Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » dom ago 26, 2018 10:17 am

COME USARE IL TURISMO PER CRITICARE L’INDIPENDENTISMO CATALANO
26 agosto 2018

https://www.miglioverde.eu/come-usare-i ... o-catalano

Turismo in calo in Catalogna a causa del processo indipendentista con Barcellona che ha perso smalto agli occhi dei visitatori internazionali. La città di Gaudì è stata meno visitata dopo il referendum secessionista, dichiarato illegittimo, del 1º ottobre 2017 ed è scivolata dall’8º al 15º posto nella classifica globale del Reputation Institut sulla percezione che i cittadini dei Paesi del G8 hanno delle città. Barcellona si attesta immediatamente davanti Milano nella classifica – che valuta fra gli altri il livello di sicurezza e incertezza – con Tokyo al primo posto e che vede Venezia e Roma rispettivamente al 6º e al 7º posto.
Nell’ottobre scorso la Catalogna ha registrato 1,48 milioni di turisti stranieri, pari a -5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e mentre il resto della Spagna segnava arrivi record di visitatori, secondo il rilevamento del patronato Exceltur, che raggruppa le imprese del settore. Nelle prime due settimane seguite alla consultazione illegale, l’attività turistica ha registrato una flessione del 15%, mentre le prenotazioni dei voli scendevano del 22%. La tendenza al ribasso è continuata anche nel primo semestre dell’anno in corso, con una caduta del 3% dell’occupazione alberghiera e del 7,2% del fatturato. Tuttavia, il mese di giugno ha registrato una timida ripresa, con due milioni di turisti stranieri, pari a un aumento di circa il 3% rispetto allo stesso mese del 2017, secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica. Quanto alla reputazione internazionale, la città della Sagrada Familia ha perso circa 4 punti nella classifica globale, passando dai 79 dell’8º posto ai 74,6 dell’attuale 15º posto.
Secondo fonti del Reputation Institut citate dai media, la percezione dei cittadini a livello globale è stimata non solo in base alla bellezza o alla crescita economica di una regione, ma tenendo conto delle tensioni geopolitiche, dei nazionalisti e del malessere sociale della popolazione, che condizionano decisioni future di individui e aziende. Barcellona si è vista danneggiata “in tutti gli aspetti razionali che conformano la reputazione”, secondo le fonti. Il processo indipendentista, con la proclamazione unilaterale della repubblica catalana, lo scorso 27 ottobre, ha provocato il trasferimento della sede legale di 4.000 aziende dalla regione e il fallimento della candidatura per ospitare l’Agenzia Europea per i medicinali (EMA). Con la ‘crisi’ di Barcellona, la Spagna non ha alcuna delle sue città nel top ten della classifica globale, dove tuttavia Madrid ha conquistato due posti rispetto allo scorso anno, attestandosi al numero 19, dietro il capoluogo catalano.


Gino Quarelo
Certo che se i catalani indipendentisti avessero una maggioranza del 70% forse sarebbero già indipendenti. Poi a me i catalani in quanto sinistri, antisemiti e filo nazi maomettani non piaccionio tanto e non sento nessun acceso trasporto fraterno verso di loro.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » ven set 14, 2018 6:44 am

Centinaia di migliaia di persone a Barcellona hanno manifestato per chiedere l'indipendenza della Catalogna
2018/09/11

https://www.ilpost.it/2018/09/11/manife ... ogna-diada

Oggi a Barcellona c’è stata una grande manifestazione, a cui hanno partecipato secondo i giornali “centinaia di migliaia di persone”, per chiedere l’indipendenza dalla Spagna della Catalogna, comunità autonoma nord-orientale della Spagna. La manifestazione è stata organizzata in occasione delle celebrazioni della “Diada”, la giornata nazionale in cui si commemora un episodio della Guerra di successione spagnola del 1714. È stata la prima manifestazione di queste dimensioni da quando l’ottobre scorso un referendum organizzato dal governo regionale – e considerato illegale dal governo e dal massimo tribunale spagnolo – aveva portato alla richiesta formale di indipendenza, e poi allo scioglimento del governo regionale per mano del governo nazionale e alle accuse di sedizione e ribellione verso i politici indipendentisti, che in alcuni casi sono stati arrestati e incarcerati.

Rispetto allo scorso ottobre, però, sono cambiati sia il capo del governo spagnolo che quello del governo catalano. Lo scorso luglio a Madrid i due – il primo ministro socialista Pedro Sánchez e il presidente catalano Quim Torra, indipendentista – si sono incontrati e hanno annunciato la decisione di riattivare le commissioni bilaterali stato-governo catalano sospese nel 2011, e in precedenza usate per mantenere aperto un canale di comunicazione tra le parti. La distanza tra le due parti, in particolare sul diritto all’autodeterminazione, rimane però enorme: Torra vorrebbe che il governo spagnolo concedesse alla Catalogna il diritto di tenere un referendum sull’indipendenza, il cui risultato venga riconosciuto da entrambe le parti, mentre Sánchez ha sempre escluso questa ipotesi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » dom set 30, 2018 2:54 am

