1) Lotta alla casta come primo zimbello attrattivo, reddito di cittadinanza come secondo zimbello; Reddito di cittadinanzaUn terzo degli italiani ha votato il Movimento 5 Stelle ingannati dall'offerta del «reddito di cittadinanza», un fiume di denaro pubblico che verrebbe regalato a chi non lavora. Ma si tratta di una truffa perché non è praticabile sul piano finanziario, è sbagliato sul piano economico ed è deleterio sul piano eticohttps://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 3332893581 Buongiorno amici. L'Italia dei circa 18 milioni cittadini poveri, di cui circa 7 milioni per sfamarsi fanno la fila alle mense dei poveri e 4 milioni non hanno alcun reddito, l'Italia dei 40% dei giovani disoccupati o inoccupati, ha votato in massa per il Movimento 5 Stelle. Ad attrarre questo 30% di italiani in grave difficoltà economica è il «reddito di cittadinanza».
Secondo la proposta di legge depositata dal Movimento 5 Stelle (Ddl n. 1148/2013), il reddito di cittadinanza consiste in un sussidio mensile massimo erogato alle famiglie senza reddito pari a 780 euro per un singolo, a 1.014 euro per un genitore solo con un figlio minore e 1.638 euro per una coppia con due figli minori. La spesa per lo Stato sarebbe di circa 15 miliardi di euro all'anno. Il disegno di legge prevede la possibilità di concedere il reddito di cittadinanza anche ai lavoratori autonomi e i pensionati. In campagna elettorale il Movimento 5 Stelle ha detto che il reddito di cittadinanza spetterebbe anche agli immigrati, il che farebbe crescere notevolmente la spesa.
Il reddito di cittadinanza è rivolto ai maggiorenni che risultano disoccupati o inoccupati, oppure ai lavoratori il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà. Sulla carta per beneficiarne bisogna fornire la disponibilità al lavoro presso i centri per l’impiego territorialmente competenti; iniziare un percorso per essere accompagnato nella ricerca del lavoro dimostrando la reale volontà di trovare un impiego; offrire la propria disponibilità per progetti comunali utili alla collettività (8 ore settimanali); frequentare percorsi per la qualifica o la riqualificazione professionale; effettuare ricerca attiva del lavoro per almeno 2 ore al giorno; comunicare tempestivamente qualsiasi variazione del reddito; accettare uno dei primi tre lavori offerti.
Secondo il Movimento 5 Stelle i potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza, individuati tra i disoccupati, inoccupati, occupati sottopagati e pensionati, sarebbero circa 9 milioni di italiani. La spesa, vidimata dalla Ragioneria dello Stato, sarebbe di quasi 16 miliardi di euro. Ma per il presidente dell’INPS Tito Boeri, in un’audizione in Commissione Lavoro al Senato, il costo del reddito di cittadinanza sarebbe di 30 miliardi. Il Movimento 5 Stelle sostiene che i soldi verrebbero garantiti dallo stop a pensioni d’oro, vitalizi, privilegi, opere inutili e spending review. Ammesso che si riuscisse a farlo, la copertura sarebbe garantita per il primo anno. Pensiamo inoltre alle conseguenze per l'esercito di italiani che lavora ma sono sottopagati e a cui lo Stato darebbe una retribuzione addirittura superiore a quella che percepiscono ma senza lavorare.
L'errore di fondo della proposta del reddito di cittadinanza è di concepire l'erogazione di un compenso statale svincolato dalla prestazione lavorativa. Questa proposta è frutto dell'ideologia statalista del Movimento 5 Stelle, che considera lo Stato come il principale imprenditore che dovrebbe provvedere alla creazione dei posti di lavoro. Si tratta di un'ideologia che è clamorosamente fallita ed è stata bocciata dalla Storia. Il lavoro deve invece essere affidato alle imprese e gli stipendi devono essere frutto del lavoro svolto che si traduce nella produzione di beni e di servizi. Lo Stato deve limitarsi a garantire la disponibilità del denaro e delle risorse necessarie per l'attività delle imprese, a definire delle regole che garantiscano la sana concorrenza e gli obiettivi strategici atti a perseguire lo sviluppo virtuoso e il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini. Ma è assolutamente e profondamente errato dare soldi ai cittadini senza avere in cambio una prestazione lavorativa.
Il reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle è innanzitutto economicamente insostenibile in un'Italia che oltretutto ha perso la sovranità monetaria ed è sottomessa al rigoroso rispetto di parametri finanziari imposti dall'Unione Europea iscritti addirittura in Costituzione (l'obbligo del pareggio di bilancio). È concettualmente sbagliato perché l'eventuale disponibilità di risorse pubbliche devono essere messe a disposizione delle imprese, affinché siano le imprese a creare dei nuovi posti di lavoro e a corrispondere ai cittadini dei compensi avvalorati dal lavoro svolto, che si traducono nella produzione di beni e di servizi, che alimentano il circolo virtuoso della produzione e dei consumi. È comunque eticamente sbagliato accreditare la cultura del parassitismo dando soldi ai cittadini senza chiedere loro in cambio una prestazione lavorativa. Anche se sulla carta ciò avverrebbe per un periodolimitato, sappiamo bene che questi periodi potrebbe venire prolungati a dismisura. Con l'ovvia eccezione dei casi di chi è effettivamente impossibilitato a lavorare, ma si tratta di casi per cui lo Stato già riconosce il diritto a percepire dei compensi.
Ecco perché il reddito di cittadinanza è impraticabile sul piano finanziario, è sbagliato sul piano economico, è deleterio sul piano etico. Considerando che si tratta della ragione principale che ha indotto un terzo degli elettori italiani a votare per il Movimento 5 Stelle, prendiamo atto che il reddito di cittadinanza è la più grande presa in giro degli italiani bisognosi e che presto scopriranno di essere stati nuovamente strumentalizzati e ingannati.
