economia va bene” e sulla repressione non spende una parola.

ME L’HA DETTO MIO CUGINO – Le fonti e i dati sui quali si basa Grillo per affermazioni tanto stentoree? Suo cugino. Davvero, Grillo dice che in Iran va bene perché glielo ha detto suo cugino. Altra fonte d’informazione di Grillo sull’Iran è il suocero iraniano, saranno questi i famosi “esperti” sui quali il M5S fonda le sue analisi? C’è da sperare di no, anche perché difficilmente le sue parentele potranno coprire il globo, ma intanto in Israele se la ridono e l’intervistatore non manca di perfidia aggiungendo: “«Se un giorno Grillo farà parte del governo italiano il suocero avrà un ruolo fondamentale nella politica estera», che in realtà non sono parole di Grillo, o almeno non sono riportate tra i virgolettati.

LA LOBBY – Ma in Israele faranno sicuramente più rumore le parole di Grillo sulla lobby ebraica “che controlla il sapere”: “Tutto quel che in Europa sappiamo su Israele e Palestina, è filtrato da un’agenzia internazionale che si chiama Memri. E dietro Memri c’è un ex agente del Mossad. Ho le prove: Ken Livingstone, l’ex sindaco di Londra, ha usato testi arabi con traduzioni indipendenti. Scoprendo una realtà mistificata, completamente diversa”. Che MEMRI sia uno strumento della propaganda israeliana non ci piove, ma che in Europa e in Occidente non arrivino notizie di quel che succede in medioriente perché tutto arriva filtrato dal MEMRI è una sciocchezza colossale, una balla che, se Grillo perdesse qualche tempo ad istruirsi prima di bersi qualsiasi baggianata, avrebbe potuto evitare con facilità. Il problema dell’informazione sul medioriente non è MEMRI, ma semmai un sistema d’alleanze che ci lega ad Israele in maniera tale che ben pochi tra politici e giornalisti hanno voglia di criticarla e di discutere la montagna di notizie che comunque arrivano in Europa e in Occidente a prescindere da quello che combina MEMRI, che per conto suo in realtà non è che una briciola dell’apparato che Israele schiera sul fronte della guerra delle parole che prende il nome di Hasbara.

COPPIE GAY? FORSE – Grillo che denuncia la lobby ebraica si dimostra poi subito succube di quella cattolica, alla faccia della sua pretesa di essere impegnato in «una rivoluzione culturale, non politica». Rispondendo al giornalista che gli chiede se è favorevole ai matrimoni gay con un pavido “forse”. Inutile rimarcare che si tratta di questioni di principio, non di cose che salomonicamente si possano tagliare e dividere a metà facendo un po’ per uno e che la risposta sia la più ipocrita che sia possibile fornire a una domanda del genere.

CASALEGGIO – “Io parlo e lui scrive”, dice poi del suo rapporto con Gianroberto Casaleggio, ma a questo punto sarebbe carino sapere a chi è affidato il compito d’informarsi, di pensare e di prendere posizione, perché Grillo ammette di non essere in grado di vestire i panni del leader politico (“non ne ho la statura “) eppure agisce e si comporta come tale, declamando parole d’ordine, promuovendo o cacciando gli attivisti del M5S a suo piacimento. Una strategia, quella del comico, che più che essere improntata all’umiltà pare funzionale ad evadere qualsiasi responsabilità personale. Il non-statuto dellla sua non-associazione in fondo è solo un illusionismo utile ad evitare un vero statuto e la costituzione di una vera associazione, che limiterebbero il potere di Grillo e lo costringerebbero a confrontarsi con gli altri associati, un confronto di cui evidentemente preferisce fare a meno, gestendo il movimento grazie a una ristretta cerchia di familiari e collaboratori.

RIVOLUZIONE BUFFA – In realtà Grillo non è il portatore di una rivoluzione culturale e lo confessa implicitamente rifiutando di prendere posizione su temi come i diritti umani e quelli delle minoranze. Si tratta di espedienti utili non solo a evitare disagi alla torma di suoi fan che ce l’ha con gli zingari e con gli immigrati (l’adesione al movimento è riservata ai cittadini italiani, roba che nemmeno la Lega Nord), ma soprattutto a scaricare verso il basso le sue responsabilità di duce e unica autorità del M5S. Grillo detta la linea, sceglie i modi della comunicazioone del movimento, ne scrive le regole, ne è giudice e sbirro e anche il portinaio che decide chi può condidarsi e chi no, ma quando il giornalista gli chiede ragione delle sue non-risposte (diversamente da Travaglio) si nasconde dietro frasi quali:

Non ho gli elementi per decidere. È la gente che deve pronunciarsi, coi referendum sulla rete».

COME BERLUSCONI – Il gioco è abbastanza scoperto e squallido, Grillo parla spesso per sentito dire, lancia il sasso e poi nasconde la mano, proprio come Berlusconi. Decide tutto e poi dice che non decide niente, ordina e poi dice di sottomettersi alla volontà della mitica “gente”, che però sul suo blindatissimo blog (sede deputata dal non-statuto ad essere l’unica fonte di verità e l’unico logo di dibattito per il Movimento) non ha alcun diritto di tribuna, visto che sul blog scrive solo Casaleggio e quelli ai quali Casaleggio permette di farlo. I referendum in rete non li ha visti nessuno e nemmeno la famosa piattaforma che doveva permettere agli aderenti al movimento di votare sulle questioni e realizzare la mitica “democrazia diretta”. Favole.

POCHE IDEE, MA CONFUSE – Si conferma insomma un Beppe Grillo che non ha idea di quel che dice, ma che lo dice lo stesso. Un Grillo cosciente di essere già oltre i limiti delle sue possibilità e che per questo si blinda dietro non-statuti, non-associazioni e non-idee, ma che non rinuncia a dirsi alfiere di una rivoluzione culturale che non c’è, a meno di non voler scambiare per rivoluzione culturale questa maniera approssimativa e populista di lanciare non-idee a un mitico “popolo della rete” che secondo Grillo dovrebbe essere il padrone del movimento e che invece è relegato, esattamente come fu per i fan di Berlusconi, ad accontentarsi di quello che passa sul blog applaudendo a comando e celebrando un nuovo unanimismo di facciata, mantenuto grazie alle espulsioni di critici e dissidenti e di chiunque appaia contrastare il volere del padrone del movimento, pure lui difeso da una Hasbara ringhiante che nulla ha da invidiare per grossolanità e prepotenza a quella israeliana.



Grillo il fanfarone pataccaro demagogo e demente, il reddito di cittadinanza e le tasse
https://www.facebook.com/18718718515878 ... 4586584706



Grillo: "L'Italia non ha più ragione di rimanere unita. Sì a macroregioni"
8 marzo 2014

https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/0 ... oni/906954

Per il segretario federale del Carroccio Matteo Salvini non c’è dubbio. Sono dichiarazioni che vogliono rincorrere la Lega Nord quelle che Beppe Grillo ha pubblicato oggi sul suo blog. Il leader del Movimento 5 Stelle in un post definisce l’Italia “un’arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme” e per questo insiste sull’urgenza di dividere il territorio nazionale in macroregioni.

Quella iniziata nel 1861, scrive, è “una storia brutale, la cui memoria non ci porta a gonfiare il petto, ma ad abbassare la testa. Percorsa da atti terroristici inauditi per una democrazia assistiti premurosamente dai servizi deviati (?) dello Stato. Quale Stato? La parola ‘Stato’ di fronte alla quale ci si alzava in piedi e si salutava la bandiera è diventata un ignobile raccoglitore di interessi privati gestito dalle maitresse dei partiti”. E se domani, prosegue il post, “i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant’anni decide le sorti della Nazione e un imbarazzante venditore pentole si atteggia a presidente del Consiglio, massacrata di tasse, di burocrazia che ti spinge a fuggire all’estero o a suicidarti, senza sovranità monetaria, territoriale, fiscale, con le imprese che muoiono come mosche”. Secondo Grillo per fare funzionare l’Italia, che “non può essere gestita da Roma da partiti autoreferenziali e inconcludenti”, “è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie. E se domani fosse troppo tardi? Se ci fosse un referendum per l’annessione della Lombardia alla Svizzera, dell’autonomia della Sardegna o del congiungimento della Valle d’Aosta e dell’Alto Adige alla Francia e all’Austria? Ci sarebbe un plebiscito per andarsene”.

Considerazioni a cui replica Salvini: “Non vorrei che essendo in difficoltà, Grillo inseguisse la Lega”, dice. Ma se da lui non ci saranno “solo parole” fra M5s e Carroccio “sarà una battaglia comune”. “Se è coerente – sostiene – Grillo sosterrà subito il referendum per l’indipendenza del Veneto e quando in Lombardia chiederemo lo statuto speciale ci sosterrà”. Per questo Salvini si aspetta che “non rimangano solo parole, perché a parole i grillini erano contro l’immigrazione clandestina e poi hanno votato contro il reato, a parole erano contro l’euro poi è rimasta solo la Lega: se non saranno solo parole sarà una battaglia comune – conclude – perché è certo che se mettiamo insieme le forze da questo punto di vista non ce n’è per nessuno”. Il governatore della regione Lombardia Roberto Maroni ritiene invece che le “dichiarazioni leghiste” di Grillo stimolino “opinioni contrastanti” e retwitta alcune frasi del leader M5s sul suo profilo Twitter.



Le demenze del comico profeta che straparla sui robot e sugli anziani
https://www.facebook.com/35250619826710 ... 7165799004

Laura Angela Lola Arena
Quest' uomo mi mette ansia.

Alberto Pento
E' un fasullo e fanfarone, vende fumo verbale, è sconclusionato, pare sempre impasticcato. Come comico preferisco Balasso da Rovigo a Grillo da Genova.

Laura Angela Lola Arena
Non mi è mai piaciuto.Grida, mi dà fastidio.Non mi trasmette nulla di positivo ed il suo " discorso" è inquietante!





C'è un problema: Di Maio non è Merkel
2018/03/08

https://www.ilfoglio.it/politica/2018/0 ... rda-182820

Sul futuro di questa legislatura ci sono poche certezze, ma qualche paletto è stato fissato: le elezioni hanno prodotto due sicuri vincitori, il M5s e la Lega, e uno sconfitto certo, il Pd. Ciò che però è più paradossale in questa fase postelettorale è che una serie di poteri più o meno forti, di giornali e di opinionisti, dopo anni passati a gettare veleno sugli “inciuci” e i governi “non eletti”, chieda che a risolvere la crisi politica sia proprio chi ha perso le elezioni. Non si sa ancora a chi il presidente Sergio Mattarella affiderà l’incarico, se a Matteo Salvini che guida la prima coalizione o a Luigi Di Maio che è il capo politico del primo partito, ma è già iniziato un intenso pressing sul Pd affinché sciolga immediatamente qualsiasi riserva e si consegni disarmato al M5s regalando i voti necessari a far nascere il governo già apparecchiato da Di Maio.

Paradossalmente la ragione profonda delle accuse rivolte a Matteo Renzi non è quella di non essersi fatto da parte, ma il contrario. Renzi ha annunciato le dimissioni e ha detto che il Pd, sconfitto, dovrebbe mettersi all’opposizione, dove l’hanno collocato gli elettori preferendo le due forze che più di tutte hanno contestato l’operato del governo. La colpa del Pd e di Renzi sarebbe quindi quella di non risolvere l’impasse politica, di non favorire la nascita di un governo pentastellato. Da un lato c’è chi dice che il Pd dovrebbe seguire l’esempio della Spd in Germania, come se il M5s fosse la Cdu e Di Maio la Merkel. Dall’altro c’è chi dice che il Pd dovrebbe sostenere i grillini perché il M5s è la nuova forza di sinistra del paese e Di Maio il suo Corbyn o Tsipras.

Insomma il M5s è una nuova Dc o un nuovo Pci, ma in ogni caso, che sia l’uno o l’altro, il Pd deve concedergli i suoi voti. In Germania la Spd si è assunta di nuovo nei confronti del paese la responsabilità di far nascere un governo, ma la Grosse Koalition è nata con un patto politico ratificato con un referendum degli iscritti, dopo una lunga trattativa programmatica e con l’ingresso nell’esecutivo Merkel. Da noi Di Maio non ha avviato alcuna iniziativa politica, ma si è messo in una posizione passiva: “Dovete venire a parlare con noi altrimenti è difficile che questa legislatura parta”, lasciando che gli altri facciano pressing sul Pd. Non ha neppure detto su quali punti programmatici chiederebbe una fiducia che il Pd dovrebbe fornire a scatola chiusa.

È anche possibile che il Pd, nel quadro semplificato di un nuovo bipolarismo populista, decida di ritagliarsi un ruolo ancillare nei confronti del M5s come peraltro ha già fatto, nel suo piccolo, la pattuglia di Liberi e uguali. In fondo è vero che il M5s è una costola della sinistra e che ha corroso la sua base elettorale. Beppe Grillo ha iniziato a fare politica provando a iscriversi al Pd, le sue prime battaglie erano imbevute della peggiore sottocultura che ha alimentato la sinistra negli ultimi 30-40 anni: la battaglia per l’acqua bene comune, l’anti militarismo anti occidentalista, l’ambientalismo anti industriale, la fascinazione per la decrescita con tutta la sua retorica anti sviluppista e anticapitalista, il giustizialismo che riprende a piene mani la teoria berlingueriana e la pratica dipietrista.

È per questa continuità ideologica che all’inizio della scorsa legislatura sulla stampa progressista, prima che i grillini diventassero fascisti e ora di nuovo democratici, gli intellettuali progressisti pubblicavano appelli per un “governo del cambiamento”. Ora, può anche succedere che la sinistra italiana inverta la rotta, rifugiandosi in vecchie parole d’ordine non estranee alla sua storia, che decida di archiviare per sempre il progetto riformista bocciato dagli elettori. Ma dovrebbe avvenire dopo una discussione, una riflessione, un congresso, interpellando iscritti e simpatizzanti. Niente di tutto questo. Ciò che si chiede al Pd non è cambiare per recuperare i voti persi, ma rinunciare anche a rappresentare quelli raccolti, come se pure quegli elettori avessero scelto il governo ombra di Di Maio.


Grillo e Renzi, Berlusconi e la mafia, Di Battista e il reddito di cittadinanza
https://www.facebook.com/Governoa5stell ... 8241795480





https://www.facebook.com/massimiliano.c ... 7911185984

Sassoon, lascio la Casaleggio Associati Sui blog calunnie razziste
Enrico Sassoon
«Su decine di siti, da quelli nazifascisti a certi Meet Up di Grillo, torna "il complotto pluto-giudaico-massonico"»

http://www.corriere.it/politica/12_sett ... 117d.shtml

Caro direttore,
le vicende riguardanti Beppe Grillo, il Movimento 5 Stelle e Gianroberto Casaleggio sono state ampiamente riportate dai media nei mesi passati, con una forte accelerazione nelle scorse settimane fino a oggi. Questa attenzione, di norma scarsamente informata, quasi sempre maliziosa e ostile, mi ha toccato marginalmente, ma non lievemente, in quanto socio della Casaleggio Associati. Poiché da oggi lascio la società, ritengo utile chiarirne i motivi, per evitare ulteriori distorsioni dei fatti.

I motivi sono due.
Il primo riguarda la mia presenza, come socio di minoranza, nella Casaleggio Associati. I media hanno speculato in merito interpretando il mio ruolo come rappresentante di più o meno precisati «poteri forti» intenzionati a infiltrare, tramite la Casaleggio Associati, il blog di Beppe Grillo e, tramite Gianroberto Casaleggio, il movimento politico. In breve, non rappresento alcun potere forte, né in generale né nello specifico, né ritengo che alcun potere forte si senta rappresentato da me. La prova del contrario la lascio ai maliziosi interpreti che si sono finora beati nel richiamare fantasiose teorie complottistiche degne di romanzi d'appendice più che di una stampa seria e informata.

Non conosco Beppe Grillo, non ci siamo mai incontrati né scambiati telefonate, mail o sms. Non ho partecipato alla gestione del suo blog in seno alla Casaleggio Associati, dove non ho mai ricoperto cariche operative; non ho mai avuto a che fare con il Movimento 5 Stelle, con il quale intrattiene relazioni il solo Casaleggio nelle forme e nei modi da lui stesso ripetutamente chiariti anche su questo giornale. Lascio la società perché i miei interessi personali e professionali sono altrove, ma anche per spezzare il filo delle speculazioni interessate. Mi auguro che serva.

Il secondo motivo è ben più grave e si sostanzia in una valanga apparentemente inarrestabile di diffamazioni e calunnie di violenta intensità, basate su ancor più farneticanti teorie del complotto, che sono apparse e continuano ad apparire in blog e siti di diversa connotazione: da quelli di ispirazione esplicitamente nazi-fascista a quelli di tendenza diametralmente opposta (come i Meet Up di supporto a Grillo) passando per una varietà di blog e siti di varia natura che vanno dai circoli vegetariani a club politici o territoriali delle più diverse tendenze. In questi luoghi la teoria assume i toni foschi del complotto pluto-giudaico-massonico di memoria zarista e hitleriana. L'attribuzione di rappresentante dei poteri forti origina da qui, per assumere contorni decisamente deliranti e razzisti.

Dal mio cognome ebraico si è risaliti a una famiglia con lo stesso nome che operava 250 anni fa nella Compagnia delle Indie che commerciava in droghe e spezie con Cina e India: tanto basta per vedermi associato, un quarto di millennio dopo, a una «potente dinastia di narcotrafficanti». E non si parla di un pazzo isolato: sono decine i siti che riportano queste piacevolezze, associandomi volta a volta a Bilderberg, Massoneria, Mossad, Illuminati, Lobby delle multinazionali, circoli esoterici e altre amenità di questo tipo da far impallidire Dan Brown o l'Umberto Eco del «Cimitero di Praga».