Si riaccende la tensione a Barcellona: scontri tra la polizia e i separatisti
Alessandro Ursic
2018/09/29

https://www.lastampa.it/2018/09/29/este ... agina.html

A Barcellona si riaccende la mobilitazione indipendentista alla vigilia dell’anniversario del referendum “cancellato” da Madrid e per molte ore si scatena una guerriglia urbana a colpi di manganello e polveri colorate: alcuni militanti si sono scontrati con un corteo di nazionalisti e Guardia Civil, mentre la polizia catalana, i Mossos d’Esquadra, per tenerli lontani ha caricato i `fratelli´ indipendentisti per ben tre volte, lasciando sul campo diversi contusi, alcuni anche al volto. «Traditori», gli hanno urlato contro i manifestanti pro-indipendenza, mentre i tafferugli hanno lasciato sul terreno 24 feriti, di cui cinque trasportati in ospedale. Sei le persone arrestate.

Per evitare che le due manifestazioni contrapposte venissero in contatto, la questura aveva messo in campo un eccezionale dispiegamento di forze, ponendo la città sotto assedio per gran parte della giornata: da un lato sfilava il sindacato di polizia Jusapol, che sostiene l’equiparazione dei salari della Guardia Civil con quelli dei Mossos catalani, ma che celebrava anche la repressione messa in atto durante e subito dopo il referendum; dall’altro, diversi gruppi indipendentisti si erano accampati fin da ieri sera in piazza San Jaume per celebrare il referendum e opporsi al corteo nazionalista.

La questura aveva concordato percorsi separati proprio per evitare lo scontro, ma verso mezzogiorno qualcuno ha deciso di ignorare le prescrizioni. Alcuni indipendentisti hanno lasciato la piazza San Jaume diretti in via Laietana, dove erano schierate una quindicina di camionette di polizia e una cinquantina di agenti che hanno tentato di farli arretrare a spintoni e colpi di manganello. Poco dopo è iniziato “l’attacco” con polveri colorate. Dopo almeno tre cariche di polizia, la situazione è tornata alla normalità.

Circa seimila persone, intanto, ha poi precisato la polizia locale, erano rimaste a manifestare pacificamente a piazza San Jaume: hanno preparato un pasto comunitario, letto poesie e cantato inni indipendentisti, per poi raccogliere le tende dove avevano passato la notte. In molti hanno espresso ai giornalisti la loro indignazione per la convocazione di un «omaggio alla violenza poliziesca» proprio nell’anniversario del referendum indipendentista, affermando di non capire perché fosse stata autorizzata
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » sab ott 06, 2018 8:22 pm

CATALOGNA, STRASBURGO RESPINGE RICORSO DEI REFERENDARI CONTRO LE MULTE
05 ottobre 2018

https://www.miglioverde.eu/catalogna-st ... o-le-multe

Le multe imposte dalla Corte Costituzionale spagnola ai membri delle commissioni elettorali formatesi per il referendum sull’indipendenza della Catalogna non hanno violato la Convenzione europea dei diritti umani. Lo afferma, con una decisione che non ammette appello, la Corte di Strasburgo.

I giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di Montserrat Aumatell i Arnau, una cittadina spagnola, sostenendo che Madrid aveva violato numerosi suoi diritti. In particolare la donna ha affermato che la notifica della multa, seimila euro al giorno, che la Corte Costituzionale aveva imposto per tutti i membri delle commissioni elettorali referendarie, non le era stata notificata personalmente.

Inoltre la donna ha sostenuto che essere membro delle commissioni elettorali non poteva essere considerato un delitto, e che comunque non aveva avuto modo di ricorrere contro la decisione. Infine asseriva di essere stata vittima di una persecuzione politica. Per quanto riguarda l’ultimo punto la Corte di Strasburgo sostiene che la ricorrente non ha fornito elementi sufficienti a provare quanto affermato.

Per quanto invece riguarda la multa la Corte di Strasburgo afferma che questa è prevista dalla legge spagnola, e che nonostante non le sia stata notificata personalmente, la donna era al corrente del fatto che la Corte Costituzionale aveva ordinato la sospensione del referendum e che quindi agendo contro questa decisione si incorreva in multe e processi.

Infine i giudici di Strasburgo osservano che l’affermazione secondo la quale non c’era modo di ricorrere contro la multa è contraddetta dai fatti. Tutti gli altri membri delle commissioni elettorali, affermano a Strasburgo, hanno fatto ricorso contro le multe e ottenuto la loro cancellazione. (Ansa)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mer ott 17, 2018 7:35 pm

DALLA CATALOGNA UN NUOVO FUTURO PER I POPOLI EUROPEI

https://www.miglioverde.eu/dalla-catalo ... li-europei

“Vogliamo essere liberi di decidere il nostro futuro, come la Scozia e il Quebec. Un problema politico deve trovare nuove strade per la soluzione con il dibattito; se la Spagna non ce lo concede, affermeremo il nostro diritto alla secessione”. Così Joan Vallvé, vice presidente dell’Associazione Òmnium Cultural, nata nel 1961 per promuovere la lingua e la cultura catalana, ospite d’onore al convegno su “Catalogna – Stato unitario contro autogoverno: quale futuro per i popoli europei?” organizzato domenica 14 ottobre a Milano dall’Associazione Gilberto Oneto. Al termine degli interventi, un pubblico attento e numeroso ha animato con i relatori un dibattito durato oltre un’ora e ricco di domande e spunti di riflessione.

