Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » lun gen 01, 2018 2:21 pm

In Catalogna può davvero vincere la libertà
Carlo Lottieri
24/12/2017

http://www.lintraprendente.it/2017/12/i ... la-liberta

Nonostante una campagna elettorale anomala, tra leader in esilio e altri agli arresti, le urne hanno dato un risultato netto a favore del fronte indipendentista. È la sconfitta del franchismo di ritorno di Rajoy e dell’ipocrisia pilatesca dell’Europa. Ora come se ne esce? Proposta: modello Svizzera...

catalogna2In Catalogna stavolta si è votato. La Guardia civil non ha sottratto le schede e non ha aggredito cittadini inermi, come invece era accaduto il primo ottobre, quando le consultazioni indette dalla Generalitat (contro la volontà del governo centrale, ma in ossequio al diritto internazionale) avevano portato allo scontro tra Madrid e Barcellona e all’avvio di una dura repressione.

La consultazione elettorale di giovedì si è comunque tenuta in condizioni del tutto anomale. Il premier catalano Carles Puigdemont non ha preso parte alla campagna elettorale e neppure ha votato, poiché ancora si trova rifugiato a Bruxelles. Il suo vice Oriol Junqueras è tuttora in prigione, così come altri ministri e come i “Jordis”, i responsabili di Omnium e dell’Assemblea nazionale catalana (due associazioni culturali impegnate nella battaglia per l’autodeterminazione della Catalogna). A Barcellona, a Tarragona, a Leida, a Girona e nelle altre città il voto si è tenuto in clima di grande tensione, anche perché il governo spagnolo – dopo avere annullato ogni istituzione di autogoverno (con l’utilizzo dell’articolo 155 della Costituzione) – ha fatto tutto il possibile per far fuggire banche e imprese: al fine di associare il processo indipendentista alla rovina economica, come ha ben spiegato l’economista Xavier Sala i Martin, prestigioso professore della Columbia University e fautore di una Catalogna libera di governarsi da sé.

Le urne, però, hanno dato un risultato clamoroso. Nonostante una partecipazione altissima, che a detta di molti avrebbe dovuto favorire i partiti schierati con il nazionalismo spagnolo, e nonostante la sostanziale messa sotto accusa dell’intero gruppo dirigente separatista (con una magistratura asservita, come ai tempi di Francisco Franco, agli interessi e alle volontà del governo), i nuovi deputati catalani sono maggioritariamente favorevoli alla Repubblica proclamata in ottobre. L’alleanza tra i liberal-conservatori di Puigdemont, la sinistra di Junqueras e gli anticapitalisti della Cup ha ottenuto il 47,5% dei voti e la maggioranza assoluta degli eletti, mentre il blocco del tripartito non è andato oltre il 43,5%. In particolare, è ormai inesistente la formazione di Mariano Rajoy, che ha consegnato tutti i propri voti a Ciudadanos, un partito molto nazionalista e al tempo stesso europeista, che ha avuto più voti di ogni altra singola lista ma la cui candidata alla presidenza, ora, non ha alcuna possibilità di governare la Catalogna.

Il dato essenziale è che la violenza, la prigione, il sequestro dei beni e gli avvisi di garanzia non hanno bloccato il processo separatista. A questo punto è necessario che a Madrid si metta da parte ogni logica fascista e si accetti di fare i conti con una regione spaccata in due, e al tempo stesso maggioritariamente (anche se di poco) orientata verso logiche di autogoverno. Carles Puigdemont e Oriol Junqueras devono poter tornare a giocare le loro carte a Madrid, perché è inammissibile che l’Europa del 2017 abbia prigionieri ed esiliati politici. Tanto più che se il governo spagnolo sarà tanto ottuso da continuare a usare i giudici contro i cittadini, si verrà presto a creare una situazione ancora più tesa. Non è escluso, se Madrid insiste con scelte di tipo illiberale, che si abbia una nuova presidenza della Generalitat che disconosce ogni autorità sulla Catalogna da parte della monarchia e che guarda alla Repubblica in esilio, facendo riferimento al leader deposto qualche settimana fa. Madrid ha perso. E con Madrid ha perso Bruxelles, che ha fatto finta di non vedere le violenze e illegalità dei governanti spagnoli perché più di ogni altra cosa teme che l’Europa torni a essere quello che è stata nei suoi momenti migliori: un’area di libertà locali e di concorrenza tra piccole giurisdizioni. La Merkel e Juncker hanno ingoiato ogni rospo pur di sostenere Rajoy, hanno dovuto subire reprimende perfino da parte della Cina e della Turchia, ma ora si trovano sconfitti da una popolazione catalana che mostra di avere ben chiari quali sono i propri diritti.