Cosa prevede e quanto costerebbe il reddito di cittadinanza del M5S06 marzo 2018
https://www.agi.it/economia/reddito_di_ ... 2018-03-06 Il reddito di cittadinanza sarebbe stato il primo atto di un governo a 5 stelle, aveva promesso Luigi Di Maio. Ed è stato il reddito di cittadinanza tra i punti programmatici che maggiormente hanno trainato i consensi elettorali del Movimento 5 stelle, soprattutto al Sud, dove l'esclusione sociale morde di più.
In attesa che, con le trattative per il nuovo esecutivo, il tema torni al centro del dibattito, proviamo a fare un po' d'ordine prima che si scateni la prevedibile guerra di cifre su un'agevolazione della quale beneficerebbero i 9 milioni di italiani sotto la soglia di povertà, ovvero con un reddito inferiore ai 780 euro al mese.
Ai quattro milioni di poveri assoluti senza alcun reddito andrebbero 780 euro, laddove chi ha un reddito ma sotto i 780 euro verrà data un’integrazione in cambio di corsi di formazione e lavori di pubblica utilità.
Negli ultimi 7 giorni nelle regioni del Sud c'è stata un'impennata della ricerca delle parole "reddito di cittadinanza" su Google.
Il costo per le casse dello Stato era stato stimato in 14,9 miliardi di euro dal capogruppo del Movimento alla Camera, Roberto Fico, che aveva citato in proposito uno studio dell'Istat in polemica con Anzaldi del Pd, il quale sosteneva che la proposta del M5s sarebbe costata 62 miliardi. Una stima che, alla prova del nostro fact-checking, era risultata corretta.
L'Istat dà ragione al Movimento
Eravamo andati a leggere il documento Istat a cui fece riferimento Fico. Si tratta di un contributo conoscitivo elaborato nel 2015 dall’Istituto di statistica, in vista di un’audizione parlamentare, per meglio valutare il possibile impatto di due disegni di legge, quello sul reddito di cittadinanza del M5S (n. 1148) e quello sul reddito minimo garantito di SEL (n.1670). Per quanto riguarda il primo, l’Istat certifica in effetti un costo di 14,9 miliardi di euro scarsi (14,857) per il 2015.
I conti dell’Istat riguardano una misura che si applichi a 2 milioni e 760mila famiglie, cioè il totale di quelle che avevano un reddito inferiore alla linea della povertà relativa secondo gli ultimi dati allora disponibili. Equivalgono all’incirca a 8,3 milioni di persone, un poco meno dei 9 milioni citati da Di Maio in un'intervista ad Avvenire dello scorso novembre. La cifra più alta, di 9 milioni, potrebbe venire da un rapporto recente del centro studi di Unimpresa, che però parla di soggetti “a rischio povertà” e non di soggetti “sotto la soglia di povertà”.
Un sussidio decrescente
Precisiamo che, indipendentemente dal numero di componenti, la famiglia riceve una sola misura di “reddito di cittadinanza” per ciascuna. Questa, tra l’altro, varia anche in base alla composizione del nucleo familiare: ad esempio il beneficio medio per un single under 35 sarebbe di 5.175 euro all’anno, per una coppia con figli minorenni 7.023 euro, con figli maggiorenni 4.472 euro e, senza figli ma con donna under 35, 7.084 euro.
Insomma, il calcolo dell’Istat non si basa su un sussidio di 780 euro a testa, ma su un sussidio decrescente – come dice Di Maio – da dare a circa 2,8 milioni di famiglie e in totale a circa 8,3 milioni di persone. Il costo di questa misura, secondo l’Istat, era stimato a 14,9 miliardi circa per il 2015.
Su un punto Di Maio, nell'intervista, non fu preciso: quando disse che ai “quattro milioni di poveri assoluti senza alcun reddito andrebbero 780 euro”. I poveri assoluti sono in effetti circa 4,6 milioni in Italia, ma fortunatamente non tutti sono “a zero reddito”. L’Istat scrive infatti che l’ammontare massimo del sussidio (circa 12.000 euro l’anno) andrebbe alle 390 mila famiglie in condizioni di povertà più grave, con un reddito inferiore al 20 per cento della linea di povertà.
Reddito di Cittadinanza: cosa è, a chi spetta e come funziona. 4 cose da saperehttp://www.huffingtonpost.it/2018/03/06 ... a_23378284 "Il reddito di cittadinanza non darà soldi a chi vuol stare seduto sul divano: dovrà, per il breve periodo in cui avrà il contributo, formarsi e dare 8 ore di lavoro gratuito allo Stato. Dal secondo anno il reddito di cittadinanza inizia a scalare, perché la persona viene reinserita nel mondo del lavoro", queste erano state le parole usate dal leader M5S Luigi Di Maio durante la campagna elettorale per descrivere una delle misure più interessanti e discusse del programma pentastellato.
All'indomani del successo ottenuto dal Movimento 5 Stelle alle urne, il dibattito sul reddito di cittadinanza torna caldo, come tornano ad aprirsi gli interrogativi sulle coperture che una misura del genere potrebbe richiedere. "Prenderemo 17 miliardi dalla spesa improduttiva e dalla tassazione sul gioco d'azzardo e sui concessionari autostradali", aveva spiegato Di Maio.
A ogni modo, i vertici pentastellati hanno sempre tenuto a sottolineare che il reddito di cittadinanza non sarà concepito come una misura assistenzialista. A ribadirlo era stato finanche Beppe Grillo con un post sul suo blog datato 10 febbraio 2018: "Il reddito di cittadinanza [...] è previsto solo per chi è in un momento di bisogno e solo a condizione di accettare un lavoro proposto dai centri per l'impiego. Dopo un massimo di 3 proposte rifiutate, il reddito non viene più erogato. Il reddito di cittadinanza esiste già nella maggior parte dei Paesi Europei e non ha senso chiedersi se possa funzionare. Già funziona."
Insomma, una misura tanto attesa quanto controversa per cui, in attesa che si possa passare dal programma elettorale ai fatti, è utile approfondire cosa sia nel dettaglio e come funzioni, quali siano i requisiti e le modalità per ottenerlo, quando e quanto spetti ad ogni famiglia/cittadino richiedente.
Cos'è il reddito di cittadinanza?