La cosa è seria e va avanti da anni senza che alcuno di questi luoghi di indecenza ne sia mai stato chiamato a rispondere, sotto il profilo della controinformazione e della legge. La questione che va qui sollevata, al di là di quella strettamente personale, è quella della Rete. Luogo democratico per eccellenza, al quale chiunque può accedere per dare voce alle proprie opinioni, può diventare arena di violenza incontenibile, diffamazione incontrastabile, vera e propria delinquenza mediatica.

Il primo punto è dunque come fare in modo che si salvaguardi la libertà di opinione ed espressione con la necessaria tutela di chi, per un motivo o per l'altro, venga preso di mira con intenti diffamatori e, nel caso in specie, anche razzisti. Ma i fatti non si fermano qui, perché la teoria del complotto dei poteri forti, che va avanti in Rete da almeno quattro anni, da un paio d'anni a questa parte è stata acriticamente assunta anche dai media «ufficiali», ossia radio, televisione e carta stampata. Avevo erroneamente giudicato tutto sommato sgradevoli ma innocui quei siti e blog, prevedendone un progressivo declino in funzione della palese idiozia dei riferimenti e argomentazioni.

Mi sono dovuto ricredere quando due anni fa, nel numero 5/2010 di «MicroMega» è stato pubblicato un articolo di una ventina di pagine che riprendeva le elucubrazioni reperibili in Rete, rielaborandole in modo apparentemente neutrale e dando loro un crisma di credibilità. Da lì a filtrare nella stampa «ufficiale» il passo è stato breve. Il teorema dei poteri forti è stato da allora ossessivamente riproposto, sempre in totale assenza di verifica alla fonte, spesso senza nemmeno modificare espressioni e terminologia di altri articoli e servizi, in un trionfo di «copia e incolla». Di recente, ad esempio, ho avuto il dubbio privilegio di sentirmi associato su La7 dal direttore di Rai4 Carlo Freccero ai poteri forti e al Bilderberg, per la felicità degli ospiti presenti. Altri, come l'ex politico Gianni De Michelis, hanno dichiarato a Radio24 che certamente dietro al successo di Grillo si ritrova la «destra americana». Decine di articoli e servizi televisivi hanno sostenuto e sostengono ogni giorno il teorema dei poteri forti dediti a infiltrare il Movimento, non si sa bene se per legittimarlo o delegittimarlo. Un'informazione distorta e malata, che impone una seria riflessione.
Enrico Sassoon



Grillo: «Spesa sanitaria infinita Stop alla cura ad ogni costo»
2018/03/08

http://www.ladige.it/news/italia/2018/0 ... ogni-costo

«Nei Paesi industrializzati la spesa per il sistema sanitario cresce a dismisura, così come la ricerca di formule magiche per limitarla. I politici sono sempre alla ricerca dell’equilibrio di bilancio in un settore dove mettere davanti il pareggio o le plusvalenze, significa farlo sulla pelle della gente». Così Beppe Grillo sul suo blog dove esorta: «Serve più cultura sanitaria, più informazione. I media hanno creato l’idea che la scienza medica sia la più esatta delle scienze (quando la medicina, scienza esatta non è!). Questa sensazione, molto rassicurante, ci porta spesso a cercare la cura ad ogni costo, il farmaco ad ogni costo».

Invece Grillo cita Richard Smith, direttore della celebre rivista British Medical Journal, secondo il quale «solo il 15% degli interventi medici sono basati su solide evidenze scientifiche». Grillo riporta alcuni esempi che a suo dire corroborano la teoria della «cura ad ogni costo» che predice: «Anche se non ho nulla o potrebbe passare in altro modo, meglio una prescrizione o un farmaco, non si sa mai».
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Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 9:41 am

Ecco la lista del pacco confezionato dai grillini per gli elettori italiani:

1) Lotta alla casta come primo zimbello attrattivo, reddito di cittadinanza come secondo zimbello;

2) fuori dall'euro, sovranità monetaria e stampa forsennata di cartamoneta, aumento a dismisura del debito pubblico, aumento delle tasse e depredazione del Nord;

3) sostegno finanziario pubblico alla rendita predatoria dei nazi-zingari;

4) apertura all'immigrazione di massa dall'Asia e dall'Africa incentivata e sostenuta con il reddito di cittadinanza;

5) massimo sostegno all'insediamento, riconoscimento del nazismo maomettano;

6) antisemitismo e antisraelismo, filo nazismo palestinese.

7) La inconsistente e fasulla democrazia diretta dei grillini.

7) Spostamento della capitale italiana da Roma a Napoli.
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Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 9:43 am

Di Maio il pataccaro napoletano dice: "noi siamo forza nazionale", però la maggioranza la ottiene solo nel meridione della penisola, dove molti, troppi vivono incivilmente, irresponsabilmente e furbescamente di parassitismo assistenziale (politico sindacale e pubblico) e malavita (mafia, camorra, ndrangheta, sacra corona unita, microcriminaliotà e caporalato).

Se il centro destra vuole avere una chance nella competizione con i 5 stelle e servire degnamente il paese, deve far propria nei fatti e non a parole la lotta alle caste italiche, tra cui per prima quella dei politici, sul modello dei paesi europei più civili e poi deve puntare sulla democrazia diretta e sul federalismo delle responsabilità, dei meriti, della libertà e della sovranità, da promuovere e perseguire come assoluta priorità-necessità.


Di Maio: "Non siamo come la Lega, inevitabile M5s al governo"
6 marzo 2018

http://www.tgcom24.mediaset.it/politica ... 802a.shtml

Dal palco di Pomigliano dʼArco il leader pentastellato sfida gli avversari: "O parlate con noi o difficile trovare la maggioranza"

"Parlino con M5s o difficile legislatura parta" - "Ci sono da eleggere i presidenti delle Camere, noi siamo pronti al dialogo con tutti ma dovete venire a parlare con noi perché - sottolinea - è difficile fare qualcosa in questa legislatura".

"Tutti passaggi necessari perché M5s sia al governo" - "Faremo tutti i passaggi istituzionali necessari per andare al governo, noi vogliamo andare a Palazzo Chigi perché abbiamo le mani libere per fare le cose giuste e non per farci i selfie". "Il nostro impianto democratico dimostra che puoi fare anche una legge elettorale contro qualcuno ma se il popolo vuole quella forza vince sempre", dice Di Maio. "Sento sulle mie spalle tutta la responsabilità di non tradire la fiducia del Paese, per me i munti stanno passando come giorni per quanto sono intensi", spiega il leader M5s che sottolinea: "Se vogliono passare il tempo a dire che il M5s vince perché promette il reddito di cittadinanza i commentatori sbaglieranno ancora una volta e si ritroveranno il M5s al 35%".

Quindi Di Maio si rivolge alla folla: "Nulla è impossibile se ci crediamo, io sento davvero che è cominciata la Terza Repubblica, ed è la vostra Repubblica. Non siamo superuomini, stateci vicini e riusciremo a entrare al governo".

"Vi trattano da miserabili, volete diritti" - "Vi trattano come miserabili, come gente che vuole soldi, ma voi siete persone che vogliono diritti. Oggi non c'è più lo Stato e noi vogliamo costruirlo lo Stato italiano".

"Come avevo previsto centrodestra sfasciato il giorno dopo" - Di Maio parla anche degli avversari, in particolare del centrodestra: "Salvini ha detto che farà lui il premier. Berlusconi gli ha detto: 'Complimenti Salvini, ma il leader sono io'. E' successo quello che avevo previsto: si sono sfasciati il giorno dopo, e l'ho detto non perché mi faccia piacere".

"Confindustria? Accolgo sue parole, noi aperti" - "Ho sentito tanti apprezzamenti da ambienti che non sono vicini a noi, che hanno detto 'mettiamoli alla prova'. Bene io accolgo senza polemica e senza fraintendimenti questi apprezzamenti, dobbiamo essere aperti, inclusivi", afferma con chiaro riferimento alle parole arrivati prima da Confindustria e poi da Sergio Marchionne nei riguardi del M5s.


Di Maio: "Noi al governo perché forza nazionale, non come la Lega"
di PAOLO GALLORI

http://www.repubblica.it/speciali/polit ... -190578339

ROMA - Il tempo dei brindisi e dell'ubriacatura per il trionfo alle politiche, nel campo del M5s, volge al termine. Ma intanto a Pomigliano si è tenuta una festa di piazza nella quale è intervenuto Luigi Di Maio. Da qui, sua città di residenza, il leader pentastellato ha ringraziato gli elettori e spiegato "non siamo una forza territoriale, siamo inevitabilmente proiettati al governo di questo Paese, non come altri che sono forze politiche territoriali che stanno a oltre 15 punti da noi". E ha aggiunto: "Non siamo né di destra né di sinistra. Ora ci sono da eleggere i presidenti delle Camere, noi siamo pronti al dialogo con tutti ma dovete venire a parlare con noi perché sennò è difficile fare qualcosa in questa legislatura".
Si inizia dunque a ragionare nella prospettiva di dare forma e numeri al primo governo della Terza Repubblica. Secondo molti osservatori, quando il presidente Sergio Mattarella darà il via alle consultazioni, non potrà negare a Luigi Di Maio, candidato premier del primo partito italiano, il giro di valzer iniziale: un mandato esplorativo con cui trovare intese con altre forze politiche o con singoli deputati alieni al movimento per arrivare così a costruire una maggioranza.

Già, ma con chi dialogherà il M5s per tentare l'approdo a Palazzo Chigi? La domanda viene rivolta a Beppe Grillo, ancora a Roma 48 ore dopo la domenica del trionfo. "C'è un capo politico..." risponde secco il fondatore del movimento che, prima di fare il suo passo indietro, ha sempre respinto l'ipotesi di un M5s disposto a scendere a patti con altri pur di governare.

Il capo politico, Luigi Di Maio, commentando la vittoria, è stato chiaro. La consistenza del risultato elettorale impone ai pentastellati l'assunzione di una responsabilità storica, guidare il Paese, che fa evaporare una volta per tutte il totem del monocolore a 5 Stelle. È necessario, dunque, aprirsi e anche su questo Di Maio è stato chiaro: il M5s ha un suo programma ed è pronto a confrontarsi con chiunque vi trovi dei punti in sintonia con la propria agenda.

Per approccio anti-establishment, linguaggio e scarso feeling con l'europeismo e l'immigrazione, il primo indiziato sarebbe Matteo Salvini. Ma si può credere che, una volta padrona del centrodestra, la sua Lega sia disposta a smarcarsi dalla coalizione per mettersi al servizio di un governo altrui?

Il Movimento, quindi, sembra guardare al Pd. Con una strategia precisa. Attaccare Renzi. Inserirsi nelle divisioni interne al partito. Ha cominciato a farlo ieri Alessandro Di Battista, prendendosela con il segretario dem per le dimissioni differite. D'altra parte trattare con un Pd ancora renziano sarebbe un danno di immagine per i pentastellati che l'hanno sempre demonizzato. E lo scontro nel Pd, sulle prospettive del dopo voto, è effettivamente in atto: la direzione di lunedì potrebbe rappresentare uno snodo decisivo.

Renzi vorrebbe lasciare solo dopo aver gestito la linea del Pd alle consultazioni, per dire no a Di Maio e a Salvini. Senza Renzi, nel Pd non si potrebbe escludere un altro ragionamento con relativa opzione: sostenere il M5s pur di porre un argine allo scenario di un governo Salvini inevitabilmente sbilanciato a destra ora che l'urna ha messo all'angolo i moderati di Berlusconi e Forza Italia.

Di Maio guarda con attenzione all'evoluzione della situazione in casa dem, nella speranza che i malumori nei riguardi del segretario decollino verso l'aperta rivolta inducendolo a farsi da parte da subito. Una volta "derenzizzato", il Pd potrebbe ascoltare e decidere se sostenere i "punti" proposti da Di Maio, incassando la presidenza di una delle due Camere. Su simili e altre tentazioni, Matteo Renzi chiede chiarezza, a partire dalla Direzione convocata per lunedì prossimo: "Chi vuole portare il Pd a sostenere le destre o i Cinque Stelle lo dica" scrive su Facebook.

Senza aspettare la Direzione, lo dice il governatore pugliese Michele Emiliano: "Il Paese non ha possibilità di attendere lunghe trattative, si deve sapere subito che il Pd sosterrà lo sforzo di governo del M5s. Bisogna evitare la saldatura con le destre, con l'astensionismo e la perdita di speranza. D'altra parte con Pier Luigi Bersani noi avevamo chiesto a parti invertite la stessa cosa al M5s. Vuol dire che la ritenevamo una cosa possibile". Dario Franceschini, indicato dalle ricostruzioni dal Nazareno come uno dei più delusi dalle ultime mosse di Renzi, nega tutto: "Mai pensato a governo con destra o M5s".

Una prospettiva, l'esecutivo a cinque stelle, che non spaventa gli industriali, al di là del lavoro svolto da Di Maio in campagna elettorale per vestire il M5s di affidabilità istituzionale reprimendone i rigurgiti giacobini. Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca, dal Salone dell'auto di Ginevra: "Salvini e Di Maio non li conosco, non mi spaventano. Paura del M5s? Ne abbiamo passate di peggio".

"Sono un partito democratico, non fanno paura" sentenzia anche il presidente degli industriali Vincenzo Boccia, che però avverte: "Riteniamo che alcuni provvedimenti abbiano dato effetti sull'economia reale in questo momento storico, in particolare il Jobs Act e il piano Industria 4.0. Smontarli significa rallentare, invece dobbiamo accelerare. Se vogliamo ridurre il divario e aumentare l'occupazione nel Paese abbiamo bisogno di una precondizione che si chiama crescita".

Quanto al cavallo di battaglia grillino del reddito di cittadinanza, "bisogna vedere cosa hanno veramente in mente di fare, quanto é la quota in termini di costo per lo Stato e quindi quanto incide dal punto di vista di deficit e debito pubblico - osserva Boccia -. Il debito pubblico non é una questione europea é una questione italiana. Tra l'altro, siccome nei prossimi anni avremo sicuramente un aumento dei tassi di interesse, prima riduciamo il debito e meglio è per il Paese".

Il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, che in passato aveva espresso la sua "preferenza" per Silvio Berlusconi in alternativa a Luigi Di Maio, rispondendo a una domanda di Giovanni Floris durante la puntata di 'Di Martedì, dice che "oggi, tra Salvini, che è quello di prima, e Di Maio che sembra radicalmente cambiato, sceglierei Di Maio".


Scalfari: Di Maio meglio di Salvini, sceglierei lui tra i due
07/03/2018

http://www.corriere.it/elezioni-2018/no ... f00f.shtml

«Tra Salvini e Di Maio sceglierei Di Maio». Lo ha detto il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari in un’intervista a Di Martedì, spiegando che «un tempo li consideravo uguali. Nel senso che non si votano. Perché erano al centro uno della chiusura e l’altro del populismo, il movimento grillino. Oggi tra Salvini, che è quello di prima, e Di Maio che sembra radicalmente cambiato, sceglierei Di Maio».

L’alleanza M5s - Pd

Di Maio, ha sottolineato, « ha dimostrato un’intelligenza politica notevole, perché di fatto il Movimento è diventato un partito. Lui addirittura ha steso la lista dei ministri e l’ha voluta portare al Quirinale». Se dovesse concretizzarsi un’alleanza con il Pd, non ci sarebbero due partiti ma «diventa un unico partito, Di Maio il grande partito della sinistra moderna. Allora la faccenda cambia, se lui diventa la sinistra italiana voterò per questo partito».

Il Pd, «partito confuso»

L’eventuale formazione che nascerebbe dal M5S con il Pd potrebbe diventare «un partito di maggioranza assoluta. Renzi ha detto no, ma Di Maio non parla di alleanza con Renzi ma di alleanza con il Partito Democratico». Il Pd, ha concluso Scalfari, «è in uno stato di abbattimento, l’abbattimento porta alla confusione. Il Pd è un partito confuso».
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Re: Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 9:58 am

1) Lotta alla casta come primo zimbello attrattivo, reddito di cittadinanza come secondo zimbello;

Lotta alla casta
Intanto la casta non è tanto e soltanto costituita dai parlamentari con i loro privilegi, i loro compensi e i loro vitalizi;
ma invece sono le caste fameliche e feroci statali e parastatali delle rendite, irresponsabili, senza merito, familistiche, mafiose, ladre, ideologiche, fannullone, dementi e assassine;
tra cui i politicanti dei partiti, del parlamento, dei consiglieri regionali, degli enti locali, e delle partecipate; gli amministratori, i burocrati, i funzionari degli apparati, delle istituzioni, degli enti;
poi vi sono i corpi collaterali ed esterni allo stato e parte della società civile, finanziati, sovvenzionati, assistiti dallo stato attraverso l'estorsione/prelievo fiscale.
Poi vi è tutto il mondo dei cosidetti diritti acquistiti ma presunti e falsi delle minoranze privilegiate, pagati con la negazione dei veri diritti delle maggioranze oppresse, sfruttate e depredate.