Riepiloghiamo velocemente. In Catalogna si è chiesto di poter votare sui confini, in coerenza con quel principio di autodeterminazione dei popoli che tutti (a parole) dicono di riconoscere. La Catalogna intendeva usare le schede elettorali, la Spagna ha preferito usare la violenza. Ora però c’è bisogno che si aprano luoghi di discussione e confronto, e che si inizi a ragionare su un percorso riformatore possibile, che sia in grado di tenere in considerazione le ragioni e i diritti di tutti. Bisogna infatti ricordare che la Catalogna è da tempo un Paese complicato. Accanto a una maggioranza di catalani di lingua e cultura, vi è infatti una larga presenza di famiglie provenienti dal resto della Spagna, giunte lì in parte per motivi economici e anche sulla base di un progetto politico centrale, volto a “ispanizzare” l’intera regione. Bisogna allora individuare un percorso che sappia garantire tutti e, a tal fine, bisogna che si inizi sul serio a ragionare sul cosiddetto “modello Giura”: ossia su quanto è successo in Svizzera, a partire dagli anni Settanta, quando i giurassiani hanno iniziato a reclamare la nascita di un cantone loro, distinto da quello di Berna. Oggi la Confederazione elvetica ha un cantone Giura (l’ultimo che ha preso forma), ma si è giunti ad esso attraverso un processo elettorale che in larga misura ha fatto decidere i singoli comuni e in tal modo ha garantito la massima tutela alle diverse opinioni e sensibilità. C’è chi ha deciso in un senso e poi ha potuto votare ancora, cambiando la propria collocazione. Se qualcosa di simile si avviasse in Catalogna, probabilmente – almeno in un primo tempo – avremmo la Repubblica in tutta la parte interna del Paese e invece il permanere nelle Monarchia a Barcellona e sul litorale. Molti catalanisti e repubblicani rimarrebbero in Spagna (e frustrati per questo), così come come spagnolisti e monarchici si troverebbe in Catalogna (e patirebbero questo destino). Ma gli uni e gli altri potrebbero sempre impegnarsi per modificare le cose con una nuova votazione locale e/o spostarsi dove ritengano di trovarsi meglio.

Il primo ottobre scorso i franchisti di Madrid hanno usato la violenza per impedire il voto e oggi una consultazione indetta da loro ha ridato la Generalitat ai separatisti. A questo punto bisogna prendere atto che non è facile reprimere certe richieste di libertà e che, al contrario, proprio in questa Catalogna oggi tanto martoriata può muovere i primi passi un’Europa assai più democratica e liberale, capace di lasciarsi alle spalle ogni nazionalismo e determinata ad affermare il principio all’autogoverno e alla libera scelta. La Catalogna che emergerebbe da un assetto progressivamente definito dal voto dei vari municipi sarebbe una Catalogna plurale, senza continuità territoriale, nella quale potrebbero convivere l’una a fianco dell’altra le diverse culture e sensibilità, e che nel tempo si orienterebbe a sposare le politiche più ragionevoli: dove la tassazione è minore e la libertà è meglio rispettata. Meno Spagna, meno Europa, più Svizzera: lungo questa strada è ragionevole attendersi che gli odi che avvelenano la Catalogna odierna possano lasciare spazio a una nuova capacità di convivere ed intendersi.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mar gen 16, 2018 5:44 am

Catalogna, Rajoy: "Se Puigdemont non rientra resta il 155"
15 gennaio 2018

https://www.agi.it/breakingnews/catalog ... 2018-01-15

Madrid terrà il controllo della Catalogna se l'ex presidente catalano, Carles Puigdemont, tenterà di governare dall'estero. Lo ha affermato il premier spagnolo, Mariano Rajoy, avvertendo che l'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione resterà in vigore nel caso l'ex leader proseguisse con l'intenzione di ottenere l'investitura da presidente pur risiedendo a Bruxelles, dove è fuggito a fine ottobre dopo essere stato accusato dalla giustizia spagnola di ribellione alla luce della dichiarazione di indipendenza. Parlando alla giunta nazionale del Partito popolare, Rajoy ha spiegato che Puigdemont "deve essere fisicamente presente" in Catalogna per giurare da presidente, e se questo non avviene, il governo centrale manterrà il controllo della regione, commissariata dopo la dichiarazione di indipendenza.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » ven gen 19, 2018 9:04 am