Il convegno è stato moderato dal presidente dell’Associazione Gilberto Oneto, Gianluca Marchi, che nella sua introduzione su “La via catalana verso l’indipendenza: unica soluzione la Padania” ha posto l’accento sulla disinformazione dei media italiani sulle vicende catalane all’indomani dello storico referendum per l’indipendenza della regione approvato il 1° ottobre 2017. “Al di là del can can mediatico di un anno fa – ha esordito Marchi – le vicende catalane, pur non scemate affatto sotto il profilo dell’attualità politico-giuridica, con tanto di reazioni di stampo franchista da parte del governo spagnolo, è finito sotto silenzio o se ne sono raccontate un mucchio di fandonie, propalate anche da Madrid. Contro tutte le previsioni nefaste, dopo il referendum la Catalogna è tornata la prima regione economica del Paese, superando anche quella di Madrid”.

Le cifre della dimensione economica catalana sono state illustrate dallo stesso Vallvé nel suo intervento, intitolato “Catalogna: il diritto di decidere”. “La Catalogna, con una superficie pari al 6 per cento della Spagna e una popolazione di 7 milioni che è il 16% del totale spagnolo, ha un Pil che è il 19% dell’intera Spagna e la collocherebbe tra il 13° e il 14° posto dell’intera Europa, con una quota di esportazioni pari al 26%” ha spiegato Joan Vallvé, già deputato e ministro della Catalogna, che ha poi tracciato un excursus storico del percorso politico-amministrativo intrapreso dalla regione per ottenere l’autonomia. Vallvé non ha risparmiato strali all’indirizzo di Madrid, accusando la Spagna di “disprezzare” la lingua e la cultura catalana e il governo democratico di “pazzia” per aver messo sotto accusa l’organizzazione di una consultazione popolare. “Nonostante le difficoltà, gli ostacoli e la violenza della polizia – ha rimarcato Vallvé – il referendum si è tenuto con successo. Negli anni Ottanta i favorevoli all’indipendenza erano il 10% della popolazione, oggi superano il 50%. In nessun altro Paese dell’Europa si è tenuta ogni anno, dal 2011 a oggi, una manifestazione pacifica sullo stesso tema con 1,5 milioni di persone”.

Giancarlo Pagliarini, dell’Associazione Giancarlo Pagliarini per la riforma federale, ha ricordato come i Catalani hanno chiesto 18 volte di fare il referendum, ma la Spagna si è sempre opposta. “Alla fine hanno fatto una legge per tenerlo lo stesso e ha vinto il sì – ha detto Pagliarini nel suo intervento dal titolo “Catalunia: també és una qüestió de dignitat” –. Ero uno dei cento osservatori internazionali per le operazioni di voto e ho preso di quelle botte dalla polizia… È stata una cosa incredibile, sono peggio della Turchia, che però non è in Europa. Bisogna abbattere due tabù: la sovranità dello Stato (in Svizzera, l’art. 3 della Costituzione federale la attribuisce agli enti territoriali e lo Stato è al loro servizio, non il contrario) e il concetto dei vecchi grandi Stati-nazione, che ormai combinano guai e basta”.

“Anch’io ero fra gli osservatori internazionali al referendum di un anno fa – ha raccontato Chiara Battistoni dell’Associazione Giancarlo Pagliarini per la riforma federale, intervenendo su “Tra sogno e realtà: la domenica che cambierà l’Europa” – e ho visto come sono riusciti in corsa a riconfigurare i seggi dopo l’attacco non dichiarato del governo centrale ai server e alle connessioni, che ha reso le operazioni di voto lentissime. Le vie intorno ai seggi sono state piene di gente per tutto il tempo delle votazioni: un segno di appartenenza e di identità fortissimo e trasversale a tutte le età. Il comportamento dei Catalani rimane assolutamente pacifico, ma con una forza e una determinazione invidiabili. È stata una domenica che ha davvero cambiato l’Europa, e lo farà in futuro, anche grazie all’uso avanzato della tecnologia”.