La lotta alla casta dei 5 Stelle, tra strumento polemico e obiettivo vero
2017-03-23

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... id=AETXAsr

La battaglia dei Cinque Stelle di ieri sui vitalizi ha degli obiettivi politici molto chiari: da un lato la casta con i suoi privilegi, dall’altro il tema delle elezioni anticipate frenate solo da parlamentari che a settembre vogliono maturare il diritto alla pensione avendo superato i 4 anni, sei mesi e un giorno di legislatura. La legge Fornero, alla quale il Movimento si richiama per abbattere i trattamenti privilegiati e uniformare i trattamenti previdenziali, fu scritta e approvata – con poche ore di sciopero dei sindacati - proprio per far fronte all’emergenza finanziaria scoppiata nel dicembre del 2011. E dunque se gli italiani hanno pagato con i loro diritti e le loro tasche, per i Cinque Stelle è necessario ed è giusto che lo facciano anche i parlamentari.

Una battaglia sacrosanta, il punto - però - è che ieri si è fatta con uno strumento sbagliato perché è necessaria una legge e non una delibera dell’ufficio di presidenza. E dunque, alla fine della giornata, dopo lo scontro in Aula e fuori da Montecitorio, restava un dubbio: se davvero i Cinque Stelle vogliano arrivare a colpire i privilegi o se abbiano più interesse che restino per costruirci delle campagne politiche.

Se davvero la priorità è contenere le spese, puntare ai risparmi e ridurre pure i trattamenti di favore, avrebbero anche potuto votare la proposta del Pd sul contributo di solidarietà che colpisce i vitalizi più ricchi, quelli delle precedenti legislature che sono basati su un calcolo prevalentemente retributivo e sono stati percepiti perfino dopo un solo giorno di legislatura. Quella proposta ieri è stata votata all’unanimità da tutti i partiti tranne che dai 5 Stelle che hanno preferito stringere solo la loro bandiera anche se perdente. E ha avuto gioco facile Giorgia Meloni ad accusarli di «ipocrisia» quando ha fatto notare che «la norma proposta dal M5S sui vitalizi non varrebbe per Paolo Cirino Pomicino e quelli che prendono vitalizi altissimi perché la loro proposta non vale retroattivamente». Insomma, è vero che grazie ai Cinque Stelle la lotta alla casta ha assunto la forza politica di una priorità ma se non si riesce a portare a casa il risultato resta il dubbio che sia necessario mantenerla in vita per crescere nel consenso e nei sondaggi.

Se quindi faccia comodo scegliere di volta in volta un bersaglio giusto ma senza gli strumenti giusti e le alleanze che servono solo per perpetuare la lotta ai privilegi e farci la campagna elettorale per le amministrative e poi per le elezioni nazionali.
Ma il fatto di non essere concludenti è un sospetto che comincia ad affacciarsi anche per loro spinto soprattutto dalla prova dei governi locali, come Roma.



Lo diceva anche Grillo ma pare che si siano dimenticati:
http://www.ilblogdellestelle.it/2013/07 ... casta.html

Una classe sociale secondo Marx è un insieme di individui con lo stesso rapporto con i mezzi di produzione. La lotta di classe è di solito attribuita a un conflitto tra proletari contro capitalisti e borghesia. La lotta di classe è stata sostituita dalla lotta di casta, o meglio dalla lotta tra chi produce ricchezza, servizi sociali e i ceti parassitari, le caste. Il confronto non è semplice, netto come in passato: proletariato contro capitale, ma a macchia di leopardo. Le caste sono infatti ovunque intorno a noi. Sono il colesterolo nelle vene e nelle arterie della Nazione. Le caste sono unite tra loro e formano un corpo immenso, un super blocco sociale, che annulla qualunque spinta al cambiamento. Un muro di gomma bulimico che si alimenta con un aumento delle imposte, dei bolli, dei balzelli. Lo Stato-Casta discute solo di tasse, di IMU, di IVA, di IRES, di IRPEF, temi che hanno ormai assorbito ogni spazio della comunicazione politica. Travasi di sangue da chi produce a chi sperpera per tenerlo in vita. Il potere delle caste non deriva dal controllo dei mezzi di produzione, ma da quello dei mezzi di informazione. Senza le menzogne quotidiane le caste sarebbero nude, visibili nella loro arroganza e inutilità. Chi le mantiene in vita con immensi sacrifici quotidiani scenderebbe in piazza come in piazza Tahrir in Egitto o in piazza Taksim in Turchia. Ovunque ci sia un ceto parassitario, lì c'è una casta che difende con le unghie e coi denti i suoi privilegi. La casta politica, la casta dei giornali, la casta della burocrazia, la casta della pubblica amministrazione centrale, la casta degli enti inutili, la casta delle aziende partecipate, la casta dei concessionari, la casta delle pensioni d'oro. Infinite caste che stritolano il cittadino come un serpente boa. Le caste italiane sono come un parassita che uccide l'organismo che lo ospita, indifferente al fatto che così condannerà anche sé stesso. La lotta contro le caste è la vera lotta politica: sottrarre il potere a chi lo esercita per perpetuare sé stesso e la propria posizione di dominio. L'Italia è una foresta pietrificata dove nulla deve cambiare e, se cambia, avviene solo in apparenza, per salvare le forme "democratiche" e mantenere tutto inalterato. Immobile. Immutabile. Chi abita nella foresta può fare sentire la sua voce, una voce che verrà in apparenza accolta, per farlo sentire libero, ma mai ascoltata.
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Re: Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 10:00 am

1) Lotta alla casta come primo zimbello attrattivo, reddito di cittadinanza come secondo zimbello;

Reddito di cittadinanza

Un terzo degli italiani ha votato il Movimento 5 Stelle ingannati dall'offerta del «reddito di cittadinanza», un fiume di denaro pubblico che verrebbe regalato a chi non lavora. Ma si tratta di una truffa perché non è praticabile sul piano finanziario, è sbagliato sul piano economico ed è deleterio sul piano etico

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 3332893581

Buongiorno amici. L'Italia dei circa 18 milioni cittadini poveri, di cui circa 7 milioni per sfamarsi fanno la fila alle mense dei poveri e 4 milioni non hanno alcun reddito, l'Italia dei 40% dei giovani disoccupati o inoccupati, ha votato in massa per il Movimento 5 Stelle. Ad attrarre questo 30% di italiani in grave difficoltà economica è il «reddito di cittadinanza».
Secondo la proposta di legge depositata dal Movimento 5 Stelle (Ddl n. 1148/2013), il reddito di cittadinanza consiste in un sussidio mensile massimo erogato alle famiglie senza reddito pari a 780 euro per un singolo, a 1.014 euro per un genitore solo con un figlio minore e 1.638 euro per una coppia con due figli minori. La spesa per lo Stato sarebbe di circa 15 miliardi di euro all'anno. Il disegno di legge prevede la possibilità di concedere il reddito di cittadinanza anche ai lavoratori autonomi e i pensionati. In campagna elettorale il Movimento 5 Stelle ha detto che il reddito di cittadinanza spetterebbe anche agli immigrati, il che farebbe crescere notevolmente la spesa.
Il reddito di cittadinanza è rivolto ai maggiorenni che risultano disoccupati o inoccupati, oppure ai lavoratori il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà. Sulla carta per beneficiarne bisogna fornire la disponibilità al lavoro presso i centri per l’impiego territorialmente competenti; iniziare un percorso per essere accompagnato nella ricerca del lavoro dimostrando la reale volontà di trovare un impiego; offrire la propria disponibilità per progetti comunali utili alla collettività (8 ore settimanali); frequentare percorsi per la qualifica o la riqualificazione professionale; effettuare ricerca attiva del lavoro per almeno 2 ore al giorno; comunicare tempestivamente qualsiasi variazione del reddito; accettare uno dei primi tre lavori offerti.
Secondo il Movimento 5 Stelle i potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza, individuati tra i disoccupati, inoccupati, occupati sottopagati e pensionati, sarebbero circa 9 milioni di italiani. La spesa, vidimata dalla Ragioneria dello Stato, sarebbe di quasi 16 miliardi di euro. Ma per il presidente dell’INPS Tito Boeri, in un’audizione in Commissione Lavoro al Senato, il costo del reddito di cittadinanza sarebbe di 30 miliardi. Il Movimento 5 Stelle sostiene che i soldi verrebbero garantiti dallo stop a pensioni d’oro, vitalizi, privilegi, opere inutili e spending review. Ammesso che si riuscisse a farlo, la copertura sarebbe garantita per il primo anno. Pensiamo inoltre alle conseguenze per l'esercito di italiani che lavora ma sono sottopagati e a cui lo Stato darebbe una retribuzione addirittura superiore a quella che percepiscono ma senza lavorare.

L'errore di fondo della proposta del reddito di cittadinanza è di concepire l'erogazione di un compenso statale svincolato dalla prestazione lavorativa. Questa proposta è frutto dell'ideologia statalista del Movimento 5 Stelle, che considera lo Stato come il principale imprenditore che dovrebbe provvedere alla creazione dei posti di lavoro. Si tratta di un'ideologia che è clamorosamente fallita ed è stata bocciata dalla Storia. Il lavoro deve invece essere affidato alle imprese e gli stipendi devono essere frutto del lavoro svolto che si traduce nella produzione di beni e di servizi. Lo Stato deve limitarsi a garantire la disponibilità del denaro e delle risorse necessarie per l'attività delle imprese, a definire delle regole che garantiscano la sana concorrenza e gli obiettivi strategici atti a perseguire lo sviluppo virtuoso e il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini. Ma è assolutamente e profondamente errato dare soldi ai cittadini senza avere in cambio una prestazione lavorativa.

Il reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle è innanzitutto economicamente insostenibile in un'Italia che oltretutto ha perso la sovranità monetaria ed è sottomessa al rigoroso rispetto di parametri finanziari imposti dall'Unione Europea iscritti addirittura in Costituzione (l'obbligo del pareggio di bilancio). È concettualmente sbagliato perché l'eventuale disponibilità di risorse pubbliche devono essere messe a disposizione delle imprese, affinché siano le imprese a creare dei nuovi posti di lavoro e a corrispondere ai cittadini dei compensi avvalorati dal lavoro svolto, che si traducono nella produzione di beni e di servizi, che alimentano il circolo virtuoso della produzione e dei consumi. È comunque eticamente sbagliato accreditare la cultura del parassitismo dando soldi ai cittadini senza chiedere loro in cambio una prestazione lavorativa. Anche se sulla carta ciò avverrebbe per un periodolimitato, sappiamo bene che questi periodi potrebbe venire prolungati a dismisura. Con l'ovvia eccezione dei casi di chi è effettivamente impossibilitato a lavorare, ma si tratta di casi per cui lo Stato già riconosce il diritto a percepire dei compensi.

Ecco perché il reddito di cittadinanza è impraticabile sul piano finanziario, è sbagliato sul piano economico, è deleterio sul piano etico. Considerando che si tratta della ragione principale che ha indotto un terzo degli elettori italiani a votare per il Movimento 5 Stelle, prendiamo atto che il reddito di cittadinanza è la più grande presa in giro degli italiani bisognosi e che presto scopriranno di essere stati nuovamente strumentalizzati e ingannati.



Cosa prevede e quanto costerebbe il reddito di cittadinanza del M5S
06 marzo 2018

https://www.agi.it/economia/reddito_di_ ... 2018-03-06

Il reddito di cittadinanza sarebbe stato il primo atto di un governo a 5 stelle, aveva promesso Luigi Di Maio. Ed è stato il reddito di cittadinanza tra i punti programmatici che maggiormente hanno trainato i consensi elettorali del Movimento 5 stelle, soprattutto al Sud, dove l'esclusione sociale morde di più.

In attesa che, con le trattative per il nuovo esecutivo, il tema torni al centro del dibattito, proviamo a fare un po' d'ordine prima che si scateni la prevedibile guerra di cifre su un'agevolazione della quale beneficerebbero i 9 milioni di italiani sotto la soglia di povertà, ovvero con un reddito inferiore ai 780 euro al mese.

Ai quattro milioni di poveri assoluti senza alcun reddito andrebbero 780 euro, laddove chi ha un reddito ma sotto i 780 euro verrà data un’integrazione in cambio di corsi di formazione e lavori di pubblica utilità.

Negli ultimi 7 giorni nelle regioni del Sud c'è stata un'impennata della ricerca delle parole "reddito di cittadinanza" su Google.

Il costo per le casse dello Stato era stato stimato in 14,9 miliardi di euro dal capogruppo del Movimento alla Camera, Roberto Fico, che aveva citato in proposito uno studio dell'Istat in polemica con Anzaldi del Pd, il quale sosteneva che la proposta del M5s sarebbe costata 62 miliardi. Una stima che, alla prova del nostro fact-checking, era risultata corretta.

L'Istat dà ragione al Movimento

Eravamo andati a leggere il documento Istat a cui fece riferimento Fico. Si tratta di un contributo conoscitivo elaborato nel 2015 dall’Istituto di statistica, in vista di un’audizione parlamentare, per meglio valutare il possibile impatto di due disegni di legge, quello sul reddito di cittadinanza del M5S (n. 1148) e quello sul reddito minimo garantito di SEL (n.1670). Per quanto riguarda il primo, l’Istat certifica in effetti un costo di 14,9 miliardi di euro scarsi (14,857) per il 2015.

I conti dell’Istat riguardano una misura che si applichi a 2 milioni e 760mila famiglie, cioè il totale di quelle che avevano un reddito inferiore alla linea della povertà relativa secondo gli ultimi dati allora disponibili. Equivalgono all’incirca a 8,3 milioni di persone, un poco meno dei 9 milioni citati da Di Maio in un'intervista ad Avvenire dello scorso novembre. La cifra più alta, di 9 milioni, potrebbe venire da un rapporto recente del centro studi di Unimpresa, che però parla di soggetti “a rischio povertà” e non di soggetti “sotto la soglia di povertà”.

Un sussidio decrescente

Precisiamo che, indipendentemente dal numero di componenti, la famiglia riceve una sola misura di “reddito di cittadinanza” per ciascuna. Questa, tra l’altro, varia anche in base alla composizione del nucleo familiare: ad esempio il beneficio medio per un single under 35 sarebbe di 5.175 euro all’anno, per una coppia con figli minorenni 7.023 euro, con figli maggiorenni 4.472 euro e, senza figli ma con donna under 35, 7.084 euro.

Insomma, il calcolo dell’Istat non si basa su un sussidio di 780 euro a testa, ma su un sussidio decrescente – come dice Di Maio – da dare a circa 2,8 milioni di famiglie e in totale a circa 8,3 milioni di persone. Il costo di questa misura, secondo l’Istat, era stimato a 14,9 miliardi circa per il 2015.

Su un punto Di Maio, nell'intervista, non fu preciso: quando disse che ai “quattro milioni di poveri assoluti senza alcun reddito andrebbero 780 euro”. I poveri assoluti sono in effetti circa 4,6 milioni in Italia, ma fortunatamente non tutti sono “a zero reddito”. L’Istat scrive infatti che l’ammontare massimo del sussidio (circa 12.000 euro l’anno) andrebbe alle 390 mila famiglie in condizioni di povertà più grave, con un reddito inferiore al 20 per cento della linea di povertà.


Reddito di Cittadinanza: cosa è, a chi spetta e come funziona. 4 cose da sapere

http://www.huffingtonpost.it/2018/03/06 ... a_23378284

"Il reddito di cittadinanza non darà soldi a chi vuol stare seduto sul divano: dovrà, per il breve periodo in cui avrà il contributo, formarsi e dare 8 ore di lavoro gratuito allo Stato. Dal secondo anno il reddito di cittadinanza inizia a scalare, perché la persona viene reinserita nel mondo del lavoro", queste erano state le parole usate dal leader M5S Luigi Di Maio durante la campagna elettorale per descrivere una delle misure più interessanti e discusse del programma pentastellato.

All'indomani del successo ottenuto dal Movimento 5 Stelle alle urne, il dibattito sul reddito di cittadinanza torna caldo, come tornano ad aprirsi gli interrogativi sulle coperture che una misura del genere potrebbe richiedere. "Prenderemo 17 miliardi dalla spesa improduttiva e dalla tassazione sul gioco d'azzardo e sui concessionari autostradali", aveva spiegato Di Maio.

A ogni modo, i vertici pentastellati hanno sempre tenuto a sottolineare che il reddito di cittadinanza non sarà concepito come una misura assistenzialista. A ribadirlo era stato finanche Beppe Grillo con un post sul suo blog datato 10 febbraio 2018: "Il reddito di cittadinanza [...] è previsto solo per chi è in un momento di bisogno e solo a condizione di accettare un lavoro proposto dai centri per l'impiego. Dopo un massimo di 3 proposte rifiutate, il reddito non viene più erogato. Il reddito di cittadinanza esiste già nella maggior parte dei Paesi Europei e non ha senso chiedersi se possa funzionare. Già funziona."

Insomma, una misura tanto attesa quanto controversa per cui, in attesa che si possa passare dal programma elettorale ai fatti, è utile approfondire cosa sia nel dettaglio e come funzioni, quali siano i requisiti e le modalità per ottenerlo, quando e quanto spetti ad ogni famiglia/cittadino richiedente.

Cos'è il reddito di cittadinanza?

Come abbiamo già detto, si tratta dell'aiuto economico che il M5S intenderebbe destinare a 9 milioni di italiani che si trovano privi di reddito o che hanno redditi troppo bassi, in modo da combattere povertà, disuguaglianza ed esclusione sociale. Si tratterebbe altresì di una misura mirata alla promozione del diritto al lavoro e della formazione professionale.

Come funziona il reddito di cittadinanza?

Secondo l'ISTAT, qualunque cittadino viva da solo con meno di 780 euro al mese si trova sotto la soglia di povertà. Tale soglia varia a seconda del numero dei componenti del nucleo famigliare. Il reddito di cittadinanza prevederebbe un'integrazione/erogazione economica mirata a far in modo che chiunque possa raggiungere la soglia dei 780 euro mensili (per esempio: se abbiamo un nucleo famigliare formato da due persone con una pensione da 400 euro ciascuno, il reddito di cittadinanza interverrà affinché vengano raggiunti i 780 euro mensili con un'integrazione pari a 370 euro). Stando alle promesse dei pentastellati, anche i lavoratori full-time sottopagati avranno diritto ad un'integrazione: è stata progettata l'introduzione del salario minimo contrattuale con pagamento base di 9 euro l'ora. In caso di lavoro part time, invece, è prevista l'integrazione salariale per giungere ai 780 euro mensili.

Quali sono i requisiti per ottenere il reddito di cittadinanza?

Per ottenere il reddito di cittadinanza occorrerà essere in possesso di determinati requisiti e per non perdere il sussidio bisognerà attenersi a determinate regole.

Tra i requisiti:

- Avere più di 18 anni;

- Essere disoccupati o inoccupati;

- Possedere un reddito lavorativo inferiore alla soglia di povertà italiana stabilita dall'ISTAT;

- Percepire una pensione inferiore alla soglia di povertà.ì

Quali sono le regole da rispettare per continuare a beneficiare della misura?

- Iscriversi al Centro per l'Impiego e rendersi immediatamente disponibile al lavoro;

- Intraprendere un percorso di ricerca lavorativa che impegni almeno 2 ore giornaliere;

- Offrire la disponibilità per progetti utili alla collettività per 8 ore settimanali;

- Frequentare corsi di qualifica/riqualifica professionale;

- Comunicare tempestivamente qualsiasi variazione del reddito;

- Accettare obbligatoriamente uno dei primi tre lavori che vengono offerti.

A proposito del reinserimento lavorativo e della riqualificazione professionale, saranno previste agevolazioni per chi assume i beneficiari del reddito di cittadinanza, per chi organizza laboratori per la creazione di nuove imprese. Inoltre, nel programma del M5S ci sarebbero anche concessioni di beni demaniali per le start-up innovative e per il recupero agricolo.



Reddito di cittadinanza, mito e realtà
Luca Ricolfi

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... fresh_ce=1

Di che cosa si parlerà nella prossima campagna elettorale? La mia sensazione è che, dal momento che le idee (e le parole) veramente nuove stanno a zero, finiremo per parlare molto di una cosa che nuova non è, ma nuova finirà per apparire: il reddito di cittadinanza. Fino a ieri presa sul serio solo dal M5S (che ha presentato un disegno di legge più di 3 anni fa), ora l’idea di un reddito di cittadinanza pare interessare anche a destra (è di pochi giorni fa l’apertura di Berlusconi), e crea qualche imbarazzo a sinistra, visto che Renzi non ha perso occasione per prenderne le distanze.

La ragione per cui il reddito di cittadinanza potrebbe diventare una parola-chiave del dibattito pubblico nel 2017 è la facilità con cui i politici e i media possono manipolarne il significato.

Facendo credere all’opinione pubblica di proporre una cosa mentre ne stanno proponendo un’altra. Questa è una differenza cruciale fra l’uso delle parole da parte degli studiosi, che è relativamente preciso e stabile, e il loro uso nel dibattito pubblico, che è spesso arbitrario, elastico ed ingannevole.


Le due facce dei 1000 giorni

Il caso del reddito di cittadinanza è perfetto per mostrare che cosa può succedere quando si gioca con le parole. Per la comunità scientifica reddito di cittadinanza (talora denominato reddito di base) indica un trasferimento universale e permanente a ogni individuo che rispetti certi requisiti minimi di appartenenza a una comunità (o “cittadinanza”), senza alcuna limitazione connessa alla condizione economica, e senza alcun obbligo da assolvere per non perdere il beneficio. Il reddito di cittadinanza, in altre parole, è dovuto anche ai “surfisti della baia di Malibù”, per usare il classico esempio di John Rawls, per parte sua convinto che la “società giusta” non debba farsi carico di essi. Giusto per avere un’idea degli ordini di grandezza, un trasferimento di questo tipo, anche se limitato alla popolazione in età lavorativa, e anche se fissato ad un valore pari alla soglia di povertà assoluta, in un paese come l’Italia costerebbe oltre 350 miliardi l’anno, una cifra che vale circa il doppio dei costi totali della sanità, della scuola e dell’università messe insieme. E non è un caso che, inteso in senso proprio, il reddito di cittadinanza esista solo in Alaska, dove poggia sui proventi del petrolio e negli ultimi anni ha oscillato fra i 100 e i 200 dollari al mese per individuo. In Europa un esperimento di reddito di cittadinanza del tutto incondizionato è previsto in Finlandia nel biennio 2017-2018, ma limitatamente a un campione di 2.000 persone.

“Si fa confusione fra reddito di cittadinanza, che è universale e incondizionato, e reddito minimo, che è selettivo e condizionato”

La musica cambia completamente quando, dal mondo della ricerca, si passa a quello della politica, e spesso anche dei media. Quando si dice e si scrive che, nell’Unione Europea, solo l’Italia e la Grecia non hanno un reddito di cittadinanza si fa confusione fra reddito di cittadinanza, che è universale e incondizionato, e reddito minimo, che è selettivo e condizionato. Quello che hanno quasi tutti i paesi europei (ma non l’Italia) è un reddito minimo, o reddito minimo garantito, che assicuri a chiunque è in età lavorativa, e indipendentemente dal fatto che lavori oppure no, un’integrazione di reddito che lo porti a un livello minimo accettabile. L’idea del reddito minimo, in altre parole, è di non permettere a nessuno di scendere al di sotto di una determinata soglia di reddito, o linea della povertà. Qui le legislazioni nazionali differiscono moltissimo, a seconda delle condizioni di accesso, a seconda che la misura sia individuale o familiare, a seconda degli obblighi che può comportare (formazione, ricerca del lavoro). Una misura di questo genere è contenuta nel disegno di legge dei Cinque Stelle (n. 1148, ottobre 2013), assai impropriamente intitolato “istituzione del reddito di cittadinanza”, che garantisce a qualsiasi famiglia in condizione di povertà assoluta di uscire da tale condizione, purché rispetti una serie abbastanza impegnativa di obblighi e adempimenti. Il costo del reddito minimo in versione Cinque Stelle è di circa 16 miliardi di euro, ovvero il 4,4% di quel che costerebbe un vero “reddito di cittadinanza”, universale, incondizionato, e agganciato a una soglia di povertà di circa 800 euro al mese.

C’è poi un terzo tipo di sostegno del reddito, che è in sostanza quello in vigore in paesi come l’Italia e la Grecia. Non c’è un nome per designarle, e mi permetterò quindi trovarglielo io: è il reddito-Arlecchino. Il reddito Arlecchino è una sorta di reddito minimo per pochi, perché del reddito minimo ha tutti gli obblighi tipici, ma non viene concesso a tutti coloro che si trovano al di sotto della soglia di povertà. È il governo nazionale che decide quali famiglie sono degne dell’aiuto e quali no, mentre ai governi locali (regioni e comuni) si lascia libertà di intervenire con ulteriori sussidi, a loro volta soggetti a ulteriori regole, vincoli, adempimenti che ogni Amministrazione regionale o comunale è libera di introdurre per proprio conto.


Austerità, la lezione della crisi

Il reddito-Arlecchino è abbastanza facile da quantificare solo nella sua componente nazionale, dove varia di nome e di importo ad ogni cambio di governo, mentre è difficilissimo da quantificare nella componente locale, che varia enormemente da luogo a luogo, contribuendo non poco a generare diseguaglianze ingiustificate (un vero capolavoro per una misura di perequazione dei redditi). A livello nazionale rientrano nel reddito-Arlecchino le misure più o meno automatiche per chi perde un lavoro (come la NASPI e la cassa integrazione) nonché il cosiddetto Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA), una misura di contrasto alla povertà per beneficiare della quale non basta la povertà stessa ma occorre che essa sia accompagnata da qualche aggravante (un disabile, un figlio minorenne, una donna in stato di “gravidanza accertata”). Ebbene l’ordine di grandezza del costo di queste misure statali non universalistiche, o reddito-Arlecchino, è di qualche miliardo all’anno, ovvero sensibilmente inferiore al costo del finto reddito di cittadinanza proposto dai Cinque Stelle (16 miliardi), e smisuratamente più basso del costo di un vero reddito di cittadinanza (350 miliardi).

Il difetto del reddito di cittadinanza è che è ingiusto (surfista di Malibù), e diventa insostenibile appena la cifra erogata sale fino alla soglia di povertà o oltre. Il difetto del reddito minimo è che, per gestirlo, comporta un apparato efficiente, complesso e costoso e, nella versione Cinque Stelle, autorizza comportamenti opportunistici (lavorare diventa conveniente solo se si guadagna di più della soglia di povertà, al di sotto tanto vale incassare il sussidio e fare altro). Il reddito-Arlecchino, quale quello previsto attualmente in Italia, ha gli stessi difetti del reddito minimo in versione Cinque Stelle, senza condividerne il pregio maggiore, ossia la sua capacità di eliminare la povertà assoluta senza discriminare fra poveri aiutabili e poveri non degni di aiuto.

“L’imposta negativa ha due vantaggi: non distrugge l’incentivo a lavorare quando il reddito è sotto la soglia di povertà, e può funzionare abbastanza bene anche senza un apparato burocratico di gestione del mercato del lavor”

Ci sarebbe poi un quarto tipo di sostegno al reddito, di cui poco si parla ma che, forse, funzionerebbe meno peggio degli altri tre: l’imposta negativa. Pensata già alla fine dell’Ottocento e riproposta ciclicamente nel corso del secolo scorso, caldeggiata da economisti liberali come Milton Friedman e Friedrich von Hayek, l’imposta negativa ha due vantaggi: non distrugge l’incentivo a lavorare quando il reddito è sotto la soglia di povertà, e può funzionare abbastanza bene anche senza un apparato burocratico di gestione del mercato del lavoro.

In breve l’idea è questa. Per quanti guadagnano abbastanza da essere soggetti a tassazione (in Italia più di 8000 euro annui, per il lavoro dipendente) nulla cambia. Per coloro che non guadagnano nulla o guadagnano di meno della soglia che individua la no-tax area, e dunque sono “incapienti” (non hanno capacità fiscale), il fisco applica una aliquota negativa (ad esempio il 70%), ovvero colma in parte il gap fra quel che il soggetto guadagna effettivamente e la soglia della no-tax area.

Esempio: io guadagno solo 3.000 euro l’anno; per arrivare a 8.000 mi mancano 5.000 euro; a questi 5.000 euro il fisco applica un’aliquota negativa del 70%, il che fa 3.500 euro (5.000 x 0,70), ovvero mi trasferisce 3.500 euro. Alla fine avrò in tasca 3.000 + 3.500 = 6.500 euro, ossia di più di quel che ho guadagnato per conto mio, ma di meno di quel che servirebbe a raggiungere la no-tax area. E se guadagno zero? Stesso meccanismo: lo scarto fra 8.000 e zero è 8.000, il fisco mi trasferisce il solito 70% dello scarto, che in questo caso fa 5.600 euro. Il grande pregio di questo meccanismo è che, se ben calibrato, garantisce che al benficiario del sussidio non convenga mai lavorare di meno (perché in quel caso i suoi introiti complessivi scenderebbero verso il limite inferiore dei 5.600 euro), e convenga sempre lavorare di più (perché l’imposta negativa non colma mai completamente il divario fra reddito effettivo e soglia della no-tax area). Il difetto, condiviso con il reddito minimo ma non con il reddito di cittadinanza, è che resta la convenienza a lavorare in nero, il che richiederebbe un fisco vigile.



La follia del reddito di cittadinanza M5s: al lavoro solo se piace ed è vicino a casa
Paolo Bracalini - Sab, 10/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 03314.html

La DiMaionomics, l'economia pubblica secondo Luigi Di Maio. È ormai evidente, anche dalle pressanti richieste ai Caf nel Sud e dal picco di ricerche su Google subito dopo la vittoria del M5s, che il reddito d cittadinanza è stato uno dei motori principali, se non il primo, del consenso elettorale dei grillini.

Peccato che la misura partorita dai parlamentari Cinque stelle non sia solo insostenibile economicamente, ma sia a tratti demenziale. Nel magico mondo del sussidio pubblico grillino, infatti, ad ogni disoccupato verranno offerti ben tre posti di lavoro, pena la decadenza del reddito di cittadinanza se il percettore di sussidio li rifiutasse tutti. I disoccupati in Italia però sono 2,8 milioni (dato Istat 2017), significa che Di Maio promette 2,8 milioni di posti di lavoro, e garantisce quasi 9 milioni di offerte di lavoro, in un paese in cui il lavoro è diventato un miraggio. E da quale cilindro magico uscirebbero queste miriadi di offerte di lavoro? Dai «centri per l'impiego», carrozzoni pubblici eredi dei vecchi uffici di collocamento gestiti dalle amministrazioni provinciali che però dovrebbero - nelle fantasie dei grillini - sfornare posti di lavoro a ritmi cinesi. La realtà invece dice che meno di quattro occupati su 100 (il 3,4%), secondo la ricerca Isfol del 2015, ha trovato un lavoro grazie ai Centri per l'impiego. L'unico lavoro è quello dei dipendenti degli stessi centri per l'impiego, il 48% concentrati al Sud, bacino elettorale del M5s. Tant'è vero che Di Maio promette, per poter poi far funzionare il reddito di cittadinanza, di riformare i centri per l'impiego, nientemeno che con una «spesa di 2,1 miliardi di euro a questo scopo». Soldi, soldi, soldi pubblici ovunque, non si capisce presi da dove.

Ma fossero solo questi i problemi. Il reddito di cittadinanza è contenuto nel disegno di legge 1148 del 2013, prima firmataria la grillina Nunzia Catalfo, nessuna competenza economica, nella vita fa l'impiegata di un centro per l'impiego a Catania. Alla critica che il reddito sia un incentivo alla nullafacenza, i Cinque stelle rispondono che non è così perché, per ottenerlo e mantenerlo, si possono rifiutare solo due lavori, se rifiuti anche il terzo perdi il diritto all'assegno pubblico. Però le offerte di lavoro, si specifica nel ddl, devono essere «congrue». E cosa si intende con congrue? L'articolo 12 spiega che «si considera congrua un'offerta di lavoro quando essa è attinente alle propensioni, agli interessi e alle competenze segnalate dal beneficiario in fase di registrazione presso il centro per l'impiego, la retribuzione oraria è uguale o superiore all'80 per cento rispetto alle mansioni di provenienza, il luogo di lavoro è situato nel raggio di 50 chilometri dal luogo di residenza ed è raggiungibile entro ottanta minuti con i mezzi pubblici». Chiaro? In poche parole se prendi il reddito di cittadinanza e ti offrono tre (tre!) posti di lavoro che però non sono sotto casa, non ritieni attinenti ai tuoi interessi, e non ti offrono abbastanza soldi, puoi considerarle non congrue e quindi continuare a percepire serenamente il sussidio pubblico. Unico limite previsto: dopo un anno non si può più fare gli schizzinosi, sempre che siano arrivate tre offerte di lavoro in dodici mesi, una miraggio in Italia.

Se poi il disoccupato è una donna e ha un figlio, scatta pure «l'esenzione alla ricerca del lavoro» fino al terzo anno di età del figlio. Lavoro che, sempre per la stessa legge, avrà un salario minimo di legge di 9 euro l'ora, quindi 1.440 euro al mese. Più lavoro e più soldi per tutti. Una specie di boom tipo l'Italia degli anni '50, garantiscono Di Maio e Casaleggio. Molti osservatori sono perplessi. «Dare il reddito di cittadinanza nel Sud sarebbe una catastrofe - spiega Edward Luttwak su Italia Oggi -. Ancora più gente rimane a casa con la mamma. È come per le pensioni in Grecia». Mentre il sociologo Luca Ricolfi è convinto che sarebbe un «disincentivo a lavorare», e che «l'enorme massa di funzionari pubblici pagati per gestire questi 9 milioni di beneficiari» non riuscirebbe minimamente nel compito. Come arma elettorale, però, ha funzionato eccome.


Reddito minimo di cittadinanza passa al Parlamento Europeo la proposta del M5s
24 ottobre 2017

https://www.fanpage.it/reddito-minimo-d ... ta-del-m5s

Passa al Parlamento Europeo la proposta di Efdd (Europa della libertà e della democrazie diretta) sul reddito minimo di cittadinanza. I voti a favore sono stati 451, 147 contrari e 42 astenuti. La risoluzione non legislativa, sostenuta dal Movimento 5 Stelle, aveva già avuto il primo via libera (con 36 voti favorevoli, 7 contrari e 4 astenuti) in commissione Occupazione e Affari Sociali all’inizio di ottobre.

Con la proposta si vuole istituire un fondo ad hoc per finanziare il reddito minimo. Inoltre si vuole che il reddito minimo venga calcolato sulla base del 60% della media nazionale. Il documento chiede anche di pensare a una direttiva a livello europeo, vincolante per tutti i Paesi membri, con misure concrete per i cittadini sotto la soglia di povertà e in povertà assoluta. C’è infine la volontà di un'analisi accurata del fondo sociale europeo affinché si possa prevedere il suo utilizzo per il reddito minimo.