L'indipendentista Roger Torrent è il nuovo presidente del Parlamento regionale catalano
17/01/2018

http://www.lindipendenzanuova.com/lindi ... e-catalano

Nella sessione inaugurale della nuova legislatura il deputato della sinistra repubblicana di Erc, Roger Torrent, ha ottenuto i 65 voti degli indipendentisti, sufficienti per la nomina. Il nuovo Parlamento catalano ha iniziato la legislatura con pesanti incognite politiche riguardo alla Presidenza del governo e alla strategia della maggioranza indipendentista confermata dal voto del dicembre scorso. Altro discorso è quello della futura investitura del presidente della regione, che molti vorrebbero fosse nuovamente Carles Puigdemont, attualmente rifugiato a Bruxelles. Il regolamento non è esplicito sulla necessità della presenza fisica in aula del candidato che deve presentare il proprio programma, ma sembra darla per scontata: l’idea degli indipendentisti è quella di modificare il regolamento perché preveda esplicitamente la possibilità di una delega per la lettura del programma.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » sab gen 20, 2018 7:48 pm

Catalogna, Puigdemont: "Posso governare dal Belgio"
19 gennaio 2018

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 525b9.html

Il deposto presidente catalano Carles Puigdemont, in esilio in Belgio ma candidato alla rielezione, ha ribadito oggi in dichiarazioni a Catalunya Radio di ritenere che sia "possibile governare da Bruxelles", mentre "dal carcere sicuramente non potrei farlo".

Il fronte indipendentista, che il 21 dicembre ha riconquistato la maggioranza assoluta nel Parlament, preme perché sia investito nuovo presidente a fine mese per via telematica senza rientrare in Spagna, dove rischia l'arresto immediato.

Ieri Puigdemont, e gli altri neo deputati della lista JxCat in esilio a Bruxelles (Clara Ponsati e Lluis Puig) hanno chiesto alla nuova presidenza del Parlament di poter delegare il voto.

Nella seduta costitutiva ieri è stata accolta la richiesta di voto delegato dei tre deputati in carcere a Madrid Oriol Junuqeras, Jordi Sanchez e Joaquim Forn. Il governo di Madrid ha però annunciato che farà ricorso alla Corte costituzionale se a Puigdemont sarà consentito votare dall'esilio belga.

Il nuovo presidente del Parlament catalano che si è costituito mercoledì, Roger Torrent, ha avviato ieri colloqui con i gruppi in vista della designazione del candidato alla presidenza della Catalogna con più appoggi. La sessione di investitura è prevista per il 31 gennaio.

Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha minacciato di prolungare il commissariamento ex-articolo 155 della costituzione se Puigdemont sarà rieletto dall'esilio senza tornare in Spagna.

Il President uscente ha replicato oggi che come fanno molte grandi imprese è possibile governare a distanza grazie "all'uso delle tecnologie", che la legge catalana consente. Puigdemont ha anche auspicato che il vicepresidente catalano uscente Oriol Junqueras da due mesi in detenzione preventiva a Madrid ridiventi il numero due del Govern. "Si può tenere in carcere un vice presidente eletto? È una situazione selvaggia, ogni giorno che passa in carcere è un giorno di ingiustizia".
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » lun gen 22, 2018 11:18 pm

DiarioCatalano - lezioni danesi
22/01/2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8286305188

Mancano nove giorni alla fine di gennaio, termine per arrivare alla riconferma del Presidente Puigdemont nel Parlamento catalano. La sua particolarissima condizione di esiliato rende complessa la nomina, essendogli molto difficile presenziare alla seduta del Parlamento stesso.
La Spagna, usando questo argomento, continua a minacciare rappresaglie giuridiche, tramite il Tribunale Costituzionale, che è ormai, manifestamente, il braccio armato giudiziario del governo golpista Rajoy.

Basti pensare che, nel 2013, quest'organismo è stato presieduto da Pérez de Los Cobos, un nostalgico del franchismo, sostenitore del No alla Costituzione del 1978 -quella che era chiamato ad interpretare-, nonché fratello del colonnello della Guardia Civil distintosi, quattro anni dopo, per aver organizzato l'apparato repressivo spagnolo contro il referendum del 1º di Ottobre.
Incredibilmente la Spagna è arrivata al paradosso di proporre proprio questo giudice per il Tribunale Europeo dei Diritti Umani, che forse lo escluderà per la sua pessima conoscenza dell'inglese e del francese.