È toccato poi a Marco Bassani, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università degli Studi di Milano, esplicitare il titolo della sua relazione “La Catalogna, il Muro di Berlino dell’Occidente”. “Quanta identità ci vuole da noi per arrivare a fare quello che ha fatto la Catalogna? – si è domandato Bassani –. La lingua è un fattore cruciale. Un bel contributo lo hanno dato anche le vittorie del Barcellona nel calcio sul piano della cultura nazional-popolare. I Catalani si sentono anche più laici, e più aperti alla modernità, in un Paese che è profondamente cattolico, di un cattolicesimo all’antica”. Il prof. Bassani ha quindi sottolineato la necessità del “passaggio dal diritto di autodeterminazione, superato perché postcoloniale, a quello di decidere. I Catalani devono essere liberi di decidere anche sulla spoliazione che gli apparati amministrativo-burocratici spagnoli hanno sempre operato sulle risorse della loro terra. Il sogno dei popoli è avere istituzioni locali e scambi globali, contro i piani delle classi dirigenti per governi globali e scambi locali, per controllare meglio i passaggi di ricchezza. Andiamo verso la disgregazione. La Ue crollerà rapidamente: come il crollo del comunismo ha rivoluzionato l’Europa orientale, così la Catalogna farà crollare l’attuale assetto dell’Europa occidentale”.

Da ultimo Stefano Bruno Galli, assessore all’Autonomia e Cultura della Regione Lombardia, ha parlato di “Catalogna: riflessioni sull’autodeterminazione del popoli”. “Sul principio di autodeterminazione fece leva la decolonizzazione. Venne poi codificato alla Conferenza di Helsinki del 1975 e provocò alcuni anni dopo la caduta del Muro di Berlino, riconoscendo i dissidenti dell’Europa centro-orientale. Oggi sembra non esistere più, ma non si può fare un uso così disinvolto di un principio tanto importante. L’Europa – ha proseguito il prof. Galli – si è pilatescamente lavata le mani della Catalogna, affermando che è una questione interna alla Spagna: è inaccettabile. Siamo all’epilogo di una vicenda europea fondata sul funzionalismo, nata da accordi economici e mai divenuta politica”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mar ott 23, 2018 9:58 pm

Perché in Catalogna non è finita - L'intraprendente
Carlo Lottieri
2018/10

http://www.lintraprendente.it/2018/10/p ... n-e-finita

A un anno dalle violenze della Guardia Civil su chi voleva determinare il proprio futuro con il voto, la situazione è in stallo. Il fronte indipendentista è frustrato e diviso, ma la determinazione dei catalani è fortissima. E la speranza è che la nuova Europa che si profila dopo le elezioni di maggio non sia sorda e cieca come l’attuale...

catalogna2Che bilancio si può trarre, a oltre un anno di distanza dalle violenze della Guardia Civil su quanti si erano recati a votare al referendum sull’indipendenza, sul processo politico volto a realizzare la secessione della Catalogna? A una simile domanda non è facile rispondere.

All’interno del fronte dei separatisti è ormai forte la frustrazione. È vero che, al termine della sospensione dell’autogoverno catalano, i fautori di una repubblica indipendente sono riusciti a confermare la maggioranza alla Generalitat, mettendo un uomo molto vicino a Carles Puigdemont (Quim Torra) alla testa del governo. Ed è anche vero che il governo minoritario espresso dal Partido Popular è stato fatto cadere, così che oggi alla guida dell’esecutivo di Madrid c’è il socialista Pedro Sanchez. E al tempo stesso la sinistra spagnola non sta dimostrandosi più aperta della destra, così che quanti a Barcellona si battono per ottenere l’indipendenza non riescono, in questa situazione, a fare un solo passo avanti. La stessa Generalitat appare quasi incapace di agire e assumere decisioni. In questo quadro è comprensibile che, a più riprese, il fronte dei separatisti mostri qualche incrinatura, e si tratta di frizioni che poco hanno a che fare con la contrapposizione, che pure esiste, tra chi si colloca a sinistra e chi no. Se gli indipendentisti catalani non sempre riescono ad agire in maniera compatta è perché alcuni – soprattutto nell’Erc (Esquerra Republicana de Catalunya) – pensano che si debba seguire un percorso lungo e volto ad allargare l’area del consenso, mentre altri rivendicano il diritto fondamentale a decidere sul futuro e per questo considerano la dichiarazione unilaterale d’indipendenza dello scorso ottobre come una scelta senza ritorno.

Per giunta, non si sa che ne sarà dei prigionieri politici. Ma se questo causa pena e frustrazione nel campo degli indipendentisti, è del tutto evidente che la scelta di avere cacciato in galera i propri oppositori politici pone ora i nazionalisti spagnoli in una situazione quasi senza uscita. Da un lato sarà per loro complicato tenerli in prigione, dato che non hanno compiuto violenze e sono accusati soltanto di avere perseguito con metodi democratici ed elettorali la libertà delle loro comunità. Più essi restano in prigione e più la Spagna mostra al mondo il suo vero volto: quello di un sistema oppressivo, incapace di mettere in discussione i propri confini e di accettare che le aspirazioni dei suoi sudditi si possano realizzare. D’altro lato, qualora Oriol Junqueras e gli altri incarcerati dovessero essere assolti e liberati sarebbe l’intera repressione operata spagnola a danno degli esponenti politici e culturali dell’indipendentismo a uscire sconfitta. L’ordinamento spagnolo ammetterebbe l’illegittimità di ogni reato di opinione e delle violenze compiute a danno di chi si batte – entro logiche rispettose degli altri – per vedere affermati i suoi sogni. Se i cittadini indipendentisti fossero riconosciuti innocenti, ne conseguirebbe che quanti hanno gestito la repressione (giudici o politici, militari o funzionari pubblici) si troverebbero a vestire i panni dei criminali.

