Tirołexi/trołexi

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » lun set 08, 2014 12:18 pm

La marcia di 300 Schützen per ricordare Amplatz
Il terrorista sudtirolese (o eroe ??? mi diria eroe!) era stato ucciso il 7 settembre di 50 anni fa Alla celebrazione in chiesa presente anche l’assessore Martha Stocker


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... mplatz.png

http://altoadige.gelocal.it/bolzano/cro ... -1.9892072

Immagine

07 settembre 2014

BOLZANO. Trecento per la polizia, duecento in più per gli organizzatori, gli Schützen arrivati ieri pomeriggio a Bolzano da tutto l'Alto Adige e dal Trentino - una cinquantina guidati da Giuseppe Corona - per commemorare i 50 anni dalla morte di Luis Amplatz, terrorista degli anni Sessanta, uno dei tre fondatori del Baf, il comitato di liberazione sudtirolese, ucciso il 7 settembre del 1964 dall'infiltrato Christian Kerbler a malga Saltusio, in Val Passiria. Assieme ad Amplatz quella notte c'era anche Georg Klotz, padre di Eva, consigliera provinciale, che seppur ferito riuscì a fuggire in Austria.

Le compagnie dei cappelli piumati, ieri verso le 18, si sono radunate davanti alle scuole Stifter, in via Diaz. A quell’ora la strada era deserta, uniche presenze, per altro molto discrete, quelle di polizia e carabinieri in borghese. Il timore era che ci fosse qualche contestazione, ma tutto si è svolto in un clima di generale indifferenza. Sono ormai lontani i tempi in cui questo tipo di manifestazioni provocava la dura reazione dell’estrema destra italiana.

Ad aprire il corteo la banda, con in testa il comandante Helmar Thaler. Poi alcuni volti noti della politica provinciale come Sven Knoll (Süd-Tiroler Freiheit) e Sigmar Stocker (Freiheitlichen). Oltre a Roland Lang, presidente dell’Heimatbund. Le compagnie hanno quindi imboccato la parte finale di corso Libertà che porta in piazza Gries.

Qualcuno, che in quel momento stava camminando in strada, si è fermato a guardare incuriosito. Il traffico è stato bloccato per una decina di minuti, non di più. Il tempo che le compagnie entrassero nella chiesa di Sant’Agostino, dove è arrivato anche l’assessore provinciale alla sanità Martha Stocker, sempre presente alle manifestazioni dei cappelli piumati. In chiesa c’era anche il consigliere comunale della Svp Luis Walcher, assente invece il vice sindaco Klaus Ladinser. Non si è vista neppure Eva Klotz, la pasionaria, che invece parteciperà alle commemorazioni di oggi a malga Saltusio.

«Siamo qui - ha spiegato Knoll - per ricordare un martire, un combattente per la libertà del Südtirolo ucciso a tradimento 50 anni fa da un infiltrato dei servizi segreti, che poi è stato fatto scappare all’estero».

A quanto pare gli Schützen avrebbero voluto sparare a salve davanti alla chiesa, ma è stato loro vietato.

La messa è stata celebrata da Robert Gamper, parroco di Gries. E Amplatz, che quando è stato ucciso aveva 38 anni, apparteneva proprio alla compagnia degli Schützen del quartiere.

Le commemorazioni sono quindi proseguite nella casa della cultura di via Fago, a due passi dalla chiesa, con un lungo ricordo della vita del dinamitardo fatto dal parlamentare dell’Fpö austriaco Werner Neubauer.

Oggi, seconda giornata di celebrazioni, a malga Saltusio.(a.m)

https://www.facebook.com/lorenz.puff?fref=nf

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... rolexe.jpg
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » lun set 08, 2014 1:22 pm

20. Ju­ni wird Ge­denk­tag für Op­fer von Flucht und Ver­trei­bung

Bundeskabinett beschließt Einführung eines jährlichen Gedenktages ab dem Jahre 2015

http://www.bmi.bund.de/SharedDocs/Kurzm ... ibung.html

Immagine

Das Bundeskabinett hat am 27. August 2014 beschlossen, dass ab dem Jahre 2015 jährlich am 20. Juni der Opfer von Flucht und Vertreibung gedacht werden soll. Mit dem Datum knüpft die Bundesregierung an den Weltflüchtlingstag der Vereinten Nationen an und erweitert das Flüchtlingsgedenken um das Schicksal der Vertriebenen.

Flucht und Vertreibung bedeuten für die Betroffenen großes Leid. Flüchtlinge werden ermordet, vergewaltigt und seelisch verletzt, gewachsene Kulturräume zerstört. Allein 2013 waren nach Angaben der Vereinten Nationen weltweit 51,2 Millionen Menschen auf der Flucht; viele als Flüchtlinge im Ausland, der größere Teil als Vertriebene im eigenen Land.

Flucht und Vertreibung sind auch Teil der europäischen Geschichte im 20. Jahrhundert. Millionen Menschen mussten im Kontext des von Deutschland ausgegangenen Zweiten Weltkrieges ihre Heimat verlassen. Die Vertreibung der europäischen Juden fand ihr grauenvolles Ende in den Vernichtungslagern. Auch Millionen Deutsche mussten schließlich aufgrund von Flucht, Vertreibung, Zwangsumsiedlung und Deportation ihre angestammte Heimat verlassen. Die historische Aufarbeitung dieser Ereignisse sowie die Erinnerung und das Gedenken an die Opfer werden von der Bundesregierung nachhaltig unterstützt.

Am "Gedenktag für die Opfer von Flucht und Vertreibung" wird künftig der weltweiten Opfer von Flucht und Vertreibung und insbesondere der deutschen Vertriebenen gedacht. Hierdurch wird deutlich gemacht, dass der Wille und die Kraft zu Versöhnung und Neuanfang, der gemeinsame Aufbau und Zusammenhalt in der Gesellschaft das Fundament bilden, auf dem Deutschland heute Menschen aus 190 Nationen eine Heimat bietet.

Um als verlässliche Partner gemeinsam Frieden und Freiheit zu wahren, wird der eingeschlagene Weg der Aussöhnung mit Deutschlands europäischen Nachbarn
und der Einigung Europas fortgesetzt.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » lun set 08, 2014 1:26 pm

Cosa é veramente la rielaborazione storica.
La difficoltá di una autentica rielaborazione storica. E del perché ci si rifiuta di intraprenderla. Von Andrea Catalano 15.7.2014


http://www.salto.bz/comment/13858

Viviamo in una provincia, in una terra autenticamente e originariamente austriaca, che presenta numerosi segni del passato. Presenta i segni di una aggressione passata. Anzi di 2 aggressioni. Anzi di 3 aggressioni. La prima é stata la aggressione bellica del 1915-1918. Per commemorare adeguatamente questa aggressione bellica servirebbe un monumento ai Kaiserjäger difensori del Tirolo. Monumento che peró non c'é. Al suo posto c'é il notorio monumento littorio che commemora i traditori e guerrafondai che vollero quella aggressione bellica. Monumento littorio che simboleggia contemporaneamente la seconda aggressione cioé quella fascista. Quindi quel monumento simboleggia 2 aggressioni in una. Quale é la terza aggressione ? La terza aggressione é la aggressione nazionalsocialista. Nazisti che erano alleati dei fascisti, che si accordano per le famigerate "opzioni" e che dopo il 1943 perseguitarono anche i "Dableiber". Ora di queste 3 aggressioni abbiamo 3 aggrediti. Chi sono ? Il Tirolo, il Tirolo e il Tirolo.

Dove c'é in Sudtirolo un monumento ai Kaiserjäger difensori della patria tirolese ? Dove c'é in Sudtirolo un monumento al tirolese Franz Innerhofer caduto sotto i colpi dei fascisti ? Dove c'é in Sudtirolo un monumento al tirolese Johann Spechtenhauser ucciso dai fascisti ? Dove c'é in Sudtirolo un monumento al tirolese Josef Mayr-Nusser caduto vittima dei nazisti ? Da nessuna parte.

Torniamo ai relitti bolzanini. Un repertorio monumentale del genere non c'é in nessuna cittá italiana. A Verona o a Brescia un qualsiasi monumento fascista del ventennio o del periodo della RSI verrebbe abbattuto in men che non si dica. E non si puó certo dire che lí i fascisti non abbiano compiuto crimini che sia necessario ricordare. Certo che ne hanno commessi, ma questo non implica la legittimitá di mantenere in piedi dei relitti monumentali del genere. Questo é il punto. Quindi questa cosiddetta "contestualizzazione storica" dei relitti monumentali fascisti é un argomento cosí disonesto, cosí pretestuoso e cosí patetico nella sua falsitá e ipocrisia da rasentare l'incredibile per un osservatore esterno.

Come dicevo anche nell'altro articolo la rielaborazione storica passa attraverso la commemorazione delle vittime. Ecco dunque la decisiva differenza tra un lager e un monumento. Il lager era il luogo in cui veniva commesso il crimine, l'omicidio. Quindi puó essere sensato preservarlo. Il monumento littorio o il duce a cavallo invece no, perché sono simboli di magnificazione del fascismo. Il lager diventa automaticamente per la sua stessa essenza un monumento alle vittime: un lager o una statua di Josef Mayr-Nusser quindi in questo senso si equivarrebbero. Il monumento della Vittoria non potrá mai essere un monumento di commemorazione delle vittime in quanto é un monumento di celebrazione del regime fascista. La differenza quindi fra i due (lager e monumento) é fondamentale.

Questo dimostra come un monumento fascista nella sua valenza simbolica non é "storicizzabile" per principio perfino se la popolazione non fosse piú connivente con il fascismo stesso. Ecco perché, qualora la connivenza diffusa a vari livelli con quel passato cessasse completamente, il risultato sarebbe la immediata percezione del monumento della Vittoria (e del duce a cavallo) come marchi vergognosi della cittá e simboli di cui vergognarsi. E questo sarebbe seguito spontaneamente dall'abbattimento di tali relitti. Senza "se" e senza "ma". Dunque quei relitti non potranno mai valere come elemento commemorativo delle vittime del fascismo e questo per loro essenza simbolica intrinseca.

Quindi per concludere. A Bolzano, e nel resto del Sudtirolo abbiamo esclusivamente i segni monumentali e commemorativi degli aggressori. Questo non permette di rielaborare nulla. E spiego perché. La rielaborazione storica richiede una ammissione di colpa, un vergognarsi di quel passato. La rielaborazione non é un semplice fatto conoscitivo. È un processo anche doloroso, scomodo, che si vorrebbe evitare perché penoso. È un processo difficile in quanto obbliga a guardare in faccia alla vittima. Altrimenti non é elaborazione ma solo disonestá, ipocrisia e persistente connivenza con quel passato. Questo processo rielaborativo puó verificarsi solo e unicamente qualora venga messa in atto una commemorazione esplicita delle vittime. Quindi una statua a Franz Innerhofer, a Johann Spechtenhauser e a Josef Mayr-Nusser. Bisogna guardare in faccia a loro per rielaborare veramente.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » mar set 09, 2014 7:11 pm

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... %C3%A0.jpg

Via tuti li orendi tricolor da la tera tirolexe!

Ke tristesa sti pori toxati veneti ensemenii da l'einsoulso nasionaleixmo talian.

Immagine
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » mer ott 22, 2014 7:21 am

VILIPENDIO AL TRICOLORE, CONDANNATA EVA KLOTZ E DUE COLLEGHI

http://www.miglioverde.eu/eva-klotz-pag ... di-di-euro

klotzdi FRANCO CAGLIANI

E poi dicono che la giustizia non sia ad orolegeria. Oggi, mentre una “Catena umana” alza la bandiera del Sud-Tirolo indipendente (organizzazione del partito Südtiroler Freiheit), diventa di pubblico dominio la notizia che Eva Klotz è stata condannata per vilipendio al tricolore. Oltre a lei, il Tribunale di Bolzano ha condannato anche Sven Knoll e Wener Thaler in riferimento a quel manifesto politico in cui una scopa buttava in pattumiera la bandiera italiana (foto).

Scrive il quotidiano “Alto Adige“: “In un primo tempo il procedimento aveva coinvolto 8 esponenti del movimento secessionista sudtirolese. Per tutti la Procura aveva chiesto l’emissione di un decreto penale di condanna con una multa di 2 mila euro a testa. Dopo l’impugnazione, il processo ordinario avviato davanti al giudice Perathoner ha portato ad una condanna pecuniaria superiore (3 mila euro di multa a testa) ma solo per tre degli otto imputati”.

Grande soddisfazione per la sentenza è stata espressa dal Procuratore, che nella sua requisitoria aveva fatto riferimento alla necessità di proteggere il vessillo nazionale italiano “in quanto simbolo e punto di riferimento dell’identità di un popolo”. In passato, in proposito, ci aveva già pensato la Corte di Cassazione a sostenere che il tricolore “era stato rappresentato «ad evidente fine di dileggio e con chiaro intento denigratorio, siccome portata via da una scopa per far posto a quella tirolese, raffigurata come bandiera pulita che segue al sudiciume ramazzato dalla scopa». Parole scritte in una sentenza di rigetto ad un ricorso della Klotz.

Contro la condanna di ieri mattina, l’avvocato difensore Nicola Canestrini ha annunciato nuovo ricorso per Cassazione e alla Corte europea per i diritti dell’uomo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » mer ott 22, 2014 8:03 am

TUTTI INSIEME SUL BRENNERO PER LA LIBERTÀ DEL TIROLO

http://www.miglioverde.eu/tutti-insieme ... del-tirolo

di ENRICO ANDRIAN

Sono stati oltre 200 i partecipanti alla manifestazione svoltasi la scorsa domenica scorsa presso il “confine ingiusto” del Brennero, che da 94 anni spezza il Tirolo in due tronconi, di cui uno sotto il dominio, mai legittimato democraticamente, dello Stato italiano. Molte le presenze provenienti non solo dall’intero Tirolo, ma anche da Baviera e Ungheria.

Diversi anche i movimenti intervenuti, anche da lontano, a portare la loro solidarietà ai Sudtirolesi ed a manifestare in favore del diritto universale all’auto-determinazione, tra cui il “Movimento Trieste Libera” ed i monarchici austriaci della “Schwarz-Gelbe Allianz”. Al culmine della manifestazione è stata formata una catena umana che si è disposta in circolo sulla linea del confine, per esprimere in tal modo il concetto che i confini non sono più di una linea tracciata su una mappa, e possono essere superati in qualsiasi momento daun popolo unito e fermo nella sua volontà.

In apertura, l’intervento del rappresentante dei monarchici austriaci ha sottolineato come il futuro stia in una più stretta cooperazione tra i popoli dell’Europa centrale ed ha riconosciuto chiaramente il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Il membro del Consiglio Provinciale del SüdTiroler Freiheit, Bernard Zimmerhofer, ha poi sottolineato nel suo intervento l’impatto sociale dell’amministrazione italiana in Sudtirolo, in particolare la chiusura di reparti ospedalieri “sacrificati” sull’altare della “spending review”, un po’ come si sta facendo in altre regioni, tra cui il caso alquanto drammatico del Friuli Venezia Giulia.

sudtirolo_2_12_10_2014friultiroloAll’intervento successivo, il collega Sven Knoll ha invece sottolineato come l’autodeterminazione in Europa sia oggi un processo inarrestabile volto a superare i confini tracciati dopo la seconda guerra mondiale. Infine, il rappresentante del Movimento Trieste Libera, ha tenuto un appassionato discorso sulla storia di Trieste e sul suo legame secolare con l’Austria, che ha alungo garantito alla città una prosperità mai più vissuta, grazie al suo status di porto franco ed emporio chiave per i commerci tra la Mitteleuropa e l’Oriente.

Al culmine della manifestazione i partecipanti hanno formato una catena umana che, disposta in circolo su entrambi i lati del confine italo-austriaco, intendeva significare come i confini non siano più che una linea tracciata su una mappa, e che possono essere superati dalla volontà di un popolo unito, in qualsiasi momento; le lettere giganti disposte lungo il cerchio di persone a comporre il nome “Tirolo”, sorrette dai membri del SüdTiroler Freiheit, hanno voluto infine rappresentare simbolicamente la riunificazione del Tirolo per mano del popolo tirolese.

“Last but not least”, la partecipazione friulana è stata enormemente apprezzata dagli indipendentisti tirolesi, in particolare la presenza dell’agguerrito libertario Giorgio Fidenato che orgogliosamente esibiva la bandiera friulana con la scritta “Friûl is NOT Italy”. Il Movimento per l’Autodeterminazione delle Nazioni Friulane e del Litorale, che al Brennero ha esposto le bandiere storiche del Patriarcato di Aquileia, della Contea di Gorizia e della Città Imperiale di Trieste, ha rimarcato la fratellanza storica che esiste tra i popoli friulano e tirolese, con la speranza che presto anche in questa regione l’indipendentismo diventi una forza capace di scardinare il giogo romano e portare finalmente la libertà.


QUI, L’ALBUM FOTOGRAFICO DEL SUDTIROLE FREIHEIT
https://www.youtube.com/watch?v=wLKusQQmb5o
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » dom feb 08, 2015 12:26 pm

Sudtirolo, una storia esplosiva. Chi cerca l’indipendenza a tutti i costi - 8 Feb 2015

Ha suscitato interesse la notizia da noi pubblicata sulla richiesta del Consiglio provinciale di Bolzano, di inoltrare al presidente Mattarella una richiesta di grazia per i sudtirolesi accusati di terrorismo e ancora rinchiusi nelle patrie galere. L’iniziativa, proposta dai consiglieri del gruppo Sudtiroler freiheit, è stata approvata a maggioranza.

Molti lettori ci hanno chiesto: ma ci sono ancora in prigione per terrorismo persone che sono state protagoniste dei fatti esplosivi in SudTirolo? Evidentemente sì.

Ma ci sono anche vicende meno note e anche recenti, che sfuggono spesso alla memoria e, anche, alla divulgazione dei media.

Dal sito misterid’italia.it, riprendiamo e pubblichiamo un documento interessante. Per quanto esaustivo, la redazione non si assume la responsabilità di eventuali imprecisioni legate a fatti, circostanze e personaggi e, nel caso, ci scusiamo con gli interessati.

Ma a valenza documentaria del testo fa comprendere la portata del movimento per l’autodeterminazione del Suditirolo.



La questione altoatesina
ALTO ADIGE: CRONOLOGIA 1972-2012
Dal 1972, con il varo del nuovo statuto di autonomia, fino al 1979, in Alto Adige non
ci sono da registrare attentati.
Dal 9 marzo 1979, con l’attentato alla tomba del senatore Ettore Tolomei, ritenuto da
l’artefice principale della italianizzazione dell’Alto Adige durante il fascismo,
riprende una nuova serie di esplosioni terroristiche che per fortuna non fanno mai
vittime. E’ in quell’anno che compare una nuova sigla di rivendicazione: Tirol.
Il 6 aprile del 1979 fallisce un attentato al monumento alla Vittoria di Bolzano, e una
settimana dopo, all’ossario di Burgusio. Altri attentati, siglati Tirol si verificano nel
settembre dello stesso anno contro diversi tralicci dell’energia elettrica. Ma l’attentato
più grave è quello dll’11 settembre 1979: salta a Brunico il monumento all’alpino. Il
26 settembre dello stesso anno, a Merano, viene fatto esplodere il monumento
all’eroe tirolese Andreas Hofer. E’ in quest’occasione che compare per la prima volta
la sigla Api (Associazione per la protezione degli italiani). Lo stesso gruppo firma
poi, il 4 dicembre 1979, una lunga serie di attentati avvenuti contemporaneamente
contro impianti turistici in varie zone dell’Alto Adige.
14 febbraio 1981 – Due attentati. Nel primo, a San Paolo di Appiano, ad una
quindicina di chilometri da Bolzano, viene fatta saltare una lapide nel cimitero del
paese con la quale si commemorano cinque altoatesini di lingua tedesca protagonisti
degli anni del terrorismo in provincia di Bolzano.
Nel secondo attentato rimane danneggiato un binario della ferrovia Bolzano-Merano,
nei pressi della stazione di Terlano. Nel luogo dei due attentati vengono trovate
alcune striscioline di carta plastificata del tipo utilizzato per le etichettature. Nel
breve testo, senza alcuna sigla di rivendicazione, contengono frasi antitedesche. Nei
due attentati viene usata la medesima tecnica: dinamite fatta esplodere con una
miccia a lenta combustione. Vicino al luogo dell’attentato alla linea ferroviaria ci
sono anche volantini ciclostilati, firmati “Viva l’Italia”, in cui si ricorda un
precedente analogo attentato, avvenuto il 24 gennaio precedente, lungo la linea
ferroviaria del Brennero e si accusano genericamente gli uomini politici governativi
di non difendere gli interessi della popolazione di lingua italiana dell’Alto Adige.
Analoghe accuse sono rivolte ad un quotidiano locale in lingua italiana. Il volantino
chiede poi l’abrogazione delle norme riguardanti il bilinguismo e la proporzionale
etnica nel pubblico impiego e il censimento.
La lapide del cimitero di San Paolo di Appiano commemora i protagonisti degli anni
del terrorismo altoatesino: Klotz, Amplatz, Kerschbaumer, Goestner e Hoefner, già
ricordati come martiri in alcuni volantini che hanno accompagnato nei mesi scorsi
altri attentati compiuti dal gruppo irredentista Tirol.
20 febbraio 1981 – Militanti del gruppo Tirol in un volantino rivendicano
l’abbattimento di due tralicci dell’alta tensione.
21 febbraio 1981 – Nella notte quattro automobili vengono incendiate in ore e in
momenti diversi alla periferia di Lana, un paese del meranese. Due delle quattro
automobili, una targata Udine e l’altra Catanzaro, appartenevano a muratori di lingua
italiana che lavorano nella zona. Le altre due autovetture erano invece targate
Bolzano ed una apparteneva ad un altoatesino di lingua tedesca. Come già avvenuto
in un’altra ventina di analoghi episodi di matrice teppistica e xenofoba avvenuti
soprattutto nel meranese, le autovetture sono state cosparse di benzina e poi
incendiate. Non sono stati trovati volantini di rivendicazione.
31 luglio 1981: L’Api rivendica quattro attentati contemporanei: all’abitazione del
leader della SVP Magnago, alla sede della Dc, al commissariato del governo, al
palazzo della provincia. Due mesi dopo, nel periodo del raccolto, in alcune località
dell’Alto Adige, lo stesso gruppo rivendica l’avvelenamento di alcune piante da
frutta.
8 agosto 1981 – La Digos di Bolzano sequestra un grosso quantitativo di volantini di
contenuto antitaliano. I volantini, chiusi in un pacco, erano stati spediti da
Norimberga – città dove ha sede un gruppo di nazionalisti pangermanisti – ed erano
destinati ad un quindicenne del meranese di cui non viene noto il nome. Il ragazzo è
un giovane schuetzen, il corpo di tiratori scelti tipico delle regioni alpine di lingua
tedesca, nella cui abitazione vengono tra l’altro trovati due fucili da caccia che non
erano stati denunciati, oltre ad altro materiale propagandistico antitaliano. Il ragazzo è
per propaganda antinazionale e detenzione abusiva di armi. I volantini, simili ad altri
già trovati in passato in Alto Adige, ricordano i cinque più noti altoatesini di lingua
tedesca venuti alla ribalta negli anni del terrorismo altoatesino e inneggiano all’unità
del Tirolo.
Ottobre 1981: E’ ancora Tirol a firmare una lunga serie di attentati e falliti attentati
contro tralicci, caserme, case popolari in costruzione destinate al gruppo linguistico
italiano.
23 giugno 1982 – Franz Schweigkofler, 31 anni, dipendente di un negozio di
elettrodomestici di Bolzano, viene arrestato con l’accusa di aver fornito l’esplosivo
usato da Albert Blaasbichler, 23 anni di Vipiteno, per far saltare il 26 ottobre 1980 un
traliccio dell’energia elettrica sul Guncina, sopra Bolzano. Per questo attentato
Blaasbichler era stato condannato lo scorso anno a cinque anni e sei mesi di
reclusione. Nel processo di appello, conclusosi pochi giorni prima, la pena gli era
stata dimezzata in applicazione della legge sui “pentiti”.

Il giovane, infatti, si era
deciso a parlare e l’arresto di Schweigkofler sarebbe il primo risultato della sua
disponibilità a collaborare con gli inquirenti. Nel corso della perquisizione
nell’abitazione di Schweigkofler, la polizia trova materiale propagandistico che
testimonierebbe i contatti dell’arrestato con Kienesberger e Hartung, due noti
terroristi degli anni Sessanta, condannati in Italia all’ergastolo (e rifugiatisi in
Germania) per la strage di Cima Vallona dove nel 1967 furono uccisi quattro militari
italiani.

Dal 1978, dopo dieci anni di tranquillità, si sono avuti in Alto Adige una quarantina
di attentati, in parte attribuiti ad estremisti tirolesi e in parte ad ambienti italiani di
estrema destra.

10 ottobre 1982: Tirol prende di mira nuovamente l’ossario di Burgusio, il
Tribunale di Bolzano e la caserma del Savoia cavalleria di Merano.
20 gennaio 1983 – Il giudice istruttore Edoardo Mori proscioglie per insufficienza di
prove Franz Schweigkofler che era stato chiamato in causa da Albert Blaasbichler,
considerato il primo “pentito” nella storia del terrorismo in Alto Adige.
24 maggio 1984 – A Lana di sotto, vicino a Merano, muoiono in un’esplosione il
terrorista altoatesino Walther Gruber, di 52 anni e Peter Paris, di 27, assicuratore ed
ex comandante della compagnia degli Schuetzen del paesino di San Pancrazio.
L’esplosione avviene in una baracca di legno. Gruber, comandante degli Schuetzen di
Lana, già coinvolto nell’ondata di attentati che ha sconvolto l’Alto Adige negli anni
Sessanta era stato per questo condannato a tre anni di reclusione.
L’esplosione ha dilaniato Gruber, staccandogli il busto dal corpo e scagliandolo ad
una trentina di metri contro il muro di una casa vicina. Di Paris sono state trovate solo
ossa, resti di cuoio capelluto e quello che rimaneva della sua patente.
Organizzati in Alto Adige in 134 compagnie, con un totale di circa cinquemila
iscritti, gli Schuetzen, tiratori scelti o difensori, sono gli eredi della tradizione di
milizia territoriale volontaria e popolare tipica delle regioni alpine di lingua tedesca e
del Tirolo in particolare. Le loro origini risalgono al tredicesimo secolo, ma la nascita
ufficiale risale al 1511. Depositari delle tradizioni tirolesi legate agli ideali a difesa
della religione e della patria, dalle loro fila uscirono molti dei protagonisti del
terrorismo altoatesino degli anni Sessanta. Sono tornati alla ribalta nel 1983 in
occasione delle elezioni politiche e regionali quando si ebbe notizia di spaccature
all’interno del corpo sul tema dell’autodeterminazione per il ritorno dell’Alto Adige
all’Austria oppure per la creazione di uno stato autonomo.