Nell’intervento alla plenaria di Strasburgo, l’eurodeputata Laura Agea (M5s) ha ricordato che sono 120 milioni i cittadini europei che non riescono ad arrivare alla fine del mese: “La povertà è un problema europeo causato proprio dalle sue politiche scellerate. L'ultima speranza per mettere un freno all'emergenza della povertà è la volontà da parte di tutti i Paesi di adottare un reddito minimo che restituisca vita e dignità ai quasi 120 milioni di cittadini europei che non riescono più ad arrivare alla fine del mese” .

Agea ha anche sottolineato il ritardo dell’Italia, unico Paese in Europa insieme alla Grecia, in cui "non esistono misure di contrasto alla povertà”: “Oggi, secondo l'Osservatorio sociale europeo diverse forme di sostegno al reddito esistono già in 26 Stati membri e non serve aggiungere che il mio Paese non prevede nessun tipo di sostegno. Noi vogliamo che l'Europa intervenga immediatamente con un quadro comune di norme che permetta l'armonizzazione dei diversi regimi vigenti con criteri di accesso comuni e validi per tutti: come ad esempio basare il calcolo del reddito da erogare sulla soglia di povertà che Eurostat fissa al 60% del reddito medio nazionale”.

E ancora: “I cittadini non chiedono elemosina ma politiche di dignità. Se si trovano i soldi per salvare le banche, tanto più pretendo che si trovino risorse per i figli di questa Europa che è vittima troppo spesso di interessi scellerati”.

Per poi concludere: “Questo nostro Continente ritrovi il suo volto umano assicurando assistenza sanitaria, alloggio, istruzione e dignità attraverso politiche economiche espansive che creino occupazione! Questo documento porta la mia firma e quella del MoVimento 5 Stelle e racchiude i nomi di tutti i 120 milioni di cittadini europei per i quali è stato scritto. Il nostro impegno, la nostra dedizione, il nostro lavoro sono stati, sono e saranno sempre rivolti a loro".


Reddito di cittadinanza M5S, Borghi: "Una pacchia per immigrati e rom"
Marco Dozio
22 Marzo 2017

http://www.ilpopulista.it/news/22-Marzo ... Q.facebook

Claudio Borghi, responsabile economico della Lega e consigliere regionale in Toscana, smaschera il bluff dei Cinque Stelle sul reddito di cittadinanza. Il totem grillino ha fondamenta di argilla, deboli, anzi debolissime se si pensa che un’eventuale applicazione della norma taglierebbe fuori intere legioni di poveri, disoccupati e persone in difficoltà. In compenso andrebbe a beneficio degli immigrati residenti in Italia da tre anni, da cui la denominazione, ironica ma fino a un certo punto, di “reddito di clandestinanza”.

Borghi, il reddito di cittadinanza proposto dal M5S è un imbroglio?
Sì, perché per averlo occorre non solo un reddito familiare inferiore a 9000 euro annui, ma anche un parametro ISEE inferiore a 6500 euro. È scritto nero su bianco nella proposta che i consiglieri M5S hanno presentato in consiglio regionale. E a mia precisa domanda hanno confermato che si tratta dello stesso parametro previsto per la proposta di legge a livello nazionale.

Significa che una vasta platea di disoccupati verrebbe esclusa?
Per non rientrare in questi parametri basta avere una casetta di proprietà o la liquidazione incassata al momento del licenziamento. Fine dei sogni per i pensionati al minimo, per i disoccupati e per chiunque abbia una casa o dei risparmi. Per esempio un single con una casa e 7mila euro di risparmi, magari ottenuti con la liquidazione, verrebbe escluso dal reddito di cittadinanza.

Inoltre molti poveri e disoccupati resterebbero senza le forme di sostegno attualmente previste?
Sì, perché il reddito di cittadinanza assorbe le altre misure di sostegno alla disoccupazione. Paradossalmente, chi adesso riceve qualche sostegno, inclusa la cassa integrazione straordinaria o il sussidio di disoccupazione, potrebbe perderlo se fosse sopra soglia Isee prevista. In pratica se perdi il lavoro e hai una casa, non hai diritto a nulla.

Mentre il reddito di cittadinanza andrebbe a beneficio di immigrati e rom?
Sì, e per loro sarebbe una pacchia. Per questo lo chiamo reddito d’immigrazione o di clandestinanza. La proposta prevede che ne abbiano diritto gli stranieri residenti in Italia da 3 anni. Sappiamo benissimo che in molti casi costoro hanno famiglie numerose, quindi con Isee basso, senza immobili, senza risparmi e presuntamente nullatenenti.

Il bluff dunque è svelato?
In maniera furbesca e disonesta, il M5S fa credere che avrebbe diritto al reddito di cittadinanza o a un’integrazione al reddito chiunque viva con meno di 780 euro al mese, quindi una platea di 9 milioni di persone con reddito zero, compresi gli evasori, i pensionati al minimo o i giovani con contratto a progetto. Il costo reale sarebbe di 56 miliardi: loro insistono dicendo che la copertura sarebbe di 14 miliardi, certificata dall’Istat. Ma i conti non tornavano proprio perché mancava il parametro relativo all’Isee, mai esplicitato dalla proposta di legge nazionale. Ora, appunto, l’inganno è svelato.

In che modo il M5S pensa di trovare i soldi per il reddito di cittadinanza?
Nella proposta regionale mettono nero su bianco come copertura l’aumento delle accise sulla benzina e del bollo sulle auto a benzina superiori a una cilindrata di 1.600. Così le persone povere o senza lavoro non solo non incasseranno il reddito di cittadinanza ma, al contrario, finiranno per pagarlo attraverso la benzina, il bollo e la cancellazione delle altre agevolazioni.

Con questa misura non si rischia di scivolare verso un assistenzialismo diffuso?
Assolutamente sì, bisogna creare lavoro, non elemosina di Stato. Se una persona lavora per 800 euro al mese, e ce ne sono tantissime, non si capisce per quale motivo non dovrebbe incassarne 780 per non fare nulla. Il reddito di cittadinanza è l’anticamera della schiavitù, perché verrebbe tolto alla prime proposte di lavoro, qualunque esse siano. Ma soprattutto sarebbe un formidabile strumento per abbassare ulteriormente i salari, perché le imprese offrirebbero lavori con stipendi ancora più bassi di quelli attuali. La verità è che il M5S inganna gli elettori. Come per il referendum sull’euro, inattuabile anche perché richiederebbe l’ok dei due terzi del parlamento: l'avevano annunciato per la fine del 2015, lo stiamo ancora aspettando.

"Ha vinto M5S, dateci i moduli per il reddito di cittadinanza". E a Bari raffica di richieste
File a Porta Futuro, il servizio di Comune e Regione: "Sono una cinquantina le persone che tra ieri e oggi hanno chiesto i moduli per ottenere il reddito di cittadinanza, si tratta soprattutto di giovani"
08 marzo 2018

http://bari.repubblica.it/cronaca/2018/ ... -190768392

"Ha vinto il M5S, ora dateci i moduli per il reddito di cittadinanza": accade in alcuni Comuni della Puglia, anche a Bari, dove numerose persone dopo l'esito del voto si sono presentate ai Caf locali e, nel capoluogo, anche a 'Porta Futuro', il centro servizi per l'occupazione.

Gli episodi, già resi noti alla Gazzetta del Mezzogiorno dal sindaco di Giovinazzo (Bari), Tommaso Depalma, che ha parlato di file davanti ai Caf della città, si stanno verificando anche in queste ore.

A 'Porta futuro' a Bari, racconta il responsabile, Franco Lacarra, "sono una cinquantina le persone che tra ieri e oggi hanno chiesto i moduli per ottenere il reddito di cittadinanza, si tratta soprattutto di giovani".

Ovviamente - aggiunge Franco Lacarra - non si tratta di folle oceaniche, ma comunque è certo che molta gente è alla ricerca dei moduli per ottenere il reddito di cittadinanza e ci chiede informazioni". "Sono soprattutto i giovani - aggiunge - che ci chiedono informazioni, naturalmente anche i Caf potranno dare una descrizione su quello che sta accadendo".

Altri Caf del capoluogo smentiscono che ci sia un boom di richieste: "Vale l'effetto social: qualsiasi cosa che rimbalza si traduce in richieste ai nostri sportelli", sottolinea la dipendente di un centro servizi.

"A noi sindaci piacerebbe poter comunicare ai cittadini che il problema della disoccupazione è risolto e che per tutti quelli che non hanno lavoro c'è un Reddito di Cittadinanza, ma credo che i cittadini siano stati ammaliati da spot elettorali" ha commentato il sindaco di Giovinazzo, Tommaso Depalma (lista civica).

"Già da lunedì 5 marzo - racconta - dietro la porta dell'assessore ai Servizi sociali di Giovinazzo Michele Sollecito c'erano persone in fila per chiedere spiegazioni sul reddito di cittadinanza promesso dal M5S in caso di vittoria. La vittoria c'è stata, netta e inconfutabile, ma per il reddito di cittadinanza la vedo dura".


Richieste a Caf pugliesi: «Ha vinto M5S, dateci reddito di cittadinanza»
2018-03-08

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AEu5TfDE

«Ha vinto il M5S, ora dateci i moduli per il Reddito di Cittadinanza»: è accaduto in alcuni Comuni della Puglia, anche a Bari, dove numerose persone fra ieri e oggi si sono presentate ai Caf locali e, nel capoluogo, anche a “Porta Futuro”, il centro servizi per l’occupazione. Gli episodi, già resi noti alla Gazzetta del Mezzogiorno dal sindaco di Giovinazzo (Bari), Tommaso Depalma, che ha parlato di file davanti ai Caf della città, si stanno verificando anche in queste ore. A “Porta futuro” a Bari, racconta il responsabile, Franco Lacarra, «sono una cinquantina le persone che tra ieri e oggi hanno chiesto i moduli per ottenere il reddito di cittadinanza, si tratta soprattutto di giovani».

Caf Palermo, «no moduli» (anche in arabo)
Casi analoghi si sono verificati anche in Sicilia. Decine di persone si sono presentate al Caf “Asia” di piazza Marina, a Palermo, per chiedere i moduli, convinti che dopo la vittoria elettorale dei Cinque Stelle la misura fosse già in vigore. Da ieri pomeriggio è un continuo via vai per inoltrare la domanda al patronato dell’Ente nazionale di assistenza sociale ai cittadini (Enasc), tanto che i responsabili del Caf hanno dovuto affiggere fuori un foglio con la scritta in italiano e in arabo: «In questo Caf non si fanno pratiche per il reddito di cittadinanza». «Vengono in tanti - spiega Totò Barone, sindacalista di Asia, Alternativa sindacale autonoma - dopo il risultato elettorale del M5S che aveva proposto il reddito di cittadinanza, anche migranti. Qui le persone vengono per appuntamento per risolvere pratiche di lavoro; da due giorni la nostra attività è frequentemente interrotta da richieste di moduli per il reddito. Gira un modulo farlocco con il logo Inps e la scritta “Nun Teng Genio e Fatica”».
Disoccupati, giovani o stranieri: M5S primo nei collegi da record

L’assessore Giovinazzo: nessuna frenesia
Frena Michele Sollecito, assessore alle politiche sociali del Comune di Giovinazzo in Puglia. «Non c’è nessuna nuova frenesia per il reddito di cittadinanza proposto dai 5Stelle - sottolinea in una nota -, ma curiosità sì. E ieri e l’altro ieri la domanda dei richiedenti verteva sull’ipotetico futuro Reddito di Cittadinanza proposto dal Movimento. Ma nessun pugno sul tavolo o nessuna rivendicazione animata. Perché Giovinazzo non è una città di indolenti parassiti». E frena anche uno dei due coordinatori della Consulta dei Caf Massimo Bagnoli di Giovinazzo. Le richieste di moduli, spiega, sono un «fatto isolato». «Non ci risulta un fenomeno diffuso di richieste di reddito di cittadinanza ma questa notizia ci dice che i Caf sono un presidio per i cittadini. C’è stato invece un forte incremento delle richieste di Isee (l’indicatore della situazione economica) per ottenere il reddito di inclusione. A gennaio - conclude - l’aumento è stato del 30%».

M5S Puglia: è una bufala
Il Movimento 5 Stelle Puglia parla di «bufala». «Da questa mattina politici e giornali hanno lanciato una nuova bufala: fiumi di persone avrebbero preso d’assalto alcuni Caf e centri per l’impiego per richiedere il reddito di cittadinanza - si legge nella pagina Facebook -. È evidente che la lezione di queste elezioni politiche a qualcuno non sia bastata».




In altri paesi europei gli ammortizzatori sociali funzionano perché c’è il lavoro.
Magdi Allam
08/03/2018

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 4922625422

In Italia non funzionano perché non c’è il lavoro. Ciò che manca all’Italia non è il reddito di cittadinanza, ma il lavoro. In assenza del lavoro il Movimento 5 Stelle illude circa 18 milioni italiani poveri facendo loro credere che il reddito di cittadinanza diventerà un surrogato del lavoro da percepire illimitatamente.

Buongiorno amici. Vorrei chiarire meglio la mia valutazione critica sulla proposta centrale del programma del Movimento 5 Stelle: il reddito di cittadinanza. In Italia chi è inoccupato (non è mai entrato nel mondo del lavoro, o disoccupato (chi aveva un lavoro e l’ha perso), o esodato (chi in età avanzata ha perso il lavoro ma non percepisce la pensione), o precario (che lavora con contratti a tempo determinato), o sfruttato (che lavora in nero sottopagato), o che comunque percepisce un reddito o anche una pensione di invalidità o di anzianità al di sotto della soglia di povertà, ebbene lo è perché manca il lavoro regolarizzato, ben retribuito e stabile, non perché mancano gli ammortizzatori sociali, i centri di collocamento, i corsi di formazione gratuiti o addirittura retribuiti, i sindacati preposti alla tutela dei lavoratori, dei precari o dei disoccupati, le leggi che garantiscono il diritto al lavoro e la corresponsione di una retribuzione congrua a una vita dignitosa.

Ripeto: il problema dell’Italia è che manca il lavoro regolarizzato, ben retribuito e stabile, che consenta al lavoratore di vivere dignitosamente, di pianificare il futuro, di occuparsi adeguatamente della propria famiglia, di sentirsi soddisfatto realizzando un progetto di vita che dà un senso compiuto alla nostra esistenza.
Ecco perché, in questo contesto, immaginare di risolvere la tragica realtà di circa 18 milioni cittadini poveri, di cui circa 7 milioni che per sfamarsi fanno la fila alle mense dei poveri, di 4 milioni cittadini che non hanno alcun reddito, del 40% dei giovani disoccupati o inoccupati, di un terzo dei pensionati costretti a sopravvivere con meno di 500 euro al mese, offrendo loro un reddito di cittadinanza, concepito come un sussidio temporaneo nell’attesa che si trovi il lavoro, è una pia illusione sul piano finanziario ed economico, ed è una presa in giro degli italiani sul piano politico.

In Italia esistono già gli ammortizzatori sociali preposti a soccorrere i lavoratori, i disoccupati, i pensionati, le famiglie o gli invalidi in difficoltà. Esiste il sussidio di disoccupazione (assicurazione sociale per l’impiego), la Cassa integrazione guadagni e indennità di mobilità, l’assegno sociale, l’assegno emergenziale, l’assegno integrativo, il Sostegno per l’inclusione attiva, l’assegno di solidarietà, il Fondo di integrazione salariale, il reddito di inclusione, il reddito di inclusione sociale, il sussidio contro la povertà, i corsi di formazione gratuiti e talvolta retribuiti, i centri di collocamento, i centri di orientamento professionale, i lavori socialmente utili, le pensioni di invalidità, i fondi comunali, regionali, nazionali e europei per l’aiuto dei giovani, delle famiglie e degli anziani bisognosi.

In altri paesi europei gli ammortizzatori sociali funzionano perché c’è il lavoro. In Italia non funzionano perché non c’è il lavoro. Ciò che manca all’Italia non è il reddito di cittadinanza, ma il lavoro. In assenza del lavoro, il reddito di cittadinanza, alla stregua degli altri ammortizzatori sociali, si trasformano in un surrogato del lavoro che viene erogato per tutto il periodo contemplato e poi si ripiomba nella disoccupazione.

Il problema di fondo da affrontare e da risolvere è il lavoro. Il lavoro che produce beni e servizi a beneficio della collettività, rivitalizzando il circuito virtuoso della produzione e dei consumi, occupando il lavoratore, gratificandolo adeguatamente e contribuendo a dare un senso compiuto alla sua esistenza. Bisogna investire per favorire le imprese, soprattutto le micro, piccole e medie imprese che hanno storicamente rappresentato il volano dello sviluppo in Italia, affinché siano messe nella condizione di creare milioni di nuovi posti di lavoro, che si traducano in stipendi reali sostanziati dalla produzione di beni e servizi.
Viceversa, lasciar intendere a circa 18 milioni di italiani che la loro povertà, precarietà e sofferenza verrà risolta con il reddito di cittadinanza, in un’Italia dove manca il lavoro, significa illuderli che il reddito di cittadinanza diventerà un surrogato del lavoro, che potranno continuare a percepirlo illimitatamente. Hai voglia a precisare che dopo la terza offerta di lavoro rifiutata verrà tolto il reddito di cittadinanza. Se il lavoro non c’è, di quali offerte di lavoro parliamo? La proposta del Movimento 5 Stelle del reddito della cittadinanza come la bacchetta magica per risolvere la tragedia degli italiani disoccupati è sbagliata da tutti i punti di vista: finanziario, economico ed etico. Che sia stato il frutto di una ingenuità da dilettanti della politica o della spregiudicatezza di chi è assetato di potere, lo capiremo presto e saranno gli italiani a giudicare, a cominciare dal circa 33% di elettori che hanno riposto la loro fiducia nel Movimento 5 Stelle concependolo come l’unica vera alternativa alla classe politica che ha governato l’Italia della “Seconda Repubblica”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 10:01 am

Chi ride del reddito di cittadinanza non ha capito nulla di queste elezioni
Federico Plantera
9 marzo 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ni/4214273

E sarebbe bello poter scusare questo “equivoco” come un malinteso, un (estremamente goffo) tentativo di riconciliazione con una certa parte di elettorato. Invece no, perché il tam-tam sui social e le reazioni alla fake news delle code ai Caf meridionali per chiedere i moduli per il reddito di cittadinanza sono gli indicatori di tre fenomeni abbastanza chiari: un atteggiamento paternalistico a dir poco offensivo verso gli elettori del Sud; la negazione dei problemi strutturali di natura socio-economica che hanno portato non solo ai risultati delle recenti elezioni politiche, ma anche del referendum del 4 dicembre 2016; la cecità di fronte al fatto che il voto del Meridione, come già scritto da altri blogger su questo giornale, sia stato quasi un voto di classe.

In ogni caso, la chiara conclusione è che, anche dopo la mazzata ricevuta domenica scorsa, il centro-centrosinistra (elettori ed eletti) non ha capito nulla di queste elezioni. Dal “adesso che le elezioni sono andate così, cerchiamo i passaporti ed emigriamo” (qui alcuni utili suggerimenti per la scelta della meta) fino all’ironico “hanno vinto i 5 stelle, dov’è il mio reddito di cittadinanza?”, la vera domanda da porsi sembra un’altra: com’è possibile che, anche dopo una sonora batosta elettorale, non si plachi un certo bullismo di classe verso gli elettori dei partiti che, alla fine, sono usciti vincitori da quest’ultima tornata delle politiche? Ed è paradossale che a farlo siano proprio, per la maggior parte, gli elettori di quel partito che in teoria dovrebbe far riferimento alle classi più disagiate e che vivono maggiormente sulla propria pelle i problemi della disoccupazione, della diminuzione del reddito, della crescita delle disuguaglianze.

In molti si erano convinti che il voto di classe non esistesse più, e invece la realtà ha provato il contrario. E non è sbagliato parlare di bullismo di classe nel caso particolare, soprattutto quando ci si accorge che il consenso per il Partito Democratico cresce in maniera direttamente proporzionale alle maggiori disponibilità di reddito dei propri elettori. Stando al Centro Italiano Studi Elettorali diretto da Roberto D’Alimonte, il Pd è effettivamente diventato il partito delle élite? Potrebbe essere, ma sicuramente non è il partito delle classi disagiate.

A fronte di un guadagno medio a livello nazionale di 7 punti percentuali rispetto alle politiche del 2013, il Movimento 5 Stelle ha invece guadagnato circa 18 punti percentuali nelle 30 province italiane in cui incide maggiormente la presenza di disoccupati e inoccupati. Indovinate un po’? Tutte aree del Sud Italia.

Una tale boria nei confronti del voto del Sud ci dice due cose sullo stato di salute del centrosinistra italiano in questo momento, mentre volano gli stracci (comprensibilmente) su questioni di leadership: il fronte, quasi nella sua interezza, non è riuscito ad individuare le vere tematiche che preoccupano un elettorato decisamente non più moderato come in passato; che il paternalismo verso il voto del Sud rende alcuni elettori ed eletti non molto dissimili dagli atteggiamenti della Lega Nord degli anni 90 – che ora invece corteggia il meridione, e nel contesto, si può certo dire con un discreto successo (sic).

Quando il centrosinistra comincia a pensare che la disoccupazione, in particolar modo giovanile, sia quasi una scelta o un risultato scontato dovuto alla tendenza a un parassitismo di Stato per accaparrarsi welfare benefit e stare a casa da mammà, ogni progetto per il futuro e per rilanciarsi dopo i risultati di domenica muore sul nascere un po’ di più. E diciamocelo francamente: se così stanno le cose, se non si riesce a fare consapevolmente autocritica dedicandosi esclusivamente alle analisi della sconfitta per questioni di circostanza, beh, altro che vocazione maggioritaria. Quel 18% è abbastanza meritato.


Rodolfo Masiero
Abbiamo capito perfettamente. Il meridione è politicamente instabile. Ha votato alternativamente: DC PCI PSI MSI FI PD M5S. L'instabilità politica porta instabilità economica e sociale. In Germania votano lo stesso partito dal dopoguerra ed hanno un'economia invidiabile. Lo stesso vale per il Nord che vota per la stessa area politica dal dopoguerra.


M5S, Di Maio, nuovo appello: «Disposti a confronto, non deludere cittadini»
11/ marzo 2018

https://www.ilgazzettino.it/italia/poli ... 99678.html

«In tutta la campagna elettorale e subito dopo il voto ho detto che noi siamo disponibili al confronto con tutti per far nascere il primo governo della Terza Repubblica, la Repubblica dei cittadini. Questa occasione non può essere persa. I cittadini ci guardano e pretendono il massimo dalle persone che hanno eletto in Parlamento. Tutto il Movimento 5 Stelle e io in prima persona, non abbiamo alcuna intenzione di deluderli e faremo tutto il possibile per rispettare il mandato che ci hanno affidato. Mi auguro che tutte le forze politiche abbiano coscienza delle aspettative degli italiani: abbiamo bisogno di un governo al servizio della gente». Lo scrive il leader M5S Luigi Di Maio sul "Blog delle stelle".

Il leader M5S Luigi Di Maio ha lanciato un nuovo appello per la formazione del governo e cita le parole di ieri del presidente della Cei, cardinale Angelo Bassetti. «Faremo tutto il possibile per rispettare il mandato che ci hanno affidato. Mi auguro che tutte le forze politiche abbiano coscienza delle aspettative degli italiani: abbiamo bisogno di un governo al servizio della gente», scrive Di Maio dal blog, sottolineando: «Non abbiamo a cuore le poltrone ma che venga fatto ciò che i cittadini attendono da 30 anni».

«Politica vuol dire realizzare» diceva Alcide De Gasperi, ed è a questo che tutte le forze politiche sono state chiamate dai cittadini con il voto del 4 marzo. Più precisamente a realizzare quello che anche nella dottrina sociale della Chiesa viene chiamato 'bene comunè, che è ciò che noi in tutta la campagna elettorale abbiamo indicato come "interesse dei cittadinì", si legge nel post con cui Di Maio intende così replicare alle parole pronunciate ieri da Assisi dal cardinal Bassetti. Il presidente della Cei infatti aveva auspicato che il prossimo governo sia »al servizio della gente».

«In tutta la campagna elettorale e subito dopo il voto ho detto che noi siamo disponibili al confronto con tutti per far nascere il primo governo della Terza Repubblica, la Repubblica dei cittadini. Questa occasione non può essere persa. I cittadini ci guardano e pretendono il massimo dalle persone che hanno eletto in Parlamento». Scrive ancora Di Maio, «Anche la settimana prossima sarà molto importante per il destino del nostro Paese. La partecipazione non si esaurisce con il voto. Continuate a informarvi e ad appassionarvi».

«Abbiamo messo al primo posto la qualità della vita dei cittadini che vuol dire eliminazione della povertà (con la misura del Reddito di Cittadinanza che è presente in tutta Europa tranne che in Italia e in Grecia), una manovra fiscale shock per creare lavoro, perché le tasse alle imprese sono le più alte del Continente, e finalmente un welfare alle famiglie ricalcando il modello applicato dalla Francia, che non a caso è la nazione europea dove si fanno più figli, per far ripartire la crescita demografica del nostro Paese. La nostra attenzione sarà massima anche su altri fronti come quello della lotta alla corruzione, dell'eliminazione della burocrazia inutile con 400 leggi da abolire, del rispetto dell'ambiente», conclude.


Il reddito di cittadinanza in Germania
https://www.facebook.com/ilprediletto/v ... 3687387970


???
Grecia, al via reddito minimo garantito per 700mila persone (7% della popolazione)
di Francesco De Palo | 16 ottobre 2014

https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/1 ... ne/1157368

Al via ufficialmente in Grecia il reddito minimo garantito, con un’operazione pilota in 13 comuni del paese, mentre nel 2015 sarà estesa a tutte le regioni. L’aiuto finanziario sarà direttamente legato alla situazione economica del beneficiario ed è pari in media a 400 euro al mese per una famiglia con due figli minori e senza altri redditi certificati. I beneficiari saranno 700mila (7% della popolazione) e il fondo va da 850 milioni a un miliardo di euro. La manovra messa in atto dall’esecutivo conservatori-socialisti mira secondo alcuni analisti ad attirare i voti dei delusi verso le forze di larghe intese al governo, in vista di probabili elezioni anticipate a marzo, e togliere terreno al Syriza di Tsipras che i sondaggi danno al 30%, con Nea Dimokratia del premier Samaras solo al 19%.

La Grecia è l’ultimo paese dell’Unione europea ad attuarla. “Oggi stiamo lanciando un moderno strumento di politica sociale che proteggerà i deboli e riabiliterà coloro che rischiano di essere lasciati in disparte” ha detto il primo ministro. Come detto, la misura sarà attuata nelle città di Dramma Edessa, Grevena, Ioannina, Karditsa, Lefkada, Missolungi, Halkida, Kallithea, Tripoli, Samos, Syros e Gazi Creta ed è stato reso possibile grazie alle eccedenze date dagli avanti primari. L’attuazione dell’istituto sarà basata sulla cooperazione con la Chiesa e le autorità governative locali. Per fornire il reddito minimo garantito sarà necessario esibire il reddito disponibile dell’anno in corso intrecciato con la situazione economica complessiva del richiedente. L’importo varierà da un minimo di 100 euro a famiglia, integrato da altri 100 euro per ogni adulto e 50 euro per ogni figlio, il che significa che in media questo reddito sarà compreso tra i 250 e i 500 euro a nucleo familiare.

Tra i pilastri della misura, il reddito reale annuale che deve essere inferiore alla soglia di reddito minima sotto la quale si è considerati poveri. Chi è sposato e senza figli può arrivare ad ottenere 200 euro al mese, 2.400 euro all’anno; una coppia senza figli 300 euro al mese; una coppia con un figlio minorenne 350 uro al mese; una coppia con due figli minori 400 euro; una coppia con bambino 1 adulto 400 euro e così via. Privilegiati i soggetti portatori di handicap, con particolari esigenze nutrizionali, mentre per quanto riguarda i beni posseduti i destinatari ammessi saranno solo quelli che abbiano un valore complessivo imponibile dei beni immobili non superiore a ai 90mila euro per persona. Protestano le opposizioni. Il partito comunista greco del KKE definisce la misura “solo una beffa”, aggiungendo che “sono le briciole che il governo darà a coloro che vivono in estrema povertà”. E propone di contro una serie di misure urgenti per proteggere i disoccupati, con indennità per tutta la durata della disoccupazione, ripristinando la tredicesima e la quattordicesima abrogati dal memorandum della troika.

Grecia, dal governo Tsipras reddito sociale ai migranti: 399 euro al mese
di Penelope Corrado
lunedì 2 gennaio 2017

http://www.secoloditalia.it/2017/01/gre ... ro-al-mese

A partire da marzo, i migranti in Grecia riceveranno una somma di denaro per comprarsi da soli il cibo. Lo ha annunciato il ministro ellenico per i Migranti, Ioanis Mouzalas. Ogni famiglia di migranti residente sulla terra ferma riceverà 399 euro, un euro in meno del reddito minimo garantito alle famiglie greche.

Ai migranti lo stesso sussidio di povertà dei greci

Dalla misura saranno esclusi i 16mila migranti nei campi di accoglienza nelle isole, che continueranno a ricevere aiuti alimentari, ma verranno distribuiti in campi più piccoli. Il ministro del governo di estrema sinistra guidato da Tsipras ha sottolineato che non potranno essere trasferiti sulla terra ferma, in modo da facilitare gli accordi stretti fra Ue e Ankara per il rinvio dei migranti in Turchia.

Tsipras foraggia i migranti con i soldi dell’Ue

Il premier greco Alexis Tsipras sta forzando la mano con Bruxelles sul fronte della spesa pubblica. Nei giorni scorsi la decisione del governo greco di distribuire bonus natalizi ai pensionati greci ha provocato nuove tensioni tra i creditori che dal 2010 garantiscono aiuti finanziari alla Grecia. Anche la Commissione Ue ha criticato la decisione dei ministri delle Finanze di sospendere il previsto alleggerimento del debito pubblico greco. Un surplus che adesso riguarda anche i migranti che arrivano in Grecia. Sovvenzionati a spese dell’Unione europea. Quindi anche dell’Italia.


....
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Re: Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 10:01 am

2) fuori dall'euro, sovranità monetaria e stampa forsennata di cartamoneta, aumento a dismisura del debito pubblico, aumento delle tasse e depredazione del Nord;


Beppe Grillo parla di sovranità monetaria
https://www.youtube.com/watch?v=aE4qkBkxeBM

Beppe Grillo sul debito pubblico, banche, sovranita' monetaria,Europa, tasse e governo.
https://www.youtube.com/watch?v=l09oHvbIs24

BEPPE GRILLO CONTRO L'EURO. VOGLIAMO LA SOVRANITA' MONETARIA
https://www.youtube.com/watch?v=C-Dcu33UPzQ
Beppe Grillo a Trento: vogliamo la sovranità monetaria. Vogliamo uno Stato nostro e una banca di Stato.


Il rapporto conflittuale tra di Di Maio, l'euro e la logica
di Luciano Capone
2017/12/29

https://www.ilfoglio.it/politica/2017/1 ... ote-170933

Roma. Il Movimento 5 stelle e l’euro, un rapporto conflittuale. Come quello tra Luigi Di Maio e la logica. Pochi giorni fa il candidato premier del M5s aveva dichiarato di non essere favorevole all’uscita dell’Italia dall’Eurozona, ma che in caso di referendum sull’euro avrebbe votato a favore dell’uscita dall’unione monetaria. “Se dovessimo arrivare al referendum, che per me è l’extrema ratio – ha detto in televisione su La7 – è chiaro che io sarei per l’uscita, perché vorrà dire che l’Europa non ci ha ascoltato su nulla”. Questo cortocircuito logico, che il M5s cerca da tempo di nascondere, è emerso in tutta la sua contraddittorietà e ha alimentato critiche sulla poca chiarezza del M5s su una questione fondamentale.

Ieri, intervistato dal Fatto quotidiano, a una nuova domanda su cosa voterebbe in un referendum sull’euro, Di Maio risponde che non risponde: “Non mi soffermo più su questo argomento, perché dà adito solo a strumentalizzazioni. Io confido che il referendum non si debba fare, anche perché l’Europa è molto cambiata”. E cos’è cambiato? “La Germania non riesce a formare un governo, in Portogallo c’è un governo di minoranza, e in Francia i partiti tradizionali sono stati spazzati via. In questo quadro per l’Italia ci sono maggiori spazi per farsi sentire in sede europea”.

Insomma, dato che ora Lisbona è politicamente debole – come se il Portogallo dettasse legge in Europa e fosse la testa del blocco dell’austerity insieme alla Germania (e non un paese mediterraneo in condizioni e con esigenze simili a noi) – l’Italia potrà finalmente far sentire la sua voce e imporre a tutti gli stati la revisione dei trattati europei secondo le esigenze e volontà italiane (tanto il Portogallo ha un governo di minoranza, chi vuoi che si opponga in Europa). Se invece, nonostante la debolezza di Lisbona, uno dei tanti paesi dell’Unione dovesse opporre qualche resistenza, allora a quel punto il governo M5s sfodererà l’arma segreta, l’extrema ratio: il referendum sull’euro. Se non faranno come dice lui, Di Maio intimidirà i partner seduti attorno al tavolo di Bruxelles con l’uscita dell’Italia dall’unione monetaria. Un po’ come se per fare una rapina un ladro minacciasse gli sportellisti della banca puntandosi la pistola alla tempia: “Se non mi date tutti i soldi mi sparo!”. Un piano d’azione alla Wile E. Coyote, che neppure un teorico dei giochi del calibro di Yanis Varoufakis, il ministro delle finanze che ha condotto la Grecia sull’orlo del baratro, sarebbe in grado di elaborare.

In ogni caso per poter approfittare della debolezza del governo di minoranza del Portogallo, è necessario che l’Italia abbia un governo forte. E qual è il piano di Di Maio per avere un esecutivo saldo in sella? Un governo di minoranza! Come in Portogallo. “La sera del voto lanceremo un appello a tutti i partiti, e proporremo un tavolo per un’intesa sui programmi, senza scambi di poltrone”, quindi niente alleanze. Il governo di minoranza del M5s si terrà in piedi grazie all’appoggio esterno dei “partiti tradizionali”, quelli che in Francia “sono stati spazzati via”.

In sintesi, il “piano Di Maio” per la prossima legislatura è questo. Il M5s non avrà la maggioranza dei seggi ma convincerà i partiti della casta collusi con il vecchio sistema marcio a votare la fiducia al governo Di Maio senza avere nulla in cambio. Poi il premier Luigi Di Maio, forte del suo governo di minoranza, costringerà tutti i paesi dell’Unione europea – deboli a causa del governo di minoranza del Portogallo – a cambiare i trattati come dice lui senza avere nulla in cambio. Tutto questo verrà fatto perché Di Maio non vuole portare l’Italia fuori dall’euro. Ma se i paesi europei non faranno quello che vuole lui, allora lui farà quello che non vuole: l’Italia esce dall’euro. La chiama “extrema ratio”, ma di ragione neppure l’ombra.


Di Maio: «Euro? Non è più il momento di uscire»
Alessandro Trocino
l’INTERVENTO A PORTA A PORTA
9 gennaio 2018

http://www.corriere.it/politica/18_genn ... 8122.shtml

Il candidato premier del M5S: «L’asse franco-tedesco non è più così forte, il referendum sulla moneta unica extrema ratio. Candidati esterni? Noi aperti, ci rafforzano»

Uscire dall’euro? «Non è più il momento». I candidati esterni? «Rafforzeranno il nostro gruppo». Il suo ruolo? «Tutelare il Movimento dagli approfittatori». Luigi Di Maio presenta così a Porta a Porta il nuovo M5S a sua immagine e somiglianza. E attacca il Pd per la vicenda dei rifiuti di Roma: «È sempre successo che in un periodo di picco come le ferie, Roma mandasse i rifiuti in altre regioni. Dico al Pd: smettetela di fare campagna elettorale sulle spalle dei romani».

Il capo politico dei 5 Stelle fa un ennesimo passo lontano dall’antieuropeismo di qualche mese fa e rassicura l’elettorato che non ci saranno strappi: «Non credo che sia più il momento per l’Italia di uscire dall’euro, perché l’asse franco-tedesco non è più così forte e spero di non arrivare al referendum sull’euro che comunque per me sarebbe una extrema ratio». Nella sua prospettiva, Di Maio immagina un 5 Stelle vincente, che va a governare: «Se saremo quelli con più voti non vedo alternative, credo che il presidente Mattarella debba dare l’incarico a chi è in grado di costruire una maggioranza». Naturalmente, la questione che si pone è come faranno a crearla questa maggioranza, vista la nota allergia alle alleanze con gli altri partiti: «Se non avremo la maggioranza, il mio appello, la sera delle elezioni, sarà rivolto ai gruppi, per avere una maggioranza che sostenga una squadra di governo che annunceremo prima del voto. Non voglio cambi di casacca: farò appelli ai gruppi, con incontri trasparenti».

Per ottenere un buon risultato, Di Maio ha aperto il Movimento, finora blindato ai soli iscritti di lungo corso, anche a personalità esterne, nonostante i molti mugugni: «Faccio un appello alle migliori persone che hanno voglia di fare. Se volete cambiare questo Paese, il M5S è aperto. E ho apprezzato che anche chi ha tanto da perdere si metta in gioco con le parlamentarie. Le farà anche Gregorio De Falco». Allusione alle polemiche nate per un vecchio post del comandante De Falco contro Alessandro Di Battista: «Ho sentito De Falco — spiega Di Maio — e mi ha detto che era solo una battuta». Il capo dei 5 Stelle prova a ridimensionare il ruolo di Davide Casaleggio: «Non ha incarichi decisionali, manda solo avanti Rousseau, a costo zero». E lancia alcuni temi per la prossima legislatura: l’introduzione in Costituzione del vincolo di mandato per i parlamentari; un programma di «investimenti ad alto deficit, con grandi opere»; e il reddito di cittadinanza, grazie al quale «nessuno sarà mai più sotto la soglia di povertà».



Il falso mito della sovranità monetaria
viewtopic.php?f=94&t=2490




Luigi Di Maio, la svolta sulla politica estera: "Restiamo nell'Unione europea e nella Nato"
13 Marzo 2018

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... -nato.html

Luigi Di Maio prosegue nella sua manovra a passo di gambero verso le consultazioni al Quirinale per la formazione del governo. Messo da parte il progetto di regalare un salario a tutti gli italiani disoccupati con il famigerato "reddito di cittadinanza", l'aspirante premier grillino è riuscito a fare retromarcia anche su altri cavalli di battaglia del Movimento Cinque Stelle sull'opposizione all'Europa e alla Nato.

Davanti ai giornalisti della stampa estera, Di Maio da un lato ha ammesso che "queste elezioni sono state uno schiaffo al vecchio modo di fare politica: è un segnale che va colto. Questo voto è stato un voto postideologico". Dall'altro però rivela la vera posizione dei grillini con Bruxelles: "Se dovessimo andare al governo, come spero, la nostra linea non è isolare l'Italia ma che sia un Paese che comunica il più possibile con il resto del mondo. L'Italia con noi resterà nell'Unione europea, con l'ambizione di cambiare le cose che non funzionano. Non credo - ha aggiunto - che ci sia da stravolgere la politica estera dell'Italia, ma farla valere di più. Mi chiedono se il mio primo viaggio da premier lo farei a Mosca o negli Usa, io dico Bruxelles".

La solfa non cambia anche sulla Nato: "L'Italia resterà un Paese della Nato, cercando sempre di migliorare le cose. Penso a una conferenza di pace sulla Libia qui a Roma. Non c'è da stravolgere la politica estera, ma far valere di più l'Italia nel mondo e soprattutto a Bruxelles".
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Re: Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 10:01 am

3) sostegno finanziario pubblico alla rendita predatoria dei nazi-zingari;


Ora la Raggi vuole mettere i rom negli hotel
Francesco Curridori Alessandra Benignetti
Gio, 05/10/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... emiciclo/1

“I campi rom saranno chiusi e superati”. Virginia Raggi lo ha detto più volte in campagna elettorale ma, ora, a distanza di un anno, questa appare l’ennesima promessa non mantenuta. Alla prova dei fatti il tanto sbandierato piano di superamento dei campi rom sembra già essere un flop.
Il piano della Raggi per chiudere i campi rom

Il Campidoglio, infatti, lo scorso 30 settembre, ha annunciato la chiusura del Camping River, un campo nomadi nei pressi di via Tiberina, che ospita circa 420 persone, di cui 190 bambini, dopo aver deciso di non concedere un’ulteriore proroga alla cooperativa Isola Verde che negli ultimi 12 anni ha gestito l’insediamento per affidamento diretto. Per facilitare la fuoriuscita dei nomadi dal campo il sindaco Raggi aveva messo a disposizione di ogni famiglia un contributo massimo di 10mila euro - pari a 800 euro mensili – per cercare una casa in affitto. Trovare un’abitazione alternativa, però, è stato praticamente impossibile per la stragrande maggioranza delle famiglie rom. Così il Comune, pur di assicurare lo smantellamento del campo, ha previsto, come soluzione temporanea, che i rom possano alloggiare per un massimo di sei mesi in alberghi, agriturismi e bed and breakfast a spese del Campidoglio.


I rom ospiti del Camping River senza alternative

Una soluzione che, però, sembra non convincere nessuno, a cominciare dagli stessi nomadi.“Noi per primi siamo per la chiusura dei campi, ma in modo più dignitoso e non in sei mesi - spiega Vincenzo, uno degli operatori della cooperativa Isola Verde che finora ha gestito il campo e che si prepara a lasciarlo definitivamente nel giro di pochi giorni - la loro intenzione non è quella di andare in un albergo, vogliono una casa e un lavoro”. “La Raggi – sottolinea - è l’unico sindaco a non aver mai visitato questo campo, definito da tutti un’eccellenza nel panorama romano e ciò che ci sorprende è che i grillini abbiano deciso di far partire il loro piano di superamento dei campi proprio da quello che, paradossalmente, funziona meglio”. Qui, infatti, il 90% dei bambini frequenta la scuola ed è qui che, negli anni, sono stati trasferiti i casi più fragili, come anziani e disabili. Come Nicla, padre di tre bambini che abita nel campo da 12 anni e che da due anni vive con 300 euro di pensione d’invalidità in attesa del trapianto di un rene:“Stiamo cercando casa con le agenzie immobiliari ma ci dicono: ‘siete zingari’ e non ce la danno”. Anche una giovane ragazza rom ci conferma la stessa cosa: “Ci hanno garantito 10mila euro ma le agenzie non ci accettano perché dobbiamo dare l’anticipo per il proprietario. E quando diciamo che siamo serbi o bosniaci capiscono che siamo rom e ci dicono che la casa è già affittata”. “In fondo c’è anche un po’ di razzismo”, mormora la ragazza. “Il problema è che nessun proprietario ha creduto che queste persone, finiti i 10mila euro, potessero pagarsi un affitto autonomamente”, ci spiega, infine, l’operatore. I rom, insomma, in assenza di un’alternativa migliore preferirebbero rimanere nel campo: “Qui non è brutto - aggiunge la ragazza - abbiamo l’acqua e tutto il resto, ma se il Comune ci toglie i servizi qui diventerà peggio di Castel Romano”.

Un timore che trova conferma nelle parole di Michela Ottavi, volontaria della cooperativa ed ex assessore alle Politiche sociali del XV Municipio: “Abbiamo dovuto rescindere i contratti di manutenzione e gli impianti fognari e di depurazione, che sono di proprietà della cooperativa, il mese prossimo smetteranno di funzionare”. “Ieri, infatti, la presidente ha già inviato le prime lettere di licenziamento”. “Il rischio – spiega la volontaria - è che, senza personale di vigilanza, vengano a stabilirsi qui da altri campi e che diventi una terra di nessuno”. Una prospettiva allarmante determinata dalla consapevolezza che il campo non può essere sgomberato con la forza, vista l’elevata concentrazione di bambini, e dal fatto che“su 67 nuclei familiari ben 47 non sono ancora stati sentiti dal Comune di Roma per la firma del cosiddetto patto di solidarietà”.


Le reazioni politiche e la contrarietà delle associazioni pro rom

L’attuale presidente pentastellato del XV Municipio, Stefano Simonelli, in effetti, mostra un certo nervosismo nell’affrontare l’argomento:“Non siamo dei mediatori, possiamo supportare i rom ma sono loro che devono andare a cercarsi la casa, il Comune non può fare le contrattazioni per loro”. Simonelli, sentito al telefono da ilGiornale.it, ribadisce che la sua speranza è quella di sgomberare il campo nel più breve tempo possibile ma non vuol sentir parlare né di ruspe né di alberghi.“Non è corretto parlare di alberghi che sono solo una delle strutture ricettive adibite all’ospitalità” precisa e si inalbera quando gli facciamo presente che dal 30 settembre quel campo è di fatto abusivo e presto i rom che vi abitano rischiano di rimanere senza acqua né luce. “Ma che sta dicendo? Nessuno vuole interrompere acqua e la luce a nessuno”, taglia corto il presidente del municipio. Insomma, dal Municipio sembrano non sapere che pesci prendere. E intanto le opposizioni attaccano.

“La mancanza di progettualità dei grillini ha voluto che fosse proprio questo il primo campo ad esser chiuso anche perché si trova in un’area privata - spiega Giorgio Mori, ex consigliere del XV Municipio e responsabile immigrazione di Fratelli d’Italia, sentito da ilGiornale.it - tutto questo, però, paradossalmente, sta per generare un effetto per nulla virtuoso”. “Abbandonate a sé stesse queste aree saranno infatti occupate da ospiti di tanti altri campi e il rischio è che quest’area si trasformi in un Castel Romano due”, dice Mori riferendosi al maxi campo nomadi sulla via Pontina, dove mancano i servizi essenziali. E a definire “una bufala” il piano del comune ci si mettono anche le associazioni dei rom. “La soluzione degli alberghi non è sostenibile economicamente anche perché così si resta nell’assistenzialismo”, accusa Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 Luglio. Insomma, il piano del Comune è partito con il piede sbagliato, accusa il presidente della 21 luglio: “Chi sarebbe disponibile a dare una casa a una famiglia che non ha né lavoro né reddito a fronte di una promessa di un aiuto parziale per un periodo limitato?”.


Beffa Capitale, la Raggi offre 10mila euro a nucleo rom per lasciare Roma
di Penelope Corrado
mercoledì 3 gennaio 2018

http://www.secoloditalia.it/2018/01/bef ... ciare-roma

Biglietto aereo e affitto per due anni pagato nel Paese dove il rom viene rimpatriato. Oppure, in alternativa, un assegno da diecimila euro da versare all’intero nucleo familiare per fargli lasciare l’insediamento abusivo e tornare nella nazione d’origine. È questo il nuovo piano della giunta Raggi per risolvere la piaga dei campi rom. La misura è stata discussa in Campidoglio nei giorni scorsi ed è stata anticipata dal quotidiano romano, Il Messaggero.

Con la Raggi gli insediamenti rom sono aumentati

La sindaca Raggi e il suo assessore Linda Meleo non si aspettavano il fallimento del piano che avevano annunciato in pompa magna sei mesi fa. La situazione è addirittura peggiorata con la trasformazione, di fatto, del Camping River da struttura autorizzata a un nuovo maxi-insediamento abusivo. Il centro sulla Tiberina doveva chiudere ufficialmente il 30 settembre. Il risultato? Oggi ci sono 400 persone, che non hanno alcune intenzione di lasciare il campeggio, ormai diventato un simbolo del degrado della Roma pentastellata.

Viaggio di ritorno in Romania e affitto pagato per due anni

Non è servito a niente neanche il nuovo piano di incentivi economici per i rom. A novembre la Raggi ha puntato sulle famiglie romane. Mille euro al mese a chi si sarebbe reso disponibile ad ospitare un rom. Una sola famiglia su cento contattate ha dato la sua adesione. Da qui la scelta di rilanciare con questa cifra astronomica di diecimila euro per ogni nucleo familiare. Nelle intenzioni della giunta Raggi la somma dovrebbe servire a pagare il volo di ritorno nelle rispettive città d’origine e l’affitto di un alloggio in loco per un arco di tempo di due anni. In Romania, ad esempio, scrive Il Messaggero, il canone di affitto mensile di un appartamento è pari a circa 150 euro. In particolare per i nomadi del Camping River, che sono in maggioranza romeni, il Comune potrebbe prevedere un contributo economico di circa 3600 euro a famiglia. Il rischio? Che i beneficiati intaschino i soldi, vadano a fare una gita in Romania a trovare i parenti e poi tornino a Roma più agguerriti di prima. Grazie alla signora Raggi.



Ecco cosa scriveva Grillo nel 20017

Grillo: "I rom sono una bomba a tempo Sconsacrati dai politici i confini della Patria" - Politica
Il comico-politico genovese spara a zero dal suo blog contro l'Europa a 25 e chiede perché non è stata fatta una moratoria o, "almeno un serio controllo all'ingresso"
anno 20017

http://www.repubblica.it/2007/09/sezion ... i-rom.html

- "Una volta, i confini della Patria erano sacri, i politici li hanno sconsacrati". Beppe Grillo riparte all'attacco e, questa volta, sul suo blog si occupa dei rom. "Una bomba a tempo" la definisce "che va disinnescata".

"Un Paese non può vivere al di sopra dei propri mezzi - scrive Grillo sotto il titolo "I confini sconsacrati" -. Un Paese non può scaricare sui suoi cittadini i problemi causati da decine di migliaia di rom della Romania che arrivano in Italia". Ed ecco la critica diretta a Prodi e al suo governo: "L'obiezione di Valium è sempre la stessa, 'la Romania è in Europa', ma cosa vuol dire Europa? Migrazioni selvagge di persone senza lavoro da un Paese all'altro? Senza la conoscenza della lingua, senza possibilità di accoglienza? Ricevo ogni giorno centinaia di lettere sui rom. E' un vulcano, una bomba a tempo. Va disinnescata".

"Si poteva fare una moratoria per la Romania, è stata applicata in altri Paesi europei. Si poteva fare un serio controllo degli ingressi. Ma - recrimina Grillo - non è stato fatto nulla". "Un governo che non garantisce la sicurezza dei suoi cittadini a cosa serve, cosa governa? Chi paga per questa insicurezza sono i più deboli, gli anziani, chi vive nelle periferie, nelle case popolari. Una volta - conclude - i confini della Patria erano sacri, i politici li hanno sconsacrati".

E nel suo blog, Grillo rafforza il concetto citando un ampio stralcio di una lettera di un certo Nicola B. che ha casa, amici, azienda e parenti in Romania, ma non sopporta i romeni e ritiene "una follia" l'allargamento a 25 dell'Europa: "Mia moglie è rumena! Mia nonna era croata! Ma io sono italiano! I miei figli saranno italiani! Mia moglie è diventata italiana! Dà un contributo anche lei alla mia famiglia... alla mia casa... a questa nazione! Chi non lo merita BASTA! fuori! Fuori da questo Stato! Schengen non è servito a nulla! Non serve a noi italiani o ai tedeschi! Serve solo a questi ad approfittarne per venire qui e fare quello che vogliono! Lottiamo ogni giorno contro la mafia! La povertà! Di problemi in Italia ne abbiamo infiniti! Non siamo neppure noi pronti ad accoglierli! Non possiamo dargli le case! I nostri padri hanno sudato e lavorato per costruire questa nazione! BASTA! Sono di sinistra... ero di sinistra! Ora basta! Fuori il marcio dai nostri confini... dalle nostre carceri... dalle nostre strade!! Benvenuto chi invece ha voglia di lavorare e progredire insieme! VIVA l'ITALIA!"




Giornata europea delle vittime del nazismo mafioso zigano
viewtopic.php?f=150&t=2610
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Re: Il pacco dei 5 Stelle, le scimmie dell'orango genovese

Messaggioda Berto » mer mar 07, 2018 10:01 am

4) apertura all'immigrazione di massa dall'Asia e dall'Africa incentivata e sostenuta con il reddito di cittadinanza;


SCOPRI CHE COSA HA DETTO GRILLO SULL'IMMIGRAZIONE...
https://www.youtube.com/watch?v=gxlFouXh__4


“Italiani non fanno figli, serve più immigrazione”. Grillo a favore della Grande Sostituzione

http://www.ilprimatonazionale.it/politi ... ione-55353

GrilloRoma, 2 gen – Ennesima capriola di Grillo sul tema dell’immigrazione. Solamente qualche giorno fa sulla scia dell’attentato di Berlino il leader dei 5Stelle parlava di ‘immigrazione fuori controllo’ e di ‘rimpatriare subito tutti gli irregolari’, suscitando molte perplessità tra dirigenti e base militante.Nel suo discorso di fine anno invece l’ex-comico torna a parlare dell’immigrazione in modo totalmente diverso: “Oggi siamo indietro: siamo un popolo di vecchi, non ci stiamo accorgendo che stiamo invecchiando. Nel 2025 ci saranno più 60enni che 18enni. Che cosa faremo? Un vecchio invecchia negli ultimi due anni di vita, perché in quei due anni costa alla società come tutta la sua precedente vita, in farmaci. Non abbiamo natalità. Nel contempo blocchiamo l’immigrazione o non inseriamo l’immigrazione in un modo logico: senza essere né di destra, né di sinistra, ma in un modo razionale, creando corridoi umanitari, controllando chi arriva in Italia”.

Oltre a sposare i soliti luoghi comuni della sinistra sugli immigrati che scappano dalla guerra e che ci pagheranno le pensioni (entrambe bufale smentite dai dati reali), Grillo sostiene la tesi secondo la quale invece di investire in provvedimenti che aiutino gli italiani a fare figli bisogna spalancare le porte ai ‘nuovi italiani’.

Non c’è da stupirsi più di tanto considerate le infinite ambiguità e prese di posizione immigrazioniste da parte dei Pentastellati.


«Altro che invasori», quando Grillo difendeva gli immigrati
Marco Morosini giovedì 4 maggio 2017

https://www.avvenire.it/attualita/pagin ... -immigrati

Un articolo firmata da Beppe Grillo nel 2004 possono aiutare a buttare un po’ d’acqua sul fuoco che qualche politico attizza contro coloro che salvano dal mare migliaia di migranti

«Con una percentuale di stranieri molto più bassa di quella svizzera (due su dieci) o tedesca (uno su dieci), in Italia il governo, alcuni politici e alcuni mezzi di comunicazione stanno fomentando una psicosi da paese invaso».

Queste parole firmate da Beppe Grillo nel 2004 possono aiutare a buttare un po’ d’acqua sul fuoco che qualche politico attizza contro coloro che salvano dal mare migliaia di migranti.

«Ma chi sono davvero gli invasori?», scriveva Grillo in Internazionale del 10 settembre 2004. «Perché il governo italiano (Berlusconi era Presidente del consiglio; ndr) parla solo delle impronte digitali degli extracomunitari e non parla mai delle impronte ecologiche degli italiani? L’impronta ecologica – continuava Grillo – è un indicatore molto utile sviluppato da Mathis Wackernagel (footprintnetwork.org). Essa è la quantità di territorio fertile necessaria per produrre le risorse e per assorbire i rifiuti e le emissioni generati dai consumi di un popolo. Comparando le loro diverse impronte ecologiche si può vedere quali nazioni consumano più natura di quella che hanno sotto i piedi e quali ne consumano di meno. (…) Una parte degli ettari fertili brasiliani, per esempio, serve a produrre legnami, arance e caffè consumati dagli europei, e ad assorbire nelle foreste una parte dell’anidride carbonica prodotta dagli europei bruciando carbone, petrolio e gas. In Italia disponiamo di un ettaro fertile a testa, ma ne adoperiamo quattro a testa. Quindi, per sostenere il nostro livello di consumi materiali noi utilizziamo molto più territorio fertile di quello su cui viviamo».

Quando faceva il comico Grillo aveva spesso una visione d’insieme che sembra persa nel corpo a corpo, giorno per giorno, della lotta tra partiti politici.

«In Europa – scriveva – siamo il paese che si riproduce di meno e che, per molti tipi di merci, consuma di più. Mentre le nostre discariche rapidamente si riempiono, i nostri asili lentamente si svuotano. Tutti impegnati a produrre e consumare, in Europa sembriamo dimenticare due cose. Primo: occorre un certo equilibrio tra produzione e riproduzione. Mentre ci ingozziamo sempre più di pubblicità per riuscire a vendere tutto quello che produciamo, l’Europa avrebbe bisogno di mezzo milione di immigrati ogni anno se volesse continuare a produrre e consumare tutte queste mercanzie. Se allora lavorassimo un po’ di meno – per esempio 20-30 ore alla settimana – e ci dedicassimo di più alla riproduzione, alla famiglia, alla cultura, agli amici? Secondo: noi europei abbiamo invaso gli altri continenti per quasi cinquecento anni e non siamo andati per il sottile: schiavismo, massacri, stermini di interi popoli, annientamento di culture millenarie, depredamento di risorse naturali. I crimini degli attuali trafficanti di clandestini o della piccola delinquenza importata impallidiscono di fronte a quelli che i nostri eserciti e molti dei nostri mercanti hanno commesso fino a ieri nel mondo. Dopo cinquecento anni il pendolo delle migrazioni inverte il suo corso e l’Europa diventa stazione di arrivo invece che stazione di partenza. Dovremmo solo ringraziare il cielo che anche i migranti sembrano aver perso come noi la memoria della storia: invece di venire a regolare i conti di secoli di rapine, vengono in Europa per lavorare e pagano le nostre pensioni al posto dei figli che non facciamo. Eppure c’è chi riesce lo stesso a odiarli».

Internazionale, numero 556, 10 settembre 2004, "L'impronta dell'invasore", Beppe Grillo



Grillo: “Fuori tutti gli immigrati irregolari”. Ma serve una politica dei rimpatri europea
Marcello Sorgi
2016/12/24

http://www.lastampa.it/2016/12/24/itali ... agina.html


«Chi ha diritto di asilo resta in Italia, tutti gli irregolari devono essere rimpatriati subito a partire da oggi». Parola di Beppe Grillo. Che chiede anche la revisione di Schengen. Ma si fa presto a dire rimpatrio immediato per tutti gli irregolari, la realtà è tutt’altro che semplice.

Si è dimostrato a più riprese un punto sul quale ancora non si riesce a trovare alcun accordo, in primis tra i Paesi europei stessi, e ancora più difficilmente sarà possibile trovarlo tra i Paesi a Sud del Mediterraneo senza che abbiano nulla in cambio. La Germania, puntando il dito sulle autorità tunisine, accusate di aver ritardato la consegna dei documenti per il rimpatrio di Anis Amri, ha scoperchiato il fallimento della cooperazione tra sponda Sud e Nord del Mediterraneo. Ma un’iniziativa c’era, rimasta lettera morta: quella dell’Italia. Il nostro Paese, con il Migration Compact, ha proposto una politica comune sui cosiddetti rimpatri europei, con azioni concrete di cooperazione in Africa destinate ai paesi di origine e di transito, vera radice del problema.

Perché i Paesi dell’Unione sino ad oggi continuano ad agire seguendo singolarmente le proprie agende con pochi risultati. L’Italia, a fatica, è riuscita a concludere quattro accordi sul rimpatrio forzato con Marocco, Tunisia, Egitto e Nigeria. Con il Gambia e il Sudan, invece, ci sono accordi tra le rispettive forze di polizia. Con il Niger, Paese di transito, si continua ancora a trattare, così come con il Senegal e il Pakistan. Fonti del governo spiegano tuttavia che azioni unilaterali non hanno un peso politico, perché un conto è agire come Europa, altro è come singolo Stato. I limiti sono le risorse economiche e il respiro politico dell’iniziativa. Nel 2016, fanno sapere dal Viminale, sono stati rimpatriati in 4mila. Pochi rispetto al totale degli arrivi (gli sbarchi aggiornati ad oggi sono 179.525) perché i Paesi di provenienza dei migranti accettano sì di riprendersi i connazionali, ma si aspettano anche che vengano attivati progetti e azioni per lo sviluppo.

Il Senegal, per esempio, non accetta i rimpatri forzati ma solo quelli assistiti, come per esempio il progetto Ristart. Si tratta di ritorni volontari destinati a 2mila migranti, pagati con un progetto economico di reintegrazione nel Paese d’origine. La novità di quest’anno è l’inclusione anche degli irregolari. Ad oggi - dicono dall’Oim - sono partite 130 persone, E tutti gli altri? Il terreno diventa scivoloso. Perché per loro il rimpatrio immediato è solo fantascienza. Ci sono procedure che vanno rispettate: dal riconoscimento delle identità dalle autorità consolari dei possibili paesi d’origine (con i loro tempi), al rilascio del documento da queste ultime per il rimpatrio, all’organizzazione del viaggio che richiede fondi e due agenti dell’ordine per ogni irregolare con il rischio che faccia anche resistenza. Altro che rimpatrio immediato.



M5s contro rom e immigrati per nascondere il flop elettorale
Franco Grilli - Mar, 13/06/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... emiciclo/1

Sul blog di Grillo si chiede la chiusura dei campi nomadi. Il sindaco vuole meno migranti. Mosse per insabbiare il crollo alle Comunali

Il Movimento Cuinque Stelle prova a nascondere la batosta elettorale. I dati del flop grillino alle amministrative sono impietosi e così i "big" del Movimento cercano di smuovere le acque per non parlare del flop alle urne.

E così si giocano la carta della propaganda (tardiva) e di annunci in serie. Nel mirino dei 5 Stelle entrano gli immigrati e i rom. Ad aprire la partita è il sindaco Virginia Raggi che in mattinata ha inviato una comunicazione alla Prefettura in cui chiede che vengano di fatto limitati gli ingressi dei migranti a Roma. Un messaggio chiaro quello della Raggi che non usa giri di parole: "Trovo impossibile, oltre che rischioso, ipotizzare ulteriori strutture di accoglienza, peraltro di rilevante impatto e consistenza numerica sul territorio comunale", si legge nella lettera inviata dalla Raggi. E ancora: "Per tali motivi, questa amministrazione, in considerazione degli elevati flussi di migranti non censiti, auspica che le valutazioni sulle dislocazioni di nuovi insediamenti tengano conto della evidente pressione migratoria cui è sottoposta Roma Capitale e delle possibili devastanti conseguenze in termini di costi sociali e di protezione degli stessi beneficiari, evitando di gravare, ulteriormente, sul territorio comunale". Poi è il turno di Grillo che invece mette nel mirino i rom sul suo blog. In un post si legge: "Stop. Questa storia si chiude qua. Ora a Roma si cambia musica. Chiusura dei campi rom, censimento di tutte le aree abusive e le tendopoli. Chi si dichiara senza reddito e gira con auto di lusso è fuori. Chi chiede soldi in metropolitana, magari con minorenni al seguito, è fuori. In più sarà aumentata la vigilanza nelle metro contro i borseggiatori. Nessuno prima d'ora aveva mai affrontato il problema in questo modo". Insomma il Movimento prova a cambiare rotta per rimediare agli errori della campagna per le amministrative. Ma ormai è tardi. Su 140 comuni che vanno al ballottaggio solo 8 vedranno un candidato M5s. E su 225 centri il Movimento ne ha portati a casa solo 2. Numeri che parlano da soli. Difficile nascndere la polvere sotto il tappeto...



Grillo dà mille euro a immigrato
Alessandro Sallusti - Mer, 29/11/2018
Follia Raggi a Roma: 35 euro al giorno a chi ospita un richiedente asilo

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... emiciclo/1

Non nel cuore di uno stato islamico, ma in un quartiere neppure troppo periferico di Bari cosa può spingere un parroco ad annullare la messa di Natale per paura? In quale profonda solitudine la sua Chiesa, le nostre istituzioni e i mezzi di comunicazione hanno lasciato quest'uomo? Senza Natale non c'è cristianesimo e senza cristianesimo non c'è Occidente, perché tutte le nostre Costituzioni altro non sono che un riadattamento laico dei Dieci comandamenti, il primo codice civile e penale (detti appunto le «tavole della legge») che secondo la tradizione biblica Dio consegnò a Mosè sul monte Sinai.

Noi o siamo e ci atteniamo a quella cosa lì o non saremo più nulla che assomigli alla condizione di uomini liberi, magari atei ma liberi di fare celebrare in condizioni di sicurezza il Natale anche in un quartiere «da paura» come quello di Bari, finito sotto il controllo dell'immigrazione clandestina e della criminalità che essa si porta appresso.

Io non me la prendo con il parroco non disposto al martirio, ma mi chiedo perché sindaci, prefetti, ministri e politici abbiano permesso che il quartiere di una nostra città diventasse off limits per i cristiani. Quali prezzi dovremo ancora pagare allo stupido e miope buonismo che ha accompagnato il tragico fenomeno dell'esodo dal continente africano? Temo alto. Ieri la giunta grillina di Roma ha deciso di dare mille euro al mese a ogni famiglia che sarà disponibile a ospitare un immigrato. Siamo felici che la Raggi non abbia le casse vuote, ma mille euro netti al mese sono circa la somma con cui un operaio o un impiegato devono mantenere non un ospite, ma tutta la famiglia, oltre che pagare bollette, canoni e servizi. E centinaia di migliaia di pensionati sono costretti a vivere con molto meno di mille euro, in alcuni casi con la metà. Qui non si tratta di togliere qualcosa ai ricchi per darlo ai poveri, qui la demagogia grillina sta togliendo il pane di bocca ai poveri romani per offrirlo gratis, e imbottito, a chi non avrebbe il diritto di essere trattato in questo modo e a queste condizioni.

E siccome la madre dei cretini è sempre incinta, c'è pure chi su questi temi gioca e provoca. L'altro giorno un marcantonio di colore è stato eletto mister Friuli, che è un po' come se il kiwi fosse proclamato frutto simbolo dell'Italia. Questa non è integrazione, è solo stupidità, la stessa che alla lunga ha portato a sospendere la messa di Natale a Bari e a dare a un immigrato più soldi che a un nostro pensionato. Non si annuncia un buon Natale.


Il Vaticano ora guarda più a Luigi Di Maio che a Matteo Salvini. Il cardinale Parolin: "Educare contro la paura dei migranti"
2018/03/06

http://www.huffingtonpost.it/2018/03/06 ... a_23378633

"Con quale spirito penso? Con lo spirito del Signore o con la mia mente, lo spirito della comunità a cui appartengo o il piccolo gruppo o classe sociale a cui appartengo, o il partito politico a cui appartengo? Con quale spirito penso?". Nel frastuono della maratona elettorale questa frase pronunciata da Papa Francesco durante l'omelia di Santa Marta di ieri lunedì mattina 5 marzo, all'indomani del voto, è passata praticamente inosservata.

Anche se la riflessione del Papa era molto chiara ed applicabile anche alla constatazione del risultato elettorale italiano, considerando che subito dopo Francesco ha aggiunto che la Chiesa ci parla in particolare della conversione dei nostri sentimenti, invitandoci a convertirsi alla compassione come il Buon Samaritano, colui che si impegnò a soccorrere lo straniero in difficoltà.

Ad esplicitare la preoccupazione vaticana per i risultati delle elezioni che hanno visto il successo della Lega di Matteo Salvini, partito anti-immigrati, è stato poi oggi il segretario di Stato Pietro Parolin che ha pronunciato un discorso fortemente pro-immigrati aprendo i lavori dell'Assemblea plenaria della Commissione internazionale cattolica per le migrazioni.

"La Santa Sede deve lavorare in qualsiasi condizione sorga", ha dichiarato il porporato all'agenzia cattolica Sir. Non possiamo (sempre) avere la società che vorremmo avere, o le condizioni che vorremmo avere". E per questo anche nella nuova situazione politica italiana Parolin ha assicurato la Santa Sede continuerà la sua "opera di educazione" perché la gente comprenda che le migrazioni sono un a caratteristica del nostro tempo, e che i paesi più sviluppati hanno un debito nei confronti dei migranti di cui si conoscono le terribili condizioni di vita che li spingono a partire.

Matteo Salvini, che è stato fotografato in passato con in mano una maglietta con su la scritta "Il mio papa è Benedetto", è in disaccordo dichiarato con papa Francesco che ha fatto dei rifugiati una preoccupazione fondamentale del suo Pontificato, a cominciare dal primo viaggio in Italia a Lampedusa e fino al sostegno alla legge sulla cittadinanza per i bambini nati in Italia da genitori immigrati.

Francesco ha chiesto un radicale cambiamento di atteggiamento nei confronti degli immigrati, dicendo che dovrebbero essere accolti con dignità e denunciando la "retorica populista", ha detto, che alimenta la paura e l'egoismo nei Paesi ricchi.

Da Oltretevere insomma si guarda al risultato elettorale italiano con la volontà di continuare l'azione che si è da tempo intrapresa. "Importante è riuscire a educare la popolazione a passare da un atteggiamento negativo a un atteggiamento più positivo nei confronti dei migranti", ha detto ancora Parolin. È un lavoro lungo che continua, anche se le condizioni possono essere più o meno favorevoli. Da parte della Santa Sede ci sarà sempre questa volontà di proporre il suo messaggio fondato sulla dignità delle persone e la solidarietà".

C'è da chiedersi se questa presa di posizione che sicuramente segna una presa di distanza da Salvini non porti come conseguenza anche una maggiore vicinanza vaticana all'altro vincitore, e cioè al Movimento 5 stelle, uscito dalle urne come il primo partito della nuova fase politica. E il cui leader Luigi Di Maio, Parolin aveva incontrato a Washington lo scorso novembre dove erano entrambi in visita.



Facebook dei grillini di Belluno
https://www.facebook.com/belluno5stelle ... 9132803358



Migranti e rifugiati economici e climatici
https://www.facebook.com/salviniofficia ... 6016758155
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