Se Barcellona piange, dunque, Madrid non ride di certo. Gli ottusi difensori della mitologia politica spagnola, anche contro le legittime aspirazioni delle realtà desiderose di affrancarsi, sanno bene quanto il loro sovranismo sia in contraddizione con ogni valore di libertà, democrazia, dialogo. Non è un caso che vi siano ormai forze che si collocano perfino più a destra di Ciutadanos e del Partito Popular (il movimento Vox, in particolare), che appaiono sempre più attive sulla scena pubblica e che contribuiscono a far comprendere a molti quanto sia autoritaria la logica che ispira i carcerieri dei presos politics. La Catalogna è dunque in uno stallo e nessuno può dire cosa succederà nei mesi e negli anni a venire. L’indipendenza sembra un miraggio ancora lontano e al tempo stesso la determinazione dei catalani è tale che è davvero illusorio, a Madrid, pensare di poter far rientrare la crisi come se nulla fosse successo. C’è anche da domandarsi, nella nuova Europa che si va profilando, se la repressione spagnola troverà a Bruxelles tutto il sostegno che ha avuto finora, oppure se la tempesta elettorale che si va profilando, a danno delle forze tradizionali, muterà lo scenario anche per quello che riguarda il conflitto tra Spagna e Catalogna. La scommessa dei catalani, in larga misura, poggiava sulla speranza che l’opinione pubblica internazionale e la stessa Ue potessero spingere Madrid a prendere in considerazione la loro richiesta di poter votare. Finora quella scommessa è stata perduta, ma non è escluso che le cose possano cambiare. È però difficile prevedere quali potrebbero essere le reazioni della Spagna profonda (nutrita di nazionalismo e spirito autoritario) nel caso in cui i catalani dovessero poter procedere sulla strada della propria indipendenza.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » ven nov 02, 2018 9:31 am

INDIPENDENZA CATALANA: UN SONDAGGIO SEGNA UN CALO TRA I SECESSIONISTI

novembre 2018

https://www.miglioverde.eu/indipendenza ... essionisti

Solo il 42,4% dei catalani è a favore della celebrazione di un referendum sull’indipendenza in Catalogna, mentre il 27,3% è per una consultazione su una maggiore autonomia, che passerebbe per una riforma dello Statuto. Sono i dati dell’ultimo Barometro politico di Catalogna del Gabinet d’Estudis Socials i Opinió Publica (Gesop) pubblicato da El Periodico, secondo il quale per il 26,5% dei catalani non si deve celebrare alcun referendum.
Il sondaggio riflette una notevole flessione del secessionismo: per il 56% degli intervistati bisogna negoziare con Madrid un miglioramento del governo dell’autonomia, mentre solo il 34,8% si dice a favore dell’indipendenza.
Lo stesso barometro, nell’aprile scorso, segnalava l’appoggio a un referendum al 78,7%, anche se in quel caso non era specificata la domanda se su una consultazione secessionista o su un nuovo Statuto di autonomia.
Per il 68,4% degli intervistati, il “referendum illegale” del 1º ottobre 2017 non fu legittimo, mentre il 28,8% sostiene il contrario.
Il barometro Gesop è stato realizzato di un campione di 739 interviste telefoniche fatte fra il 22 e il 29 ottobre.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » sab nov 03, 2018 8:59 pm

Catalogna, mano dura della procura: chiesti 25 anni per Junqueras
francesco olivo
2018/11/02

https://www.lastampa.it/2018/11/02/este ... a.amp.html


I giudici spagnoli accusano di ribellione violenta 17 leader indipendentisti per il referendum di ottobre. Puigdemont: “Intervenga l’Ue”

Venticinque anni di carcere per l’ex vicepresidente catalano, Oriol Junqueras, 17 per la presidente del parlamento Carme Forcadell, 17 per i leader delle associazioni della società civile indipendentista.Poco meno per gli altri ex membri del governo Puigdemont.

Sono durissime le richieste della procura generale spagnola contro i politici catalani, colpevoli, secondo i giudici, a vario titolo di aver organizzato una ribellione violenta, con il fine di dichiarare la secessione,oltre che di sedizione e malversazione (per aver utilizzato fondi pubblici nell’organizzazione del referendum considerato illegale). Quello dell’ottobre scorso, iniziato con il referendum proibito e culminato nella dichiarazione di indipendenza del parlamento catalano, è stato per i giudici di Madrid una sorta di colpo di Stato. Il teorema del Tribunale Supremo lascia perplessi molti i giuristi ed è stato respinto dalla giustizia tedesca, belga e scozzese, allontana. Anche il governo spagnolo è in forte imbarazzo, in questo clima, infatti, è difficile portare avanti ogni tentativo di dialogo con i partiti indipendentisti (fondamentali per la maggioranza).

Tensione altissima

E non è un caso che il presidente della Generalitat Quim Torra e quello del parlamento Roger Torrent accusino direttamente il premier Pedro Sánchez: «E’ complice della repressione e del sentimento di vendetta della procura». L’esecutivo socialista, con una mossa in extremis, attraverso l’avvocatura dello Stato ha derubricato il reato più grave, quello di ribellione, chiedendo pene più basse per gli imputati. Sia il premier Sanchez, sia altri esponenti del governo hanno lasciato intendere nei giorni scorsi che l’accusa di ribellione non si configura nel caso degli indipendentisti, ma la “Fiscalia” generale non ha tenuto conto di queste interpretazioni.

Nella lista dei prossimi imputati non compare Carles Puigdemont, visto che l’ex presidente è all’estero da un anno e il tribunale supremo spagnolo si è visto respingere la richiesta di estradizione dai colleghi tedeschi (e belgi). Dalla sua residenza di Waterloo Puigdemont chiede aiuto alla Ue: «La voce europea contro gli abusi dello Stato spagnolo è più necessaria che mai».

Il processo inizierà nei primi mesi del 2019 e si preannuncia come un momento di sicura tensione tra Barcellona e Madrid, dove si svolgeranno le udienze.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 7:31 pm

È finita la tregua tra il governo socialista spagnolo e la Catalogna
martedì 11 dicembre 2018


https://www.ilpost.it/2018/12/11/finita ... AFNcLOzGFw
Dopo mesi di relativa tranquillità, è bastato poco – un paio di episodi e una dichiarazione controversa – per creare di nuovo grandi tensioni

Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, a sinistra, e il presidente catalano Quim Torra (ANDREU DALMAU/AFP/Getty Images)

Negli ultimi giorni, e dopo mesi di relativa tranquillità, i rapporti tra il governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez e il governo catalano guidato dall’indipendentista Quim Torra sono diventati molto tesi. Gli episodi che hanno fatto precipitare la situazione sono stati due, ma per capire la situazione bisogna guardare anche ai sorprendenti risultati elettorali della scorsa settimana nella comunità autonoma dell’Andalusia, dove il Partito socialista (PSOE) al governo ha perso moltissimi voti, secondo alcuni anche per l’atteggiamento troppo “morbido” adottato verso l’indipendentismo catalano.

I problemi tra i due governi sono iniziati questo fine settimana, quando i Comités de Defensa de la República (CDR), comitati indipendentisti catalani responsabili di molte azioni di protesta, hanno bloccato un’importante autostrada spagnola, la AP-7, senza incontrare la resistenza dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana. Il governo catalano ha detto di avere negoziato con gli attivisti dei CDR e di avere voluto evitare un nuovo scontro tra indipendentisti e polizia, simile a quelli avvenuti il 6 dicembre nelle città catalane di Girona e Terrassa. Diversi però hanno interpretato la decisione dei Mossos di non intervenire come una scelta del governo indipendentista catalano di proteggere i CDR, anche imponendo alla polizia locale regole distanti dal normale protocollo. Il governo catalano ha smentito questa ricostruzione, sostenendo che i Mossos abbiano sempre agito seguendo criteri tecnici e di polizia, «mai criteri politici».

La situazione è diventata ancora più tesa dopo che il presidente catalano Torra, considerato appartenente all’ala più radicale dell’indipendentismo, ha annunciato diversi cambi ai vertici dei Mossos proprio a causa degli scontri del 6 dicembre tra polizia catalana e attivisti dei CDR. La minaccia, che comunque lo stesso governo catalano si è poi rimangiato, ha provocato nuove tensioni tra i capi dei Mossos e i vertici politici del governo indipendentista, e ha agitato parecchio gli animi del governo socialista spagnolo guidato da Sánchez.

Torra non si è limitato solo a questo. Sabato scorso, mentre era in visita a Bruxelles dove si è incontrato tra gli altri con l’ex presidente catalano Carles Puigdemont, Torra ha detto che la Catalogna dovrebbe seguire la “via slovena” per raggiungere l’indipendenza. Parlare della “via slovena” significa ammettere un possibile uso della violenza: opzione che finora l’indipendentismo catalano ha sempre escluso. Dopo le sue dichiarazioni, Torra è stato accusato dagli anti-indipendentisti di incitare alla violenza; è stato anche ripreso da alcuni politici della sua stessa parte politica che hanno ricordato che la via da perseguire è quella “scozzese”, basata cioè su un referendum concordato con il governo centrale di Madrid.

In risposta a questi due episodi, il governo Sánchez ha reagito in maniera dura, come mai prima da quando è entrato in carica lo scorso giugno.