Notte 3 e 4 novembre 1985: Attentato ad un traliccio dell’alta tensione a 131 mila
volt della Montedison a Plaus nel meranese. Il traliccio viene minato alla base con
alcune cariche di dinamite che però non esplodono tutte e non tranciano totalmente i
quattro montanti della struttura. L’attentato risulterà ideato in ambienti
dell’estremismo nazista austriaco ed in particolare dall’organizzazione giovanile
Brixia.
5 settembre 1986: Nel 40/mo anniversario degli accordi De Gasperi – Gruber per
l’Alto Adige una bomba esplode vicino al tribunale di Bolzano.
Notte tra il 30 e 31 dicembre 1986: Una bomba esplode nella notte di capodanno sul
muro di cinta dell’hotel Palace di Merano dove trascorre le festività natalizie l’on.
Giulio Andreotti. La bomba è composta da due chilogrammi di esplosivo al plastico
pressati in un pesante cilindro d’acciaio lungo una trentina di centimetri e con una
miccia a lenta combustione. Una grossa scheggia vola per un centinaio di metri,
entrando in una stanza al primo piano – Andreotti e i suoi famigliari erano alloggiati
al sesto piano – occupata da due turisti polacchi. Sulla scheggia è inciso con la
fiamma ossidrica il nome Andreas Hofer, l’eroe nazionale tirolese che all’inizio
dell’Ottocento guidò una rivolta popolare contro le truppe napoleoniche che avevano
occupato la regione. Su di un’altra scheggia è incisa, all’interno di un cerchio, la
lettera T, ossia l’iniziale di Tirol. Per l’attentato saranno in seguito arrestati i due
altoatesini Franz Frick e Dieter Sandrini.
Marzo – aprile 1987: Diversi ritrovamenti di armi ed esplosivo nei pressi di Merano.
La guardia di finanza sequestra nella zona di Velturno quattro chilogrammi e mezzo
di dinamite, 30 chilogrammi di polvere nera, cinque detonatori e oltre centro metri di
miccia. Per il possesso illegale di questo materiale viene arrestato Johann Blasbichler,
di 53 anni, di Chiusa, un operaio addetto all’utilizzo degli esplosivi in cave, miniere e
sbancamenti.
26 maggio 1987: colpi d’arma da fuoco contro una caserma dei carabinieri a
Cermes, nel meranese.
3 giugno 1987: Arrestato a Bolzano il fotografo e giornalista pubblicista Leo Flenger,
di 35 anni. L’accusa è di associazione a fini di terrorismo. Secondo le indagini,
Flenger sarebbe l’autore di una telefonata anonima con la quale il 26 maggio
precedente si minacciava di abbattere l’elicottero sul quale il generale Jucci,
comandante generale dell’arma dei carabinieri, stava viaggiando con destinazione
Merano. Flenger ammette di aver fatto quella telefonata, attribuendola ad una sorta di
improvviso “corto circuito” cerebrale.
21 agosto 1987: Attentato all’automobile di un professore siciliano, Mario Cortellese.

28 agosto 1987: Quattro etti di dinamite vengono fatti esplodere contro il portoncino
di accesso al cortile della stazione dei carabinieri di Tesimo, un centro nei pressi di
Merano.
28 ottobre 1987: Il giudice istruttore Edoardo Mori ordina il rinvio a giudizio per
associazione per delinquere a fini terroristici degli altoatesini Dieter Sandrini, di 42
anni, arredatore, e Franz Frick, falegname di 50 anni, ritenendoli colpevoli di una
serie di attentati, tra cui quello al muro di cinta del hotel Palace di Merano dove
alloggiava con i suoi familiari il ministro degli Esteri Giulio Andreotti e contro le
abitazioni di un esponente democristiano locale e del deputato del Msi-dn Andrea
Mitolo, contro un’auto parcheggiata nei pressi del tribunale di Bolzano e contro un
autobus a Merano. Attentati compiuti tra il dicembre e il gennaio 1987.
18 aprile 1988: Comunicazioni giudiziarie vengono inviate a Luis Steinegger, di 60
anni, di Termeno, e Sepp Mitterhofer, di 56 anni, di Merano, ritenuti esponenti dello
Heimatbund, la Lega patriottica che si batte per l’autodecisione per l’Alto Adige.
L’ipotesi di accusa è di violenza privata nei confronti della Svp, il partito di
maggioranza di lingua tedesca. Nel congresso del marzo precedente del loro
movimento, i due avevano minacciato la Svp di rivelare i nomi dei suoi politici che
all’epoca degli attentati negli anni Sessanta, tiravano le fila del terrorismo in Alto
Adige. Sia Steinegger che Mitterhofer per gli attentati ai tralicci degli anni Sessanta
sono già stati condannati a diversi anni di carcere.
17 maggio 1988: Quattro bombe esplodono a Bolzano. La prima, ad alto potenziale,
viene collocata sotto un camper davanti alla sede Rai. La seconda bomba esplode
poco distante, davanti alla sede del Banco di Roma. La terza scoppia vicino alla
succursale della Fiat. La quarta esplode all’interno di un caseggiato popolare dove
abitano ventiquattro famiglie italiane e tedesche.
17 maggio 1987: Altri due attentati terroristici vengono compiuti sulla linea
ferroviaria del Brennero, all’altezza di Ora, un paesino a pochi chilometri da Bolzano.
Nei sei attentati vengono utilizzati dai 20 ai 30 chilogrammi di esplosivo.

Giugno 1988: Una bomba esplode davanti alla sede sindacale della Cgil.

31 luglio 1988: Due ordigni esplodono nella notte. Il primo all’interno di un
cassonetto delle immondizie nei pressi di una delle due sedi Upim di Bolzano,
danneggiando numerose autovetture. Il secondo ordigno esplode a Ponte Gardena, a
nord del capoluogo altoatesino, dove si trova una centrale idroelettrica della
Montedison. Nei pressi della centrale, infilata in un cancello, viene trovata una busta
di tipo commerciale con l’intestazione, scritta con il normografo, “Kampfgruppe ein
Tirol – Gott mit uns” e cioè “Gruppo di combattimento Tirolo unito – Dio è con noi”.

16 agosto 1988: Attentato contro la condotta forzata dell’Enel a Lana, nei pressi di
Merano, pochi giorni prima della prevista vacanza meranese del capo dello Stato
Francesco Cossiga. Nello stesso giorno, nel cimitero del paese viene sepolto Joerg
Pircher, già condannato per aver partecipato agli attentati degli anni Sessanta, vicecomandante
degli Schuetzen.
23 agosto 1988: Un volantino, pervenuto alla questura di Bolzano, firmato
Movimento italiano Adige (Mia), preannuncia atti di “terrorismo economico e
commerciale” tendenti a minare l’immagine dell’Alto Adige. Due giorni dopo un
altro volantino arriva alla redazione del quotidiano altoatesino di lingua tedesca
Dolomiten. Questo secondo volantino minaccia “lo sterminio dei tirolesi dopo il
rilascio da parte dell’Austria della quietanza liberatoria”.
4 ottobre 1988: Una bomba esplode a Chiusa, nei pressi di Bressanone, davanti ad
una casa abitata da ferrovieri. Un’ora e mezzo dopo, una carica esplosiva abbatte un
traliccio delle ferrovie in un vigneto lungo la strada provinciale verso Villandro.

Viene trovato un volantino firmato Ein Tirol.
6 ottobre 1988: Una bomba esplode lungo la linea ferroviaria del Brennero tra
Bressanone e Varna, a nord di Bolzano. L’ordigno abbatte un traliccio dell’energia
elettrica della stessa linea ferroviaria mentre sta transitando un treno merci. Non vi
sono feriti. Cariche di esplosivo vengono trovate anche sotto un altro traliccio.
11 ottobre 1988: Sei giovani altoatesini vengono raggiunti da comunicazioni
giudiziarie in cui si ipotizza il reato di associazione per delinquere con l’aggravante
del terrorismo. Il gruppo era stato denunciato dai carabinieri di Brunico il 27 giugno
precedente per procurato inquinamento per aver acceso un grande fuoco alimentato
con cherosene che tracciava la scritta “Tirol”.
15 novembre 1988: Il sostituto procuratore di Bolzano Cuno Tarfusser chiede al
giudice istruttore l’emissione di mandati di cattura a carico di Karl Ausserer e Josef
Gredler, detenuti in carcere ad Innsbruck, in relazione ai recenti attentati in Alto
Adige. Nella richiesta si ipotizzano i reati di detenzione di esplosivi a fini terroristici,
attentato alla sicurezza pubblica e associazione per delinquere per fini di terrorismo.
La richiesta si riferisce, in particolare, all’attentato compiuto il 6 ottobre precedente
sulla linea ferroviaria del Brennero tra Bressanone e Varna. Josef Gredler avrebbe
acquistato 115 chili dello stesso tipo di esplosivo usato per l’attentato in un’azienda
produttrice austriaca, scrivendo il proprio nome sulla bolla d’accompagnamento.
8 dic 1988: Oltre un centinaio di Schuetzen, appartenenti a numerose compagnie
altoatesine, con una delegazione proveniente dall’Austria e una dal Trentino, riuniti a
San Paolo di Appiano nei pressi di Bolzano, commemorano come ogni anno i
terroristi sudtirolesi morti degli anni Sessanta. Una lapide ricorda, nel cimitero di San
Paolo, i nomi di alcuni terroristi morti in carcere, uccisi o deceduti in esilio come
Georg Klotz, detto “il martellatore della Val Passiria”.
31 dicembre 1988: Una lettera di minaccia siglata Ein Tirol viene ricevuta dalla sede
Rai di Bolzano. Nel foglio, scritto a macchina in tedesco e spedito per posta dalla
Germania, si afferma che “Ein Tirol risponderà all’occupazione militare dell’Alto
Adige con un’azione mirata di propaganda e di terrore”. Nella lettera si specifica che
oggetto del terrorismo saranno in particolare alcuni uomini politici, giornalisti,
magistrati e funzionari di polizia. La lettera contiene, tra l’altro, insulti contro la
Volkspartei e si conclude con il motto nazista “Gott mit uns” (“Dio è con noi”).
26 febbraio 1989: Prende sempre più consistenza la pista della delinquenza comune
per gli attentati terroristici degli ultimi anni. Anche l’ultimo arresto, quello del
pregiudicato meranese Luigi Quintarelli, di 35 anni, dei giorni scorsi rafforza questa
ipotesi. Quintarelli sarebbe stato chiamato in causa da un altro pregiudicato, Johann
Pircher, in carcere da tempo perché trovato in possesso del mitra con cui, nel maggio
1987, vennero sparate raffiche contro caserme dei carabinieri e contro case abitate da
italiani nella zona di Merano. Pircher avrebbe ammesso di aver ricevuto il mitra dal
Quintarelli. I due comunque sono legati ad un terzo personaggio, Karl
Zwischenbrugger, pregiudicato anch’egli per vari reati, recentemente arrestato e poi
scarcerato in Austria nell’ambito dell’inchiesta sul terrorismo in Alto Adige.
4 marzo 1989: L’associazione che nella Germania occidentale, a Norimberga,
raggruppa alcuni personaggi dell’estremismo sudtirolese, tra i quali Peter
Kienesberger e Erhard Hartung, condannati per attentati degli anni Sessanta in Alto
Adige, scende in campo con una lettera pervenuta alla redazione dell’Ansa di
Bolzano, in difesa di Gerold Meraner, consigliere del partito liberale sudtirolese,
imputato dai giudici bolzanini di associazione sovversiva con finalità di terrorismo.

10 aprile 1989: Il pubblico ministero Kuno Tarfusser proscioglie il contadino di
Meltina, Alois Heiss, di 30 anni che alla fine di novembre 1988 era stato arrestato
nell’ambito delle indagini sul terrorismo in Alto Adige, perché sotto una catasta di
legname vicina alla sua azienda agricola era stato rinvenuto un candelotto di
dinamite, un detonatore e una miccia.
14 giugno 1989: Il tribunale di Bolzano condanna in contumacia ad un anno ed un
mese di reclusione il direttore responsabile ed il responsabile per l’Austria della
rivista dei circoli pangermanisti di Norimberga “Der Tiroler” per diffamazione a
mezzo stampa e per stampa clandestina.
22 luglio 1989: Assolti con formula piena dal giudice istruttore del tribunale di
Bolzano Franco Paparella e sei giovani della Val Pusteria che un anno prima erano
stati incriminati per associazione per delinquere a fini di terrorismo I sei giovani
erano stati individuati come possibili attentatori dai carabinieri perché nel giugno del
1987 avevano tracciato con il fuoco la scritta “Tirol” sui prati sopra Brunico.
18 gennaio 1990: Il procuratore di Bolzano Mario Martin smentisce le dichiarazioni
del col. Amos Spiazzi sul coinvolgimento di agenti dei servizi segreti italiani negli
attentati terroristici degli anni Sessanta. “Vi sono – afferma Martin in un’intervista
alla Rai di Bolzano – le sentenze passate in giudicato di Milano, Firenze e Brescia che
dimostrano in modo certo che quegli attentati non furono commessi dai servizi segreti
ed anzi in ambienti locali c’è chi si vanta apertamente di aver commesso quegli stessi
attentati”. A proposito dell’affermazione del col. Spiazzi – che dice di avere arrestato,
quando era di servizio in Alto Adige, due appartenenti al Sifar in procinto di
commettere un attentato e che l’inchiesta fu poi bloccata – Martin agiunge: “Se il col.
Spiazzi è tanto sicuro di quel che afferma, faccia nomi, luoghi e date e noi
procederemo”.
1 febbraio 1990: Dopo le rivelazioni di Amos Spiazzi sui coinvolgimenti dei servizi
segreti militari italiani negli attentati degli anni Sessanta in Alto Adige, Eva Klotz
denuncia la possibilità di interferenze anche negli attentati degli anni Ottanta.
Consigliere provinciale del Heimatbund, la Lega dei patrioti che si batte per la
creazione di uno “stato libero del sudtirolo”, e figlia di Georg Klotz, uno dei
protagonisti del terrorismo degli anni Sessanta, la Klotz legge durante una conferenza
stampa tenutasi a Bolzano una lunga lettera che un anonimo le ha inviato alla fine
dell’87. Nello scritto un certo “Franz” si rivolge al “Caro dottor Martin” (secondo la
Klotz si tratterebbe del procuratore di Bolzano Mario Martin) per chiedere il
versamento di un compenso di 200 milioni di lire pattuito per avere portato a termine
due attentati: quello del 31 dicembre ‘86, quando una bomba esplose sul muro
perimetrale dell’albergo meranese dove alloggiava Giulio Andreotti, allora ministro
degli Esteri, e quello del 24 gennaio dell’anno successivo a Bolzano contro
l’abitazione dell’esponente missino Andrea Mitolo. “Quando la ricevetti – dice la
Klotz – non diedi importanza alla lettera, ma ora, dopo quanto affermato da Amos
Spiazzi, ho ritenuto di doverla rendere pubblica. Se per quegli attentati degli
innocenti sono finiti in carcere, è giusto che venga fatta luce sulla vicenda”. La klotz
afferma di riferirsi a Franz Frick e Dieter Sandrini, due altoatesini condannati a
Bolzano appunto per la partecipazione ad alcuni degli attentati degli anni Ottanta.
Nella conferenza stampa la Klotz racconta anche di visite fatte a suo padre da militari
francesi della legione straniera e agenti cecoslovacchi: tutti avrebbero offerto i loro
servizi per la causa dell’Alto Adige, ma Georg Klotz avrebbe rifiutato, considerandoli
“dei criminali”.
Dal canto suo il procuratore Martin, si dice “indignato e profondamente offeso” da
quanto Eva Klotz ha detto nella conferenza stampa. Una lettera del tenore di quella
citata dalla Klotz era stata inviata alla sede Rai di Bolzano nel febbraio ‘87. Sulla
base di un rapporto della polizia, la procura aveva aperto un fascicolo per il reato di
diffamazione. Poiché la diffamazione era relativa ad un magistrato della procura di
Bolzano, il fascicolo era stato inviato per competenza alla procura di Venezia.

27 febbraio 1990: Dopo le sue rivelazioni, l’ex colonnello dell’Esercito Amos
Spiazzi viene interrogato dal procuratore di Trento Francesco Simeoni. Spiazzi, che
negli anni Settanta era stato inquisito dal giudice di Verona Giovanni Tamburino
nell’ambito dell’inchiesta sulla Rosa dei Venti, viene sentito anche sulla bomba che il
30 settembre 1967 fu trovata in un vagone dell’Alpen express fermo alla stazione di
Trento e che causò la morte di due sottufficiali della Polfer, Edoardo Martini e
Giuseppe Foti. Di questo episodio, dopo l’interrogatorio, il col. Spiazzi afferma di
“non saperne assolutamente nulla” e ricorda che la sua permanenza in Trentino – Alto
Adige era cessata nell’estate del 1961. Per quanto riguarda invece l’arresto in Val
Sarentino di due presunti agenti del Sifar in possesso di un quantitativo di tritolo,
Amos Spiazzi dice: “ho riferito al procuratore quanto avevo già detto in altre sedi, sia
giudiziarie che extragiudiziarie. Non capisco, a trent’anni di distanza, il clamore che
queste cose hanno sollevato. Credo che tutto dipenda dalle prossime elezioni”.
30 aprile 1990: Il procuratore di Bolzano Martin chiede il rinvio a giudizio di Karl
Ausserer e di altre quattro persone al giudice istruttore Edoardo Mori, titolare
dell’inchiesta contro gli autori di 46 attentati terroristici, compiuti in Alto Adige
dall’aprile 1986 all’ottobre 1988. Ausserer, condannato in Italia a 24 anni per
attentati compiuti negli anni Cinquanta, è stato arrestato ad Innsbruck il 3 novembre
’88 ed è stato condannato dalla corte d’Assise austriaca a cinque anni e mezzo per
aver partecipato ad alcuni attentati degli anni Ottanta in Alto Adige, rivendicati dalla
sigla Ein tirol. Insieme a quello di Ausserer, il procuratore chiede, con l’accusa di
associazione per delinquere a fine di terrorismo, il rinvio a giudizio di Karl
Zwischenbrugger e della cittadina austriaca Karola Unterkircher, 49 anni, vivandiera
di una compagnia di Schuetzen. I tre avrebbero partecipato a vario titolo a tutti i 46
attentati degli anni Ottanta. Per la partecipazione ad alcune sparatorie contro caserme
dei carabinieri, è stato invece richiesto il rinvio a giudizio di due meranesi: Luigi
Quintarelli, 37 anni, e Johann Pircher, di 27, condannati per la detenzione di un
mitragliatore. Stralciata la posizione di Reinhard Breitemberger, figlio naturale di
Ausserer, e del suo amico Gernot Ralser perché i due erano minorenni al momento
dei fatti. Entrambi sono stati condannati in Austria per il furto di esplosivo usato per
attentati sempre in Alto Adige.
3 maggio 1990: – Nuovo volantino di insulti e minacce firmato da Ein Tirol. La
missiva arriva alla sede Rai di Bolzano e contiene anche un pizzico di Knauerit, la
polvere esplosiva utilizzata da Ein Tirol per le sue imprese. Nel volantino ci sono
minacce e disegni ingiuriosi rivolti soprattutto verso la magistratura bolzanina che
lunedì aveva depositato la sua requisitoria nel processo contro Ein Tirol.
18 giugno 1990: Karl Ausserer ed altre sette persone vengono rinviate a giudizio.
19 giugno 1990: Il sostituto procuratore di Bolzano Cuno Tarfusser chiede al giudice
istruttore l’archiviazione del procedimento a carico del consigliere provinciale Gerold
Meraner, accusato di associazione per delinquere con finalità di terrorismo.
13 dicembre 1990: Il giudice per le indagini preliminari di Bolzano Edoardo Mori
emette un ordine di cattura nei confronti di Peter Paul Volgger, meranese di 43 anni,
accusato di associazione per delinquere a fini di terrorismo. Volgger è accusato di
essere implicato in alcuni degli attentati terroristici compiuti in Alto Adige negli anni
Ottanta. Era stato arrestato a Monaco di Baviera per atti di libidine.

29 dicembre 1990: Torna in libertà grazie all’indulto Dieter Sandrini, condannato a
sei anni e mezzo di carcere per due attentati realizzati tra il novembre 1986 ed il
gennaio 1987 a Bolzano contro le case del democristiano Remo Ferretti e del missino
Andrea Mitolo.
6 gennaio 1991: Il cav. Giuseppe Landi, bolzanino di 71 anni, il cui nome figura
nell’elenco degli aderenti alla struttura segreta e clandestina di Gladio, ammette di
essere stato il fondatore della struttura paramilitare in Alto Adige nei primi anni
Sessanta.. Landi è stato anche presidente della locale associazione paracadutisti dal
‘53 all’’82.

29 gennaio 1991: Torna in libertà a Bolzano dopo due anni di carcere, grazie ad
alcuni benefici di legge, Johann Pircher, il meranese di 24 anni arrestato nel
dicembre dell’’88 perché coinvolto negli attentati in Alto Adige degli anni Ottanta.
Pircher era stato condannato a tre anni e sette mesi perché ritenuto colpevole della
detenzione di un fucile mitragliatore Mab che, secondo una perizia, sarebbe stato
usato per sparare contro caserme dei carabinieri e case abitate prevalentemente da
altoatesini di lingua italiana nel meranese. La condanna si riferisce esclusivamente
alla detenzione dell’arma: per gli attentati Pircher comparirà in aula nel marzo
prossimo nel processo contro la cellula terroristica denominata Ein Tirol e che vede
come principale imputato Karl Ausserer.
7 marzo 1991: Mandato di cattura nei confronti dell’altoatesino Peter Paul Volgger,
di 40 anni, accusato di aver partecipato a sparatorie contro abitazioni compiute a
partire dal maggio ‘87 nella zona di Merano. Volgger era stato arrestato il 28 ottobre
precedente dalla polizia di Monaco di Baviera per atti di libidine.
1° giugno 1991: Agenti della Digos di Roma perquisiscono la sede provinciale del
Msi-dn di Bolzano su ordine della magistratura romana. Gli agenti perquisiscono
anche l’abitazione di un ex impiegato dello stesso partito, trovando documenti
giudicati “interessanti” che potrebbero essere collegati ad alcuni attentati degli anni
Ottanta firmati da gruppi italiani.
19 giugno 1991: Emerge che nei diari del gen. Manes (testimone sul golpe De
Lorenzo) consegnati alla commissione stragi dal giudice veneziano Felice Casson
esistono una serie di altri riferimenti ad episodi analoghi che indicherebbero
un’attività dei servizi segreti in Alto Adige negli anni del terrorismo.
5 luglio 1991: I carabinieri arrestano a Naturno, nel meranese, Raimund Reichegger,
47 anni, di Riscone di Brunico, accusato di associazione per delinquere a fine di
terrorismo. Al centro dell’inchiesta la figura di Peter Paul Volgger, in carcere a
Monaco di Baviera perché accusato di atti di libidine e di detenzione di armi.
23 luglio 1991: Il ruolo dei servizi segreti e quello di Gladio negli anni del terrorismo
altoatesino sono al centro di un esposto alla procura di Bolzano e di una interpellanza
al presidente del Consiglio presentati da esponenti del Pds. I due documenti puntano
l’attenzione soprattutto sulle vicende di Passo Pennes dove, nel luglio del 1971, si
sarebbe svolto un campo di addestramento militare frequentato da esponenti del Msi
e della estrema destra. Un anno dopo, per questo fatto, fu celebrato a Bolzano un
processo che si concluse con una sentenza di proscioglimento. Nuovi elementi portati
a conoscenza della commissione stragi hanno convinto il Pds di Bolzano a chiedere
ulteriori indagini e chiarimenti al governo. A Pennes sarebbe infatti stato presente,
con un ruolo dirigenziale, Giuseppe Sturaro, 48 anni, bolzanino originario di Padova,
iscritto al Msi-dn sino al 1975 e “gladiatore” altoatesino, appartenente alla “unità di
guerriglia Bolzano”, un sottogruppo ristretto dell’”unità di pronto impiego Primula”,
in cui Sturaro avrebbe avuto il ruolo di vice comandante, e cioè la struttura di Gladio
in Alto Adige.
Gli esponenti del Pds, dopo aver ricordato il passato di Sturaro, “coinvolto in processi
penali per fatti politici sin dal 1965”, e la sua militanza nel Msi-dn sino al 1975,
quando fu espulso, e raffrontando queste informazioni con le dichiarazioni del
presidente Andreotti circa il reclutamento dei gladiatori “sulla base di precisi criteri
relativi alla fedeltà alle istituzioni repubblicane”, vogliono sapere esattamente quale
compito, oltre a quelli di Primula-Gladio, avesse avuto l’”unità di guerriglia
Bolzano”.
Nei documenti si afferma poi che a Passo Pennes erano presenti altri noti esponenti
della estrema destra e del Msi, solo qualche anno dopo espulsi dal partito, come
Fernando Petrarca, allora responsabile dei Volontari nazionali missini; Giuseppe
Brancato, Alessandro Floreani, Domenico Rigoni e Carlo Trivini. Quest’ultimo, anni
dopo, sarà condannato a Bolzano per un omicidio e prima era stato arrestato perché
coinvolto in un traffico di stupefacenti.
3 agosto 1991: Il generale dei carabinieri Francesco Marasco viene accusato dal gen.
Giancarlo Giudici di aver ordinato, nel 1964, durante un’operazione di antiterrorismo
in Alto Adige, la fucilazione di 15 persone che erano state rastrellate e la distruzione
del paese di Montassillone (Bolzano). Marasco minaccia una denuncia per calunnia e
diffamazione e precisa che il rastrellamento fu deciso dopo l’uccisione di un
carabiniere e un attentato contro una camionetta dell’Arma. Marasco nega poi di aver
mai impartito gli ordini di cui parla Giudici e di essersi “limitato a dare le direttive
militari per continuare le operazioni di rastrellamento”.
29 agosto 1991: Un plico contenente nuove deposizioni sull’operazione condotta nel
1964 dalle forze dell’ordine in una baita in provincia di Bolzano e che si concluse con
la morte del terrorista altoatesino Luis Amplatz e il ferimento di un altro terrorista
sudtirolese, Joerg Klotz, è stato inviato dal giudice istruttore veneziano Carlo
Mastelloni alla commissione stragi e alla procura di Venezia. Nel rapporto che
accompagna il plico, il magistrato ipotizza i reati di omicidio premeditato e
favoreggiamento. In particolare il giudice Mastelloni chiede nuove indagini sui
presunti mandanti dell’uccisione di Amplatz e sull’eventuale favoreggiamento nei
confronti di Christian Kerbler, che la notte dell’episodio si trovava con Amplatz e
Klotz e che, dopo esser stato arrestato da funzionari dell’ufficio politico della
questura di Bolzano, riuscì a fuggire dalla camionetta che lo stava portando a valle.
Secondo le deposizioni raccolte dal giudice nell’ambito della sua inchiesta sul
presunto sabotaggio dell’aereo dei servizi segreti Argo 16, Kerbler, già condannato
per alcuni attentati in Alto Adige negli anni Sessanta, sarebbe stato un infiltrato
dell’ufficio Affari Riservati e prima del fatto avrebbe avuto contatti, oltre che con un
funzionario dello stesso ufficio, con il questore e il prefetto di Bolzano.
La notte del fatto, tra il 6 e il 7 settembre 1964, Amplatz, Klotz e Kerbler furono
sorpresi all’interno di una baita dell’alta Val Passiria, vicino a Merano, nel corso di
un’operazione concertata da polizia e carabinieri. Amplatz rimase ucciso, Klotz,
benché ferito, riuscì a raggiungere il confine e a passare in Austria, mentre Kerbler,
illeso, si consegnò nelle mani della polizia italiana che nella zona aveva organizzato
una vasta battuta.
Le testimonianze sono state raccolte dal magistrato dopo una deposizione del
generale Manlio Capriata, già capo dell’ufficio “R” del Sid, da cui dipendeva
l’organizzazione segreta Gladio. L’alto ufficiale avrebbe riferito che l’allora
comandante del Sid, gen. Giovanni De Lorenzo, avrebbe richiesto l’intervento di
guastatori dell’ufficio “R” residenti in Alto Adige per combattere il terrorismo in
quella zona.

seita II parte
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » dom feb 08, 2015 12:27 pm

seita II parte

30 agosto 1991: L’Union Fuer Sudtirol, il partito di Eva Klotz, chiede “l’immediato
allontanamento dall’incarico” del procuratore di Bolzano Mario Martin e di tutti gli
inquirenti che si sono occupati del terrorismo in Alto Adige. Secondo l’Union, la
posizione di Martin sarebbe ormai “insostenibile” in seguito alle sempre più frequenti
rivelazioni circa interventi dei servizi segreti italiani negli anni del terrorismo
altoatesino, anni in cui il magistrato era giudice istruttore a Bolzano.

16 ottobre 1991: Peter Paul Volgger si sposa con una cittadina germanica, prendendo
il nome della moglie e cerca anche di farsi adottare da qualche cittadino tedesco per
evitare l’estradizione in Italia. Gli investigatori tedeschi starebbero anche
controllando con attenzione la posizione del cittadino tedesco Herbert Hegewald in
relazione a suoi presunti rapporti con la Stasi, il servizio segreto dell’ex Germania
est. L’uomo è sospettato anche dalla magistratura italiana per aver fornito armi ed
esplosivi a Karl Ausserer, in carcere in Austria per le attività terroristiche del gruppo
Ein Tirol che ha siglato una lunga serie di attentati in Alto Adige.
6 novembre 1991: Comincia a Bolzano il processo contro Eva Klotz, consigliere
provinciale e sostenitrice dell’autodeterminazione per l’Alto Adige, accusata di aver
diffuso notizie false e tendenziose. In un’intervista, la Klotz aveva sostenuto che
negli anni Ottanta Christian Kerbler, condannato a 24 anni per omicidio dal tribunale
di Perugia, era stato più volte individuato senza che i carabinieri lo arrestassero.
Kerbler nel 1964 uccise l’irredentista sudtirolese Luis Amplatz e ferì gravemente
George Klotz, padre di Eva. È stato sospettato di essere un agente dei servizi segreti
italiani, infiltrato tra i terroristi altoatesini di quegli anni.

1° dicembre 1991: La gendarmeria di frontiera tedesca di Kiefersfelden, al confine
tra Germania e Austria, ferma il cittadino austriaco Josef Gredler, di 43 anni, sulla
base di un ordine di cattura internazionale spiccato nel 1989 dalla magistratura
bolzanina in quanto ricercato con l’accusa di associazione per delinquere con finalità
terroristiche, detenzione e provocata esplosione di ordigni in relazione ad una serie di
attentati compiuti in Alto Adige tra il 1986 e il 1988 dal gruppo Ein Tirol. Gredler era
già stato condannato nel 1989 dalla magistratura di Innsbruck a quattro mesi di
reclusione. L’accusa specifica è di aver fornito esplosivo a Karl Ausserer.

4 marzo 1992: Un ordigno esplode nel cinema Capitol, nel centro storico di Bolzano:
14 i feriti dai pallini di piombo contenuti nella bomba rudimentale costituita da un
involucro con dentro polvere nera di pallottole da caccia e una rozza spoletta. Viene
fermato un uomo di 51 anni, Vincenzo Finocchiaro, pregiudicato per truffa, con
problemi psichici.
8 marzo 1992: Il sostituto procuratore di Bolzano Cuno Tarfusser ordina la
perquisizione del quotidiano Il Mattino dell’Alto Adige in relazione ad un articolo
sull’omicidio di Luis Amplatz, uno dei casi più misteriosi del terrorismo in provincia
di Bolzano. Il giornale aveva scritto che vi è un superteste, un maresciallo in pensione
dei servizi segreti, Cosimo Provenzano e che lo stesso Tarfusser aveva inviato in
relazione al delitto Amplatz avvisi di garanzia ad alti ufficiali in pensione che in
quegli anni operavano in Alto Adige. Si tratta dei generali dei carabinieri Mario
Rocchietti ed Enrico Ferrari e dell’ufficiale di polizia Renato Compagnone.
10 marzo 1992: Il sostituto procuratore di Bolzano Cuno Tarfusser chiede al giudice
per le indagini preliminari l’archiviazione del procedimento contro ignoti relativo a
presunti coinvolgimenti dei servizi segreti in attività terroristiche negli anni Sessanta
in Alto Adige.
27 giugno 1992: Il sostituto procuratore di Bolzano Cuno Tarfusser invia per
competenza territoriale alla procura di Roma il fascicolo aperto un anno prima e
intestato all’avvocato romano Francesco Stoppani il quale sarebbe stato incaricato dai
servizi segreti di attuare attentati in territorio austriaco per una sorta di ritorsione
contro gli attentati compiuti in Alto Adige. Questo fatto sarebbe stato confermato
dall’allora funzionario dei servizi segreti gen. Paolo Inzerilli, sentito dal giudice
veneziano Felice Casson. Quest’ultimo ha ipotizzato il reato di “cospirazione
politica”. Stoppani sarebbe stato in possesso di carte militari, planimetrie riguardanti
la locazione di tralicci oltrefrontiera con a disposizione anche quantitativi di
esplosivo.
4 luglio 1992: Il terrorista altoatesino Karl Ausserer viene scarcerato dalla casa
circondariale di Garsten (Austria) dove scontava una pena di cinque anni e mezzo
perché riconosciuto colpevole dalla giustizia austriaca di aver preso parte ad alcuni
attentati compiuti in Alto Adige negli anni Ottanta. Ad Ausserer viene condonato un
terzo della pena per buona condotta.
4 e 5 novembre 1992: Il pm Cuno Tarfusser presenta la sua requisitoria al processo
contro il gruppo terroristico Ein Tirol, accusato di 46 attentati in Alto Adige tra il
1986 e il 1988. Tarfusser contesta “illazioni e sospetti” avanzati contro l’operato dei
magistrati e delle forze inquirenti, accusati “di non indagare in tutte le direzioni” e di
“coprire i servizi segreti”. Ricorda invece come sia stata molto scarsa la
collaborazione delle autorità tedesche ed anche austriache. Queste ultime hanno, ad
esempio, negato l’estradizione di alcuni dei principali imputati, sei in tutto, tra cui
Karl Ausserer, che sono processati in contumacia.
Tarfusser rivela anche che, secondo fonti attendibili, Peter Kienesberger, condannato
all’ergastolo per gli attentati in Alto Adige degli anni Sessanta, cittadino austriaco
che vive soprattutto in Germania, sarebbe un agente dei servizi segreti di un paese
straniero, che però non ha nomina, pagato 30.000 marchi tedeschi all’anno (circa 26
milioni di lire).
Secondo la pubblica accusa, il falegname altoatesino Karl Ausserer ed altri quattro
imputati sono gli autori di 44 dei 46 attentati compiuti in Alto Adige nel periodo
compreso tra l’aprile 1986 e l’ottobre 1988 e rivendicati dalla sigla Ein Tirol. Per
loro, per i reati di associazione a delinquere per fini di terrorismo, attentato alla
sicurezza dei trasporti, attentato alla sicurezza di opere elettriche e danneggiamento,
Tarfusser chiede 72 anni complessivi di reclusione. Per Karola Unterkircher,
considerata l’ideologa di Ein Tirol, chiede una condanna a 19 anni, mentre per
Ausserer chiede 18 anni e cinque mesi, mentre per Johann Pircher il pm chiede
l’’assoluzione. Nove anni invece per Luigi Quintarelli.
10 novembre 1992: Si conclude con cinque condanne il processo a Bolzano contro il
terrorista altoatesino Karl Ausserer ed altri componenti la cellula pantirolese Ein
Tirol. Con una notevole riduzione rispetto alle richieste del pm Cuno Tarfusser, la
corte condanna il falegname Ausserer a 15 anni; la vivandiera degli Schuetzen,
Karola Unterkircher, cittadina austriaca, a 12 anni; l’altoatesino Karl
Zwischenbrugger a 12; Josef Gredler a otto e il meranese Luigi Quintarelli a due
anni. Josef Pircher viene assolto per non avere commesso il fatto. Tranne questi
ultimi due, tutti gli altri imputati si trovano a piede libero in Austria.
Nel corso del processo aveva suscitato polemiche una lettera aperta, firmata da
intellettuali e professionisti altoatesini, nella quale si lamentava che la corte non
avesse indagato su presunti coinvolgimenti dei servizi segreti italiani negli attentati.
4 giugno 1994: Il sostituto procuratore di Bolzano Cuno Tarfusser, titolare di molte
inchieste sul terrorismo in Alto Adige, sposa Gerda Amplatz, figlia dell’irredentista e
terrorista Luis Amplatz, uno dei protagonisti degli attentati più sanguinosi nell’Alto
Adige degli anni Sessanta.
14 agosto 1994: Karola Unterkircher viene fermata al Passo del Rombo da uomini
del Ros dei carabinieri. Deve scontare dieci anni di reclusione perché riconosciuta
colpevole, con sentenza passata in giudicato perché non appellata, di aver preso parte
a una quarantina di attentati in Alto Adige.
16 agosto 1994: Il presidente della giunta provinciale altoatesina Luis Durnwalder
afferma che il fenomeno del terrorismo in Alto Adige è da considerarsi concluso.
Per Durnwalder la questione di un’eventuale riabilitazione di quelli che definisce i
“combattenti per la libertà” degli anni Sessanta potrebbe essere posta da parte
austriaca nel corso della visita a Innsbruck del presidente Oscar Luigi Scalfaro,
prevista per il 21 e 22 agosto.
18 agosto 1994: “Se non sarà possibile ottenere la soluzione della questione
altoatesina con altri mezzi, saremo costretti a ricorrere alla violenza”. Lo afferma
Karl Ausserer, 61 anni, terrorista altoatesino condannato complessivamente a 24 anni
di reclusione per gli attentati degli anni Sessanta ed a 15 anni per gli attentati della
fine degli anni Ottanta. La minaccia di Ausserer, riparato ad Innsbruck, è contenuta in
un’intervista pubblicata dal quotidiano in lingua tedesca di Bolzano Dolomiten.
17 novembre 1994: La condanna a otto anni di reclusione dell’ex capo di stato
maggiore del Sismi, Paolo Inzerilli, responsabile della struttura Gladio viene chiesta
in corte d’Assise a Roma a conclusione della requisitoria nel processo riguardante
l’organizzazione di attentati avvenuti negli anni Ottanta in Alto Adige ed Austria. A
sollecitare la condanna è il pm Piero De Crescenzo, che sollecita anche per due altri
imputati, l’avv. Francesco Stoppani e Sergio Mura, una condanna rispettivamente a
sei anni e a cinque anni e sei mesi di reclusione. L’accusa contestata è quella d’aver
costituito una banda armata per progettare e compiere attentati con la denominazione
Mia (Movimento italiano Adige). I tre imputati avrebbero commissionato una serie di
attentati da compiersi in Alto Adige ed in Austria per ritorsione ad analoghi fatti
terroristici. Il gruppo avrebbe anche preparato, senza tuttavia mai compierlo, il
rapimento del terrorista latitante Peter Kienesberger, rifugiatosi in Austria e
successivamente in Germania.
19 novembre 1994: Assoluzione per Paolo Inzerilli, Francesco Stoppani e Francesco
Mura, imputati davanti alla seconda corte di Assise di Roma con l’accusa di aver
progettato attentati negli anni Ottanta in Alto Adige e Austria. I giudici applicano nei
confronti dei tre imputati la norma dell’articolo 309 del codice penale il quale
prevede che le ipotesi accusatorie di banda armata non siano punibili quando coloro
che “prima che sia commesso il delitto per cui la banda armata venne formata, e
prima dell’ingiunzione dell’autorità o della forza pubblica, o immediatamente dopo
tale ingiunzione, si ritirino dalla banda stessa”.
Luglio 1996: Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro concede la grazia
a 24 terroristi altoatesini, tutti abbastanza avanti negli anni, responsabili di reati di
terrorismo, ma non di sangue, compiuti nel 1961, che avevano già scontato la pena
principale e che ottengono la grazia per le pene accessorie, riottenendo così il pieno
godimento dei diritti civili e politici.
17 febbraio 1997: Il consigliere regionale del Trentino – Alto Adige Christian
Waldner, 37 anni viene trovato morto, assassinato con quattro colpi di fucile, a Castel
Guncina, la sua residenza sopra Bolzano.
19 febbraio 1997: Viene fermato Peter Paul Rainer, sospettato dell’omicidio di
Christian Waldner. Dopo un lungo interrogatorio Rainer confessa il delitto. Secondo
l’accusa, la vittima ricattava Rainer perché sapeva che si era iscritto all’università con
un falso diploma di maturità italiano. La divulgazione della notizia sarebbe stata
fatale per la carriera di Rainer che passava come una sorta di superintellettuale della
destra nazionalista. Dentro la Svp c’era stato anche chi, nonostante militasse in un
altro partito, l’aveva proposto per la carica di segretario della Volkspartei.
I due, molto amici, avevano cominciato insieme militando e dirigendo il movimento
giovanile della Svp su posizioni irredentiste, reclamando il ricongiungimento
dell’Alto Adige all’Austria. Poi erano usciti dal partito e Waldner aveva fondato
quello dei Freiheitlichen, gemello di quello austriaco di Joerge Haider che era
arrivato a Bolzano per tenere a battesimo il nuovo movimento.
Rainer aveva seguito Waldner nella nuova militanza, diventando intanto anche
ufficiale degli Schuetzen con la responsabilità di curare la formazione delle giovani
leve. Poi Waldner aveva lasciato i Freiheitlichen per una mai ben chiarita polemica
sulla gestione finanziaria del partito. I due erano rimasti comunque molto legati.
Entrambi, tra l’altro, erano diventati assistenti universitari ad Innsbruck, pur avendo
alle spalle un curriculum di studi assolutamente non brillante.
Rainer confesserà il suo delitto anche in una lunga intervista alla Rai e farà trovare in
una discarica l’arma del delitto, un fucile comprato da un altro estremista ad
Innsbruck e con cui si era esercitato prima dell’omicidio nella sede dei Freiheitlichen,
usando come bersaglio un libro di Haider.
11 giugno 1997: La corte d’Assise di Bolzano condanna Peter Paul Rainer –
sostenuto dall’appoggio di tutto il mondo irredentista e da una buona parte della
pubblica opinione sudtirolese che lo considera una sorte di eroe vittima di oscure
forze ostili – a 20 anni e 6 mesi di carcere per l’omicidio di Christian Waldner.
Durante il processo di primo grado, Rainer ritratta la sua confessione, sostenendo di
aver confessato sotto la pressione dei servizi segreti italiani.
In seguito, in Appello, la corte di Trento lo assolverà, ma la Cassazione annullerà il
verdetto, ordinando un nuovo processo a Brescia.
Gennaio 1998: Il presidente Scalfaro concede la grazia a quattro responsabili di
attività eversive e azioni anti-italiane in Alto Adige all’inizio degli anni Sessanta.
marzo 1999: 150 persone, fra ex terroristi altoatesini e parenti di ex terroristi, si
recano a Vienna per chiedere alle autorità austriache un intervento presso il governo
italiano allo scopo di ottenere un provvedimento di clemenza generalizzato per tutti
coloro che furono condannati per gli attentati in Alto Adige negli anni Sessanta. Fra
le richieste anche quella della remissione in libertà per motivi di salute di Karola
Unterkircher.
10 febbraio 2000: Karl Ausserer, condannato in Italia per attentati in Alto Adige,
indica al pm di Bolzano Guido Rispoli il luogo dove si troverebbe un deposito di
dinamite. In una rogatoria internazionale svoltasi a Innsbruck, capoluogo del Tirolo,
dove il falegname vive, Ausserer afferma che il deposito di trova nella zona del Passo
di Resia. Si tratterebbe di 110 chili di kanuerit, un esplosivo da cava simile alla
dinamite, dello stesso tipo di quello usato negli attentati compiuti in Alto Adige negli
anni Ottanta. Gli attentati furono in gran parte rivendicati dalla sigla Ein Tirol il cui
ispiratore era lo stesso Ausserer che per questo venne condannato in Italia, condanna
peraltro mai scontata visto che l’uomo rimase in Austria, dove, tuttavia, dovette
scontare tre anni e mezzo per detenzione di esplosivi.
20 maggio 2000: Peter Paul Rainer – che si è da tempo dato alla latitanza, perdendo
anche gran parte delle simpatie politiche per le tante ambiguità dei suoi
comportamenti – viene condannato a 20 anni e sei mesi di carcere per il delitto di
Christian Waldner.
4 gennaio 2001: Si conclude a Vienna, in un appartamento di Rudolfheim-Fuenfhaus,
vicino alla stazione ferroviaria Ovest della città, la fuga del latitante Peter Paul
Rainer, l’ufficiale degli Schuetzen condannato a 20 anni e sei mesi di reclusione per
aver assassinato il consigliere regionale del Trentino-Alto Adige Christian Waldner.
Gli uomini della Questura di Bolzano lo avevano individuato da tempo e in stretta
collaborazione con la gendarmeria austriaca, lo catturano nella casa di una amica a
Vienna dove erano andati a trovarlo il fratello Martin e la madre Christa.
21 febbraio 2001: L’Alto Adige è la “base d’appoggio” dei liberalnazionali austriaci
di Haider in Italia. Lo afferma Gerhard Fallent, segretario organizzativo della Fpoe
austriaca, giunto a Bolzano su invito del “partito gemello” locale dei Freiheitliche.
Fallent sostiene inoltre che la Fpoe ha sostenuto e sosterrà i Freiheitliche altoatesini
nelle campagne elettorali e nella realizzazione di una organizzazione “efficiente”.
4 luglio 2001: L’Union fuer Sudtirol chiede al presidente della Repubblica, Carlo
Azeglio Ciampi, la grazia per “un’ultima e definita tranche di irredentisti”,
condannati per terrorismo.