Lo stato spagnolo, come noto, non brilla per capacità di relazionarsi proficuamente con il mondo esterno, prigioniero com'è dei suoi sogni imperiali, a differenza della Repubblica Catalana, che fuori dai confini controllati da Rajoy mostra di essere decisamente in salute.
Ne è un esempio la conferenza universitaria che lo stesso Carles Puigdemont ha tenuto oggi a Copenaghen, in Danimarca, su invito di alcuni professori filounionisti ma democratici.

In mezzo ad una folla di studenti e giornalisti, e a tanti applausi, il Presidente della Catalogna ha risposto a domande polemiche e taglienti, lasciando la platea con una convinzione: la crisi ispano-catalana si affronta (e probabilmente si risolve) con la politica, non con le manette.
Eppure la Spagna è stata a tanto così dallo spiccare un nuovo mandato d'arresto europeo proprio in occasione della trasferta danese di #KRLS, mandato d'arresto stoppato solo all'ultimo, per non incorrere in una nuova eurofiguraccia vergognosa, dopo le scene dei pestaggi polizieschi del 1º Ottobre (di cui ancora continuano ad echeggiare le immagini, fra speciali televisivi britannici dedicati ai reporters di frontiera presenti in Catalogna il giorno del referendum e pubblicità di Netflix che rilanciano quelle immagini indelebili).

Oggi sia Puigdemont che il nuovo presidente del Parlamento catalano, Roger Torrent, hanno chiesto a Rajoy di sedersi ad un tavolo per trattare.
Il cretino ha risposto che dei crimini si occupa la magistratura.
Il cretino, nel frattempo, era rimasto fermo venti minuti all'inaugurazione dell'Alta Velocità nella Comunità Valenziana. Doveva essere uno spot per il suo governo, si è trasformato in un'avaria ferroviaria dal forte valore simbolico.
Un'avaria come quella mentale che impedisce al cretino di capire la differenza fra 1937 e 2017, fra 1918 e 2018.

Anche oggi si può andare a riposare con una certezza: la Catalogna non si arresta. A differenza dei treni di cartone spagnoli.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mer gen 24, 2018 6:50 am

Radio Barcellona - Discorsi dall'esilio
Siamo lieti di presentarvi la traduzione integrale del discorso tenuto dal Presidente Puigdemont a Copenaghen il 22/01/2018

https://www.facebook.com/crippa.stefano ... 0098319850

"Catalunya ed Europa, un crocevia per la democrazia"

Il 21 dicembre, il popolo di Catalunya ha donato, ancora una volta, la maggioranza parlamentare che formerà un nuovo Governo per trovare una soluzione politica e negoziata per la Catalunya. L’applicazione dell’articolo 155 deve finire perché è stato usato ed è diventato un eufemismo di uno stato d’eccezione contro un governo eletto democraticamente.

Sono grato di vivere nell'Europa del 21° secolo. Sono ancora più grato di poter vivere in un’Europa dove la libertà di movimento è tanto importante quanto la libertà di espressione.

Le nostre due nazioni condividono alcune qualità che vorrei sottolineare. I catalani ammirano la politica danese. Sempre affermiamo che quando la Catalunya sarà uno Stato di diritto, sarà la Danimarca del sud. Abbiamo una popolazione simile, una lingua propria, economie che basano il loro successo sull'essere aperte al mondo. Siamo due nazioni piccole che sono sopravvissute. Abbiamo capitali cosmopolite che sono la nostra migliore rappresentanza nel mondo. Socialmente, siamo vibranti. Popolazioni altamente qualificate, prospere e aperte al mondo.

Le piccole nazioni hanno buone prospettive economiche. Sono più adatte ai cambiamenti. Non devono essere parti di un grande Stato per essere parti del mercato.

Molti dei nuovi Stati sono medi o piccoli. La dimensione degli Stati non è un problema.

La capacità d’arrivare ai mercati globali e al mercato unico europeo è un gran bene per la nazione catalana. L’esportazioni per la Catalunya hanno raggiunto livelli record: 70.000 milioni di euro nel 2017; Gli investimenti statali sono attivi e il Financial Time ci considera una delle migliori regioni per investire.

La Catalunya che voglio presentarvi è una nazione del sud aperta e che comprende l’importanza delle relazioni bilaterali.