Come abbiamo già detto, si tratta dell'aiuto economico che il M5S intenderebbe destinare a 9 milioni di italiani che si trovano privi di reddito o che hanno redditi troppo bassi, in modo da combattere povertà, disuguaglianza ed esclusione sociale. Si tratterebbe altresì di una misura mirata alla promozione del diritto al lavoro e della formazione professionale.
Come funziona il reddito di cittadinanza?
Secondo l'ISTAT, qualunque cittadino viva da solo con meno di 780 euro al mese si trova sotto la soglia di povertà. Tale soglia varia a seconda del numero dei componenti del nucleo famigliare. Il reddito di cittadinanza prevederebbe un'integrazione/erogazione economica mirata a far in modo che chiunque possa raggiungere la soglia dei 780 euro mensili (per esempio: se abbiamo un nucleo famigliare formato da due persone con una pensione da 400 euro ciascuno, il reddito di cittadinanza interverrà affinché vengano raggiunti i 780 euro mensili con un'integrazione pari a 370 euro). Stando alle promesse dei pentastellati, anche i lavoratori full-time sottopagati avranno diritto ad un'integrazione: è stata progettata l'introduzione del salario minimo contrattuale con pagamento base di 9 euro l'ora. In caso di lavoro part time, invece, è prevista l'integrazione salariale per giungere ai 780 euro mensili.
Quali sono i requisiti per ottenere il reddito di cittadinanza?
Per ottenere il reddito di cittadinanza occorrerà essere in possesso di determinati requisiti e per non perdere il sussidio bisognerà attenersi a determinate regole.
Tra i requisiti:
- Avere più di 18 anni;
- Essere disoccupati o inoccupati;
- Possedere un reddito lavorativo inferiore alla soglia di povertà italiana stabilita dall'ISTAT;
- Percepire una pensione inferiore alla soglia di povertà.ì
Quali sono le regole da rispettare per continuare a beneficiare della misura?
- Iscriversi al Centro per l'Impiego e rendersi immediatamente disponibile al lavoro;
- Intraprendere un percorso di ricerca lavorativa che impegni almeno 2 ore giornaliere;
- Offrire la disponibilità per progetti utili alla collettività per 8 ore settimanali;
- Frequentare corsi di qualifica/riqualifica professionale;
- Comunicare tempestivamente qualsiasi variazione del reddito;
- Accettare obbligatoriamente uno dei primi tre lavori che vengono offerti.
A proposito del reinserimento lavorativo e della riqualificazione professionale, saranno previste agevolazioni per chi assume i beneficiari del reddito di cittadinanza, per chi organizza laboratori per la creazione di nuove imprese. Inoltre, nel programma del M5S ci sarebbero anche concessioni di beni demaniali per le start-up innovative e per il recupero agricolo.
Reddito di cittadinanza, mito e realtàLuca Ricolfi
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... fresh_ce=1 Di che cosa si parlerà nella prossima campagna elettorale? La mia sensazione è che, dal momento che le idee (e le parole) veramente nuove stanno a zero, finiremo per parlare molto di una cosa che nuova non è, ma nuova finirà per apparire: il reddito di cittadinanza. Fino a ieri presa sul serio solo dal M5S (che ha presentato un disegno di legge più di 3 anni fa), ora l’idea di un reddito di cittadinanza pare interessare anche a destra (è di pochi giorni fa l’apertura di Berlusconi), e crea qualche imbarazzo a sinistra, visto che Renzi non ha perso occasione per prenderne le distanze.
La ragione per cui il reddito di cittadinanza potrebbe diventare una parola-chiave del dibattito pubblico nel 2017 è la facilità con cui i politici e i media possono manipolarne il significato.
Facendo credere all’opinione pubblica di proporre una cosa mentre ne stanno proponendo un’altra. Questa è una differenza cruciale fra l’uso delle parole da parte degli studiosi, che è relativamente preciso e stabile, e il loro uso nel dibattito pubblico, che è spesso arbitrario, elastico ed ingannevole.
Le due facce dei 1000 giorni
Il caso del reddito di cittadinanza è perfetto per mostrare che cosa può succedere quando si gioca con le parole. Per la comunità scientifica reddito di cittadinanza (talora denominato reddito di base) indica un trasferimento universale e permanente a ogni individuo che rispetti certi requisiti minimi di appartenenza a una comunità (o “cittadinanza”), senza alcuna limitazione connessa alla condizione economica, e senza alcun obbligo da assolvere per non perdere il beneficio. Il reddito di cittadinanza, in altre parole, è dovuto anche ai “surfisti della baia di Malibù”, per usare il classico esempio di John Rawls, per parte sua convinto che la “società giusta” non debba farsi carico di essi. Giusto per avere un’idea degli ordini di grandezza, un trasferimento di questo tipo, anche se limitato alla popolazione in età lavorativa, e anche se fissato ad un valore pari alla soglia di povertà assoluta, in un paese come l’Italia costerebbe oltre 350 miliardi l’anno, una cifra che vale circa il doppio dei costi totali della sanità, della scuola e dell’università messe insieme. E non è un caso che, inteso in senso proprio, il reddito di cittadinanza esista solo in Alaska, dove poggia sui proventi del petrolio e negli ultimi anni ha oscillato fra i 100 e i 200 dollari al mese per individuo. In Europa un esperimento di reddito di cittadinanza del tutto incondizionato è previsto in Finlandia nel biennio 2017-2018, ma limitatamente a un campione di 2.000 persone.
“Si fa confusione fra reddito di cittadinanza, che è universale e incondizionato, e reddito minimo, che è selettivo e condizionato”
La musica cambia completamente quando, dal mondo della ricerca, si passa a quello della politica, e spesso anche dei media. Quando si dice e si scrive che, nell’Unione Europea, solo l’Italia e la Grecia non hanno un reddito di cittadinanza si fa confusione fra reddito di cittadinanza, che è universale e incondizionato, e reddito minimo, che è selettivo e condizionato. Quello che hanno quasi tutti i paesi europei (ma non l’Italia) è un reddito minimo, o reddito minimo garantito, che assicuri a chiunque è in età lavorativa, e indipendentemente dal fatto che lavori oppure no, un’integrazione di reddito che lo porti a un livello minimo accettabile. L’idea del reddito minimo, in altre parole, è di non permettere a nessuno di scendere al di sotto di una determinata soglia di reddito, o linea della povertà. Qui le legislazioni nazionali differiscono moltissimo, a seconda delle condizioni di accesso, a seconda che la misura sia individuale o familiare, a seconda degli obblighi che può comportare (formazione, ricerca del lavoro). Una misura di questo genere è contenuta nel disegno di legge dei Cinque Stelle (n. 1148, ottobre 2013), assai impropriamente intitolato “istituzione del reddito di cittadinanza”, che garantisce a qualsiasi famiglia in condizione di povertà assoluta di uscire da tale condizione, purché rispetti una serie abbastanza impegnativa di obblighi e adempimenti. Il costo del reddito minimo in versione Cinque Stelle è di circa 16 miliardi di euro, ovvero il 4,4% di quel che costerebbe un vero “reddito di cittadinanza”, universale, incondizionato, e agganciato a una soglia di povertà di circa 800 euro al mese.
C’è poi un terzo tipo di sostegno del reddito, che è in sostanza quello in vigore in paesi come l’Italia e la Grecia. Non c’è un nome per designarle, e mi permetterò quindi trovarglielo io: è il reddito-Arlecchino. Il reddito Arlecchino è una sorta di reddito minimo per pochi, perché del reddito minimo ha tutti gli obblighi tipici, ma non viene concesso a tutti coloro che si trovano al di sotto della soglia di povertà. È il governo nazionale che decide quali famiglie sono degne dell’aiuto e quali no, mentre ai governi locali (regioni e comuni) si lascia libertà di intervenire con ulteriori sussidi, a loro volta soggetti a ulteriori regole, vincoli, adempimenti che ogni Amministrazione regionale o comunale è libera di introdurre per proprio conto.
Austerità, la lezione della crisi
Il reddito-Arlecchino è abbastanza facile da quantificare solo nella sua componente nazionale, dove varia di nome e di importo ad ogni cambio di governo, mentre è difficilissimo da quantificare nella componente locale, che varia enormemente da luogo a luogo, contribuendo non poco a generare diseguaglianze ingiustificate (un vero capolavoro per una misura di perequazione dei redditi). A livello nazionale rientrano nel reddito-Arlecchino le misure più o meno automatiche per chi perde un lavoro (come la NASPI e la cassa integrazione) nonché il cosiddetto Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA), una misura di contrasto alla povertà per beneficiare della quale non basta la povertà stessa ma occorre che essa sia accompagnata da qualche aggravante (un disabile, un figlio minorenne, una donna in stato di “gravidanza accertata”). Ebbene l’ordine di grandezza del costo di queste misure statali non universalistiche, o reddito-Arlecchino, è di qualche miliardo all’anno, ovvero sensibilmente inferiore al costo del finto reddito di cittadinanza proposto dai Cinque Stelle (16 miliardi), e smisuratamente più basso del costo di un vero reddito di cittadinanza (350 miliardi).
Il difetto del reddito di cittadinanza è che è ingiusto (surfista di Malibù), e diventa insostenibile appena la cifra erogata sale fino alla soglia di povertà o oltre. Il difetto del reddito minimo è che, per gestirlo, comporta un apparato efficiente, complesso e costoso e, nella versione Cinque Stelle, autorizza comportamenti opportunistici (lavorare diventa conveniente solo se si guadagna di più della soglia di povertà, al di sotto tanto vale incassare il sussidio e fare altro). Il reddito-Arlecchino, quale quello previsto attualmente in Italia, ha gli stessi difetti del reddito minimo in versione Cinque Stelle, senza condividerne il pregio maggiore, ossia la sua capacità di eliminare la povertà assoluta senza discriminare fra poveri aiutabili e poveri non degni di aiuto.
“L’imposta negativa ha due vantaggi: non distrugge l’incentivo a lavorare quando il reddito è sotto la soglia di povertà, e può funzionare abbastanza bene anche senza un apparato burocratico di gestione del mercato del lavor”
Ci sarebbe poi un quarto tipo di sostegno al reddito, di cui poco si parla ma che, forse, funzionerebbe meno peggio degli altri tre: l’imposta negativa. Pensata già alla fine dell’Ottocento e riproposta ciclicamente nel corso del secolo scorso, caldeggiata da economisti liberali come Milton Friedman e Friedrich von Hayek, l’imposta negativa ha due vantaggi: non distrugge l’incentivo a lavorare quando il reddito è sotto la soglia di povertà, e può funzionare abbastanza bene anche senza un apparato burocratico di gestione del mercato del lavoro.
In breve l’idea è questa. Per quanti guadagnano abbastanza da essere soggetti a tassazione (in Italia più di 8000 euro annui, per il lavoro dipendente) nulla cambia. Per coloro che non guadagnano nulla o guadagnano di meno della soglia che individua la no-tax area, e dunque sono “incapienti” (non hanno capacità fiscale), il fisco applica una aliquota negativa (ad esempio il 70%), ovvero colma in parte il gap fra quel che il soggetto guadagna effettivamente e la soglia della no-tax area.
Esempio: io guadagno solo 3.000 euro l’anno; per arrivare a 8.000 mi mancano 5.000 euro; a questi 5.000 euro il fisco applica un’aliquota negativa del 70%, il che fa 3.500 euro (5.000 x 0,70), ovvero mi trasferisce 3.500 euro. Alla fine avrò in tasca 3.000 + 3.500 = 6.500 euro, ossia di più di quel che ho guadagnato per conto mio, ma di meno di quel che servirebbe a raggiungere la no-tax area. E se guadagno zero? Stesso meccanismo: lo scarto fra 8.000 e zero è 8.000, il fisco mi trasferisce il solito 70% dello scarto, che in questo caso fa 5.600 euro. Il grande pregio di questo meccanismo è che, se ben calibrato, garantisce che al benficiario del sussidio non convenga mai lavorare di meno (perché in quel caso i suoi introiti complessivi scenderebbero verso il limite inferiore dei 5.600 euro), e convenga sempre lavorare di più (perché l’imposta negativa non colma mai completamente il divario fra reddito effettivo e soglia della no-tax area). Il difetto, condiviso con il reddito minimo ma non con il reddito di cittadinanza, è che resta la convenienza a lavorare in nero, il che richiederebbe un fisco vigile.
La follia del reddito di cittadinanza M5s: al lavoro solo se piace ed è vicino a casaPaolo Bracalini - Sab, 10/03/2018
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 03314.html La DiMaionomics, l'economia pubblica secondo Luigi Di Maio. È ormai evidente, anche dalle pressanti richieste ai Caf nel Sud e dal picco di ricerche su Google subito dopo la vittoria del M5s, che il reddito d cittadinanza è stato uno dei motori principali, se non il primo, del consenso elettorale dei grillini.
Peccato che la misura partorita dai parlamentari Cinque stelle non sia solo insostenibile economicamente, ma sia a tratti demenziale. Nel magico mondo del sussidio pubblico grillino, infatti, ad ogni disoccupato verranno offerti ben tre posti di lavoro, pena la decadenza del reddito di cittadinanza se il percettore di sussidio li rifiutasse tutti. I disoccupati in Italia però sono 2,8 milioni (dato Istat 2017), significa che Di Maio promette 2,8 milioni di posti di lavoro, e garantisce quasi 9 milioni di offerte di lavoro, in un paese in cui il lavoro è diventato un miraggio. E da quale cilindro magico uscirebbero queste miriadi di offerte di lavoro? Dai «centri per l'impiego», carrozzoni pubblici eredi dei vecchi uffici di collocamento gestiti dalle amministrazioni provinciali che però dovrebbero - nelle fantasie dei grillini - sfornare posti di lavoro a ritmi cinesi. La realtà invece dice che meno di quattro occupati su 100 (il 3,4%), secondo la ricerca Isfol del 2015, ha trovato un lavoro grazie ai Centri per l'impiego. L'unico lavoro è quello dei dipendenti degli stessi centri per l'impiego, il 48% concentrati al Sud, bacino elettorale del M5s. Tant'è vero che Di Maio promette, per poter poi far funzionare il reddito di cittadinanza, di riformare i centri per l'impiego, nientemeno che con una «spesa di 2,1 miliardi di euro a questo scopo». Soldi, soldi, soldi pubblici ovunque, non si capisce presi da dove.
Ma fossero solo questi i problemi. Il reddito di cittadinanza è contenuto nel disegno di legge 1148 del 2013, prima firmataria la grillina Nunzia Catalfo, nessuna competenza economica, nella vita fa l'impiegata di un centro per l'impiego a Catania. Alla critica che il reddito sia un incentivo alla nullafacenza, i Cinque stelle rispondono che non è così perché, per ottenerlo e mantenerlo, si possono rifiutare solo due lavori, se rifiuti anche il terzo perdi il diritto all'assegno pubblico. Però le offerte di lavoro, si specifica nel ddl, devono essere «congrue». E cosa si intende con congrue? L'articolo 12 spiega che «si considera congrua un'offerta di lavoro quando essa è attinente alle propensioni, agli interessi e alle competenze segnalate dal beneficiario in fase di registrazione presso il centro per l'impiego, la retribuzione oraria è uguale o superiore all'80 per cento rispetto alle mansioni di provenienza, il luogo di lavoro è situato nel raggio di 50 chilometri dal luogo di residenza ed è raggiungibile entro ottanta minuti con i mezzi pubblici». Chiaro? In poche parole se prendi il reddito di cittadinanza e ti offrono tre (tre!) posti di lavoro che però non sono sotto casa, non ritieni attinenti ai tuoi interessi, e non ti offrono abbastanza soldi, puoi considerarle non congrue e quindi continuare a percepire serenamente il sussidio pubblico. Unico limite previsto: dopo un anno non si può più fare gli schizzinosi, sempre che siano arrivate tre offerte di lavoro in dodici mesi, una miraggio in Italia.
Se poi il disoccupato è una donna e ha un figlio, scatta pure «l'esenzione alla ricerca del lavoro» fino al terzo anno di età del figlio. Lavoro che, sempre per la stessa legge, avrà un salario minimo di legge di 9 euro l'ora, quindi 1.440 euro al mese. Più lavoro e più soldi per tutti. Una specie di boom tipo l'Italia degli anni '50, garantiscono Di Maio e Casaleggio. Molti osservatori sono perplessi. «Dare il reddito di cittadinanza nel Sud sarebbe una catastrofe - spiega Edward Luttwak su Italia Oggi -. Ancora più gente rimane a casa con la mamma. È come per le pensioni in Grecia». Mentre il sociologo Luca Ricolfi è convinto che sarebbe un «disincentivo a lavorare», e che «l'enorme massa di funzionari pubblici pagati per gestire questi 9 milioni di beneficiari» non riuscirebbe minimamente nel compito. Come arma elettorale, però, ha funzionato eccome.
Reddito minimo di cittadinanza passa al Parlamento Europeo la proposta del M5s24 ottobre 2017
https://www.fanpage.it/reddito-minimo-d ... ta-del-m5sPassa al Parlamento Europeo la proposta di Efdd (Europa della libertà e della democrazie diretta) sul reddito minimo di cittadinanza. I voti a favore sono stati 451, 147 contrari e 42 astenuti. La risoluzione non legislativa, sostenuta dal Movimento 5 Stelle, aveva già avuto il primo via libera (con 36 voti favorevoli, 7 contrari e 4 astenuti) in commissione Occupazione e Affari Sociali all’inizio di ottobre.
Con la proposta si vuole istituire un fondo ad hoc per finanziare il reddito minimo. Inoltre si vuole che il reddito minimo venga calcolato sulla base del 60% della media nazionale. Il documento chiede anche di pensare a una direttiva a livello europeo, vincolante per tutti i Paesi membri, con misure concrete per i cittadini sotto la soglia di povertà e in povertà assoluta. C’è infine la volontà di un'analisi accurata del fondo sociale europeo affinché si possa prevedere il suo utilizzo per il reddito minimo.
Nell’intervento alla plenaria di Strasburgo, l’eurodeputata Laura Agea (M5s) ha ricordato che sono 120 milioni i cittadini europei che non riescono ad arrivare alla fine del mese: “La povertà è un problema europeo causato proprio dalle sue politiche scellerate. L'ultima speranza per mettere un freno all'emergenza della povertà è la volontà da parte di tutti i Paesi di adottare un reddito minimo che restituisca vita e dignità ai quasi 120 milioni di cittadini europei che non riescono più ad arrivare alla fine del mese” .
Agea ha anche sottolineato il ritardo dell’Italia, unico Paese in Europa insieme alla Grecia, in cui "non esistono misure di contrasto alla povertà”: “Oggi, secondo l'Osservatorio sociale europeo diverse forme di sostegno al reddito esistono già in 26 Stati membri e non serve aggiungere che il mio Paese non prevede nessun tipo di sostegno. Noi vogliamo che l'Europa intervenga immediatamente con un quadro comune di norme che permetta l'armonizzazione dei diversi regimi vigenti con criteri di accesso comuni e validi per tutti: come ad esempio basare il calcolo del reddito da erogare sulla soglia di povertà che Eurostat fissa al 60% del reddito medio nazionale”.
E ancora: “I cittadini non chiedono elemosina ma politiche di dignità. Se si trovano i soldi per salvare le banche, tanto più pretendo che si trovino risorse per i figli di questa Europa che è vittima troppo spesso di interessi scellerati”.
Per poi concludere: “Questo nostro Continente ritrovi il suo volto umano assicurando assistenza sanitaria, alloggio, istruzione e dignità attraverso politiche economiche espansive che creino occupazione! Questo documento porta la mia firma e quella del MoVimento 5 Stelle e racchiude i nomi di tutti i 120 milioni di cittadini europei per i quali è stato scritto. Il nostro impegno, la nostra dedizione, il nostro lavoro sono stati, sono e saranno sempre rivolti a loro".
Reddito di cittadinanza M5S, Borghi: "Una pacchia per immigrati e rom"Marco Dozio
22 Marzo 2017
http://www.ilpopulista.it/news/22-Marzo ... Q.facebook Claudio Borghi, responsabile economico della Lega e consigliere regionale in Toscana, smaschera il bluff dei Cinque Stelle sul reddito di cittadinanza. Il totem grillino ha fondamenta di argilla, deboli, anzi debolissime se si pensa che un’eventuale applicazione della norma taglierebbe fuori intere legioni di poveri, disoccupati e persone in difficoltà. In compenso andrebbe a beneficio degli immigrati residenti in Italia da tre anni, da cui la denominazione, ironica ma fino a un certo punto, di “reddito di clandestinanza”.
Borghi, il reddito di cittadinanza proposto dal M5S è un imbroglio?
Sì, perché per averlo occorre non solo un reddito familiare inferiore a 9000 euro annui, ma anche un parametro ISEE inferiore a 6500 euro. È scritto nero su bianco nella proposta che i consiglieri M5S hanno presentato in consiglio regionale. E a mia precisa domanda hanno confermato che si tratta dello stesso parametro previsto per la proposta di legge a livello nazionale.
Significa che una vasta platea di disoccupati verrebbe esclusa?
Per non rientrare in questi parametri basta avere una casetta di proprietà o la liquidazione incassata al momento del licenziamento. Fine dei sogni per i pensionati al minimo, per i disoccupati e per chiunque abbia una casa o dei risparmi. Per esempio un single con una casa e 7mila euro di risparmi, magari ottenuti con la liquidazione, verrebbe escluso dal reddito di cittadinanza.
Inoltre molti poveri e disoccupati resterebbero senza le forme di sostegno attualmente previste?
Sì, perché il reddito di cittadinanza assorbe le altre misure di sostegno alla disoccupazione. Paradossalmente, chi adesso riceve qualche sostegno, inclusa la cassa integrazione straordinaria o il sussidio di disoccupazione, potrebbe perderlo se fosse sopra soglia Isee prevista. In pratica se perdi il lavoro e hai una casa, non hai diritto a nulla.
Mentre il reddito di cittadinanza andrebbe a beneficio di immigrati e rom?
Sì, e per loro sarebbe una pacchia. Per questo lo chiamo reddito d’immigrazione o di clandestinanza. La proposta prevede che ne abbiano diritto gli stranieri residenti in Italia da 3 anni. Sappiamo benissimo che in molti casi costoro hanno famiglie numerose, quindi con Isee basso, senza immobili, senza risparmi e presuntamente nullatenenti.
Il bluff dunque è svelato?
In maniera furbesca e disonesta, il M5S fa credere che avrebbe diritto al reddito di cittadinanza o a un’integrazione al reddito chiunque viva con meno di 780 euro al mese, quindi una platea di 9 milioni di persone con reddito zero, compresi gli evasori, i pensionati al minimo o i giovani con contratto a progetto. Il costo reale sarebbe di 56 miliardi: loro insistono dicendo che la copertura sarebbe di 14 miliardi, certificata dall’Istat. Ma i conti non tornavano proprio perché mancava il parametro relativo all’Isee, mai esplicitato dalla proposta di legge nazionale. Ora, appunto, l’inganno è svelato.
In che modo il M5S pensa di trovare i soldi per il reddito di cittadinanza?
Nella proposta regionale mettono nero su bianco come copertura l’aumento delle accise sulla benzina e del bollo sulle auto a benzina superiori a una cilindrata di 1.600. Così le persone povere o senza lavoro non solo non incasseranno il reddito di cittadinanza ma, al contrario, finiranno per pagarlo attraverso la benzina, il bollo e la cancellazione delle altre agevolazioni.
Con questa misura non si rischia di scivolare verso un assistenzialismo diffuso?
Assolutamente sì, bisogna creare lavoro, non elemosina di Stato. Se una persona lavora per 800 euro al mese, e ce ne sono tantissime, non si capisce per quale motivo non dovrebbe incassarne 780 per non fare nulla. Il reddito di cittadinanza è l’anticamera della schiavitù, perché verrebbe tolto alla prime proposte di lavoro, qualunque esse siano. Ma soprattutto sarebbe un formidabile strumento per abbassare ulteriormente i salari, perché le imprese offrirebbero lavori con stipendi ancora più bassi di quelli attuali. La verità è che il M5S inganna gli elettori. Come per il referendum sull’euro, inattuabile anche perché richiederebbe l’ok dei due terzi del parlamento: l'avevano annunciato per la fine del 2015, lo stiamo ancora aspettando.
"Ha vinto M5S, dateci i moduli per il reddito di cittadinanza". E a Bari raffica di richiesteFile a Porta Futuro, il servizio di Comune e Regione: "Sono una cinquantina le persone che tra ieri e oggi hanno chiesto i moduli per ottenere il reddito di cittadinanza, si tratta soprattutto di giovani"
08 marzo 2018
http://bari.repubblica.it/cronaca/2018/ ... -190768392"Ha vinto il M5S, ora dateci i moduli per il reddito di cittadinanza": accade in alcuni Comuni della Puglia, anche a Bari, dove numerose persone dopo l'esito del voto si sono presentate ai Caf locali e, nel capoluogo, anche a 'Porta Futuro', il centro servizi per l'occupazione.
Gli episodi, già resi noti alla Gazzetta del Mezzogiorno dal sindaco di Giovinazzo (Bari), Tommaso Depalma, che ha parlato di file davanti ai Caf della città, si stanno verificando anche in queste ore.
A 'Porta futuro' a Bari, racconta il responsabile, Franco Lacarra, "sono una cinquantina le persone che tra ieri e oggi hanno chiesto i moduli per ottenere il reddito di cittadinanza, si tratta soprattutto di giovani".
Ovviamente - aggiunge Franco Lacarra - non si tratta di folle oceaniche, ma comunque è certo che molta gente è alla ricerca dei moduli per ottenere il reddito di cittadinanza e ci chiede informazioni". "Sono soprattutto i giovani - aggiunge - che ci chiedono informazioni, naturalmente anche i Caf potranno dare una descrizione su quello che sta accadendo".
Altri Caf del capoluogo smentiscono che ci sia un boom di richieste: "Vale l'effetto social: qualsiasi cosa che rimbalza si traduce in richieste ai nostri sportelli", sottolinea la dipendente di un centro servizi.
"A noi sindaci piacerebbe poter comunicare ai cittadini che il problema della disoccupazione è risolto e che per tutti quelli che non hanno lavoro c'è un Reddito di Cittadinanza, ma credo che i cittadini siano stati ammaliati da spot elettorali" ha commentato il sindaco di Giovinazzo, Tommaso Depalma (lista civica).
"Già da lunedì 5 marzo - racconta - dietro la porta dell'assessore ai Servizi sociali di Giovinazzo Michele Sollecito c'erano persone in fila per chiedere spiegazioni sul reddito di cittadinanza promesso dal M5S in caso di vittoria. La vittoria c'è stata, netta e inconfutabile, ma per il reddito di cittadinanza la vedo dura".
Richieste a Caf pugliesi: «Ha vinto M5S, dateci reddito di cittadinanza»2018-03-08
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AEu5TfDE «Ha vinto il M5S, ora dateci i moduli per il Reddito di Cittadinanza»: è accaduto in alcuni Comuni della Puglia, anche a Bari, dove numerose persone fra ieri e oggi si sono presentate ai Caf locali e, nel capoluogo, anche a “Porta Futuro”, il centro servizi per l’occupazione. Gli episodi, già resi noti alla Gazzetta del Mezzogiorno dal sindaco di Giovinazzo (Bari), Tommaso Depalma, che ha parlato di file davanti ai Caf della città, si stanno verificando anche in queste ore. A “Porta futuro” a Bari, racconta il responsabile, Franco Lacarra, «sono una cinquantina le persone che tra ieri e oggi hanno chiesto i moduli per ottenere il reddito di cittadinanza, si tratta soprattutto di giovani».
Caf Palermo, «no moduli» (anche in arabo)
Casi analoghi si sono verificati anche in Sicilia. Decine di persone si sono presentate al Caf “Asia” di piazza Marina, a Palermo, per chiedere i moduli, convinti che dopo la vittoria elettorale dei Cinque Stelle la misura fosse già in vigore. Da ieri pomeriggio è un continuo via vai per inoltrare la domanda al patronato dell’Ente nazionale di assistenza sociale ai cittadini (Enasc), tanto che i responsabili del Caf hanno dovuto affiggere fuori un foglio con la scritta in italiano e in arabo: «In questo Caf non si fanno pratiche per il reddito di cittadinanza». «Vengono in tanti - spiega Totò Barone, sindacalista di Asia, Alternativa sindacale autonoma - dopo il risultato elettorale del M5S che aveva proposto il reddito di cittadinanza, anche migranti. Qui le persone vengono per appuntamento per risolvere pratiche di lavoro; da due giorni la nostra attività è frequentemente interrotta da richieste di moduli per il reddito. Gira un modulo farlocco con il logo Inps e la scritta “Nun Teng Genio e Fatica”».
Disoccupati, giovani o stranieri: M5S primo nei collegi da record
L’assessore Giovinazzo: nessuna frenesia
Frena Michele Sollecito, assessore alle politiche sociali del Comune di Giovinazzo in Puglia. «Non c’è nessuna nuova frenesia per il reddito di cittadinanza proposto dai 5Stelle - sottolinea in una nota -, ma curiosità sì. E ieri e l’altro ieri la domanda dei richiedenti verteva sull’ipotetico futuro Reddito di Cittadinanza proposto dal Movimento. Ma nessun pugno sul tavolo o nessuna rivendicazione animata. Perché Giovinazzo non è una città di indolenti parassiti». E frena anche uno dei due coordinatori della Consulta dei Caf Massimo Bagnoli di Giovinazzo. Le richieste di moduli, spiega, sono un «fatto isolato». «Non ci risulta un fenomeno diffuso di richieste di reddito di cittadinanza ma questa notizia ci dice che i Caf sono un presidio per i cittadini. C’è stato invece un forte incremento delle richieste di Isee (l’indicatore della situazione economica) per ottenere il reddito di inclusione. A gennaio - conclude - l’aumento è stato del 30%».
M5S Puglia: è una bufala
Il Movimento 5 Stelle Puglia parla di «bufala». «Da questa mattina politici e giornali hanno lanciato una nuova bufala: fiumi di persone avrebbero preso d’assalto alcuni Caf e centri per l’impiego per richiedere il reddito di cittadinanza - si legge nella pagina Facebook -. È evidente che la lezione di queste elezioni politiche a qualcuno non sia bastata».
In altri paesi europei gli ammortizzatori sociali funzionano perché c’è il lavoro.Magdi Allam
08/03/2018
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 4922625422In Italia non funzionano perché non c’è il lavoro. Ciò che manca all’Italia non è il reddito di cittadinanza, ma il lavoro. In assenza del lavoro il Movimento 5 Stelle illude circa 18 milioni italiani poveri facendo loro credere che il reddito di cittadinanza diventerà un surrogato del lavoro da percepire illimitatamente.
Buongiorno amici. Vorrei chiarire meglio la mia valutazione critica sulla proposta centrale del programma del Movimento 5 Stelle: il reddito di cittadinanza. In Italia chi è inoccupato (non è mai entrato nel mondo del lavoro, o disoccupato (chi aveva un lavoro e l’ha perso), o esodato (chi in età avanzata ha perso il lavoro ma non percepisce la pensione), o precario (che lavora con contratti a tempo determinato), o sfruttato (che lavora in nero sottopagato), o che comunque percepisce un reddito o anche una pensione di invalidità o di anzianità al di sotto della soglia di povertà, ebbene lo è perché manca il lavoro regolarizzato, ben retribuito e stabile, non perché mancano gli ammortizzatori sociali, i centri di collocamento, i corsi di formazione gratuiti o addirittura retribuiti, i sindacati preposti alla tutela dei lavoratori, dei precari o dei disoccupati, le leggi che garantiscono il diritto al lavoro e la corresponsione di una retribuzione congrua a una vita dignitosa.
Ripeto: il problema dell’Italia è che manca il lavoro regolarizzato, ben retribuito e stabile, che consenta al lavoratore di vivere dignitosamente, di pianificare il futuro, di occuparsi adeguatamente della propria famiglia, di sentirsi soddisfatto realizzando un progetto di vita che dà un senso compiuto alla nostra esistenza.
Ecco perché, in questo contesto, immaginare di risolvere la tragica realtà di circa 18 milioni cittadini poveri, di cui circa 7 milioni che per sfamarsi fanno la fila alle mense dei poveri, di 4 milioni cittadini che non hanno alcun reddito, del 40% dei giovani disoccupati o inoccupati, di un terzo dei pensionati costretti a sopravvivere con meno di 500 euro al mese, offrendo loro un reddito di cittadinanza, concepito come un sussidio temporaneo nell’attesa che si trovi il lavoro, è una pia illusione sul piano finanziario ed economico, ed è una presa in giro degli italiani sul piano politico.
In Italia esistono già gli ammortizzatori sociali preposti a soccorrere i lavoratori, i disoccupati, i pensionati, le famiglie o gli invalidi in difficoltà. Esiste il sussidio di disoccupazione (assicurazione sociale per l’impiego), la Cassa integrazione guadagni e indennità di mobilità, l’assegno sociale, l’assegno emergenziale, l’assegno integrativo, il Sostegno per l’inclusione attiva, l’assegno di solidarietà, il Fondo di integrazione salariale, il reddito di inclusione, il reddito di inclusione sociale, il sussidio contro la povertà, i corsi di formazione gratuiti e talvolta retribuiti, i centri di collocamento, i centri di orientamento professionale, i lavori socialmente utili, le pensioni di invalidità, i fondi comunali, regionali, nazionali e europei per l’aiuto dei giovani, delle famiglie e degli anziani bisognosi.
In altri paesi europei gli ammortizzatori sociali funzionano perché c’è il lavoro. In Italia non funzionano perché non c’è il lavoro. Ciò che manca all’Italia non è il reddito di cittadinanza, ma il lavoro. In assenza del lavoro, il reddito di cittadinanza, alla stregua degli altri ammortizzatori sociali, si trasformano in un surrogato del lavoro che viene erogato per tutto il periodo contemplato e poi si ripiomba nella disoccupazione.
Il problema di fondo da affrontare e da risolvere è il lavoro. Il lavoro che produce beni e servizi a beneficio della collettività, rivitalizzando il circuito virtuoso della produzione e dei consumi, occupando il lavoratore, gratificandolo adeguatamente e contribuendo a dare un senso compiuto alla sua esistenza. Bisogna investire per favorire le imprese, soprattutto le micro, piccole e medie imprese che hanno storicamente rappresentato il volano dello sviluppo in Italia, affinché siano messe nella condizione di creare milioni di nuovi posti di lavoro, che si traducano in stipendi reali sostanziati dalla produzione di beni e servizi.
Viceversa, lasciar intendere a circa 18 milioni di italiani che la loro povertà, precarietà e sofferenza verrà risolta con il reddito di cittadinanza, in un’Italia dove manca il lavoro, significa illuderli che il reddito di cittadinanza diventerà un surrogato del lavoro, che potranno continuare a percepirlo illimitatamente. Hai voglia a precisare che dopo la terza offerta di lavoro rifiutata verrà tolto il reddito di cittadinanza. Se il lavoro non c’è, di quali offerte di lavoro parliamo? La proposta del Movimento 5 Stelle del reddito della cittadinanza come la bacchetta magica per risolvere la tragedia degli italiani disoccupati è sbagliata da tutti i punti di vista: finanziario, economico ed etico. Che sia stato il frutto di una ingenuità da dilettanti della politica o della spregiudicatezza di chi è assetato di potere, lo capiremo presto e saranno gli italiani a giudicare, a cominciare dal circa 33% di elettori che hanno riposto la loro fiducia nel Movimento 5 Stelle concependolo come l’unica vera alternativa alla classe politica che ha governato l’Italia della “Seconda Repubblica”.