11 agosto 2002: Un austriaco, Stefan Topitz, rimane ferito mentre armeggia con una
bomba autocostruita nella sua abitazione di Lana, nella zona di Merano. Ricoverato
in una clinica di Innsbruck, le sue condizioni non sono gravi. Con il suo espatrio,
l’austriaco si sottrae alla giurisdizione diretta della procura di Bolzano che a suo
carico apre un fascicolo con l’iniziale ipotesi di detenzione di materiale esplosivo. Da
stabilire è la destinazione degli ordigni artigianali preparati dall’austriaco nella sua
abitazione, a pochi metri dalla camera nella quale si trovavano la sua convivente e i
due piccoli figli. Gli investigatori dovranno analizzare il nutritissimo materiale
cartaceo trovato a casa dell’uomo.
14 agosto 2002: Un barattolo contenente esplosivo ed alcune foto che ritraggono
tralicci dell’alta tensione vengono trovati durante una perquisizione nell’auto di
Stefan Topiz. Assieme al rudimentale ordigno, che si aggiunge ad altri cinque trovati
al momento dell’esplosione nell’abitazione dell’uomo, viene trovato anche un
detonatore. L’Union fer Sudtriol, in una nota, parla della possibilità che Topitz sia un
infiltrato dei servizi segreti. L’uomo, in passato, aveva lavorato come impiegato nelle
strutture del partito separatista di Eva Klotz.
15 novembre 2002: Gli ex terroristi altoatesini degli anni Sessanta approdano sul
web. L’indirizzo del sito in cui compare il logo rosso dell’aquila sudtirolese è:
www.suedtiroler-freiheitskampf.net.
14 marzo 2003: Karola Unterkircher viene scarcerata pochi giorni prima di avere
scontato la sua condanna per atti terroristici in Alto Adige negli anni Ottanta ’80 e
subito torna in Austria. 56 anni, la donna, di nazionalità austriaca, torna in libertà
dopo aver passato otto anni e mezzo in carcere ed agli arresti domiciliari. Era stata
condannata in Italia a 12 anni – di cui due condonati – perché riconosciuta colpevole
di aver preso parte a una serie di attentati.
15 agosto 2003: Il presidente della giunta provinciale di Bolzano Luis Durnwalder
(Svp), partecipa ad una cerimonia a Innsbruck nel corso della quale vengono
consegnate delle onorificenze del Land austriaco a vari esponenti, tra i quali l’ex
terrorista altoatesino degli anni Sessanta Sepp Innerhofer e la madre di Sigfried
Steger. Si tratta della massima onorificenza tirolese, tradizionalmente conferita il
giorno di Ferragosto in ricordo del giorno dell’Assunta, quando, nel 1809, l’eroe
antinapoleonico e antibavarese Andreas Hofer affidò in un voto il Tirolo alla Vergine
perché lo proteggesse dalle truppe francesi.
6 luglio 2004: Un grosso tubo metallico contenente parecchi chili di dinamite
gelatinosa e la scritta Tirol, che rimanda alla stagione degli attentati separatisti
altoatesini degli anni Ottanta, viene trovato dai carabinieri su un ponte della linea
ferroviaria del Brennero, ad Albes, una frazioncina del comune di Bressanone.
2 dicembre 2004: “L’Alto Adige dice danke”: è questa la scritta rossa su un
manifesto che ritrae la fotografia di Sepp Kerschbaumer, terrorista altoatesino degli
anni Sessanta, morto in carcere 40 anni prima a Verona. Alle sue spalle l’immagine
di un traliccio abbattuto. Gli Schuetzen altoatesini ricordano così la figura di quello
che definiscono un “combattente per la libertà”. I manifesti, tirati in 350 copie, sono
affissi in tutto il circondario di Bolzano.
I “tiratori scelti” spiegano che “Il tema del terrorismo degli anni ’60 oggi è trascurato
nell’insegnamento nelle scuole dell’Alto Adige e così gli Schuetzen sentono il dovere
di subentrare a questo compito, ricordando ai giovani che l’attuale benessere e i diritti
riconosciuti ai sudtirolesi non sono stati dei regali, ma che, invece, sono stati ottenuti
combattendo”.
4 dicembre 2004: Potrà finalmente andare in onda il contestato documentario
prodotto dal Sender Bozen, l’emittente Rai di lingua tedesca dell’Alto Adige, rimasto
bloccato per parecchi mesi dopo che l’allora direttore della divisione due
dell’emittente di stato, Giuseppe Cereda, aveva chiesto la visione preventiva prima
della trasmissione. “Suedtiroler Bombenjahre” (gli “Anni delle bombe in Alto
Adige”) sarà trasmesso, a puntate, a partire dal 17 gennaio 2005 sulla rete locale in
lingua tedesca.
8 febbraio 2006: Le testimonianze di ex-attivisti del movimento separatista
sudtirolese negli anni Sessanta nelle carceri di Bolzano, Verona e Milano sono al
centro di un libro uscito ad Innsbruck. Nel libro, intitolato “Incancellabile”, si
riferisce anche delle torture subite dagli attivisti, 150 persone arrestate dopo la
cosiddetta “notte dei fuochi” dell’11 giugno 1961, quando i terroristi altoatesini
fecero saltare in aria col tritolo una quarantina di tralicci dell’alta tensione.
“Gli arrestati – spiega la rivista “Profil” che pubblica un’anticipazione del volume –
furono costretti a stare in piedi per venti ore con le mani alzate e non ricevettero
niente da bere e da mangiare per 48 ore”. Inoltre i carabinieri li avrebbero picchiati
per ore e avrebbero loro anche somministrato “acidi per provocare principi di
asfissia”. Inoltre la serie di torture sarebbe proseguita con lo strappo di capelli e
pressioni su parti del corpo con delle pinze, e l’applicazione di cuffie che
producevano rumori “simili ad esplosioni”. Mentre uno dei primi attivisti, il
contadino cattolico Sepp Kerschbaumer (condannato nel 1964 a 15 anni e morto
d’infarto in carcere cinque mesi dopo), chiedeva ai compagni di evitare ogni violenza
contro le persone, negli anni seguenti – sempre secondo “Profil” – i separatisti
divennero sempre più aggressivi, con infiltrati anche dal movimento neonazista
austriaco e tedesco. Nel 1965-67, all’apice del terrorismo altoatesino, furono uccisi
14 carabinieri in diversi attentati.
24 agosto 2006: L’ex terrorista altoatesino Siegfried Steger chiede un provvedimento
di clemenza per tutti i terroristi degli anni Sessanta. Steger, della famigerata banda
cosiddetta dei “quattro bravi ragazzi della Valle Aurina”, non rinnega nulla del suo
passato, al contrario afferma come il ricorso al terrorismo fosse causato dalla politica
dell’Italia sulla questione altoatesina.
11 novembre 2006: Manifestazioni all’insegna del richiamo all’autodeterminazione
in Alto Adige per ricordare l’anniversario dell’arrivo delle truppe italiane al confine
del Brennero nel 1918 con l’annessione dell’Alto Adige all’Italia.
27 novembre 2006: In un’intervista al giornale austriaco “Tt”, Heinrich Klier – 80
anni, imprenditore nel campo degli impianti di risalita, uno dei protagonisti degli anni
degli attentati separatisti, condannato a 16 anni e 5 mesi e che otto anni fa fu graziato
dal presidente Scalfaro – ricorda un rapporto piuttosto freddo con il leader della Svp
Silvius Magnago che viene accusato di “non essersi preoccupato nemmeno delle
torture” riservate in carcere agli arrestati per la “notte dei fuochi” del 1961.
“Soltanto molto più tardi – dice Klier – Magnago riconobbe che senza le nostre azioni
non ci sarebbe stato il successo politico” rappresentato dall’autonomia dell’Alto
Adige. Il giudizio di Klier sulla situazione attuale è positivo: “Una riunificazione di
Alto Adige e Tirolo oggi non è più necessaria, dopo la caduta della frontiera del
Brennero nel quadro del processo di unificazione europea”. E che la libertà di
espressione in Alto Adige sia garantita, secondo Klier, lo dimostra “il fatto che Eva
Klotz abbia potuto fondare il proprio partito e che possa dire a chiare lettere quello
che pensa”.
17 dicembre 2006: Il terrorista altoatesino Heinrich Oberlechner muore ad
Innsbruck, in Austria. Aveva 66 anni e faceva parte dei cosiddetti “bravi ragazzi della
Valle Aurina”, un gruppetto di giovanotti, formato anche da Siegfried Steger, Sepp
Forer e Heinrich Oberleiter, saliti alla cronaca per avere messo a segno una serie di
attentati in val Pusteria. Per loro, negli ultimi anni, sia la Svp sia gli Schuetzen
avevano a più riprese chiesto la grazia al Capo dello Stato.
2 giugno 2007: Alcune centinaia di persone partecipano nei pressi di Innsbruck alla
“Giornata dell’unità tirolese” con l’inaugurazione di una croce di ferro dedicata alle
“vittime della lotta per la libertà, tirolesi e italiane, di entrambe le parti”. Alla
manifestazione prendono parte personaggi legati al mondo dell’estremismo
pantirolese, tra cui l’altoatesino Siegfried Steger ed i cittadini austriaci Peter
Kienesberger ed Erhard Hartung, tutti condannati all’ergastolo per gli attentati degli
anni Sessanta, oltre alla “pasionaria” sudtirolese Eva Klotz e a Karola Unterkircher,
coinvolta nella stagione degli attentati degli anni Ottanta.
8 agosto 2007: Un “Luogo della Memoria” a Bolzano dove ricordare le vittime del
terrorismo politico altoatesino: lo chiede un apposito Comitato presieduto da Dina
Tirolango, figlia essa stessa di una vittima degli attentati. L’iniziativa, che viene
presentata a Bolzano, ricorda il nome di tutte le 17 vittime. Sono invece 33 le persone
che rimasero ferite.
28 aprile 2008: Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dice nuovamente
“no” ad un provvedimento di clemenza per i pochi superstiti del terrorismo
altoatesino non ancora graziati. Gli ultimi cinque condannati rimasti sono due
cittadini austriaci, Peter Kienesberger ed Erhard Hartung, e tre con passaporto
italiano, Siegfried Steger, Josef Forer e Heinrich Oberleitner, tutti condannati
all’ergastolo in contumacia e riparati oltre Brennero da decenni.
Le sentenze con le quali sono stati condannati riempiono interi faldoni: decine e
decine di attentati inizialmente contro cose (tralicci, caserme) poi i terroristi, non
esitarono in alcuni casi a usare la violenza contro le forze dell’ordine, ricorrendo
addirittura a mine antiuomo (tragico l’episodio di Cima Vallona che costò la vita a tre
militari). C’è poi il caso di Kienesberger, protagonista della seconda fase del
terrorismo con infiltrazioni di destra e che ancora oggi ispira circoli pangermanisti a
Norimberga.
4 ottobre 2008: Hans Stieler, del partito di Eva Klotz Sued Tiroler Freiheit,
condannato per terrorismo irredentista negli anni Sessanta, fa pubblicare su un
giornale locale di lingua tedesca un’inserzione a pagamento: su una intera pagina si
vede una cartina dell’Alto Adige inchiodata ad una croce.
27 ottobre 2010: L’ipotesi di un provvedimento di clemenza a favore di alcuni ex
terroristi sudtirolesi degli anni Sessanta viene avanzato da Hermann Gahr, deputato
dei Popolari al parlamento di Vienna. Gahr, che a Vienna è a capo di una
commissione parlamentare che si occupa della questione altoatesina, annuncia che
interverrà presso il presidente della Repubblica austriaca Heinz Fischer per chiedere
un suo intervento a favore di Siegfried Steger e Josef Forer, entrambi condannati
all’ergastolo per attentati e strage.