Il governo spagnolo ha mandato tre diverse lettere a quello catalano, chiedendo spiegazioni in particolare sull’inazione dei Mossos durante le proteste dei CDR di questo fine settimana. Ha inoltre comunicato a Torra e ai suoi ministri che se non sarà garantita la sicurezza nella regione, il governo centrale manderà la Polizia nazionale in Catalogna, che a differenza dei Mossos non risponde al governo catalano ma a quello spagnolo. Sánchez è preoccupato soprattutto per quello che potrebbe succedere il prossimo 21 dicembre, quando a Barcellona, la principale città catalana, si terrà un inusuale Consiglio dei ministri del governo spagnolo, deciso prima dell’inizio della crisi. I CDR hanno già chiesto uno sciopero generale e stanno preparando proteste in diverse città della Catalogna: hanno detto di voler bloccare la frontiera con la Francia, le principali autostrade catalane, e il porto e l’aeroporto di Barcellona. Il governo di Torra, che vede di buon occhio l’azione dei CDR, ha fatto sapere che “proteggerà” il diritto dei manifestanti di protestare. Un’altra manifestazione sarà convocata dall’Assemblea nazionale catalana, principale organizzazione indipendentista della Catalogna il cui leader, Jordi Sánchez, si trova in prigione dallo scorso anno insieme ad altri politici indipendentisti con le accuse di ribellione e sedizione.

Secondo alcuni osservatori, Sánchez avrebbe alzato i toni contro il governo catalano non solo per gli eventi degli ultimi giorni, che comunque hanno provocato molte tensioni e preoccupazioni, ma anche per i disastrosi risultati del PSOE alle elezioni in Andalusia.

Nonostante si sia confermato primo partito, il PSOE in Andalusia ha perso 14 seggi e moltissimi voti: quasi sicuramente non sarà in grado di formare un nuovo governo, per la prima volta in 36 anni. Il risultato è stato considerato una sconfitta, ma non si è ancora fatta chiarezza sulle responsabilità del fallimento. Secondo i sostenitori di Sánchez, le colpe sarebbero da attribuire alla leader del PSOE in Andalusia, Susana Díaz, che oltre a essere la presidente uscente della regione è anche la principale rivale di Sánchez nel partito. Secondo il cosiddetto susanismo, il movimento dei sostenitori di Díaz, il PSOE andaluso avrebbe pagato la posizione di Sánchez sull’indipendentismo catalano, definita dalle destre troppo “morbida”. In generale il PSOE ha faticato molto a trovare una propria posizione politica all’interno della crisi in Catalogna, entrando spesso in conflitto con la sua sezione catalana e perdendo molti consensi. In diversi credono che la dura risposta di Sánchez di fronte alle tensioni dei giorni scorsi sia stata in un certo senso necessaria al PSOE per mostrare di poter essere intransigente e recuperare i consensi perduti.

Per il momento, nonostante i mezzi passi indietro del governo catalano, la situazione rimane molto confusa. Il campo indipendentista, ha scritto il giornalista Arturo Puente sul Diario, «è orfano di una visione condivisa sull’indipendenza» e mostra sempre più confusione strategica e divisioni interne. L’intransigenza di Torra e l’azione dei CDR sembrano inoltre potere agitare di parecchio il governo spagnolo, che sembra più disposto oggi rispetto a qualche mese fa a prendere misure decise e dure contro l’indipendentismo. Nel frattempo sia il governo catalano che quello spagnolo si stanno preparando per il 21 dicembre, il giorno del Consiglio dei ministri spagnolo a Barcellona, che ci si aspetta sarà pieno di nuove proteste e scontri tra polizia e indipendentisti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mer dic 26, 2018 9:59 pm

È finita la tregua tra il governo socialista spagnolo e la Catalogna
martedì 11 dicembre 2018


https://www.ilpost.it/2018/12/11/finita ... AFNcLOzGFw

Dopo mesi di relativa tranquillità, è bastato poco – un paio di episodi e una dichiarazione controversa – per creare di nuovo grandi tensioni

Negli ultimi giorni, e dopo mesi di relativa tranquillità, i rapporti tra il governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez e il governo catalano guidato dall’indipendentista Quim Torra sono diventati molto tesi. Gli episodi che hanno fatto precipitare la situazione sono stati due, ma per capire la situazione bisogna guardare anche ai sorprendenti risultati elettorali della scorsa settimana nella comunità autonoma dell’Andalusia, dove il Partito socialista (PSOE) al governo ha perso moltissimi voti, secondo alcuni anche per l’atteggiamento troppo “morbido” adottato verso l’indipendentismo catalano.

I problemi tra i due governi sono iniziati questo fine settimana, quando i Comités de Defensa de la República (CDR), comitati indipendentisti catalani responsabili di molte azioni di protesta, hanno bloccato un’importante autostrada spagnola, la AP-7, senza incontrare la resistenza dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana. Il governo catalano ha detto di avere negoziato con gli attivisti dei CDR e di avere voluto evitare un nuovo scontro tra indipendentisti e polizia, simile a quelli avvenuti il 6 dicembre nelle città catalane di Girona e Terrassa. Diversi però hanno interpretato la decisione dei Mossos di non intervenire come una scelta del governo indipendentista catalano di proteggere i CDR, anche imponendo alla polizia locale regole distanti dal normale protocollo. Il governo catalano ha smentito questa ricostruzione, sostenendo che i Mossos abbiano sempre agito seguendo criteri tecnici e di polizia, «mai criteri politici».

La situazione è diventata ancora più tesa dopo che il presidente catalano Torra, considerato appartenente all’ala più radicale dell’indipendentismo, ha annunciato diversi cambi ai vertici dei Mossos proprio a causa degli scontri del 6 dicembre tra polizia catalana e attivisti dei CDR. La minaccia, che comunque lo stesso governo catalano si è poi rimangiato, ha provocato nuove tensioni tra i capi dei Mossos e i vertici politici del governo indipendentista, e ha agitato parecchio gli animi del governo socialista spagnolo guidato da Sánchez.

Torra non si è limitato solo a questo. Sabato scorso, mentre era in visita a Bruxelles dove si è incontrato tra gli altri con l’ex presidente catalano Carles Puigdemont, Torra ha detto che la Catalogna dovrebbe seguire la “via slovena” per raggiungere l’indipendenza. Parlare della “via slovena” significa ammettere un possibile uso della violenza: opzione che finora l’indipendentismo catalano ha sempre escluso. Dopo le sue dichiarazioni, Torra è stato accusato dagli anti-indipendentisti di incitare alla violenza; è stato anche ripreso da alcuni politici della sua stessa parte politica che hanno ricordato che la via da perseguire è quella “scozzese”, basata cioè su un referendum concordato con il governo centrale di Madrid.

In risposta a questi due episodi, il governo Sánchez ha reagito in maniera dura, come mai prima da quando è entrato in carica lo scorso giugno.

Il governo spagnolo ha mandato tre diverse lettere a quello catalano, chiedendo spiegazioni in particolare sull’inazione dei Mossos durante le proteste dei CDR di questo fine settimana. Ha inoltre comunicato a Torra e ai suoi ministri che se non sarà garantita la sicurezza nella regione, il governo centrale manderà la Polizia nazionale in Catalogna, che a differenza dei Mossos non risponde al governo catalano ma a quello spagnolo. Sánchez è preoccupato soprattutto per quello che potrebbe succedere il prossimo 21 dicembre, quando a Barcellona, la principale città catalana, si terrà un inusuale Consiglio dei ministri del governo spagnolo, deciso prima dell’inizio della crisi. I CDR hanno già chiesto uno sciopero generale e stanno preparando proteste in diverse città della Catalogna: hanno detto di voler bloccare la frontiera con la Francia, le principali autostrade catalane, e il porto e l’aeroporto di Barcellona. Il governo di Torra, che vede di buon occhio l’azione dei CDR, ha fatto sapere che “proteggerà” il diritto dei manifestanti di protestare. Un’altra manifestazione sarà convocata dall’Assemblea nazionale catalana, principale organizzazione indipendentista della Catalogna il cui leader, Jordi Sánchez, si trova in prigione dallo scorso anno insieme ad altri politici indipendentisti con le accuse di ribellione e sedizione.

Secondo alcuni osservatori, Sánchez avrebbe alzato i toni contro il governo catalano non solo per gli eventi degli ultimi giorni, che comunque hanno provocato molte tensioni e preoccupazioni, ma anche per i disastrosi risultati del PSOE alle elezioni in Andalusia.

Nonostante si sia confermato primo partito, il PSOE in Andalusia ha perso 14 seggi e moltissimi voti: quasi sicuramente non sarà in grado di formare un nuovo governo, per la prima volta in 36 anni. Il risultato è stato considerato una sconfitta, ma non si è ancora fatta chiarezza sulle responsabilità del fallimento. Secondo i sostenitori di Sánchez, le colpe sarebbero da attribuire alla leader del PSOE in Andalusia, Susana Díaz, che oltre a essere la presidente uscente della regione è anche la principale rivale di Sánchez nel partito. Secondo il cosiddetto susanismo, il movimento dei sostenitori di Díaz, il PSOE andaluso avrebbe pagato la posizione di Sánchez sull’indipendentismo catalano, definita dalle destre troppo “morbida”. In generale il PSOE ha faticato molto a trovare una propria posizione politica all’interno della crisi in Catalogna, entrando spesso in conflitto con la sua sezione catalana e perdendo molti consensi. In diversi credono che la dura risposta di Sánchez di fronte alle tensioni dei giorni scorsi sia stata in un certo senso necessaria al PSOE per mostrare di poter essere intransigente e recuperare i consensi perduti.

Per il momento, nonostante i mezzi passi indietro del governo catalano, la situazione rimane molto confusa. Il campo indipendentista, ha scritto il giornalista Arturo Puente sul Diario, «è orfano di una visione condivisa sull’indipendenza» e mostra sempre più confusione strategica e divisioni interne. L’intransigenza di Torra e l’azione dei CDR sembrano inoltre potere agitare di parecchio il governo spagnolo, che sembra più disposto oggi rispetto a qualche mese fa a prendere misure decise e dure contro l’indipendentismo. Nel frattempo sia il governo catalano che quello spagnolo si stanno preparando per il 21 dicembre, il giorno del Consiglio dei ministri spagnolo a Barcellona, che ci si aspetta sarà pieno di nuove proteste e scontri tra polizia e indipendentisti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Moti di liberazione in Europa

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron