Franco Roketa

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Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 1:09 pm

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viewtopic.php?f=126&t=2321


Ła storia dei veneti contà fa Franco Roketa
viewtopic.php?f=148&t=615

Sto ki lè ono dei testi pì veci e ke ga fato scoła.
Tra i tanti ke łi xe vegnesti fora ente tuti sti ani sto kive lè tra i manco pexo, tra coełi ke łi ga pì sponti par na conta diversa de ła nostra storia co manco dipendense edeołojeghe da Roma anca se cargo de altri difeti edeolojeghi.
Lè o łivro kel ga łe so magagne ma ente'l'anseme no lè mal al confronto de tanti altri ke łi xe vegnesti dapò.

Ona de ste magagne lè ła prexentasion fata da kel fanfaron bào de Bosi, kel diavoło el vegna torseło.

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Bossi2.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /02/kw.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /02/13.jpg

Nando vanti postarò coalke paxena de coełe ke mi a tegno par pì bone e manco bone, conpagnà da łe me oservasion.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Franco Roketa

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 1:10 pm

Par capir l'omo połedegante de Roketa

Na vecia entervista

1997, Assalto a S. Marco - Dichiarazioni di Rocchetta, Bossi, Comencini, Foggiato e Padovan
https://www.youtube.com/watch?v=QSyGmmNMf2s

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Bossi2.jpg

N'altra entervista pì reçente, co Roketa el sostegneva el fanfaron de Buxato, coelo del falbo referendo:
https://www.youtube.com/watch?v=N4QqrLA5sTg
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Roketa kel defende i çentri soçałi
https://www.youtube.com/watch?v=WEDzb-xAJ9I

A mensiono ke co i nasisti xlameghi łi ga copà o fato straje de łi ebrei de Charlie Hebdo, Roketa el ga ciapà łe so parti, coełe dei teroristi sasini, pexo del Papa, dixendo ke łi jera stà provocà e ofexi.
Na vargogna granda defendar el mal xlamego, l'idoło de l'oror e del teror Alah e kel terorista sasin de Maometo.
Mi n'omo cusì pì kel me stà lonsi mejo a stò.
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Re: Franco Roketa

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 1:12 pm

L'indipendentista veneto Rocchetta: - 'Non sono terrorista. Ecco la mia storia:
Vengo dal Pc e Lotta Continua' 02/04/2014
In una lettera inedita mandata a "L'Espresso", il leader della Liga Veneta ed ex deputato finito in manette si racconta. E spiega: «Mai stato in Ordine Nuovo, sono antimilitarista»
di Emiliano Fittipaldi

http://espresso.repubblica.it/attualita ... a-1.159448

Tra le 24 persone finite in carcere e accusate dal Ros e dai pm di Brescia di «terrorismo ed eversione», Franco Rocchetta è di certo il nome che colpisce di più. Fondatore della Liga Veneta, ex sottosegretario agli esteri nei primi anni '90, è un politico conosciutissimo in Veneto per le sue idee secessionistiche e irredentiste.

«Un patriota», l'ha subito definito Mario Borghezio. Per la procura, invece, farebbe parte de "L'Alleanza", un gruppo che avrebbe progettato «varie iniziative, anche violente, finalizzate a sollecitare l'indipendenza del Veneto e di altre parti del territorio nazionale dallo Stato italiano». Tra le iniziative documentate dall'inchiesta dei carabinieri, persino «la costruzione di un carro armato, sottoposto a sequestro, da utilizzare per compiere un'azione eclatante a Venezia in piazza San Marco».

Chi scrive ha avuto numerosi contatti con Rocchetta negli ultimi mesi: l'ex ideologo dei lumbard, considerato dalla base un mito alla stregua di Gianfranco Miglio, s'era offeso perché in un inchiesta lo avevo definito vicino all'estrema destra. Ecco come si raccontava in una lunga lettera che ha spedito al giornale qualche settimana fa.

«Gentile Fittipaldi, ho sempre manifestato e posto in atto idee e comportamenti ispirati al dialogo ed al bene comune, antimilitaristi e democratici, non sono mai stato né nazionalista né estremista. Fin da ragazzino, sempre curioso, e desideroso di informarmi su tutto attraverso ogni persona ed ogni canale, ho espresso simpatia ed ammirazione per i sistemi federali; la mia opposizione ai miti fascisti ed al mito della Grande Guerra (come di ogni altra guerra) mi ha provocato problemi con i professori già al tempo delle Scuole Medie. Problemi poi aumentati quando ho iniziato a tradurre quelle posizioni in scritte murali».

Rocchetta non crede nell'unità nazionale nemmeno da adolescente. «A diciassette anni, nel 1964, sono indagato perché i Carabinieri hanno intercettato alcune mie lettere di solidarietà inviate ai familiari di attivisti sudtirolesi per la libertà. Nell’Inverno 1969-1970 ho organizzato a Venezia e nel Veneto una serie di manifestazioni ed eventi clamorosi contro la svendita coloniale del territorio e della salute degli operai e della popolazione, eventi accompagnati dalla diffusione capillare, lungo distanze enormi, di scritte murali e di manifesti a stampa che denunciavano l’attiva complicità dell’intero gruppo dirigente veneto della DC in tali crimini : in conseguenza di tutto ciò è stato avviato un processo-monstre, determinato da querele e controquerele, denunce e controdenunce, il "processo Rocchetta"».

L'ex sottosegretario nega, più volte, qualsiasi vicinanza all'estrema destra, accuse che gli vengono rivolte in varie biografie. «Le uniche forze politiche alle quali nel corso della mia intera vita sono stato iscritto» chiosa «sono il PRI veneto, il PCI (per il quale per anni ed anni ho stilato a mano dazebao lunghissimi in veneto ed in altre lingue, ancora oggi ricordati) e Lotta Continua. Ho lasciato il PCI quando i suoi maggiori esponenti veneti hanno iniziato a sostenere che "è un grave errore parlare di popoli spagnoli, giacché", dicevano, "esiste un unico popolo spagnolo" : le stesse parole, gli stessi concetti, la stessa posizione del franchismo...Ho collaborato con Lotta Continua anche in Portogallo, negli anni della Rivoluzione incruenta, svolgendovi servizio sanitario volontario. Sono diventato amico di parecchi degli artefici di quella così pacifica rivoluzione».

Rocchetta partecipa alla nascita delle prime «radio libere» del Veneto, ed da vita alla Łiga Veneta negli anni '80: «L’ho fatta crescere e la ho difesa da ogni attacco, golpe, infiltrazioni e guerre. Sono anche Cofondatore della Lega Nord nel 1989, e ne sono stato eletto Presidente federale nel 1991 e nel 1994, battendo democraticamente in entrambi i congressi i candidati sostenuti da Umberto Bossi anche con vari ricatti rivolti ai congressisti. Non condividendo l’escalation antidemocratica della Segreteria, né l’accettazione dei fiumi di denaro che la sommergevano, nell’Estate del 1994 ho lasciato la Lega di mia iniziativa».

Rocchetta in alcuni ritratti sui giornali è stato considerato vicino anche al movimento fascista Ordine Nuovo, qualcuno lo definì anche affiliato ad Avanguardia nazionale. Questo perché il leader della Liga nel 1968 partecipò a un viaggio con vari leader post-fascisti nella Grecia dei Colonnelli.

Lui spiega così la sua partecipazione: «Al viaggio degli studenti greci cui mi aggrego perché estremamente a buon mercato (studenti non ostili al regime, e quindi liberi di andare e venire) è collegata una combriccola di studenti di destra italiani che più eterogenea non sarebbe potuta essere : chi vagheggiava Dante citandone le terzine a memoria, chi questo o quel calciatore, chi il Papa, chi gli Imperatori, chi i mistici europei od indiani; venivano dalla Calabria, da Roma, dal Veneto, molti di essi senza nemmeno il denaro per mangiare e per spostarsi, e si salvarono grazie a più collette.

Una volta in Grecia, qualcuno può aver incontrato dei referenti politici, il grosso si disperse nelle locande e nei postriboli, io ne approfittai per visitare i luoghi sognati al ginnasio e al liceo. Una gita sgarruppata, dove ognuno si mosse a suo piacimento. I nomi di un paio dei partecipanti rimbalzeranno negli anni a venire collegati a cronache tristi od anche tragiche».

L'accusa di essere state un ordinovista ha creato a Rocchetta, racconta lui, un bel po' di magagne: «Quando avevo già lasciato la Lega (che con me mai era stata di destra) e la politica da vari anni, nel 1997, sono stato aggredito e colpito alla testa con spranghe e pietre da ragazzotti esaltati anche dalle parole di un professore, Angelo Ventura (uno storico dell’Università di Padova), il quale (così come già un altro storico, Giuseppe Galasso) mi aveva pochi giorni prima definito anche alla radio «ordinovista» solo perché lo aveva «letto da qualche parte», come poi mi disse con candore sconcertante, senza cioè preoccuparsi minimamente di effettuare una qualche verifica storica. Eppure, nel giro di poche settimane, come frutto rasserenante di quell’aggressione tanto crudele quanto idiota, mi si sono avvicinati comportandosi da allora da amici Luca Casarini e Beppe Caccia».

Sarà proprio con Casarini che nel 1999 Rocchetta va a Belgrado per una sorta di missione diplomatica. «Ho così organizzato una colonna di auto che ha raggiunto Belgrado e la Serbia meridionale tra le bombe ed i missili, le macerie, le devastazioni, le perdite in vite umane e gli incendi (e da lì ho proposto a Michele Santoro la nota trasmissione televisiva da un ponte sul Danubio presidiato da scudi umani volontari) : bene, a quella missione di pace e di dialogo hanno partecipato, assieme a diplomatici e giornalisti, proprio Beppe Caccia e Luca Casarini, con don Vitaliano della Sala e Gianfranco Bettin».

Di recente, Rocchetta stava tentando di ridare slancio al movimentismo indipendentista del Veneto. Con metodi, sostiene la procura, poco ortodossi. Per lui, oggi, si sono aperte le porte del carcere.


Proçeso a coełi de ła ruspa renforsà co łe bande saldà
viewtopic.php?f=153&t=1921

Ła Santa Ruspa dei veneti – no lè on tanko, ma na ruspa par xnetar fora da ła tera veneta tute łe scoàse tałeghe
viewtopic.php?f=153&t=801

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Re: Franco Roketa

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 1:14 pm

La vera Indipendenza della Veneta Nazione di Franco Rocchetta
26 febbraio 2015

Seguendo i tanti dibattiti nel web sui vari social network capita talvolta di cogliere tra quanto scritto dagli amici qualche raro momento lirico che fa comprendere il vero sentimento dell’indipendenza. Franco ha scritto con passione questo saggio, composto da vari brani che seguono un filo logico unico. Ho avuto la fortuna e la determinazione di salvare i vari commenti scritti sul tema dell’indipendenza e di unirli in questo saggio tutta espressione di Franco che mi raccomanda evidenziare essere stati scritti di getto, con il cuore, senza ripensamenti e quindi ricchi di quella immediatezza che il lettore sicuramente riconoscerà.

Nicola Busin


Quel che risulta ben chiaro dallo studio e dall’osservazione della storia, delle dinamiche sociolinguistiche ed istituzionali, e delle cronache, è che se i Catalani ed i Québécois (che come i Veneti hanno subito per generazioni incessanti martellanti tentativi istituzionali di proibizione e soffocamento, di disarticolazione e sradicamento della propria lingua, di appiattimento, di ridicolizzazione e di messa al bando dei suoi tratti più salienti attraverso la disseminazione sistematica di dati falsi e fuorvianti, di censure alienanti, di notizie ingannevoli, di pregiudizi elaborati ad arte), se i Québécois ed i Catalani, dunque, avessero seguito le indicazione frettolose, ora non documentate a sufficienza ora contraddittorie, ed autolesionistiche poco più sopra esposte (“se usiamo la ¥/n.s. e la ¥/s. nel nostro linguaggio le dobbiamo usare altrimenti no”, ed altre analoghe) certamente essi, ed il Québec e la Catalogna, non avrebbero potuto conseguire, consolidare e sviluppare i positivi risultati che noi tutti conosciamo.

Nell’intraprendere lo studio di una lingua viva sì ma da ogni lato da 148 anni sottoposta a colpi di accetta e di staffile, a bastonature selvagge ed a mutilazioni, a bagni di fuoco e di vetriolo, a capillari campagne di disinformazione e ad elaboratissime torture psicologiche ancora più dolorose e devastanti delle torture fisiche, penso potrebbe ritornare utile lo studio comparato di come tanti popoli europei e del mondo hanno affrontato o stanno affrontando drammi rapportabili a quello veneto, assieme alla lettura di qualche serio testo di sociolinguistica.
In riferimento al quadro socioeconomico e sociopolitico ed istituzionale, nel mentre l’avvicinarsi di scadenze elettorali alimenta emozioni e discussioni, non sarà male ricordare come la causa di un effettivo autogoverno, della sovranità e dell’indipendenza, risulti nel Québec ed in Catalogna un ideale ed un obiettivo condiviso tanto dalla thanca che dalla destra : e questo è, insieme, e causa ed effetto del forte radicamento e consolidamento di detto ideale e del suo concretizzarsi.
Quindi, l’essere le società del Québec e della Catalogna meno manichee di quanto – per molteplici ragioni – lo sia la società veneta attuale favorisce il consolidamento dei rispettivi orizzonti nazionali (dal 2006 un voto parlamentare “riconosce che le Québécoises ed i Québécois formano una nazione in seno ad un Canada unito”), ed il benessere, morale e materiale, dei rispettivi popoli. Perché anche in questo campo il Veneto e la Veneta Nazione, le Venete ed i Veneti si trovino in condizioni svantaggiate rispetto a tanti altri popoli o nazioni d’Europa e del mondo … Merita però d’esser ricordato che la Veneta Repubblica la continuità della cui indipendenza venne proclamata il 25 Aprile 1915, ed i cui esponenti furono arrestati e perseguiti tra la fine dell’Estate e gli inizi dell’Autunno del 1917, si caratterizzava per essere animata e diffusa ed irrobustita tra la popolazione dal saldarsi di componenti cattoliche e laiche e socialiste (socialiste vere, non alla De Michelis, alla Craxi od alla Chisso).
Ancora nel 1943 un socialista, Armando Gavagnin, proclamò la continuità dell’indipendenza della Veneta Repubblica lì dove Daniele Manin l’aveva proclamata nel 1848, e con le stesse frasi; mentre da quell’Autunno alla Primavera del 1945 la Resistenza veneta al Fascismo fu animata anche da formazioni indipendentiste venete, con bandiera di San Marco, nelle quali cooperavano fianco a fianco componenti laiche e cattoliche, socialiste e qualche volta anche comuniste. Mentre nel vuoto di potere determinato dall’inconsistenza e dal collasso dei due Stati fantoccio italiani (l’uno un vuoto Regno tenuto in piedi dagli Angloamericani, l’altro una vuota Repubblica tenuta in piedi dai Tedeschi), nel continente selvaggio descritto da Keith Lowe, le Comunità venete ripresero in gran parte, per alcuni anni, a governarsi di fatto da esse stesse, fino a tutto il 1947 ed anche oltre.
Come di tutto ciò sia stata quasi cancellata la memoria, è e sarà motivo di indagine, di studio e di riflessione per decenni.

Quel che è certo è che la durezza ed il livore con i quali e Nenni e Togliatti, ed i loro compari, si opposero durante i lavori della Costituente ad effettive e paritarie autonomie Regionali, con argomentazioni di tipo fascista e toni fascisti (con ciò contribuendo a condannare la Terza Repubblica italiana ad essere meschina ed antipopolare come i Regni d’Italia e le due Repubbliche precedenti), e che la spregiudicata e spietata opera di cancellazione e riscrittura della Storia da parte delle organizzazioni partigiane per generazioni egemoni (quindi corresponsabili, per ovvii contraccolpi, di fascistiche recrudescenze e di revival fascisti), hanno lasciato il segno. Salvo encomiabili ma troppo circoscritte eccezioni, la sinistra veneta è oggi statalista e cinicamente centralista, ed ha preso il posto della destra neofascista nel culto parossistico della Bandiera delle tre M, Menzogna e Morte e Miseria.

E miserevolmente l’elettorato veneto (che per tre volte, nell’arco di tre lustri, ha incoronato l’ammiratore di Napoleone, il devastatore Giancarlo Galan, Presidente) si trova oggi diviso tra un centrodestra nella sua stragrande maggioranza parassitario e burocratico e amorfo e pigro e pavido, moltiplicatore di nastri e bandiere e coccarde tricolori (e di “nuovi Italiani” alienati, futuri gendarmi e sbirri ed esattori), ed un centrosinistra burocratico e parassitario che, nella sua stragrande maggioranza, plaude alla politica neocentralista e piduista di Matteo Renzi, moltiplicatore di nastri e bandiere e coccarde tricolori (e di “nuovi Italiani” alienati futuri gendarmi ed esattori e sbirri).

…….Ho visto amici veneti contrapporsi come se le prossime elezioni equivalessero al Giudizio Universale. Saranno certo elezioni importanti ma quand’anche vincesse l’attuale Presidente moltiplicatore di tricolori – che mai, a quanto risulta, si è degnato di visitare le Comunità che, esasperate dalle cieche politiche della “Regione” (non “di Venezia”!), hanno chiesto di passare ad altre “Regioni” – non verrà certo da lui “l’Indipendenza”. Né dai leader (consolidati od improvvisati) dell’indipendentismo, sebbene l’affermazione elettorale di una forza seria o di un serio fronte indipendentista potrebbe costituire un buon lievito od un catalizzatore importante.
Perché nemmeno una “Proclamazione di Indipendenza” o, più correttamente una “Proclamazione della Continuità dell’Indipendenza della Veneta Repubblica”, stanti i bassi livelli oggi raggiunti, e stanti gli attuali scenari internazionali, può bastare.

La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno in famiglia e sul lavoro, negli uffici e nelle officine, non solo continuando a lavorare con onestà e con dignità, ma anche spingendo quanti ne hanno dimenticato il gusto ed i vantaggi a riscoprirli ed a reimpostarli.

La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno restaurando la dignità delle nostre Comunità e terre ed acque devastate ed avvelenate, e sarà un lavoro e vasto e corale, irrobustendo i fili del tessuto sociale indeboliti e riannodando quelli spezzati, riscoprendo regole e ritmi e tesori del bon piovego.

La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno riacquistando consapevolezza ed il giusto orgoglio per la nostra storia, per i consistenti contributi veneti alla civiltà mondiale, per la validità delle nostre leggi ed istituzioni che hanno garantito per secoli giustizia e benessere diffuso ineguagliati in Europa e nel mondo.
Consapevolezza e giusto orgoglio che vanno coltivati non solo a livello individuale e familiare, ma portati in ogni ambito sociale e produttivo, nei clubs e nelle parrocchie, negli ambienti di lavoro e nelle scuole. Il sistema scolastico coloniale ed il sistema universitario coloniale vanno smantellati dall’interno, con un confronto quotidiano ed implacabile con le maestre ed i maestri d’asilo e delle elementari, con gli insegnanti e i presidi delle scuole di ogni ordine e grado, con i docenti universitari, mettendoli di fronte alle miserevoli contraddizioni delle censure, dei silenzi, delle manipolazioni, delle inversioni e delle invenzioni della Storia operate dai regimi coloniali italiani e pienamente operanti anche oggi.
Fino alla soglie dell’Università saranno i genitori e gli studenti insieme a far opera di pressione, di informazione e di smascheramento nei confronti del corpo degli insegnanti; in ambito dell’Università sarà compito primario degli studenti sviluppare e far fiorire questa splendida rivoluzione incruenta e non violenta che è e sarà passaggio ineludibile verso la nostra piena liberazione.

La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno operando con l’informazione e le più diverse civili iniziative per giungere allo smantellamento dei monumenti e delle lapidi dedicate ai soprusi a nostro danno ed a criminali di guerra, a delinquenti ed a spietati mercenari, lapidi menzognere ed oltraggianti monumenti, quelle e questi diseducativi per i nostri figli e per gli immigrati, monumenti e lapidi che avvelenano le nostre città ed i nostri borghi, municipi, chiese, parchi, cimiteri, piazze e strade.

La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno difendendo la dignità di ogni componente sociale onesta e attiva (cioè non parassitaria) della società veneta dell’ieri e dell’oggi e del domani. In Francia ed in Germania è un onore l’essere stati o l’essere contadini : tra i popoli imprigionati entro i confini dello Stato Italiano, e quindi anche per tanti Veneti, l’essere o l’essere stati contadini è stato fatto diventare motivo di vergogna, si inventano le scappatoie più penose per occultare, con fumosi giri di parole o con etichette astruse ciò che è titolo di vera nobiltà.

La Repubblica Veneta è stata in piedi ed è fiorita non grazie a protettori/padroni esterni (come lo Stato italiano in tutte le sue incarnazioni). La Repubblica Veneta è stata in piedi ed è fiorita più a lungo di ogni altro Stato non grazie a baionette e sbirri e spietati sistemi impositivi militarizzati, come il fallimentare Stato italiano (fallimentare fin dal suo concepimento e dalla sua nascita) e come la maggior parte degli Stati della Storia.
La Repubblica Veneta è stata in piedi ed è fiorita più a lungo di ogni altro Stato grazie ad articolati sistemi di ampie autonomie e di gestioni comunitarie di ricchezze e di risorse sperimentati e perfezionati nei millenni (sistemi che mai degenerarono come invece nel corrotto e corruttore Stato italiano sono rapidamente degenerati Municipi e consorzi e le cooperative e bianche e rosse)

La Repubblica Veneta è stata in piedi ed è fiorita più a lungo di ogni altro Stato grazie a leggi severe ed eque e chiare che colpivano i potenti con maggior durezza rispetto ai singoli ed ai gruppi più deboli : i contadini veneti conoscevano le leggi, sapevano che il Veneto Senato li ascoltava e ne tutelava diritti e dignità.
Per questo gli storici (quelli onesti, non quelli che nelle Università italiane nascondono o falsificano la Storia) riconoscono che più e più volte sono stati proprio i contadini a tenere in piedi la Veneta Repubblica, a costituirne, assieme agli artigiani e agli operai, agli imprenditori ed ai mercanti, l’anima e la forza, la ragion d’essere, la legittimità e l’essenza. Se pensiamo che praticamente tutti gli altri Stati europei trovavano invece la propria legittimazione nei soprusi e negli arbitri di una dinastia o di una o più caste feudali dominanti, possiamo ben comprendere quale fosse l’effettiva dimensione, e fisica e morale, della Veneta Repubblica. Dimensione ben descritta da Franco Venturi nel 1989, dimensione che chi scrive ha ricordato in un testo del 12 Aprile scorso (“Le ragioni dei Veneti”), testo riprodotto anche in Vivere Veneto.

Per questo la Veneta Repubblica sarà esempio e modello per nuove e più libere comunità europee quali la Federazione Elvetica, le Province Unite Olandesi, il Commonwealth (cioè il Bon Piovego) Inglese.
Lo Stato italiano è antitetico a questo modello, per certi versi è ancora peggiore dei peggiori Stati feudali del passato.
Il Regno d’Italia viene proclamato a Torino nel Marzo del 1861, frutto del convergere dei più disumani interessi antipopolari dello Stato piemontese e dello Stato di Milano
E per comprendere appieno questa mostruosa convergenza – giacché nessun libro, nessuna scuola, nessuna università lo spiega – occorre qui, seppur brevemente ricordare come e da quale modello lo Stato Italiano sia nato, come e quanto lo Stato piemontese e lo Stato di Milano del XIX secolo (e del XX e di oggi) siano assai diversi rispetto allo Stato piemontese ed allo Stato di Milano dei secoli precedenti.
Perché questi due Stati, molto di più dello stesso Stato francese, saranno pervertiti fin nel profondo del loro midollo e della loro anima dal maestro di Hitler, Napoleone Buonaparte. Napoleone Buonaparte non è il generoso apostolo che diffonde in Europa ideali di libertà, fraternità, eguaglianza come – mentendo sapendo di mentire – tanti autori e tanti docenti (ed anche un accademico dei Lincei, ho letto proprio ieri, grazie a Milo Boz Veneto, qui in Facebook) ci raccontano. Gli ideali di libertà, fraternità, eguaglianza erano già giunti (grazie anche all’editoria veneta) in ogni parte d’Europa, e in Russia ed in America, prima ancora che Napoleone iniziasse a muoversi.


l fatto è che Napoleone fin da ragazzetto, quando il padre lo condusse a Versailles, sognava di prendere il posto di re Luigi, e di farsi non soltanto Re, ma anche di fare Re e Regine i suoi fratelli e favoriti, e di farsi Imperatore, e Cesare (e quindi e Kaiser e Zar, e Imperatore a Roma, al posto del Papa) e Alessandro, e quindi anche Faraone e Imperatore della Persia e d’India.
Ecco perché Napoleone punterà al più ricco e florido Stato d’Europa, la Veneta Repubblica, per utilizzare la veneta marina al fine di raggiungere l’Egitto, per utilizzare le venete basi sul Mar Rosso e le immense venete ricchezze per compiere il gran balzo verso l’India, per utilizzare i veneti territori come merce di scambio nel suo avvicinarsi al trono imperiale a Vienna, per utilizzare le Venete ed i Veneti come forza lavoro, e i maschi anche come carne da cannone per conquistare il trono imperiale russo (sono non meno di 30.000 i Veneti caduti allora in Russia grazie alla sua follia).
Allo scoppio della Rivoluzione la madre lo invita ad approfittare di quel gran incendio per arraffare quanto più possibile, a qualsiasi costo; ed in ciò gli sarà di gran aiuto il suo ripristinare lo schiavismo, ed il caro fratello della madre, futuro cardinale.
Giunto a Milano, non sapendo se mai sarebbe riuscito effettivamente a prendere il potere nella Parigi ormai in mani assai più avide e spietate di quelle dei Re, Napoleone inizia a snaturarla, trasformandola nell’avida e corrotta capitale di un nuovo Stato creato a sua immagine – chiamato Repubblica Cisalpina, poi Repubblica Italiana, poi Regno d’Italia – lo Stato delle carriere più inutili e parassitarie della Storia, nella pletora infinita di una burocrazia e di un apparato militare proliferanti come tessuti metastatici. Emblema di tanta mostruosità il suo plenipotenziario, quel Francesco Melzi d’Eril che mai si accorse dell’esistenza del popolo e delle sue necessità.
E non è un caso che i macabri cantori del “risorgimento” e dei festeggiamenti per il 150° anniversario della cosiddetta “unità d’Italia” abbiano Melzi d’Eril quale modello ideale.
Quanto al Piemonte, nei lunghissimi anni della fuga e dell’esilio dei Savoia in Sardegna sotto protezione britannica, proprio il Piemonte (che sarà parte dell’Impero Francese, non del Regno d’Italia) sarà anch’esso più di ogni altro Stato contagiato dalla tabe napoleonica : trasformato, con gioia di molti Savoia, in un’unica immensa e lugubre caserma, covo di un militarismo fine a sé stesso che inventerà guerre su guerre, sempre nuove guerre per tentare di alimentarsi e sopravvivere, e di una burocrazia altrettanto pletorica e parassitaria ed insaziabile.
Ecco il motivo della profonda, inconciliabile incompatibilità tra il blocco Milanese-Piemontese che è alla base dello Stato Italiano proclamato nel 1861 ed il Veneto Stato del 1866, del XX secolo, di oggi.
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Re: Franco Roketa

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 1:14 pm

Franco Rocchetta la smetta di danneggiare la causa Veneta

http://www.serenissimogoverno.eu/index. ... &Itemid=34

Franco Rocchetta dà ancora sfogo alle sue elucubrazioni mentali danneggiando la causa dell'autodeterminazione del Popolo Veneto.
Tale Franco Rocchetta alla trasmissione la Zanzara ha fatto la propria quotidiana sparata: ha accomunato la Shoah subita dal Popolo Ebraico all'occupazione italiana del Veneto.
Nell'analizzare la storia bisogna essere obbiettivi e non dire le cose solo per dare aria alla bocca, la tragedia della Shoah non può essere accomunata a quanto ha subito il Popolo Veneto dall'occupazione italiana, la Shoah ha una peculiarità unica nella storia dell'umanità (tentativo di eliminare gli ebrei).
In Veneto ci sono stati un genocidio culturale e dei furti di Stato orchestrati da parte dell'occupante italiani, la terra Veneta è stata uno dei campi di battaglia delle due guerre mondiali, abbiamo come Veneti subito una diaspora di milioni di persone; però non abbiamo dovuto patire una repressione sistematica come quella che ha patito il Popolo Ebraico, non siamo stati rinchiusi in campi di sterminio, milioni di veneti non sono passati per i camini dei forni crematori, (quello che ha fatto l'occupante italiano è stato di cercare di assimilare i veneti).
Rocchetta metta in funzione il cervello, ed eviti di rendere inutile il lavoro dei patrioti Veneti attraverso le sue sparate.
Queste sue affermazioni forse sono reminiscenze dei suoi viaggi turistici del 1968 con gli estremisti di destra in Grecia, dei viaggi a Gaza e degli incontri con Arafat, e delle sue frequentazioni negli ultimi 15 anni con l'estrema sinistra? Si sa benissimo che ciò che unisce questi opposti estremismi è l'astio se non l'odio nei confronti del Popolo ebraico. L'ovvia conseguenza è quindi per banalizzare tutto (sia la Shoah che l'etnocidio subito dai Veneti) mettendo tutto nello stesso calderone, quindi negando le specificità dei due crimini. Facendo così si fa oggettivamente del negazionismo sia nei confronti della Shoah che nei confronti dei crimini italiani verso il Popolo Veneto.
Consigliamo a Franco Rocchetta di ritirarsi a vita privata, evitando di fare altri danni al Popolo Veneto rispetto a quanti ne ha già fatti in tutta la sua vita politica (dagli anni 60 alla cessione della Liga Veneta a Bossi, alla sua entrata nei gruppi parlamentari di Alleanza Nazionale, alle sue frequentazioni con l'estrema sinistra).
Si può ragionevolmente pensare che non abbia problemi finanziari visto che l'Italia paga sempre chi gli giura fedeltà! Vero ROKI?
Longarone 29 aprile 2014


Nota del Ministero degli Interni
del Veneto Serenissimo Governo
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Re: Franco Roketa

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 1:15 pm

Centri sociali, Rocchetta contro Bitonci
giu 19
Pubblicato da Staff "Christus Rex" in MANI PULITE

http://www.agerecontra.it/public/press40/?m=20140619

LE DELIRANTI VISIONI STORICO-POLITICHE DEL “VENETISMO” ATEO, CHE STRIZZA L’OCCHIO AL PEGGIO DEL PEGGIO DELLA SINISTRA EXTRAPARLAMENTARE

Sono espressione di necessità oggettive, grave pensare di chiuderli». Gallob: «Se vogliono farci la guerra noi siamo qui»

«I centri sociali sono espressione e concretizzazione di necessità oggettive. Trovo grave e poco confacente allo spirito della Repubblica Veneta l’idea del neo sindaco di chiuderli senza cercare il dialogo».

Franco Rocchetta, fondatore e ideologo della Liga Veneta, alza la bandiera dell’indipendentismo contro il proposito della nuova giunta di chiudere il Pedro. Ieri pomeriggio l’ex sottosegretario agli Esteri era davanti a palazzo Moroni con Tommaso Cacciari, Max Gallob, Vilma Mazza e altri ragazzi del Pedro. Una presenza che non deve stupire: nel 1999 Rocchetta (che nella sua lunga militanza politica è stato iscritto anche al Pri Veneto, al Pci e a Lotta Continua) ha partecipato alla missione «di pace e dialogo» a Belgrado e nel sud della Serbia organizzata da Beppe Caccia, Luca Casarini, don Vitaliano Della Sala e Gianfranco Bettin. Certo, solo un paio di mesi fa a difesa di Rocchetta e degli altri secessionisti veneti arrestati il 2 aprile con l’accusa di terrorismo e poi scarcerati, si era mobilitata l’intera Lega con il segretario Salvini in prima linea. Ma per il fondatore della Liga Veneta quella del Carroccio è una parentesi chiusa. «Un forza di liberazione non può diventare centralista».

Ed è così che dietro il gonfalone della Serenissima, ma dove il leone di San Marco ha un passamontagna calato sul muso di zapatista memoria, Rocchetta ha definito l’esperienza dei centri sociali «perfettamente in linea con la storia veneta» bollando come «grave» il proposito espresso da Bitonci. «Non capisco le ragioni del nuovo sindaco». Anche Cacciari e Gallob hanno fatto riferimento alla storia. Anche se più recente. «Se ci vogliono fare la guerra noi siamo qui» ha detto Gallob. «Bitonci sappia che noi c’eravamo (ha detto il portavoce del Pedro indicando una foto che ritrae la delegazione veneta che nel maggio del 2012 ha partecipato a occupy Francoforte, manifestazione contro l’Europa della finanza), ci siamo e ci saremo. Noi siamo per l’autonomia, l’indipendenza e la libertà. Prosegui la lettura »
Chi l’avrebbe mai detto!
giu 19
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Re: Franco Roketa

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 1:15 pm

L'uomo che ha fermato il colpo di stato in Italia: "C'erano i carri armati pronti"

02 Giugno 2016
di Alessandro Gonzato

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... coni-.html

«In quegli anni erano in parecchi a dirmi: “Per conquistare l’indipendenza del Veneto dobbiamo fare come i tirolesi e far saltare i tralicci. Usiamo il tritolo, dobbiamo fare come loro!”. Ho sempre risposto che non era la strada giusta. Facevo da mediatore. Qualsiasi atto violento, per quanto ispirato da una purezza d’animo, in tutte le rivoluzioni si è sempre tradotto nell’autodistruzione, oppure in azioni scenografiche, con un prezzo altissimo.
Dicevo: “Voi non capite che quello che hanno a Bolzano non lo hanno avuto dopo un atto terroristico”, che può essere visto come criminale o poetico, a seconda dei punti di vista, “ma in base ai rapporti tra Vienna e Roma, esattamente come l’autonomia della Valle d’Aosta non è dipesa dai bravi politici valdostani, bensì dai rapporti di forza tra Parigi e la capitale italiana”. Pensi al ’97, al tanko di piazza San Marco: quello fu l’episodio più eclatante, ma c’erano altri carri armati, più piccoli, pronti a entrare in azione. Erano radiocomandati…».

Franco Rocchetta, 69 anni, è il padre della Liga Veneta. Vive a Conegliano, in provincia di Treviso, con la moglie, Marilena Marin. Consigliere regionale per un decennio, Rocchetta è stato presidente federale della Lega Nord tra il ’91 e il ’94, e tra il ’94 e il ’95 ha ricoperto la carica di sottosegretario agli Esteri del primo governo Berlusconi. «Un’assemblea di 10mila persone mi aveva indicato come ministro, non come sottosegretario. Però nel momento in cui si stava decidendo la composizione dell’esecutivo era presente un plenipotenziario americano, e questo dà un’immagine chiara della libertà d’azione di Berlusconi e Bossi.
C’era un veto su di me: non potevo diventare ministro».

Chi era questo potente?
«Guardi, ne hanno parlato i giornali. È stato implicato in vicende giudiziarie. Era certo che sarebbe diventato ambasciatore degli Stati Uniti a Roma».

Di Berlusconi e Bossi parleremo più avanti. Torniamo ai carri armati che in Veneto, nel ’97, sarebbero stati pronti a entrare in azione.
«La loro esistenza era nota a migliaia di persone. Il fatto che nessuno sia andato a dirlo alla polizia o ai carabinieri denota uno spirito di solidarietà che conferma la continuità, seppur in forme diverse, della Repubblica Veneta».

Dov’erano questi tanki?
«Fra le pieghe del tessuto sociale, produttivo, territoriale, agricolo».

Erano nascosti dentro a dei capannoni?
«Diciamo di sì. Ce n’erano, ora non so precisamente quanti, ma ce n’erano. Erano radiocomandati. Qualcuno pensava di usarli per azioni offensive che avrebbero potuto portare a spargimenti di sangue, ma sono riuscito a dissuaderli».

E l’assalto al campanile?
«Non nacque in quelle settimane, o nei mesi precedenti, ma prima. Negli anni ’70 e ’80 battevamo moneta veneta. Erano monete d’argento. È da quell’ambiente che nacque il gruppo che poi entrerà in azione a Venezia. È da lì che nascono le trasmissioni radio e televisive che nel ’96 lanciavano messaggi di indipendenza».

Cosa accadde nella notte tra l’8 e il 9 maggio ’97?
«In piazza erano in otto. Ma all’epoca l’area di inquisiti fu di circa 80 persone. Queste però, a loro volta, erano supportate da una base di 10 mila. Ripeto: in migliaia sapevano del tanko e dei carri armati radiocomandati. Ma nessuno ha parlato. L’azione di piazza San Marco non fu una goliardata. I media l’hanno voluta ridicolizzare per ridimensionarla. Quella notte si mosse una struttura organizzata. Hanno liberato il cuore della Repubblica Veneta. Ricordo che nell’82, parlando con qualcuno di loro, la cosa era già abbastanza delineata. Sono riuscito a modificare alcuni degli obiettivi, dei percorsi che pensavano di seguire per raggiungere lo scopo».

Tutto questo poteva degenerare in violenza?
«Sì. Le cose potevano prendere un’altra piega. Si era configurata un’organizzazione statuale. Non era un gruppo di esaltati o di romantici pronti al massacro. Ogni generazione di veneti, dal 1797 a oggi, dimostra forme di resistenza allo Stato coloniale italiano e si rende protagonista di vari tentativi di riorganizzazione dello Stato Veneto. È per questo che parlo di continuità della Repubblica Veneta e che dico che il 12 maggio 1797 la Serenissima non cadde, ma che vi fu solo una svolta istituzionale. Il 25 aprile 1915 ci fu una grandiosa manifestazione della Repubblica Veneta: ne venne proclamata la continuità. Parteciparono pure deputati del Regno, dei territori veneti, di Brescia, di Bergamo, del Friuli. Prefetti, questori, autorità militari e ministri erano terrorizzati. Gli storici, in malafede, non ne hanno parlato. E chi è arrivato a parlarne, ha liquidato la cosa in due righe».

Veniamo alla nascita della Liga Veneta.
«Non ne sono soltanto all’origine, ma sono anche quello che l’ha difesa e che è passato al contrattacco dopo il golpe della Dc dell’83».

Ci spieghi.
«Lo scrive il politologo Giorgio Galli: i leader Dc e Spadolini provarono a spaccarci perché iniziavamo a dare fastidio. Poi nell’87 tornammo a essere un pericolo per l’establishment e dunque per creare liste di disturbo arruolarono agenti che avevano rapporti con l’Argentina dei generali. Il presidente del Consiglio, dal momento che eravamo riusciti ad avere un discreto numero di deputati e di senatori, fu poi ancora più spregiudicato e manipolò i verbali delle elezioni».

Ricorda il suo primo incontro con Bossi?
«Nell’81, a Brescia, con alcuni esponenti del partito federalista europeo. Arrivò sotto braccio a una contessina, non ricordo il nome, ma non era giovanissima. Sotto all’altro braccio aveva un pacco enorme di tabulati nei quali, diceva, stava raccogliendo tutte le varianti dei dialetti lombardi: voleva costruirne una lingua. Con noi c’era anche un industriale della Brianza, Enrico Rivolta. Aveva un giornale, c’era l’ipotesi di trasformarlo in “Vento del Nord”. Mentre noi però eravamo persone pratiche, Bossi con questa contessina si perdeva in vaniloqui che miravano a ricostruire i tempi di Maria Teresa o addirittura e non sorrida - perché questo era il livello culturale di Bossi - della Repubblica Cisalpina. Naturalmente Maria Teresa è una cosa e la Repubblica Cisalpina con Napoleone è un’altra. Altra ancora la Serenissima».

Ma per lei, Bossi, chi è stato?
«Un grande bluffatore, un personaggio costruito a tavolino. Nel ’92, arrivati a Roma, una delle primissime istruzioni che diede sia ai deputati che ai senatori “per imparare a stare al mondo”, fu quella di frequentare il salotto di Mariapia La Malfa Dell’Utri, moglie del fratello di Marcello Dell’Utri. Bossi ha sempre fatto finta di aver conosciuto Berlusconi nell’inverno ’93-’94. Ma già all’inizio dell’estate ’92 ci aveva mandati in quel salotto. La cosa mi pare eloquente».

Che carattere aveva Bossi?
«Opaco, scialbo. A fine anni ’80 scomparve e poi riapparve completamente cambiato. Lo hanno riplasmato, istruito».

Secondo lei chi è stato?
«Gli stessi che hanno riprogrammato Brunetta e Tremonti».

Sta parlando di Berlusconi?
«Se non di lui, grosso modo di quel mondo».

Cosa pensa del Cavaliere?
«Non è il demonio, anche se non sono d’accordo con tante cose che ha fatto. È però indegno di un Paese civile il modo in cui è stato allontanato. Alcuni centri di potere non lo volevano più, e questo l’ha detto in modo inequivocabile pure Zapatero».

Perché, nell’estate 94, tra la Lega e Rocchetta finì tutto?
«Per l’incapacità di collaborare con chi faceva della disonestà, dell’avido arraffare e della menzogna sistematica la propria stella polare».

Immaginiamo che qualcuno, in questi anni, le abbia chiesto di tornare in politica…
«Più di qualcuno, ma il più noto forse è Cacciari, alle regionali del 2000, ma ho detto di no».

Intanto, pochi chi giorni fa, il “rinato” Maggior Consiglio della Serenissima l’ha proclamata 121esimo Doge.
«Ne sono onorato. Ritengo legittima l’elezione sia dal punto di vista simbolico che formale. Però non me la sono sentita di accettare: sono troppo impegnato nella diffusione della conoscenza dei princìpi e dei valori del diritto e della lingua veneta e delle venete istituzioni. Non mi sottraggo alle mie responsabilità, anzi. Le onoro non sguarnendo i fronti lungo i quali lavoro con molti volontari».
Nemmeno ventenne fu indagato per alcune scritte contro l’entrata dell’Italia nella Prima guerra mondiale. Più volte, per le sue idee, ha avuto problemi con la giustizia. Due anni fa è finito in carcere nell’ambito dell’indagine sui "nuovi" Serenissimi e sulla ruspa cingolata camuffata da carro armato. Per la stessa indagine, in autunno, tornerà alla sbarra accusato di terrorismo. Si sente un perseguitato?
«Le rispondo in un altro modo: mi spiace di essere stato trascinato in tribunale molte volte per aver detto la verità, ed essere stato dissanguato o scorticato vivo. Mi dispiace di non essere riuscito a portare in tribunale chi mi ha diffamato, chi ha continuato e continua ancora oggi con disonestà a dare di me un’immagine falsificata».

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... a-Doxe.jpg

Ke fanfaron!
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Re: Franco Roketa

Messaggioda Berto » ven giu 03, 2016 1:37 pm

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