8 dicembre 2010: C’è anche un congegno a tempo per innescare bombe tra gli
oggetti che saranno esposti in una mostra organizzata dal Heimatbund, la Lega
patriottica dei separatisti sudtirolesi. La mostra si svolge a San Paolo, un paesino alle
porte di Bolzano nel cui cimitero una lapide ricorda i terroristi sudtirolesi degli anni
Sessanta defunti e dove ogni anno gli Schuetzen organizzano una manifestazione di
commemorazione. Il timer artigianale è stato ricostruito fedelmente da uno degli
aderenti alla Lega patriottica. Tra gli altri oggetti in mostra ci sono alcune
apparecchiature di una radio clandestina con la quale, sempre negli anni Sessanta,
venivano diffusi i proclami dei separatisti.
9 giugno 2011: In occasione del cinquantesimo anniversario della “notte dei fuochi”
del 1961, quando i separatisti sudtirolesi fecero saltare in aria una serie di tralicci
dell’alta tensione in Alto Adige, si svolge a Bolzano un convegno a cui partecipano
eminenti studiosi dei tre gruppi linguistici che convivono in Alto Adige.
11 giugno 2011: Gli Schuetzen altoatesini ricordano con una manifestazione la
“Notte dei fuochi” del ’61. I “tiratori scelti” si riuniscono a Castel Firmano, alle porte
del capoluogo, per ricordare la ricorrenza.
13 giugno 2011: In occasione del 50/o anniversario della “Notte dei fuochi”, il partito
di Eva Klotz, il Sudtiroler Freiheit, diffonde un manifesto che ricorda le violenze
contro i terroristi allora detenuti da parte dei carabinieri.
28 giugno 2011: “Sappiamo tutti che le violenze ci sono state e che gli atti giudiziari
lo confermano”. Lo afferma il presidente del consiglio provinciale di Bolzano Mauro
Minniti (Pdl) in merito alle torture nei confronti di terroristi altoatesini da parte dei
carabinieri.
28 ottobre 2011: Una medaglia viene coniata per ricordare il 50/o anniversario della
“Notte dei fuochi” del 1961, L’iniziativa e del Heimatbund, la Lega patriottica
sudtirolese della quale fanno parte esponenti dell’irredentismo radicale. La medaglia
ritrae il volto di Sepp Kerschbauumer, uno dei protagonisti della stagione del
terrorismo altoatesino, morto in carcere a Verona 46 anni prima.
13 dicembre 2011: Il procuratore di Bolzano Guido Rispoli chiede l’archiviazione
del fascicolo aperto contro ignoti in seguito alle dichiarazioni di un albergatore
sull’omicidio del carabiniere Vittorio Tiralongo, avvenuto a Selva dei Molini il 3
settembre 1964 all’epoca degli attentati separatisti in Alto Adige. L’albergatore,
Bruno Budroni, aveva dichiarato che Tiralongo era stato ucciso non in seguito a un
attentato terroristico ma per un motivo passionale. L’indagine ha permesso di
ricostruire che l’arma del delitto, una carabina Mauser calibro 7,62, fu ritrovata nel
1967 insieme a un moschetto della seconda guerra mondiale e a dell’esplosivo, usati
per attentati terroristici degli anni Sessanta. L’ipotesi che la morte di Tiralongo non
fosse da attribuire al terrorismo sudtirolese aveva spinto Eva Klotz a rileggere una
delle pagine degli attentati in una luce diversa, ma la procura chiude definitivamente
il sipario su una possibile revisione di uno degli episodi della storia di quegli anni.

Fonte: Ansa (un grazie particolare al prezioso lavoro di Toni Visentin)



Peter Paul Rainer
6 February 2015 at 7:29 pm / Reply

Egregia direzione,
leggo con interesse e simpatia il Vostro sito. Meno interessante ho trovato il riciclo della cronologia di Toni Visentini.
Meno interessante perché Visentini (come direttore dell’Ansa di Bolzano e corrispondete del Corriere della Sera gestisce sul versante italiano fuori provincia quasi un monopolio dell’informazione), dal canto suo sempre con grande coerenza, presenta la storia più recente del Sudtirolo in ottica nazionalista italiana. Una visione assai poco adatta per comprendere storia e sentimenti della popolazione tirolese in Italia. Si noti le ripetitive valutazioni spregiative. La richiesta di indipendenza viene definita di fatti come “terrorismo”. Una posizione politica del tutto legittima viene, anche con questo scritto di Visentini, criminalizzata. Un’operazione in corso da decenni. Con questo tentativo di marginalizzazione dell’indipendentismo avviene – invece di un confronto diretto, aperto e democratico – una forma di manipolazione continua dell’opinione pubblica, sia di quella italiana sia di quella sudtirolese.
Come è del tutto comprensibile, anche se a mio avviso non condivisibile, che l’Italia e il gruppo di lingua italiana in Sudtirolo tenta di mantenere lo status quo e il confine al Brennero, tanto deve essere legittima la richiesta di indipendenza e secessione da parte dei sudtirolesi. Il Tirolo, nel 1919, è stato diviso in modo arbitrale dalle forze vincitrici della Grande Guerra. La questione sudtirolese è nata a Parigi, e sicuramente non per colpa dei tirolesi. La popolazione non ha mai avuto possibilità di esprimersi. E anche oggi, nonostante la democrazia, si tenta con tutti i modi, denigrando chi é di opinione diversa, di impedire un referendum sull’indipendenza.
Personalmente ho dovuto fare esperienze poco piacevoli con lo Stato italiano e la sua “giustizia” passando per le “patrie” galere. L’ingiustizia che mi è stata inflitta è emblematica per la lotta oscura che è in corso per preservare il confine al Brennero. Il tutto ha poco a che fare con giustizia, democrazia e ancor meno con verità. Pagando un altissimo prezzo ho dovuto apprendere chi è Golia e chi è Davide.
Nessuno ha mai voluto togliere qualcosa all’Italia o agli italiani, una nazione di grande cultura. E ancor meno qualcuno vuole immischiarsi nelle vicende interne italiane, ma il Sudtirolo né fa parte dell’Italia né era mai abitato da italiani. Ciò nonostante deve subire una continua intromissione italiana nelle sue vicende (in parte traumatiche). Il gruppo linguistico italiano che oggi ci vive – incluso Toni Visentini – si è costituito solo dopo l’annessione tramite l’immigrazione dall’Italia vera e propria.
Mi sembrerebbe, perciò, un minimo concedere alla popolazione autoctona almeno la possibilità di esercitare il diritto all’autodeterminazione dopo che ha dovuto vivere per quasi un secolo contro volontà in uno stato non ritenuto proprio. La somma che l’Italia dovrebbe pagare, se dovesse pagare ipoteticamente, ai sudtirolesi come risarcimento del danno patrimoniale e morale sarebbe enorme. Non scrivo questo per indignare qualcuno, ma solamente con la speranza che un qualcuno ne prende spunto per fare un’autoverifica delle relazioni tra Roma e Bolzano, Italia e Sudtirolo.
Solo con il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dei sudtirolesi (con quale esito mai: dopo tanti decenni di italianizzazione non mancano i sudtirolesi italianizzati come d’altronde voluto dai vari Ettore Tolomei di turno) si arriverà a un sereno sviluppo di buon vicinato e di collaborazione tra i due popoli. Cosa auspicabile, come spero, per tutti.

In riguardo alla “portata del movimento per l’autodeterminazione del Sudtirolo” sono forse più interessanti alcuni dati, specialmente gli spostamenti del voto sudtirolese avvenuti negli ultimi anni:

febbraio 1919: tutti i comuni del Sudtirolo come rappresentanza della popolazione intera (incluso i comuni ladini) si sono appellati alla conferenza di Pace a Parigi chiedendo di poter rimanere parte dell’Austria;

maggio 1945: fondazione della Südtiroler Volkspartei (SVP) come partito della minoranza tedesca e ladina. Nel suo programma (art. 3) chiede il diritto all’autodeterminazione per il Sudtirolo.

aprile 1946: 123.777 sudtirolesi (quasi tutta la totalità degli aventi diritto al voto) fanno appello con la loro firma alle forze vincitrice chiedendo la riunificazione del Tirolo e il ritorno all’Austria.

1977: l’Italia ratifica senza preclusione l’Atto finale di Helsinki riconoscendo il diritto all’autodeterminazione. Fino allora la richiesta di autodeterminazione da parte dei sudtirolesi era considerata dall’Italia come alto tradimento e perseguitato come tale.

1980 e 1983: la SVP conferma la richiesta all’autodeterminazione come inalienabile.

1983: siccome la SVP si era fissata sull’autonomia raggiunta nel 1969 ed entrata in vigore a cominciare dal 1972 rifiutandosi di chiedere concretamente l’autodeterminazione, viene fondato il Wahlverband des Heimatbundes (WdH) come primo movimento separatista. Alle elezioni provinciali la SVP ottenne il 87 %, il WdH solo il 3,7 % dei voti sudtirolesi.

1993: siccome la SVP anche dopo la caduta del muro di Berlino non volle cogliere l’occasione e chiedere l’autodeterminazione avviene da parte di fuorusciti del movimento giovanile della SVP la fondazione dei Freiheitlichen (F) come partito separatista.
2007: dopo una scissione, il WdH col tempo era divenuto la Bürgerunion, nasce come terzo gruppo separatista il partito Südtiroler Freiheit (SF).
2013: alle elezioni provinciali la SVP ottiene il 55%, le tre liste separatiste il 37% dei voti sudtirolesi.



Stefania 7 February 2015 at 8:54 pm / Reply

Gentile Reiner,
grazie per l’articolato suo intervento. Prezioso per capire le tante sfaccettature di questa vicenda che ci interessa e che ci sta a cuore, e che non deve diventare solo oggetto di sporadiche riflessioni. L’intento infatti della nostra pubblicazione, e lo avevamo premesso, era offrire lo spunto per aprire le finestre sulla storia del sudtirolo. Le fonti sono soggettive, criticabili, anche imperfette, tutto quello che si vuole, ma documentano, al di là delle conclusioni, che la ferita è aperta e che solo l’oblio, la censura, la dimenticanza e l’indifferenza possono trasformare un problema, una battaglia, in qualcosa di trascurabile. Ignorare o trasformare il significato delle parole è la via che usa il sistema, della politica e non solo, per emarginare e togliere la parola al popolo. Compreso quello sudtirolese. Aspettiamo dunque altre sue considerazioni. L’indipendenza non ha le mani legate, come altri, in Italia!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » ven ago 07, 2015 2:04 pm

Il Sudtirolo senza odio Nell’ultimo libro, dal titolo «Il confine», uscito per Rizzoli, lo scrittore ha ricostruito crisi e conflitti in Alto Adige dopo il 1919. Un’analisi che ha scatenato molte discussioni di Francesco Cevasco] Il Sudtirolo senza odio
Nell’ultimo libro, dal titolo «Il confine», uscito per Rizzoli, lo scrittore ha ricostruito crisi e conflitti in Alto Adige dopo il 1919. Un’analisi che ha scatenato molte discussioni
di Francesco Cevasco

http://www.corriere.it/cultura/15_lugli ... b549.shtml

Il protagonista del nuovo libro di Sebastiano Vassalli ha un nome inquietante. Io mi chiamo Odio. Odio è un vecchio signore, purtroppo ancora vivo, che il 10 settembre 2019 «festeggerà» i suoi primi cento anni. È nato in quel 10 settembre di un secolo fa a St. Germain-en-Laye laddove si doveva celebrare la festa per la fine della Prima guerra mondiale e la nascita della sua gemella (dell’Odio): la Pace. Quel giorno i potenti della terra di allora decisero che il Sudtirolo sarebbe diventato terra italiana.

E da lì? Da lì il signor Odio ha dato il peggio di se stesso. Ha messo contro gente che viveva (o avrebbe vissuto) la stessa terra, le stesse valli, la stessa luce, lo stesso sole e le stesse nuvole. Ma, forse, il signor Odio, alla lunga, non ha vinto. Forse «la notte è finita. Pur tra molte nuvole è tornato il sole», scrive Vassalli nella nota introduttiva a Il confine. I cento anni del Sudtirolo in Italia , pubblicato da Rizzoli.Questo libro, Vassalli, ce l’aveva scolpito nel cuore e nel cervello da trentadue anni. Da quando andò in Sudtirolo / Alto Adige nel 1983. La rivista «Panorama Mese» gli chiese di girovagare un po’ da quelle parti a guardare il sole, il cielo, le valli, le mucche, le tradizioni, i dialetti, i panorami, i sentieri di montagna, l’acqua pulita. Invece Vassalli trovò e raccontò l?anima sporca dell’Odio tra austriaci-tedeschi e italiani.

Essendo laico, Vassalli, svelò le cose come stavano, senza ideologia. Osò dire il vero. Per sintetizzarlo ecco un piccolo saccheggio dalla rubrica intitolata «Improvvisi» che fa per il «Corriere della Sera». Parlava di Piazza della Vittoria a Bolzano e del monumento altrettanto alla Vittoria (la più brutta opera di quel genio che era Marcello Piacentini, ma sappiamo che il bozzetto originale non era il suo ma di quell’altro «genio» di Benito Mussolini). Nel 2002 quel genio di Vassalli aveva trovato una soluzione, ma nessuno gli ha dato retta: né quei fascistoidi degli italiani né quei fanatici sciovinisti dei sudtirolesi. L’idea geniale era questa: «In realtà, quella piazza dovrebbe intitolarsi come il romanzo di Dostoevskij, Delitto e castigo . In Alto Adige, tanto tempo fa, c’è stato un delitto, quello degli italiani che, nel ventennio fascista, hanno cercato di cancellare la lingua e la cultura tedesca; e ora c’è un castigo, quello di tirolesi che vincolano gli italiani a un duro status di immigrati, con una legge “proporzionale” che non ha corrispondenti nel mondo». Sviluppando il suo reportage del 1983, due anni dopo fece un libro altrettanto laico: Sangue e suolo. Apriti cielo! Per i comunisti era un fascista o quantomeno un missino.

Per i fascisti era uno pseudointellettuale stalinista. Per fortuna, come dice lui, Vassalli, le nuvole dell’ideologia si sono rarefatte. E oggi questo illuminante libro nuovo, Il confine , farà capire agli incazzati italiani, che in Sudtirolo / Alto Adige sono ormai una minoranza ma non perseguitata, che i loro bisnonni o trisnonni non si sono comportati bene: molti erano camicie nere che manganellavano per imporre la loro, la nostra lingua, le nostre chiese, le nostre scuole, i nostri cartelli stradali, i nostri uffici pubblici dove si doveva parlare rigorosamente in lingua italiana. E farà capire anche ai loro vicini di casa austriaci (tedeschi li chiama pure, Vassalli) che sono altrettanto stupidi a voler imporre una regola perversa che dice: ora comandiamo noi, siamo la maggioranza! Adesso pare che in Sudtirolo / Alto Adige il Partito democratico italiano e la Südtiroler Volkspartei siano alleati. Che abbia ragione Vassalli: che le nubi si siano diradate? Vassalli è un uomo negativo: non gli va mai bene niente. Ce l’ha un po’ con tutti. Odia il potere e i potenti. Odia gli scrittori finti che oggi imperversano. Si potrebbe dire di lui quello che lui ha detto di un altro: Dino Campana: «Forse è proprio vero che i poeti appartengono a una specie diversa, “primitiva”, “barbara”, da sempre estinta eppure sempre in grado di rinascere come quella dell?araba fenice».In questo libro, Vassalli si concede qualche vezzo: si definisce scrittore ormai anziano, non storico di professione, non sociologo, non politico. Si racconta come uno che ha incontrato le cose per caso. No, le ha incontrate per fortuna nostra, di noi lettori. Il confine , infatti, sconfina.

Esce dai libri di storia. Non c?entra con la sociologia e nemmeno con la politica. Racconta la mutazione di una piccola terra dove chi comandava è diventato suddito di un re prepotente, dove il re prepotente ha capito di aver esagerato e ha ceduto i suoi diritti. Dove s?è creato «un ponte tra due mondi, destinati da sempre a sopportarsi e a integrarsi a vicenda». Se lo dice quel pessimista di Vassalli, dopo trentadue anni che ci ha pensato? metti che sia vero.Vassalli scrive, sempre in questo libro abbastanza politicamente corretto, Sudtirolo / Alto Adige tranne in alcuni casi: quando si riferisce al Sudtirolo prima che diventasse mezzo (o tutto) italiano. Nell?ultima frase si lascia andare. Occhio alla parola «Imbarazzante». Conclude Vassalli: «I cento anni dal trattato di St.Germain: i cento anni del Sudtirolo in Italia, sono un anniversario imbarazzante e importante, che secondo me non può essere ignorato. Io ho voluto ricordarlo raccontando una storia. Una grande storia». Il contrario di quello che scriveva Fabrizio De André: Una storia sbagliata . No, una storia vera ma che per quelli che non capiscono l?intuizione di Vassalli resta una storia sbagliata. Vaglielo a spiegare. Forse questo libro?

27 luglio 2015 (modifica il 27 luglio 2015
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Tirołexi

Messaggioda Berto » gio ago 13, 2015 8:27 pm

Croci Schutzen, la Provincia tace su manifestazioni divisive e provocatorie

8 agosto 2015

http://www.trentino5stelle.it/croci-sch ... ovocatorie

Il progetto degli Schutzen di marchiare le cime del Trentino con le croci dedicate ai «loro morti» prosegue senza sosta, ed il Consigliere Filippo Degasperi, che più volte in passato ha denunciato la connivenza delle istituzioni provinciali verso le azioni degli Schutzen, ritorna sulla questione: «Come ampiamente previsto il piano di marcare il territorio a colpi di croci di ferro e salme issate a stendardo prosegue imperterrito mentre chi governa la Provincia volge benevolmente lo sguardo altrove. Del resto questi signori sono bravissimi a chiedere scelte collettive quando le iniziative le propongono istituzioni che si rifanno al Tricolore ma lo sono un po’ meno quando le iniziative le propongono gruppi folkloristici locali sempre pronti a sputare sull’Italia e sugli italiani, ancorché abbondantemente foraggiati con denaro italiano dagli stessi amministratori provinciali di cui sopra.centenario della Grande Guerra

Non stupisce quindi che quando gli Schutzen pretendono di fare una cosa questa gli venga concessa, e poco importa che la Provincia, di fronte ad una mia personale interrogazione abbia riconosciuto che la cosa in questione non era stata concordata e nemmeno resa nota ne con loro ne col Comitato Trentino per le commemorazioni del centenario della Grande Guerra. Gli Schutzen fanno quello che vogliono, e a differenza di tutti gli altri non hanno bisogno di concordare le iniziative con nessuno, sono le altre associazioni a dover essere richiamate ogni tre per due ad uno spirito di condivisione dei morti e della sofferenza che evidentemente non si deve applicare ai nostalgici di Ceco Giuseppe e di Sissi. Che dire? Complimenti vivissimi per la coerenza».

Degasperi entra poi sull’aspetto storico della questione:«Visto che in Trentino ormai non lo dice nessuno, voglio ricordare come la vulgata che i gruppi folkloristici locali ed i loro protettori politici vogliono far passare sia quanto meno incompleta. Se è vero che gran parte dei Trentini si avviò alle armi verso il fronte galiziano per combattere una guerra di aggressione (alla faccia del tanto celebrato Landlibell) scatenata da un despota ottuagenario e dal suo sodale Guglielmo va anche ricordato che ciò avveniva nel 1914 con l’Impero Austro-Ungarico ben consapevole della possibilità dello scontro col Regno d’Italia, pure rimasto neutrale allo scoppiare delle ostilità. Certo, chi fa un uso politico della storia ricorda giustamente i 60 mila trentini chiamati alle armi dall’Austria contrapposti ai 757 che a costo di notevole pericolo personale scelsero volontariamente il Regio Esercito. Questi signori si dimenticano però che la «fiducia» degli austriaci nei «leali sudditi trentini» era tale da indurli a deportarne almeno 75 mila e da imprigionarne 1754, e ciò avvenne anche in veri e propri campi di internamento, ad esempio quello di Katzenau in Austria. La cosa non stupisce, considerato che nel 1912 il luogotenente dell’Imperatore in Tirolo Markus von Spiegelfeld in un memorandum esprimeva tutta la sua diffidenza verso i trentini, considerati troppo italiani e che l’opinione risultava condivisa dal generale Theodor Edler von Lerch, il quale pochi anni dopo ribadirà lo stesso concetto, del resto in totale coerenza col suo Imperatore, che nel 1866 ordinava senza mezzi termini di cancellare l’italianità dall’impero («Es gibt kein Trentino»). La conseguenza di tutta questa “fiducia” fu che le autorità austriache si guardarono bene dal far rientrare i trentini a combattere sul fronte italiano, preferendo tenerli sul fronte orientale, dove anzi essi furono guardati con sospetto e spesso utilizzati per le operazioni di guerra più rischiose. Ma gli Schutzen non vogliono ricordare nemmeno questi caduti. Non gli interessano i trentini mandati a morire nel fango per una guerra voluta e cercata da Francesco Giuseppe per punire il «bellicoso stato serbo». A loro interessa incensare gli Standschützen, le compagnie di volontari non idonei rimaste in Trentino, che nella ricostruzione mitologica degli eventi bellici fatta dagli Schutzen moderni avrebbero «fermato l’Italia», peccato che si dimentichino come il fronte Trentino fosse tenuto fisso mentre la guerra vera e propria veniva combattuta sul carso, e sorvolino opportunamente sui circa 25 mila effettivi degli alpenkorps tedeschi che stranamente difendevano la linea austriaca in vece dei Trentini tenuti, chissà perché, sul fronte orientale. Ecco, quelli e solo quelli sono i morti che gli Schutzen vogliono commemorare piazzando croci sui «sacri confini», che nelle loro intenzioni anacronistiche sarebbero ancora oggi da difendere dalla Repubblica italiana, la stessa che riconobbe al Trentino una Autonomia mai nemmeno sognata sotto l’Impero, che anzi dopo averla cancellata con l’annessione del Principato Vescovile senza alcun plebiscito si rifiutò sempre di concedere, ad esempio nel 1848, quando i Trentini, chissà come mai, presentarono 46 mila firme alla Dieta di Francoforte per chiedere di separare il Trentino dal Tirolo e di accorparlo invece al Veneto. Quella stessa Italia che ad oggi mantiene le associazioni folkloristiche di cui sopra, ad esempio sganciando cifre sul milioncino di euro per rifare le divise delle bande musicali secondo i canoni degli Schutzen. Quella stessa Italia i cui rappresentanti locali sono celeri nell’imporre le bandiere a mezz’asta quando si tratta di manifestazioni che riguardano la memoria nazionale ma nulla fanno per impedire manifestazioni pensate col solo scopo di dividere e provocare».

Uff. Stampa
M5S Trentino
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Moti di liberazione in Europa

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite