Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni

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Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:48 am

Venetismo, referendo par l'endependensa e i fanfaroni
viewtopic.php?f=126&t=420


La Rejon del Veneto pola endir sto referendo?

Sto kive lè el Statudo del Veneto:

Immagine

http://www.consiglioveneto.it/crvportal ... TATUTO.pdf


http://www.filarveneto.eu/leberta-e-endependensa

Me par purpio ke sto tipo de referendo nol sipia ameso o consentio dal Statudo Veneto (a norma de la Costitusion Taliana).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:53 am

http://www.lindipendenza.com/zaia-andro ... eto-decide

Zaia: “Andrò a manifestare per l’Indipendenza”. Con Veneto Decida

di REDAZIONE

Sono stato invitato, saro’ presente in quanto considero il tema, ovvero l’indizione del referendum, una richiesta assolutamente in linea con i dettami del diritto internazionale e della costituzione e un atto di alta democrazia nei confronti dei veneti”.

Cosi’ il governatore del Veneto Luca Zaia per quanto riguarda la manifestazione di domenica a Bassano del grappa promossa dal movimento ”Il Veneto decida” a sostegno del referendum per l’indipendenza della regione.

VENETO DECIDA ha annunciato annunciare che il 1 dicembre 2013 si terrà a Bassano del Grappa (Vi) una grande manifestazione a sostegno del referendum, con ritrovo alle ore 14 in viale Fosse – General Giardino. Alla manifestazione parteciparenno tutti i Veneti che vogliono tornare protagonisti del loro futuro, senza simboli di partiti o movimenti ma solo con le bandiere di San Marco; anche quest’ultimo è stato un punto condiviso all’unanimità e ribadito in conferenza stampa. Sarà la prima manifestazione veramente unitaria, dopo anni di divisioni e frazionamenti interni che spesso hanno purtroppo caratterizzato i rapporti fra i vari movimenti indipendentisti/autonomisti veneti. Migliaia di persone marceranno unite sotto un unico simbolo, il Leone Marciano.

Una domanda sorge spontanea però: ma perchè non ha fatto votare la risoluzione 342 in Consiglio regionale?


On comento:

Nicola
30 Novembre 2013 at 12:06 pm #

Ah, il grande GOVERNATORE! Ogni volta che ho la ventura di rivederlo, con quella sua criniera imbrillantinata, con il suo piglio deciso e nel contempo rassicurante, il ventricolo sinistro del mio stanco muscolo cardiaco ha un sussulto. Un vero Cuor di Leone, il nostro Luca. Come siamo fortunati noi veneti! Un uomo siffatto ci guiderà di sicuro all’indipendenza, anche perché il Nostro milita da decenni nel partito che ha garantito alle genti del nord un progressivo ed incrementale benessere, abbassando sensibilmente le tasse e l’ingerenza nella nostra vita del disprezzato stato italiano e assicurando alle genti del Veneto e della Lombardia prosperità e felicità.
Ma venendo all’articolo che annuncia la sua graziosa e benevola partecipazione alla manifestazione di Bassano, non posso che sottolineare la pregnanza della domandina finale. Forse un po’ cattivella. Ma estremamente utile per apprezzare l’incommensurabile credibilità del novello Napoleone.
A questa mi si lasci aggiungere una riflessione che i più smemorati gradiranno. Riguarda la Risoluzione 44 approvata dal consiglio regionale veneto il 28 novembre 2012 e che da allora (cito):

impegna il Presidente del Consiglio regionale del Veneto ed il Presidente della Giunta regionale del Veneto

ad attivarsi, con ogni risorsa a disposizione del Consiglio regionale e della Giunta regionale, per avviare urgentemente con tutte le Istituzioni dell’Unione europea e delle Nazioni Unite le relazioni istituzionali che garantiscano l’indizione della consultazione referendaria innanzi richiamata al fine di accertare la volontà del Popolo Veneto in ordine alla propria autodeterminazione sino anche alla dichiarazione di indipendenza;
impegna altresì il Presidente del Consiglio regionale del Veneto
ed il Presidente della Giunta regionale del Veneto

a tutelare in ogni sede competente, nazionale ed internazionale, il diritto del Popolo Veneto all’autodeterminazione.

Beh, dopo un anno in cui si sono verificati innumerevoli suicidi di imprenditori, in cui l’economia veneta sta collassando sotto il peso criminale della fiscalità italiana, in cui le prospettive per il futuro spingono migliaia di giovani a fuggire da questa terra devastata, quale bottino funzionale all’indipendenza ci hanno portato a casa dalla UE o dall’ONU il governatore Zaia e il presidente del consiglio regionale Ruffato?
La risposta è O, ZERO, NIENTE, RIEN, NADA, NOTHING, Ничего, NICHT…

Ma allora che senso ha la sua partecipazione a Bassano? Beh, forse, forse, con le elezioni amministrative del 2014 alle porte e con quelle regionali di lì a poco, una lucidatina agli ottoni dell’indipendenza non guasta di sicuro. O no?



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http://www.lindipendenza.com/zaia-il-re ... olo-parole

Zaia: “Il referendum per l’indipendenza non è uno scandalo”. Solo parole?

di VITO CERNEAZ

C’è una cosa che non pare sopportabile del leghismo: il suo infinito doppiogiochismo. Gli attuali “dirigenti” – cresciuti tutti alla scuola di Umberto Bossi – definito da Gianfranco Miglio un “mentitore seriale” – non si smentiscono mai e Zaia, governatore del Veneto in carriera, a volte non sembra distinguersi dai suoi competitor di partito. Dopo l’ultima farsa consiliare di luglio, in cui abbiamo assistito ad una discussione surreale sul “referendum secessionista” promosso da Indipendenza Veneta (in cui s’era detto che si sarebbe arrivati ad un voto), Zaia continua a giocare su due tavoli, cogliendo le molte occasioni che gli vengono offerte per dire la propria, ma spesso sconcertando coloro che da lui si attenderebbero passi concreti, e non solo parole, a favore della consultazione del popolo veneto.

Ieri, ha dichiarato all’universo mondo: ”Non è da scandalo essere a favore della proposta di un referendum sull’autodeterminazione del popolo veneto, è semmai scandalosa la posizione che hanno molti contro il referendum, che è la massima espressione della partecipazione democratica”. Lo ha detto partecipando alla registrazione di un Forum di rete Veneta. E non c’è nulla da eccepire per quel che ha detto, anzi. Ha inoltre rincarato la dose: ”Qui in Veneto c’è una parte di politica che è contro il referendum – ha precisato Zaia – che non vuole che il popolo si esponga. E’ una posizione da dittatura”.

Anche in questa seconda affermazione Zaia ha ragione da vendere. Peccato che alle dichiarazioni non seguano i fatti concreti, esattamente come è accaduto – nell’ultimo ventennio – con i roboanti proclami di quello che, fino ad un annetto fa, era il suo veneratissimo “capo”.

Un mio amico sostiene quanto segue: “Non è quello in cui credi che ti rende una persona in gamba, ma come ti comporti”. Beh, il comportamento del governatore del Carroccio sulla questione indipendentista, più che da persona in gamba, ha qualche volta il sapore del raggiro nei confronti dei suoi connazionali. Sempreché non si senta prima italiano che veneto: ma ciò sarebbe un vero “tradimento” per chi impostò la propria campagna elettorale all’insegna de “Prima il Veneto”. Da Zaia ci si attende altro…
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:54 am

Bassano del Grappa, in migliaia in marcia per l’indipendenza del Veneto

http://www.lindipendenza.com/bassano-de ... del-veneto

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... assano.jpg

di REDAZIONE

Grande manifestazione oggi a Bassano del Grappa. Una marcia silenziosa per chiedere il Referendum sull’Indipendenza del Veneto, organizzata dal Comitato “Veneto Decide” e sostenuta dall’associazione “Veneto Nostro – Raixe Venete”.

L’appuntamento con questa marcia, che ha visto radunarsi nella città di San Bassiano migliaia di persone, ha preso il via da Viale delle Fosse, nei pressi della statua del Generale Giardino, alle ore 14.00.

All’unisono, gli aderenti: “Anche oggi giornata emozionante. Migliaia a Bassano per l’Indipendenza! Quei cartelli sono alcuni dei quasi 150 Comuni che chiedono il referendum. E per ogni cartello c’è un Sindaco coraggioso che si unisce ai suoi concittadini per l’indipendenza. Grande giornata di festa, e gli abitanti di Bassano si univano al corteo festante! Hanno partecipato tutti i movimenti indipendentisti, divisi, ma uniti per il Veneto! WSM”.

Dixem ke no gh'era tuti i movimenti endependentisti e gnanca tuti i partiti endependentisti e gnanca tute le asoçasion endependentiste.
1) Par somexo no ghe jera Plebiscito 2013 ke lè fato da ki ke par primi li gheva promoso sto Referendo Farsa.
2) El comitato "Veneto Decide o Decida" no lè forma da movimenti ma da i cai de li tre partiti "endependentisti": Endependensa Veneta, Veneto Stato e Liga Veneta Republica (tuti partidi personali) ke ente sta manera li se fa propaganda poledega/partetega par le proseme elesion ... a cu se ga xontà la Lega co li so sinaghi e col Warnador del Veneto Xaia.
Me despiaxe ke Raixe Venete ghe gapie dà el sostegno a sta manefestasion de poledeganti par on Referendo Farsa ma ke no li fa purpio gnente de bon par la nostra xente ke la patise l'opresion e el sfrutamento de li taliani e del Stado Talian.
Ste manifestasion anca se le par conpatar na parte de i veneti le xe lomè fumare nere, operasion de maja nera ke xenera iluxion/eluxion e no le canvia de na virgola la realtà.
La Rexon del Veneto no la pol endir Referendo Consoultivi de sto tipo (tanto manco o manco ke manco "veri referendo par l'endependensa") ... parké la posa farlo cognaria canviar l'ordenamento del Stado Talian a Roma.
Prasiò lè on sprèco de enerxie venete ke le podaria esar doparà par robe pì bone e sensà par el povolo veneto.
El Consejo Rexonal del Veneto nol pol endir gnaon referendo de sto xenare.
Basta turlupinar la nostra xente, basta darghe osi finti da ciuciàr!
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:54 am

Guardiamo all’indipendenza con occhi meno sognanti

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 86x200.jpg

http://www.lindipendenza.com/guardiamo- ... o-sognanti

di ENZO TRENTIN

Il 12 ottobre 1492 è il giorno della scoperta dell’America e della fine del Medioevo. Venerdì 7 maggio 1954 è la data in cui capitola il campo trincerato di Dien Bien Phu sito nell’Indocina francese. Per la prima volta nella storia del colonialismo un esercito “bianco” e professionale: il CEFEO (Corps expéditionnaire français en Extrême-Orient, Corpo di spedizione francese in Estremo Oriente) veniva definitivamente sconfitto sul campo di battaglia da soldati di popolo: i Bo-doi, che camminavano con calzari ricavati da vecchi copertoni d’automobile. Da questa data passeranno soli 21 anni e crollerà per sempre un sistema coloniale che durava da secoli. Si consolida definitivamente il concetto di autodeterminazione dei popoli.

La situazione disperata di Dien Bien Phu venne sfruttata dagli americani per eliminare la presenza coloniale francese dalla regione, in modo da portare l’intera Indocina nella loro sfera d’influenza. Infatti, durante la battaglia di Dien Bien Phu, vista la situazione sempre più precaria, i francesi chiesero agli americani un massiccio appoggio aereo. Al che, “il 4 aprile 1954 il presidente Dwight Eisenhower acconsentì all’intervento solo a condizione che venissero rispettati alcuni requisiti: ad agire doveva essere una coalizione internazionale, i francesi dovevano acconsentire all’indipendenza vietnamita ed era necessaria l’approvazione del Congresso. Poiché tali condizioni non si verificarono, Eisenhower rifiutò di muoversi e le richieste francesi per un aiuto dall’esterno rimasero inascoltate”. Lo scrive M.K. Hall, La guerra del Vietnam, che cita Frey (vedi più sotto) il quale sottolinea come il diniego americano fosse dettato dalla necessità per Washington di non apparire, agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, troppo ‘consonante’ con una potenza coloniale come la Francia (cfr. M. Frey, Storia della guerra in Vietnam, p. 29). Per inciso, anche l’indipendenza algerina sarà ‘patrocinata’ dagli Stati Uniti, in particolare da Kennedy, “partigiano confesso dell’indipendenza dell’Algeria” (A. Horne, Storia della guerra d’Algeria 1954-1962, cit., p. 521) sin dal suo celebre discorso al Senato del luglio del 1957. Si osservi che è dal 7 gennaio che con l’istituzione del coprifuoco imperversa la cosiddetta battaglia di Algeri, successivamente immortalata dall’omonimo film di Gillo Pontecorvo.

Non deve sorprendere la “ondivaga” politica internazionale statunitense. Infatti “Nel corso del 1945 il Viet minh collaborò con l’Office of Strategic Services (Oss) americano, fornendo in cambio informazioni e ricevendo armi e addestramento” (M.K. Hall, La guerra del Vietnam, il Mulino, Bologna 2003, p. 11). In altre parole: “nei cinque mesi fra il marzo 1945 e la capitolazione del Giappone, i viet minh divennero ufficialmente alleati delle potenze occidentali. Agenti dell’OSS inviati in Vietnam si avvalsero dell’appoggio logistico del movimento di liberazione, ottennero informazioni sugli spostamenti di truppe giapponesi, e guerriglieri viet minh aiutarono, offrendo loro rifugio e vitto, gli aviatori alleati i cui aerei erano stati abbattuti. L’OSS per parte sua rifornì i viet minh di armi e arruolò perfino Ho Chi-minh come proprio agente con il nome di copertura di Lucius” (M. Frey, Storia della guerra in Vietnam. La tragedia in Asia e la fine del sogno americano, Einaudi, Torino 2008, pp. 8-9); emblematica è anche la descrizione di Frey (cfr. ivi, p. 3) della cerimonia di proclamazione dell’indipendenza vietnamita, il 2 settembre 1945, con aerei americani a fare il giro d’onore nel cielo di Hanoi, la banda che suonava l’inno nazionale americano e gli agenti dell’OSS in tribuna insieme a Ho Chi-minh, che dal canto suo nel discorso ufficiale parafrasava la dichiarazione d’indipendenza americana. Questa resta, perciò, una delle pagine più sorprendenti della politica americana in Asia, se letta ex post, ossia alla luce del successivo coinvolgimento militare degli USA nella penisola indocinese proprio contro gli antichi alleati.

Questa lunga premessa storica per guardare ai nostri giorni con occhi meno sognanti e più disincantati alla domanda d’indipendenza che sorge da parte di veneti, lombardi, sudtirolesi, sardi, siciliani ed altri italici popoli. E sorvolando su catalani, scozzesi, fiamminghi, bretoni, baschi, corsi ed altri ancora.

Per quanto riguarda la situazione veneta si può constatare che proprio in questi giorni i partitini indipendentisti (quelli che si sono presentati a tutte le elezioni possibili con l’alibi della visibilità, ma senza alcun risultato degno di nota) sono stati messi in secondo piano per esaltare invece la costituzione e l’operato di comitati culturali apartitici. E uno di tali comitati scrive: «Vivere o morire, anche sul piano culturale, deve però essere una loro decisione: questa assunzione di responsabilità è la premessa indispensabile alla rinascita culturale del nostro popolo. Se è vero che l’indipendenza è ormai la strada divenuta obbligata perché i Veneti abbiano un futuro e se è vero che un referendum sull’indipendenza (che consulti gli aventi diritto al voto) è la via maestra che legittima quell’obiettivo, allora il nostro impegno diretto in questo processo non contrasta con il nostro ruolo culturale, ma è anzi un coraggioso contributo a costruire nuove condizioni generali nella vita pubblica, perché la Civiltà Veneta possa ancora esistere e prosperare. […] Davanti alla concreta minaccia di estinzione per il nostro popolo, il nostro impegno culturale non può limitarsi a valorizzare la storia e l’identità, ma deve oggi anche tradursi in termini di difesa diretta dei diritti nazionali dei Veneti. Noi siamo intervenuti ad animare il coordinamento [...] non per modificare la natura delle nostre organizzazioni o per mettere da parte le nostre attività: tutto ciò che abbiamo prodotto in questi anni proseguirà indisturbato, anzi si svilupperà ancora».

Insomma, con lo “strumento” dei comitati si farà azione culturale, informativa e propagandistica; ma non per questo sembra che i “partitini” smetteranno di trescare con la partitocrazia italiota al fine di giustificare l’eventuale elezione dei singoli pseudo leader nelle istituzioni di quell’esecrato Stato dal quale si vuole l’indipendenza. Le citazioni – a sproposito, perché non comparabili – delle esperienze catalane e scozzesi si sprecano.

Non emerge nessuna proposta nuovo assetto istituzionale. Anzi c’è chi osserva che una Costituzione potrebbe essere inutile. Il Regno Unito vive civilmente senza di essa. Anche Israele è uno Stato democratico – l’unico del medio oriente – senza Costituzione. Tuttavia si può osservare che, all’opposto, la civilissima Svizzera ha una Costituzione. Ed essa è tanto più civile in quanto a modificarla sono incorsi più e più volte sia i cosiddetti rappresentanti, sia il cosiddetto popolo sovrano. Queste le posizioni di alcuni soggetti politico-intellettuali che si muovono nella scena pubblica veneta.

Se manca la proposta di nuova architettura istituzionale, è difficile abbozzare una proposta di nuovo assetto giuridico. Anzi, in “conversazioni tra amici” qualcuno sostiene: «I codici sono tutt’altra cosa. [...] i due codici di diritto sostanziale – penale e civile – e la necessità di contemplare anche le due relative procedure. [...] la giustizia “si amministra” con le procedure, non con il diritto sostanziale. Di più. Il tasso di democrazia e di civiltà giuridica di un popolo traspare ben più dal codice di procedura penale che non dal codice penale. Ma su ciò non voglio tediare i non addetti ai lavori. Ed è proprio nella veste di studioso e di pratico del processo penale che affermo con sicurezza che quello dei codici è un falso problema. Nessun Paese, nella Storia, ha forgiato prima i propri codici e poi sé medesimo; nessuno; diversamente da quanto, talvolta, è avvenuto per le carte costituzionali. I codici sono raccolte di leggi ordinarie e da sempre la nascita di un nuovo Stato si accompagna al vigore di regimi giuridici transitori. Solo nei casi di conquista, come fu ad esempio per le terre italiche annesse dal Regno di Sardegna, vi fu la brutale sostituzione di un sistema con un altro (entrata in vigore dei codici del Regno Sardo in tutti i territori annessi). Laddove vi fu buon senso non fu così: il primo dominio austriaco del Veneto vide la continuità del diritto veneto. [...] se c’è una cosa ben fatta in Italia è il codice penale di Alfredo Rocco (o almeno ciò che ne resta). Il giudizio dei grandi giuspenalisti, sul punto, è unanime. Né si confonda tale giudizio di valore con le necessità di riforma del codice, espresse da decenni e regolarmente abortite. La questione è squisitamente tecnica, non certo politica. I codici italiani sono portatori di altissimi valori civili e si attestano ai vertici del pensiero giuridico mondiale. Almeno in una fase transitoria la loro applicazione sarebbe nulla di scandaloso. Anzi, al contrario, sarebbe operazione temeraria lo spazzarli via.»

Qui emergono due constatazioni: 1) se oggi possiamo liberamente parlare ed operare per l’indipendenza è grazie alla modifica dell’art. 241 del Codice penale. Con la Legge 24/02/2006, n.85 – Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione – così riscritto: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni. La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche.» Insomma dal 2006 grazie ad una modifica parziale del C.P. si può parlare ed agire per l’indipendenza, basta farlo con atti non violenti. 2) almeno in Veneto ci sono fautori del ripristino della Repubblica Veneta. Alcuni di questi, nelle predette “conversazioni tra amici”, sostengono: «…che non solo si atteggia a Stato Cattolico e dunque confessionale (da confiteor = io testimonio che Gesù Cristo è Dio), ma in tutto il suo impianto istituzionale, fino nei minimi particolari la Repubblica Veneta rappresenta l’esatto opposto del sistema liberale (che nasce sulla base ideologica). Siamo all’opposto in tutto: ruolo dello stato, stato sociale, diritto, politica economica, economia, politica estera, diritti politici e civili, concezione della politica, valori morali, religione… in un elenco senz’altro non esauriente.»

Quest’ultima è un’idea ricca di fascino e di seduzione. Purtroppo è avvilente constatare che manca un numero adeguato di Patrizi. Se ci sono chiediamo scusa per esserci distratti. Quell’aristocrazia che governò la Repubblica di Venezia, e che – soprattutto – se ne accollò gli oneri, a chi o cosa corrisponde oggi? Se tale aristocrazia (dal greco άριστος, “Migliore” e κράτος, “Potere”, che secondo l’etimologia greca del termine dovrebbero appunto essere i “migliori”) esiste già, dove si è formata? Perché ogni entità ben amministrata forma la propria classe dirigente, come avviene in tutte le nazioni davvero evolute. Senza questo lungo percorso di educazione ed istruzione, dove sono i “migliori”?

Ritornando alle osservazioni in premessa: “il fatto che per secoli un certo gruppo di popoli sia riuscito ad assoggettare al proprio volere tutto il resto del mondo appare unico nella storia universale”. Ciò si spiega con “spirito di avventura, ardimento, volontà decisa, durezza di carattere, e poi doti di organizzazione”, unite al “convincimento che il cristianesimo” rendesse gli europei i portatori “della vera fede”. (J. Evola, Ora tocca all’Asia. Il tramonto dell’Oriente, in “Il Nazionale”, II, 41, 8 ottobre 1950, p. 2.) Da qui l’odierno Jadismo fondamentalista islamico. Ma questi “fattori eroico-religiosi dovevano rapidamente venir meno” nel momento in cui “al periodo dei conquistadores” subentrò lo “sfruttamento economico” da parte “delle varie compagnie commerciali” europee. Di poi, sarebbero stati proprio gli europei a fornire ai popoli delle colonie le armi ideologiche per la loro emancipazione, per prima cosa diffondendo “il vangelo dei ‘diritti dell’uomo’” e poi la dottrina della “autodecisione dei popoli”, risalente alla pace di Versailles. Di conseguenza, gli europei “con una specie di autosadismo, dovevano ridursi alla fine a predicare l’anticolonialismo” e ad aprire così la strada al tramonto della loro egemonia.

Ne consegue come logica conclusione che dal campo indipendentista peninsulare sembrano emergere due filoni. Al primo appartengono persone, partiti e partitini che cercano l’elezione nelle istituzioni italiane, dove è difficile credere ancora al fatto che tali istituzioni possano essere riformabili dal loro interno. La storia ultra ventennale della Lega Nord è lì a dimostrarlo. Anche le recenti vicende del M5S sembrano andare nella stessa infruttuosa direzione. Emblematica, poi, è l’iniziativa di “contro referendum” proposto dal Pdl in Regione Veneto per ottenere una maggiore autonomia. (Tsz!) Al secondo filone sembrano appartenere persone, associazioni culturali e comitati apartitici che puntano al consenso popolare, ma non hanno ancora una proposta di nuova architettura istituzionale su cui far convergere detto consenso. Al momento c’è solo il legittimo sogno dell’indipendenza. È dunque, a nostro parere, necessario individuare lucidamente le persone e gli organismi che puntano in questa direzione; ma è anche indispensabile che il nuovo progetto istituzionale ottenga l’utile accredito internazionale. E purtroppo, sempre a nostro avviso, su quest’ultimo punto siamo ancora in alto mare.

Comento de Filarveneto:
Par fortuna anca pal pasà ai bei tenpi de la Repiovega Veneta, gh'era veneti co la cràpa so le spale ke li stava al moto: prima sem veneti e dapò cristiani (catoleghi)
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:54 am

Zaia: il referendum è la legittima difesa dei Veneti nei confronti di Roma

http://www.lindipendenza.com/zaia-il-re ... ti-di-roma

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... veneto.jpg

di REDAZIONE

«Ho accolto l’invito all’ascolto di una istanza rappresentata da buona parte dei cittadini del Veneto: l’oggetto resta quello dell’indizione del referendum per l’indipendenza, in un momento di particolare difficoltà economica che relega il Veneto a semplice comparsa nazionale dove Roma si ricorda di noi solo con la creazione di nuove tasse e con la totale assenza di ogni forma di autonomia o di federalismo». Così il governatore del Veneto Luca Zaia ha spiegato la sua presenza ieri a Bassano alla manifestazione organizzata da ‘Il Veneto decida’, a sostegno del referendum per l’indipendenza del Veneto. «Un vero e proprio disconoscere i dettami dei padri costituenti che nel 1948 diedero vita ad una costituzione autenticamente federalista (???) – attacca Zaia – che è stata gestita però in tutti questi decenni con una visione squisitamente centralista. Il referendum è la legittima difesa che questi veneti rappresentano a Roma».

La manifestazione si è svolta ieri a Bassano del Grappa. Una marcia silenziosa per chiedere il Referendum sull’Indipendenza del Veneto, organizzata dal Comitato “Il Veneto Decida” e sostenuta dall’associazione “Veneto Nostro – Raixe Venete”.

L’appuntamento con questa marcia ha visto radunarsi nella città di San Bassiano migliaia di persone.

All’unisono, gli aderenti: “Anche oggi giornata emozionante. Migliaia a Bassano per l’Indipendenza! Quei cartelli sono alcuni dei quasi 150 Comuni che chiedono il referendum. E per ogni cartello c’è un Sindaco coraggioso che si unisce ai suoi concittadini per l’indipendenza. Grande giornata di festa, e gli abitanti di Bassano si univano al corteo festante! Hanno partecipato tutti i movimenti indipendentisti, divisi, ma uniti per il Veneto! WSM”.

QUI ALCUNE IMMAGINI DELLA MARCIA:

http://www.lindipendenza.com/bassano-de ... del-veneto

LE FOTOGRAFIE E IL VIDEO DELLA MANIFESTAZIONE SUL SITO:

http://www.indipendenzaveneta.com


Xaia el fanfaron:

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Ke oror sto ometo enpomatà de Xaia!
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:55 am

Morosin: Indipendenza Veneta non partecipa né alle Europee né alle Politiche

http://www.lindipendenza.com/morosin-in ... -politiche

di G.L.M.

“Il nostro movimento non si presenterà né alle prossime elezioni Europee né alle Politiche che con tutta probabilità saranno anticipate. Sarebbe assurdo barattare una corona d’oro con un piatto di lenticchie, e la battaglia per l’indiendenza è una vera corona d’oro”. Alessio Morosin, presidente onorario e leader morale di Indipendenza Veneta risponde così alla provocazione lanciata ieri dal sottoscritto, che si chiedeva se veramente il referendum per l’indipendenza del Veneto lo si vuole raggiungere veramente, ma soprattutto replica alle malignità di alcuni critici, che ritengono i dirigenti di IV più impegnati a promuovere se stessi e la propria carriera politica, a scapito della consultazione popolare per l’autodeterminazione.

“In tutte le assemblee che andiamo facendo in giro per il Veneto – continua Morosin – riunioni sempre affollatissime, andiamo ripetendo questo mantra: niente elezioni Europee e Politiche, visto che è già stato un errore presentarsi alle consultazioni del febbraio scorso. Finché ci sarò io, non si derogherà a questa scelta. E la gente lo capisce perché si avvicina sempre più numerosa al nostro movimento, proprio perché l’obiettivo è sempre e solo l’indipendenza del Veneto”.