Ho l’impressione che in Danimarca ci sia un approccio simile. Nel mondo d’oggi, la sovranità, è un referendum quotidiano. Ogni giorno dobbiamo lottare per il buon governo, le buone leggi e un’economia prospera. La Danimarca è un esempio per la sua forza economica, politica e sociale.

L’UE ha avuto successo quando ha promosso libertà e diritti; Però siamo coscienti dei suoi fallimenti, ogni volta che si presenta una crisi. L’abbiamo visto con la Grecia, l’Ucraina, i rifugiati ed ora, con la difesa dei diritti dei catalani.

Noi siamo europei, però non possiamo chiudere gli occhi davanti ai suoi fallimenti. Vogliamo più integrazione se questa viene unita con la democrazia.

È impossibile comprendere come mai l’UE ha più capacità d’influenza sui paesi prima che diventino membri che dopo. Perché l’UE tratta in maniera differente certe nazioni grandi e le piccole. Perché?

Nel caso della Catalunya, vediamo come le istituzioni europee trattano la Spagna e la Polonia in modo diverso. Essere parte di una famiglia politica è più importante?

Quello che succede in Catalunya è fondamentale per l’Europa. Cosa ne sarà dell’Europa, se non è capace di difendere i suoi valori? Cosa accadrà se in un altro Stato membro membri del governo manderanno in prigione i rivali politici, come accade in Spagna con i politici catalani?

Il movimento democratico in Catalunya non può essere visto come un potenziale crisi per l’Europa, ma come un’opportunità democratica per tutti i paesi. Perché la democrazia è più importante di tutte le frontiere. Bisogna comprendere come risolvere i conflitti politici attraverso dei voti e non con la violenza. Non è accettabile per far politica. Per questo il supporto della commissione europea a Rajoy è sconcertante. Legittima l’uso della forza e delle minacce giudiziarie e le pone al di sopra delle soluzioni politiche. Un governo democratico e pro-Europa non dovrebbe essere perseguito. Quando la Spagna sarà in grado di affrontare le sfide democratiche come quelle proposte dalla Groenlandia e dalle isole Fær Øer, la volontà dei cittadini sarà rispettata. Sono la prova che ciò è possibile.

Il diritto di autodeterminazione è un diritto fondamentale per tutte le nazioni. La metà degli Stati membri dell’UE sono stati creati negli ultimi cento anni. Il diritto di autodeterminazione è diventato il nostro programma politico dal settembre del 2013. Abbiamo vinto le elezioni. La reazione del governo spagnolo è stata chiara: intimidazioni, boicottaggio, prigione ed esilio. Per più di 5 anni, i catalani hanno domandato un referendum concordato sopra l’indipendenza. L’accordo tra Scozia e Regno Unito è stato invidiato dalla Catalunya. Per questo motivo abbiamo organizzato il primo d’ottobre in modo tale che i catalani potessero esprimere la loro volontà democratica con le urne. Abbiamo commesso un errore: pensavamo che nel 2017 la violenza e la violazione dei diritti fondamentali non era possibile. Però i nostri concittadini hanno difeso le urne dalla polizia spagnola con i loro corpi.

Non mi sono mai sentito tanto orgoglioso del popolo catalano come quel giorno. Il 43% dei catalani ha espresso la sua volontà. Il prezzo del nostro successo è stato alto. In questo ultimo mese, le libertà fondamentali sono state minate. Abbiamo politici in prigione e trattati come terroristi. Altri, come me, hanno dovuto auto esiliarsi per non finire in prigione. Quando la giustizia spagnola ha accusato il mio governo di sedizione e ribellione, ci siamo rifugiati in Belgio per evitare la prigione preventiva. Membri del mio governo sono ancora in prigione.

Sono prigionieri politici. Io e i miei compagni rischiamo 30 anni di prigione per aver attuato il referendum e la dichiarazione d’indipendenza. L’ombra di franco è ancora molto ampia in Spagna. Hanno rifiutato un dialogo con i rappresentanti catalani. È una vergogna. Dal 2013 il Governo catalano ha proposto di negoziare un referendum concordato. La risposta di Rajoy è sempre stata la stessa: NO.

Il problema fondamentale è che la Spagna non riconosce la Catalunya come soggetto politico. Non siamo più che una provincia. La Generalitat è stata creata nel 1359. L’autogoverno della Catalunya non è nato con la costituzione spagnola, la precede di più di 600 anni. Durante gli ultimi cent’anni, 9 dei 11 presidenti della Generalitat sono stati destituiti, esiliati, imprigionati o uccisi.

Madrid deve riconoscere che le forze indipendentiste hanno vinto le elezioni che ha imposto Rajoy. Il controllo di Madrid deve finire. Se i catalani non possono scegliere il loro governo non c’è democrazia. È inutile votare in un’elezione. È in pericolo l’dea della democrazia in tutta Europa.

Il 21 dicembre il popolo catalano ha mandato un messaggio. Non ci arrendiamo davanti all’autoritarismo. Formeremo un nuovo governo ed è l’ora di negoziare. È l’ora di finirla con la repressione e trovare una soluzione politica per la Catalunya, non penale. Spero che un giorno la volontà del nostro popolo prevalga e che saremo in grado di creare un nuovo Stato, di successo ed ammirato come la Danimarca. Facciamo affidamento sulla democrazia e crediamo nei valori europei. I catalani perseverano.

Carles Puigdemont (22/01/2018)
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mer gen 24, 2018 6:38 pm

DiarioCatalano - 100 giorni

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8286305188

Con oggi i due Jordis, Sanchez e Cuixart, rispettivamente ex presidente dell'Assemblea Nacional Catalana e presidente di Omnium Cultural, segnano il centesimo giorno di prigionia politica nelle carceri spagnole. Una ricorrenza triste e insensata.
Una ricorrenza che l'Europa istituzionale finge di non comprendere nelle sue inquietanti sfumature neotiranniche.
Così come ci sono neofascismi e neonazismi, esiste anche, infatti, una deriva "neotirannica" che può riguardare istituzioni apparentemente democratiche. La Turchia, la Russia, il Venezuela ne sono esempi lampanti.

A dimostrazione che non si tratta di allucinazioni indipendentiste, bensì di realtà nuda e cruda, basti segnalare cosa sta succedendo proprio oggi, fra Barcellona e Bruxelles.
Nella capitale catalana, il magistrato del Tribunale Supremo che segue la causa generale contro il procés indipendentista, Pablo Llarena, ha disposto perquisizioni e sequestri di materiale documentale, in contemporanea presso le sedi dell'ANC e di Omnium, nonché presso il Centro di Telecomunicazioni e Tecnologie Informative della Generalitat de Catalunya.
Alla spasmodica ricerca di chissà quali prove, dopo 100 giorni di carcere preventivo.

Nelle stesse ore, il governo golpista di Mariano Rajoy, forte del controllo commissariale della Catalogna, ha imposto ai lavoratori della delegazione bruxellese della Generalitat di andare a casa fino a nuovo ordine, allo scopo di impedire che il Presidente del Parlamento catalano, Torrent, potesse incontrarsi con i cinque deputati eletti in esilio, fra i quali lo stesso Puigdemont, presso gli uffici della delegazione.
Badate bene che questo incontro ha un valore istituzionale sacrosanto e inviolabile: come ha commentato Torrent, è suo diritto e dovere tutelare la carica di tutti i deputati che egli rappresenta, inclusi quelli in carcere o in esilio.
Ma ormai è chiaro che, allo stato spagnolo, non interessa niente del rispetto della volontà degli elettori. Rajoy aveva scommesso che il 21 Dicembre una parte consistente dei cittadini disertasse le urne, per demoralizzazione e per volontà di non riconoscere il commissariamento. Se così fosse andata, l'unionismo monarchico e spagnolista avrebbe vinto facile. Invece le donne e gli uomini di Catalogna hanno dimostrato di saper accettare la sfida di un voto imposto, vincendola.

Adesso che ha perso anche nelle urne, e non solo nella società, il neotiranno Rajoy ha deciso che per vincere basta impedire agli eletti di esistere in quanto tali. Carcere, esilio, boicottaggio.
L'inquisizione nel XXI secolo, nell'Unione Europea.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mer gen 31, 2018 9:09 am

Catalogna - Rinviato il voto su Puigdemont, gli indipendentisti circondano il Parlamento
2018/01/30

http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2018/ ... isti.shtml

Barcellona - Carles Puigdemont, almeno oggi, non sarà il presidente della Catalogna. È stato rinviata la seduta del parlamento di Barcellona, che doveva eleggere il capo della Generalitat. Uno spostamento a data da destinarsi, almeno dieci giorni, de deciso dal presidente del parlamento Roger Torrent, che ha fatto arrabbiare non poco l’esule a Bruxelles e i suoi fedelissimi, sebbene Torrent abbia spiegato che l’unico candidato “resta Puigdemont, al quale bisogna garantire tutti i suoi diritti”.