Il presidente onorario di IV non fa invece espressamente riferimento alle Regionali del 2015, ma è inutile adesso ruotare intorno a questo aspetto, perché bisogna vedere cosa succederà da qui ad allora circa lo svolgimento del fatidico referendum.

E del famoso progetto di legge n. 342 (indizione del referendum), impantanato da oltre due mesi nelle commissioni del Consiglio regionale, che ne è? Cosa si prevede succederà? “Il Consiglio regionale – precisa Morosin – si troverò di fronte a una valanga di consigli comunali e provinciali che stanno approvando l’appoggio allo svolgimento del referendum. Hanno già votato a favore le quattro province maggiori – Verona, Padova, Venezia e Treviso -, che rappresentano oltre 3,5 milioni di Veneti su 5 milioni, e con ieri siamo arrivati a 150 comuni. Stanno arrivando a votare sì anche le città amministrate dalla sinistra, vedasi Rovigo, ultima in ordine di tempo. Ripeto, è una vera e propria valanga che continua a crescere, con ormai una media di 20 comuni che aderiscono ogni settimana!”.

Ma Roma come reagisce? “A Roma – conclude l’avvocato indipendentista – hanno una paura fottuta, perché sanno che con il referendum Veneto si arriverebbe a un punto di non ritorno. Faranno di tutto per bloccarlo perché, come dice Massimo Cacciari, se si dovesse svolgere, l’80% del nostri concittadini voterebbe per l’indipendenza. Ormai non siamo più solo noi a parlare in questo senso: qualche sera fa ho partecipato a un incontro con gli imprenditori vicentini dell’Api e loro stessi, non noi, hanno titolato così la serata: delocalizzazione o indipendenza”.

E, dunque, che indipendenza sia!

???
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:55 am

Anche le illusioni aiutano a fomentare l’indipendenza ???

http://www.lindipendenza.com/anche-le-i ... dipendenza

di ENZO TRENTIN

Secondo l’opinione comune illudersi è un male, anzi accusare qualcuno di essere un “illuso” è una offesa. Armando Torno, invece, ha scritto un libro (1) elogiando le illusioni e costatando che tutti gli uomini sono degli illusi. La illusione, perciò prima di essere una eccezione negativa è una condizione naturale dell’uomo. Ed ha una funzione positiva. Il libretto ha come apertura o esergo una frase di Giacomo Leopardi tratta dallo Zibaldone: «Pare un assurdo, e pure è esattamente vero che tutto il reale essendo un nulla, non v’è altro di reale né altro di sostanza al mondo che le illusioni.»

Questa è la tesi sostenuta: «Viviamo di illusioni. Ogni giorno esse ci accompagnano […] talvolta si vestono di sogni e ci scortano, tenendo lontani gli incubi, durante il sonno. Con esse amiamo e odiamo, la loro fedele presenza ci porta dal pianto al riso […] senza di esse la noia o la paura ci assalirebbero […] ogni uomo si è illuso o forse è soprattutto un illuso. Da sempre. E continuerà ad esserlo.» Così aggiunge nella premessa: «Man mano che passano gli anni si ha sempre più bisogno di aumentare le dosi di verità a disposizione di questo mondo e di illudersi con maggior coscienza. Certo, senza rinunciarvi. Perché siamo stati condannati (o graziati) a vivere e a morire di illusioni. […] Le illusioni sono per l’anima quello che l’atmosfera è per la terra. Toglietele quella tenera coltre d’aria e vedrete le piante morire, i colori svanire. (Virginia Woolf) di qui l’importanza delle illusioni per la vita. Infatti afferma: Senza illusioni non ci sarebbe la filosofia, le religioni perderebbero gran parte del loro immaginario (sovente quanto il dogma), gli sportivi sarebbero disoccupati e chi desiderasse tentare un’impresa non comincerebbe nemmeno e soprattutto non ci sarebbe l’amore.»

È illusione credere che in politica si possa applicare il metodo usato da coloro che lavorano nella ricerca scientifica? Essi, infatti, ci insegnano che ci sono due modi per provare a migliorare le nostre conoscenze, e di conseguenza il nostro vivere quotidiano:

uno è il metodo scientifico, in cui la critica prescinde completamente dalle persone e si rivolge al metodo, alle analisi e alle conclusioni tratte dalle analisi.
L’altro modo è quello basato sul confronto personalistico, sul disprezzo per le idee altrui e per chi le sostiene.
Col secondo metodo si scava un fossato e non si fa un passo avanti.
Col primo metodo si progredisce.

È una lezione molto importante che impara chi fa ricerca scientifica: le critiche non sono mai personali, anche se sono durissime. Le critiche sono rivolte a migliorare lo stato dell’arte, e conviene accoglierle, perché le idee infondate nella comunità scientifica prima o poi si emarginano da sole. Le critiche vanno rivolte in modo distaccato, documentato e argomentato ALLA TEORIA, MAI alla persona.

È illusione credere che gli esponenti politici che si sono visti sul palco a Bassano del Grappa (VI), domenica 1 dicembre (manifestazione promossa dal comitato “Il Veneto Decida”), possano rappresentare il cambiamento di parti istituzionali italiane verso l’indipendenza. Dalle mezze verità proclamate da quella tribuna si è capito benissimo che siamo in una sorta d’avvio anticipato di campagna elettorale per le regionali del 2015, se non addirittura per le europee del 2014. Sostanzialmente essi hanno detto una mezza verità quando hanno affermato che bisogna convincere il 50%+1 degli aventi diritto al voto in Veneto. Un’altra mezza verità è stata detta laddove si è constatato che l’attuale composizione del Consiglio regionale veneto non ha un “animo” indipendentista. L’altra mezza verità, più implicita che esplicitata, è che cambiando il predetto Consiglio regionale votando loro, si avranno maggiori chance. È bene sottolinearlo: non ci troviamo di fronte a persone particolarmente malvage. Si tratta di persone appartenenti alla cultura partitocratica. E se si fanno sempre le stesse cose si otterranno sempre i medesimi risultati.

È illusione credere che il sistema dei partiti sia sinonimo di democrazia. Oltre un secolo fa Moshei Ostrogorski diede una interpretazione originale secondo la quale il moderno partito politico è una macchina centralizzata al servizio del leader, e della quale il leader non potrebbe fare a meno per raggiungere i suoi scopi. Basta guardarsi attorno con occhi disincantati per trovare non una, ma più conferme di ciò. I partitini indipendentisti veneti grazie ad espulsioni ed abbandoni volontari sono ridotti ad un manipolo di fedeli raccolti intorno al loro leader o presunto tale. Su questo non si discute.

È illusione credere che le Costituzioni siano come la lira e l’euro davanti a Bitcoin. Arnesi del passato? Jürgen Habermas esprime un vasto consenso del pensiero attuale, quando dice che la legittimità di una carta costituzionale, quale presupposto della legalità, deriverebbe da due fonti: dalla partecipazione politica egualitaria di tutti i cittadini e dalla forma ragionevole in cui i contrasti politici vengono risolti. Riguardo a questa “forma ragionevole” egli annota che essa non può essere solo una lotta per maggioranze aritmetiche, ma che deve caratterizzarsi come un “processo di argomentazione sensibile alla verità” (wahrheitssensibles Argumentationsverfahren). È detto bene, ma è cosa molto difficile da trasformare in una prassi politica. Quasi impossibile di fronte alla conflittualità dei partiti politici. La maggior parte dei nostri governanti ha assorbito l’ideologia neo-liberale per cui i cittadini non devono pronunciarsi, perché danno fastidio, si mettono a discutere di cose che non capiscono, intervengono su decisioni che riguardano la loro vita, ma se si prendono alla spiccia e senza il cosiddetto popolo sovrano è meglio, senza interferenze. La democrazia è un intralcio quando si devono prendere decisioni economiche, finanziarie o addirittura segrete in modo veloce. Questa la tesi dei politicanti.

È stata un’illusione credere che i vari movimenti e partiti politici indipendentisti avessero possibilità interne di elaborare proposte di nuovi assetti istituzionali. Di avere un’adesione di persone tanto numerosa da portare per il territorio le loro proposte e così convincere della bontà dei propri intenti la più parte degli aventi diritto al voto. Anni fa Papa Benedetto XVI avrebbe dovuto pronunciare un discorso all’università di Roma «La Sapienza» subito dopo l’inaugurazione dell’anno accademico. Non lo fece. Non ne ricordiamo il motivo. Avrebbe detto tra l’altro: «…Sicuramente non deve [il Papa. Ndr] cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di la’ del suo ministero di pastore nella chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero.» E se nemmeno la fede può essere imposta, cosa ci fa credere che potrebbero essere imposte visioni politiche che non si ha la capacità di elaborare e propagandare, al fine di trovare intorno ad esse un consenso democratico?

Per quanto ci riguarda (intendeva ancora dire Papa Benedetto XVI) si tratta del dare giusta forma alla libertà umana che è sempre libertà nella comunione reciproca: il diritto è il presupposto della libertà, non il suo antagonista. Ma qui emerge subito la domanda: come si individuano i criteri di giustizia che rendono possibile una libertà vissuta insieme e servono all’essere buono dell’uomo? A questo punto s’impone un salto nel presente: e la questione del come possa essere trovata una normativa giuridica che costituisca un ordinamento della libertà, della dignità umana e dei diritti dell’uomo. È la questione che ci occupa oggi nei processi democratici di formazione dell’opinione e che al contempo ci angustia come questione per il futuro dell’umanità.

Con voce sicuramente meno autorevole del Papa Armando Torno sostiene: «L’amore offre i migliori risultati quando non tiene conto dei freni del ragionamento, o meglio quando li usa male. Si cerca continuamente l’amore e, mentre lo si vive, ci si accorge che ogni stato di grazia nasconde impensabili sofferenze e illusioni che dobbiamo scontare. Anzi, sono proprio le illusioni la macchina che mette in moto ogni rapporto amoroso: […] La forza (dell’amore) accende le nostre illusioni, ci induce a fare quello che nemmeno avremmo immaginato».

Le altre illusioni sono imitazioni di quelle che ci fanno vivere il rapporto amoroso. Ad esempio in politica. Il consenso che si dà a certe proposte è simile alla illusione che noi proviamo quando crediamo di essere amati. Lo affermava Demostene. «Nulla è più facile che illudersi, perché ciò che ogni uomo desidera, crede che anche sia vero.» Perciò anche in politica le illusioni svolgono un ruolo essenziale. «Da cinquemila anni circa […] si possono registrare circa un migliaio di trattati di pace. Uno ogni cinque anni, mese più mese meno. E tutti sono stati disattesi.» Le illusioni svolgono il loro ruolo fondamentale nella cultura, verso noi stessi, sia da soli che vivendo in società, nella religione e nella filosofia, nel progresso e in Internet. Ma le illusioni per svolgere il loro ruolo essenziale di primo motore hanno bisogno di spazi fisici oppure riescono a vivere nonostante una stanza di quattro metri per quattro? In ogni caso, si rende in base a ciò evidente che, nella ricerca del diritto della libertà, della verità della giusta convivenza devono essere ascoltate istanze diverse rispetto a partiti e gruppi d’interesse, senza con ciò voler minimamente contestare la loro importanza.

* * *

NOTE:

1) Elogio delle illusioni http://www.amazon.it/Elogio-delle-illus ... ando+torno

(2) Jürgen Habermas http://it.wikipedia.org/wiki/J%C3%BCrgen_Habermas
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:56 am

Veneto indipendente, fare i patrioti è diverso dal fare i partigiani

http://www.lindipendenza.com/veneto-ind ... partigiani

di ENZO TRENTIN

Diciamolo subito: la manifestazione organizzata dal comitato “Il Veneto Decida”, domenica 1 dicembre a Bassano del Grappa, è stata un successo di pubblico. Crediamo sia stata la prima volta che circa tremila persone (è una stima condivisa da molti) si riunivano e sfilavano per le vie cittadine tra ali di folla a volte stupita, a volte consenziente, mai ostile. Tuttavia due sono i dati che nessuno ha sinora rilevato:

La notevole qualità di cultura storica, di know-how (letteralmente “sapere come”) politico-istituzionale, e di capacità di promozione e movimentazione politica di ogni singolo partecipante.
Poiché non tutti gli indipendentisti veneti – per un verso o per l’altro – erano presenti a Bassano (si pensi, per esempio, solo agli aderenti a Plebiscito2013), si può approssimativamente calcolare che altrettanti, se non di più, siano i “portatori sani” del verbo indipendentista veneto.
Anche a girovagare in rete visitando gli innumerevoli siti veneti, si ricava l’idea che una stima di 10.000 indipendentisti altamente qualificati e motivati sia accettabile. E qui vorremmo fare un parallelo storico per evidenziarne le potenzialità: il nuovo Deutsches Reich (Ricordato dagli storici come Repubblica di Weimar), in seguito al trattato di Versailles poteva disporre di una forza militare estremamente limitata. Le forze armate dal 1921 vennero limitate a 100.000 uomini, con la Reichswehr composta dal Reichsheer, un esercito formato da sette divisioni di fanteria, tre di cavalleria, senza aviazione, senza carri armati, senza stato maggiore ed un massimo di 4.000 ufficiali; e da una Reichsmarine, una marina composta da un massimo di 15.000 uomini e 36 navi da guerra di vario genere con limitazioni di dislocamento e dei calibri dei cannoni e senza sommergibili. Questi 100.000 uomini, pochi anni dopo, rappresenteranno i quadri dirigenti di quella Wehrmacht (Forza di difesa) e Kriegsmarine (Marina da guerra) nome assunto dalle forze armate tedesche con la riforma del 1935, che all’inizio della seconda guerra conquistò in poche settimane gran parte dell’Europa.

10.000 indipendentisti veneti altamente qualificati e motivati possono ben rappresentare la punta di diamante dell’indipendentismo della penisola. Lo si è visto proprio a Bassano del Grappa dove non sempre sono stati accettati supinamente i tentativi di quello che i tecnici della comunicazione di massa definiscono la “riprova sociale”. Il principio della riprova sociale suona così: quanto maggiore è il numero di persone che trova giusta una qualunque idea, tanto più giusta è quell’idea. Dato che non si possono cambiare le evidenze fisiche, bisogna avere evidenze sociali. Insomma, convincete e sarete convinti!

Questo principio è presto illustrato con l’esempio della pratica relativamente innocua delle risate registrate che si riscontrano in alcuni spettacoli televisivi. Non ci crede nessuno, ma attirano attenzione e simpatia. Come possiamo sperare di difenderci da un’arma di persuasione così pervasiva? La difficoltà è aumentata dal fatto che generalmente non vogliamo davvero rinunciare all’informazione che ci viene dalla riprova sociale. Le indicazioni che ci dà sulla condotta da tenere sono di solito valide e preziose e ci permettono di fare rotta attraverso innumerevoli decisioni senza dovere ogni volta indagare personalmente i pro e i contro. Tuttavia, può succedere talvolta che l’informazione ricevuta non sia esatta.

Ci sono due tipi di situazioni in cui il principio della riprova sociale ci consiglia male. Il primo si ha quando i dati sono stati falsificati ad arte da chi vuol creare l’impressione che una moltitudine di persone si stia comportando proprio come vuole che ci comportiamo noi. La colonna sonora con le risate è solo un esempio, ma ce ne sono tanti altri dove il falso è non meno plateale.

Certo l’idea di inscenare un finto entusiasmo degli spettatori non è nata con la televisione, ma risale molto indietro nella storia del teatro. Si racconta che la claque sia stata inventata nel 1820 da due frequentatori abituali dell’Opéra di Parigi, Sauton e Porcher, autentici imprenditori che producevano e vendevano applausi. Organizzati con la ragione sociale L’Assurance des Succès Dramatiques, affittavano se stessi e i loro dipendenti agli impresari e ai cantanti che si volevano garantire un’accoglienza calorosa del pubblico. Si dimostrarono così efficaci nello stimolare con l’esempio gli applausi autentici degli spettatori, che ben presto la claque diventò una pratica consolidata in tutti i teatri del mondo, le cui tecniche si perfezionavano e si differenziavano, con la formazione di veri e propri specialisti: c’era la pleureuse, scelta per la sua capacità di piangere a comando; il bisseur, che sapeva chiedere il «bis» con voce stentorea; il rieur, dotato di una risata particolarmente contagiosa. Il parallelo con le ovazioni preconfezionate dei programmi TV è perfetto. Lo stesso Frank Sinatra, intorno agli anni 1940, all’inizio della sua carriera, mandava i suoi collaboratori ad assoldare alcune decine di ragazzine che l’aspettavano urlanti all’uscita dell’albergo prima di recarsi allo spettacolo che doveva tenere. In pratica, Frank Sinatra fu il primo teen idol, un idolo per gli adolescenti.

Quello che hanno capito Sauton e Porcher della maniera meccanica in cui ci atteniamo al principio di riprova sociale lo sanno bene al giorno d’oggi i più vari professionisti dello sfruttamento commerciale, dai pubblicitari ai produttori televisivi. Non si curano affatto di nascondere il carattere artificiale dell’informazione sociale che ci forniscono: basta pensare alla qualità dilettantesca delle risate registrate, oppure all’evidente messinscena di certe «interviste ai consumatori» nella pubblicità televisiva. Danno l’impressione di sguazzare perfettamente a loro agio nella situazione. Ma questa loro eccessiva sicurezza può essere un errore decisivo: non appena ci rendiamo conto che la riprova sociale che ci viene offerta è una contraffazione, siamo in grado di riprendere in mano la situazione, cambiare rotta e procedere tranquilli. Per difenderci, basta un minimo di vigilanza, quando la falsificazione è così plateale.

Ritornando alla manifestazione di Bassano del Grappa, è stata organizzata con l’accordo che nessun partecipante avrebbe sventolato vessilli di partito. L’unica bandiera ammessa è stato il gonfalone di San Marco. Tuttavia, basta osservare il corposo dossier fotografico reperibile in rete per notare come alcuni leader e i loro scarsi accoliti abbiano appuntato al bavero della giacca la coccarda di partito. E non a caso nel corso dello sfilamento del corteo si sono alzate grida di incitamento “Luca, Luca, Luca” all’indirizzo del Presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Grida analoghe sono state rivolte all’indirizzo di alcuni leader durante i loro discorsi sul palco.

L’effetto della riprova sociale tuttavia non è stato massiccio. Dopo i primi due o tre comizianti, la partecipazione ha cominciato a sfaldarsi. Singolarmente o a piccoli gruppi hanno ripiegato i gonfaloni, ed alla chetichella si sono avviati verso casa. Questi aspetti che definiremmo per semplicità collaterali, nulla hanno intaccato la validità della manifestazione. C’è solo la constatazione del fatto che alcuni leader non hanno più il seguito di un tempo, né il totale consenso alle loro strategie politiche e di comunicazione. E questo è sintomo di maturità e responsabilità politiche su cui costruire il futuro. A questo punto è solo necessario che le varie forze indipendentiste trovino una sede costituente o un territorio neutro, dove concertare ed armonizzare le varie correnti di pensiero indipendentista in una proposta condivisa e condivisibile.

In questi giorni Anna Iseppon, molto opportunamente ha scritto [la mia Patria http://vivereveneto.com/2013/12/04/la-mia-patria/ ]: «Attenzione però a non cadere in inganno, perché fare i patrioti è diverso dal fare i partigiani. Il partigiano è fazioso, “di parte” per definizione, è colui che parteggia (appunto) per un’idea, un gruppo, un partito. Noi veneti dobbiamo imparare a metter da parte questa faziosità e pensare al bene comune, invece che all’interesse di pochi. Dobbiamo lottare per la nostra Nazione se vogliamo davvero restituirle onore, non per lo schieramento di cui facciamo parte. I partiti vanno e vengono, la Patria invece è sempre lì, pronta ad accogliere i suoi figli a braccia aperte».
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:56 am

L'oror nol ga mai termene:

Lega, patto Salvini-Zaia a sostegno del referendum per l’indipendenza?

http://www.lindipendenza.com/lega-la-sf ... osizionano


di GIANLUCA MARCHI

Tutto come largamente previsto: le primarie hanno incoronato Matteo Salvini nuovo segretario federale della Lega. Il divario a cui è stato lasciato il vecchio capo Umberto Bossi (82 contro 18%) è stato financo umiliante per il Senatur, e ci si chiede chi cosa l’abbiano spinto a giocare una battaglia persa in partenza. Se l’obiettivo era quello di misurare una componente interna di lealisti bossiani, il risultato è stato assai magro. Perché il 40% dei militanti che non sono andati a votare non possono essere ascritti a una simpatia bossiana, ma semmai a una delusione e a una disullusione verso la Lega stessa, originate sì dagli scandali del 2012, ma irrobustite dalla segreteria Maroni che, se da un lato è stata funzionale alla conquista della presidenza lombarda, dall’altro è stata disastrosa sul fronte dell’identità e delle strategie leghiste.

Salvini deve così ripartire da un panorama di macerie, morali e politiche, che se vogliamo è anche peggiore di quello ereditato a suo tempo dall’attuale governatore lombardo. Il neo segretario sarà chiamato prima di tutto a rianimare un movimento stanco, demoralizzato e ripiegato su se stesso, e successivamente a ridargli appeal verso l’esterno, a cominciare dagli elettori e dagli ex leghisti che si sono allontanati a frotte per le delusioni e gli smacchi subiti in un ventennio. E’ un compito da far tremare i polsi, tanto più se si considera che la segreteria Salvini rischia di essere costretta nei binari disegnati dall’accoppiata Maroni-Tosi (con l’inossidabile Calderoli a sostegno), che hanno in mente più un partitino neo-democristiano funzionale al mantenimento del loro potere, sempre all’ombra del “padrone” Berlusconi.

Saprà e potrà il neo segretario tenersi a debita distanza da tali condizionamenti e soprattutto vorrà aprire le finestre di via Bellerio ad una ventata di aria nuova, relegando in seconda e terza fila le troppe facce di opportunisti che puntano a trovare riparo dietro la sua figura per continuare a mantenere le rispettive rendite e gli orticelli che si sono ricavati in anni di pura e deteriore gestione del potere? Domanda da un milione di dollari, ma solo una risposta positiva potrà dare una qualche prospettiva alla segreteria Salvini, diversamente candidata a essere ricordata come quella che avrà sancito il tramonto del movimento. Insomma, le scope andrebbero riportate fuori dal ripostiglio in cui sono state rinchiuse troppo frettolosamente.

Come è stato scritto da più parti in questi giorni, la Lega come partito appare ridotta ai minimi termini ma al Nord il leghismo è sempre più diffuso, solo che oggi trova giustamente riparo nel non voto o in altre e improbabili offerte politiche. Per uscire dall’angolo, soprattutto in vista delle elezioni Europee, Salvini sembra tratteggiare una Lega molto euroscettica e di battaglia contro prefetti e sindacati. La mossa, soprattutto la prima, può avere anche un senso, ma attenzione a farsi confondere con fenomeni come quello di Marine Le Pen, affatto caratterizzati da spirito autonomista. Aver preso le distanze anni fa da Haider per avvicinarsi oggi alla Le Pen non sembra un grande affare, ma staremo a vedere…

Un punto irrinunciabile, come ho avuto modo di dichiarare in una intervista a La Padania, è il recupero dell’anima fieramente indipendentista del Carroccio, il cui appannamento, se non addirittura la sconfessione, ha finito per allontanare tanta parte della mitica “base”. Salvini haannunciato, in queste prime ore da segretario in pectore, una sorta di slogan della sua linea di manovra: indipendenti da Roma e da Bruxelles. E soprattutto ha detto di voler essere sempre più spesso in Veneto dove già più di 150 Comuni hanno votato delibere a sostegno del referendum per l’indipendenza: ciò pare significare l’appoggio, senza se e senza ma, all’iniziativa partita da Indipendenza Veneta e, si spera, l’intenzione di esportarla anche in altre regioni. In questo il neo sgretario potrebbe e dovrebbe trovare un alleato efficace in Luca Zaia se, come appare dalle ultime mosse (partecipazione alla manifestazione di Bassano), il popolarissimo governatore veneto ha davvero deciso di abbracciare senza traccheggiamenti la battaglia indipendentista pro-referendum per l’autodeterminazione.
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Re: Referendo par l'endependensa e i fanfaroni

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2014 8:57 am

Veneto, plebiscito digitale, ne discute la commissione regionale

http://www.lindipendenza.com/veneto-ple ... -regionale

In tutto il mondo indipendentista emerge una grande soddisfazione per l’esito della riunione di ieri della 1° Commissione Regionale Affari Istituzionali e per il mandato conferito al presidente Costantino Toniolo, che apre la strada al Plebiscito Digitale per l’indipendenza del Veneto, la cui organizzazione è già ampiamente avviata dal comitato referendario Plebiscito.eu / Plebiscito2013. L’indizione della Votazione Elettronica completa il percorso aperto con l’approvazione della Risoluzione 44/2012 da parte della Regione Veneto e delle centinaia di Comuni del Veneto che hanno approvato il percorso referendario.

La consultazione digitale per l’indipendenza si terrà il prossimo 16 febbraio. Tutti i cittadini del Veneto potranno quindi votare dalle ore 7 alle ore 22 esprimendosi sul seguente quesito referendario: “VUOI CHE IL VENETO DIVENTI UNA REPUBBLICA FEDERALE INDIPENDENTE E SOVRANA?” votando con un Sì, oppure con un No. Ogni elettore veneto riceverà a casa un proprio codice segreto e personale che dovrà conservare per poter votare.

Si potrà votare via internet, usando un qualsiasi computer o dispositivo mobile, collegandosi al sito internet http://www.plebiscito.eu. I cittadini che non hanno dimestichezza con il mezzo informatico potranno votare al telefono chiamando il numero 0423-40.20.16.


Consejo Rexonal del Veneto

http://www.consiglioveneto.it/crvportal ... izia=25325

COMUNICATI STAMPA
12 dicembre 2013
Veneto indipendente: Toniolo (Pdl-Ncd), si va verso consultazione digitale

(Arv) Venezia 12 dic 2013 -
La commissione Affari istituzionali del Consiglio regionale, presieduta da Costantino Toniolo (Pdl-Ncd), nell’affrontare i due progetti di legge sull'autonomia del Veneto (proposta Toniolo-Tesserin) e sull'indipendenza (proposta Valdegamberi), ha ipotizzato di consultare i veneti tramite la rete web e ha dato mandato al presidente Toniolo di verificarne la fattibilità.
Ne dà notizia lo stesso Toniolo: "Ritengo sia necessario sentire direttamente il popolo del Veneto – dichiara, in una nota - perché si tratta di tematiche che vanno oltre il nostro mandato. Non possiamo decidere di temi così importanti all'interno del Palazzo, la decisione la deve prendere la maggioranza dei Veneti. Ma è altrettanto evidente che dobbiamo tenerci nei binari della Costituzione".
L'ipotesi della consultazione digitale – secondo Toniolo – consentirà di superare i dubbi di costituzionalità che gravano su una chiamate alle urne dei veneti per una consultazione referendaria e di risparmiare risorse.
"Nella prima seduta di commissione utile dopo la convocazione del Consiglio della settimana prossima - conclude Toniolo - chiameremo in audizione i "professori" della commissione di esperti nominata dal presidente Zaia un anno fa per approfondire ulteriormente alcuni aspetti della questione e poter così licenziare il provvedimento per l’aula, facendo sintesi delle due diverse proposte di legge depositate.
Nel frattempo verificherò la modalità di realizzazione della consultazione digitale”.

MC/ll/2128

???
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