Delusi i tanti manifestanti che si erano dati appuntamento sotto l’arco di trionfo che, intorno alle 16, hanno scavalcato i cancelli del parco della Cittadella e hanno letteralmente circondato il parlamento. Azione pacifica che però ha causato molta tensione, con i Mossos d’esquadra (la polizia regionale) impegnati in un cordone improvvisato di blindati.

L’annuncio al mattino
A Barcellona era tutto pronto, i manifestanti si stavano cominciando a radunare e la polizia fermava ogni macchina (persino quella dei deputati dell’opposizione) per controllare se nei portabagagli potesse nascondersi Puigdemont.

Le minacce
Le pressioni del governo e soprattutto una risoluzione del tribunale costituzionale aveva notevolmente complicato le cose al parlamento catalano. Secondo l’alta corte di Madrid infatti, per essere eletto Puigdemont, da tre mesi in Belgio, si sarebbe dovuto presentare nell’aula di Barcellona, per giunta chiedendo permesso al giudice visto che da alcuni mesi pende sul suo capo un mandato di arresto per reati molto gravi (ribellione, sedizione e malversazione). Senza queste condizioni, avevano sentenziato i giudici costituzionali, non ci poteva essere né seduta, né tantomeno un voto. In questo contesto, chi avesse comunque portato avanti i lavori parlamentari, in questo caso il presidente della camera, Torrent, sarebbe incorso in conseguenze penali, tanto che alcuni esponenti del Partito popolare di governo, lo avevano minacciato apertamente (”ha due figli...” ha detto ieri un deputato).

Le divisioni
La rabbia del settore legato a Puigdemont è molto alta, il presidente Torrent è un esponente di Esquerra Republicana, il socio di governo dell’ex presidente e quella di oggi potrebbe essere la prima rappresentazione plastica di una divisione di strategia che covava da mesi. Puigdemont, rimasto a Bruxelles, ha saputo della decisione di Torrent soltanto dalla televisione (”Torrent lo ha chiamato 5 volte e lui non ha risposto al telefono”, spiegano da Esquerra).

Cosa succederà
Le ipotesi sul futuro ora sono principalmente due: se Puigdemont (e i deputati a lui fedeli insistono sul fatto che la sua è l’unica candidatura possibile, allora lo scenario più probabile è quello di una paralisi istituzionale e di un ritorno alle urne in primavera. Se invece si sceglierà un altro nome, l’indipendentismo, grazie alla sua maggioranza assoluta di seggi ottenuta a dicembre, ha tranquillamente i numeri per tornare al potere e, chissà, continuare a sfidare lo Stato spagnolo dal Palau de la Generalitat.




Catalogna, Corte Costituzionale ribadisce misure contro Puigdemont
31/01/2018

http://www.lindipendenzanuova.com/catal ... puigdemont

La Corte Costituzionale spagnola ha respinto il ricorso presentato dal partito indipendentista catalano Junts per Catalunya contro le misure cautelari imposte per l’investitura alla presidenza della Generalitat di Carles Puigdemont. Fino a che la Corte deciderà sull’ammissibilità del ricorso contro l’investitura presentata dal governo di Madrid dunque resteranno in piedi le restrizioni imposte dal tribunale: l’investitura sarà considerata valida solo se Puigdemont si presenterà fisicamente in aula, e inoltre prima di potersi recare in Parlamento dovrà mettersi a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Una decisione che ha sollevato numerose polemiche legali e che di fatto ha indotto il presidente del Parlamento catalano, Roger Torrent, a rinviare il dibattito ma ha confermare che l’unico candidato in lizza resta quello regolarmente eletto e indicato dalla maggioranza parlamentare, ovvero lo stesso Puigdemont. Il ricorso contro l’investitura infatti era stato bocciato dal Consiglio di Stato, sulla base dell’inesistenza dei requisiti giuridici – fra le altre cose, riguarda un evento non ancora accaduto; Madrid lo ha inviato ugualmente alla Corte Costituzionale, i cui giudici si sono divisi sull’ammissibilità prendendosi dieci giorni di tempo per decidere.

Tuttavia la Corte è contestualmente intervenuta su una materia – le modalità dell’investitura – che non riguardavano il merito del ricorso, giustificando a posteriori il provvedimento con la necessità di “impedire che andassero frustrate le intenzioni del governo”, ovvero impedire l’investitura di Puigdemont. Un provevdimento che il fronte indipendenstista ha giudficato illegale quando non anticostituzionale (non solo non rientrava nell’unica questione sulla quale la Corte era stata chiamata ad esprimersi, ovvero l’ammissibilità), ma anche in questo caso riguarada un’ipotesi e non un atto già avvenuto sul quale rpesentare ricorso): la Corte ha tuttavia confermato la validità del provvedimento fino a che non verrà decisa l’ammissibilità.
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » mer feb 21, 2018 7:09 pm

Catalogna, la leader indipendentista Gabriel fugge in Svizzera: “Chiederò asilo politico”
giordano stabile
2018/02/20
http://www.lastampa.it/2018/02/20/ester ... agina.html

La Catalogna ha un altro leader in esilio. Dopo Carles Puigdemont, da oltre tre mesi in Belgio, oggi è il turno di Anna Gabriel: l’ex deputata della Cup, movimento dell’ultra sinistra indipendentista, si è rifugiata in Svizzera. Domani mattina Gabriel si sarebbe dovuta presentare al Tribunal Supremo di Madrid per essere interrogata in qualità di indagata nell’inchiesta sulla presunta ribellione in Catalogna. Salgono così a 5 i politici all’estero, «esuli» secondo i secessionisti, latitanti secondo la giustizia spagnola.

Anna Gabriel non è una deputata qualsiasi, ma il volto della Cup, (Candidatura d’unità popolare) il partito che, da posizione radicali, ha imposto nell’ultima legislatura le scelte unilaterali del cosiddetto «proces». Le condizioni poste da Anna Gabriel a Puigdemont sono sempre state chiare: serviva la rottura con lo Stato spagnolo, fino alla dichiarazione d’indipendenza («simbolica» dicono oggi molti esponenti catalani) che il Parlamento di Barcellona votò alla fine di ottobre.

La dura Anna Gabriel è comparsa in un video diffuso dal quotidiano svizzero Le Temps e ha spiegato che «visto che non avrei un processo giusto in Spagna, ne ho cercato uno che possa tutelare i miei diritti». Domani, con tutta probabilità il giudice Pablo Llarena spiccherà un mandato di arresto e a quel punto Gabriel potrebbe chiedere l’asilo politico.

Oggi a Madrid si è invece presentato davanti al Gip Llarena, uno dei suoi grandi nemici, quell’Artur Mas che Anna Gabriel volle fuori dal governo catalano. L’ex presidente Mas ha negato che esistesse «un comitato strategico dell’indipendenza», come da teorema giudiziario, ma soltanto «riunioni politiche»: «Il referendum del primo ottobre c’è stato, ma la dichiarazione d’indipendenza è stato un atto puramente simbolico», ha detto ai magistrati. Per Mas, indagato per il gravissimo reato di ribellione (punito con un pena fino a 25 di carcere) non è stata richiesta alcuna misura cautelare.

Mentre restano in cella ormai da 4 mesi i due leader della società civile indipendentista Jordi Cuixart e Jordi Sànchez e gli ex componenti del governo Puigdemont, il vicepresidente Oriol Junqueras e il responsabile degli Interni, Joaquim Forn. Prigione preventiva che sta facendo discutere molti, Amnesty International è intervenuta: «Sono misure sproporzionate».
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Re: Catalogna, indipendenza e Islam in Catalogna

Messaggioda Berto » dom feb 25, 2018 9:27 pm

La Serbia accusa l'Unione Europea di ipocrisia sull'indipendenza catalana

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews ... a/82_21644

«La domanda che ogni cittadino della Serbia ha per l'Unione europea oggi è: come mai nel caso della Catalogna il referendum sull'indipendenza non è valido, mentre nel caso del Kosovo il processo di secessione è stato autorizzato anche senza un referendum»

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha criticato l'Unione Europea accusandola di «doppio standard e ipocrisia» per aver bocciato il referendum catalano riconoscendo nel contempo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo dalla Serbia nel 2008.

«La domanda che ogni cittadino della Serbia ha per l'Unione europea oggi è: come mai nel caso della Catalogna il referendum sull'indipendenza non è valido, mentre nel caso del Kosovo il processo di secessione è stato autorizzato anche senza un referendum», ha chiesto Vucic durante una conferenza stampa a Belgrado.

«Quindi, la Catalogna non può e il Kosovo può - non sarà mai data una risposta su questo dato ai serbi ... questo è il miglior esempio dei doppio standard e dell'ipocrisia della politica mondiale».
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