Indoeuropei ? Preindoeuropei ?

Indoeuropei ? Preindoeuropei ?

Messaggioda Berto » mer feb 11, 2015 9:16 pm

Indoeuropei ?
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 113&t=1399

Così la raccontano:

http://it.wikipedia.org/wiki/Indoeuropei

Con il termine Indoeuropei (o Proto-Indoeuropei) si indica un insieme di popolazioni che, parlando un comune idioma denominato proto-indoeuropeo, avrebbe popolato un'area geografica comune tra la metà del V millennio a.C. e l'inizio del II millennio a.C..
Tale etnia si sarebbe poi dispersa per l'Eurasia a causa di dinamiche complesse di diffusione, legate a linee di transumanza e commercio preistoriche, e a dinamiche di sovrapposizione militare a partire da azioni "opportunistiche", nate forse da instabilità di carattere demografico, dando così origine a diversi popoli che conservano tuttora fortissime ed evidenti analogie linguistiche (lingue indoeuropee).

...

La teoria dell'esistenza di una proto-popolazione nasce da studi linguistici e precisamente dalla linguistica comparativa, la quale ha mostrato come si possano identificare in popolazioni tra loro distanti, anche geograficamente, forti caratteristiche comuni, non solo nel lessico, ma anche nella morfologia linguistica, nella grammatica e addirittura nella cultura.
Come hanno sottolineato studiosi come Georges Dumézil e Émile Benveniste ci sono forti parentele linguistiche, testimoniate dai numerosi vocaboli aventi l'etimo in comune e che investono diverse aree d'interesse (la religione, le istituzioni, la famiglia, l'agricoltura, ecc.), nonché l'ideologia tripartita, ossia la suddivisione della realtà esistente all'interno di tre funzioni specifiche (sacrale, guerriera, produttiva) la quale si ritrova, consapevolmente come tale, soltanto presso i popoli di stirpe indoeuropea.
Questi studi si basano su analisi linguistiche ed antropologiche, che pervengono ad una proto-cultura, una proto-popolazione e una proto-lingua.

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... potesi.png

http://it.wikipedia.org/wiki/Urheimat_protoindoeuropea
http://it.wikipedia.org/wiki/Indoeuropeo
http://it.wikipedia.org/wiki/Indoeuropeistica
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Endouropei ?

Messaggioda Berto » mer feb 11, 2015 10:20 pm

Preindoeuropei: quante imprecisioni e azzardi!

???

http://it.wikipedia.org/wiki/Lingue_preindoeuropee

Le lingue preindoeuropee sono quell'insieme di lingue (non necessariamente imparentate) parlate in Europa e in Asia prima dell'arrivo degli indoeuropei. Alcune di loro sono state identificate tramite lo studio dei sostrati mentre di altre si hanno ampie attestazioni scritte come per quanto riguarda l'etrusco, l'iberico, il minoico ecc..
Le uniche lingue preindoeuropee parlate ancora oggi in Europa sono quelle appartenenti al gruppo ugro-finnico e il basco.


http://it.wikipedia.org/wiki/Europa_Antica
Europa Antica è la dizione scelta dalla archeologa Marija Gimbutas per indicare la cultura pre-indoeuropea e neolitica, relativamente omogenea e ampiamente diffusa, da lei individuata in Europa, in particolare nei templi megalitici di Malta e nei Balcani preistorici. Nella sua opera più importante, Le dee e gli dei dell'Europa Antica: 6500–3500 A.C. (1982), si riferisce a queste culture neolitiche come alla Europa Antica. Archeologi ed etnologi che lavorano su questa sua ipotesi credono che le evidenze dimostrino le avvenute migrazioni di popoli che parlavano linguaggi Indoeuropei all'inizio dell'Età del bronzo (si tratta della teoria kurganica). Per questo motivo, Gimbutas e coloro che ne adottano le ipotesi considerano i termini "Europa Neolitica", "Antica Europa" e "pre-indoeuropeo" come sinonimi.

Europa Antica, oppure Europa Neolitica, sono termini che si riferiscono al tempo compreso tra i periodi del Mesolitico e l'Età del bronzo in Europa, all'incirca dal 7000 a.C. (approssimativamente il tempo in cui apparvero le prime società agricole in Grecia) fino al 1700 a.C. circa (l'inizio della Età del bronzo nell'Europa Occidentale). La durata del Neolitico varia da luogo a luogo: nell'Europa del sud-est è di circa 4000 anni (cioè 7000–3000 a.C.); nell'Europa nord occidentale è senz'altro sotto i 3000 anni (4500–1700 a.C.).

In modo indipendente dalla specifica cronologia che li riguarda, molti gruppi neolitici europei condividono le stesse caratteristiche di base, come la vita in piccole comunità basate sulla famiglia e maggiormente egualitarie delle città-stato e dei Chiefdom della Età del bronzo. Tali comunità vivevano di piante e animali entrambi domesticati e con l'ausilio della raccolta di vegetali selvatici e della caccia. Producevano ceramica lavorata a mano senza l'aiuto del tornio. Ci sono anche molte differenze tra alcune comunità neolitiche nell'Europa sud-orientale che vivevano all'interno di insediamenti massicciamente fortificati di 3.000-4.000 individui (come a Sesklo in Grecia) ed altri gruppi neolitici in Gran Bretagna costituiti da piccoli gruppi di 50-100 individui che si spostavano di frequente con i propri armenti.

Marija Gimbutas ha studiato il Neolitico per comprendere lo sviluppo culturale dei villaggi stanziali nei Balcani del sud, da lei caratterizzati come pacifici, matrilineari ma non, come spesso avviene di male interpretare, matriarcali, con una spiritualità centrata sul culto di una dea femminile che la Gimbutas chiama Grande Dea distinguendola dalla Grande Madre che è solo un attributo della Grande Dea. Le successive culture Indo-Europee al contrario, secondo lei, si caratterizzano come bellicose, orientate alla guerra, nomadi, e patrilineari. Utilizzando l'evidenza della ceramica e delle sculture e combinando i mezzi di ricerca dell'archeologia, della mitologia comparata, della linguistica, e del folklore, la Gimbutas ha creato un nuovo campo di ricerca interdisciplinare, la archeomitologia.

Si pensa che alcuni etnonimi dei tempi storici corrispondano a genti pre-indoeuropee, che si suppone siano i discendenti di precedenti culture della Europa Antica: i Liguri, i Sardi, i Pelasgi, i Minoici, i Lelegi, gli Iberi, gli Etruschi e i Baschi. Due dei tre popoli che abitarono la Sicilia prima dei Greci, i Sicani e gli Elimi, potrebbero essere stati di origine pre-indoeuropea. Il termine "pre-indoeuropeo" viene esteso in alcuni casi fino a riferirsi all'Asia Minore, Asia Centrale e India, nel qual caso gli Urriti, gli Urartiani, i Dravidi possono essere compresi in questo gruppo.

Non si sa quanti linguaggi pre-indoeuropei esistessero, né se gli antichi nomi dei popoli che si ritengono essere discendenti, nei tempi antichi oppure oggi, di popolazioni precedenti parlassero linguaggi distinti. Marija Gimbutas (1989), osservando una uniformità di simboli soprattutto nei vasi, ma anche in altri oggetti, concludeva che avrebbe potuto esserci un solo linguaggio nella Europa Antica.

L'idea di un linguaggio pre-indoeuropeo precede comunque la Gimbutas, ed è ricavata dalla considerazione di nomi quali "Pelasgi" o "Mediterranei"[non chiaro]. A parte i segni sui vasi, la principale evidenza di uno o più linguaggi comuni sta nei nomi: toponimi, etnonimi, ecc., e nelle radici di altri linguaggi che si suppone derivino da uno o più linguaggi precedenti, possibilmente non collegati tra loro. La ricostruzione dall'evidenza è un campo di studio accettato, sebbene alquanto speculativo. Ipotesi di possibili linguaggi della Europa Antica includono lo Urbiano secondo Sorin Paliga e il linguaggio Vasconico secondo Theo Vennemann.
...
Secondo l'ipotesi Kurgan, i popoli Indo-Europei arrivarono nel IV millennio a.C. attraverso le steppe a nord del Mar Nero. Come popolo bellicoso, si imposero come una élite sulle popolazioni della Europa Antica, che adottarono il loro linguaggio. L'ipotesi che popoli che parlavano Indo-Europeo raggiungessero l'Europa attraverso le steppe del Ponto nell'età del bronzo fu forse posta per primo da V. Gordon Childe (1926). Molti linguisti favoriscono questa idea, poiché apparvero studi che impiegavano la glottocronologia a dimostrare che il comune linguaggio Proto-Indo-Europeo è improbabile sia apparso prima del 5000 a.C. fino al 4000 a.C.. Per esempio l'eminente archeologo J. P. Mallory non solo ha mostrato l'evidenza di un'origine di tale linguaggio a nord del Mar Nero, ma ha anche raccolto prove convincenti del fatto che quelle influenze linguistiche Indo-Europee apparvero per la prima volta in Anatolia attorno al Bosforo, con le prime tracce Indo-Europee che si diffondevano lentamente da qui verso sud e verso est attraverso la Anatolia durante i secoli, migliaia di anni dopo che la regione aveva adottato l'agricoltura.

Comunque l'ipotesi Kurgan è contestata da alcuni archeologi tra cui Colin Renfrew (1987), che osservò che non esiste un orizzonte archeologico esteso all'Europa che corrisponda a questo presunto cambiamento culturale. Se la modifica culturale fosse stata così forte da implicare la sostituzione del linguaggio, allora, essi dicono, sarebbero rimaste tracce anche di profonde modifiche alla cultura materiale - sebbene la reale corrispondenza tra cambiamento linguistico e cultura materiale sia un punto in discussione. Peter Bellwood (2001, 2004) ha sviluppato una ipotesi generale secondo cui i maggiori phyla dei linguaggi sono probabilmente associati con la Rivoluzione del Neolitico. Egli suppone che l'agricoltura neolitica sia arrivata con una diffusione demica, secondo lo schema di Luigi Cavalli Sforza, anziché attraverso una diffusione culturale. Quindi suppone che una popolazione sedentaria che utilizzava piante ed animali addomesticati sarebbe cresciuta molto più velocemente di una popolazione nomade di cacciatori-raccoglitori. Così le popolazioni stanziate nell'area originale sarebbero cresciute e si sarebbero espanse, portando con sé il loro linguaggio. Bellwood (2004) sostiene perciò l'ipotesi che i linguaggi Indo-Europei siano stati portati in Europa durante il Neolitico, e non all'epoca dell'Età del Bronzo. Questa teoria è comunque invalidata dalla evidenza linguistica, per esempio dalla ricostruzione di parole concernenti la ruota e la tecnica metallurgica, sorte molto tempo dopo il Neolitico.

Preindoeuropeo
http://www.treccani.it/enciclopedia/preindoeuropeo

preindoeuropeo Si dice di fenomeno linguistico che risale a un periodo precedente alla manifestazione storica di una lingua indoeuropea, e del periodo stesso. Si dice anche di gruppi etnici che risultino essere esistiti in una regione prima della diffusione in essa di una lingua indoeuropea; per es., le popolazioni iberiche, britanniche, etrusche, egee, prima della diffusione del celtico, del latino e del greco.


Etruski: etimoloja, xenetega e storia
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... A0RkE/edit
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =134&t=512

L’enfloensa del “catastrofixmo” so ła łengoestega storega
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... xEZkU/edit
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Re: Endouropei ?

Messaggioda Berto » mer feb 11, 2015 10:27 pm

Crisi della filologia romanza
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... RUcDQ/edit

Società Italiana di Filologia Romanza
http://www.sifr.it/comunicazioni/rispos ... logna.html

Ma certo che serve la filologia romanza!
Risposta a Corrado Bologna di Andrea Fassò

1996-2000: presso il Mulino esce Origini delle lingue d’Europa di Mario Alinei.

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...
Le nozioni tradizionali circa l’arrivo degli Indoeuropei in Europa sono messe radicalmente in discussione: al modello Gimbutas (invasione a partire dal IV millennio da parte dei pastori-cavalieri dei kurgan) e al modello Renfrew (migrazione pacifica a partire dal Neolitico, VIII-VII millennio, dei diffusori dell’agricoltura) si sostituisce il Paradigma della Continuità Paleolitica (PCP):

i popoli europei erano già stanziati nelle attuali sedi fin dal Paleolitico superiore, come si evincerebbe anche dai risultati dell’archeologia e della genetica.

Fra le molte conseguenze, una ci colpisce direttamente:
lingue e dialetti romanzi non derivano dal Latino, ma risalgono al Paleolitico; il Latino è solo uno di questi dialetti e si imporrà sugli altri come superstrato con l’espandersi della potenza romana
(allo stesso modo del franciano, del castigliano, del fiorentino nei confronti delle parlate francesi, spagnole, italiane). ...

1) i popoli europei erano già stanziati nelle attuali sedi fin dal Paleolitico superiore, come si evincerebbe anche dai risultati dell’archeologia e della genetica.
...
2) lingue e dialetti romanzi non derivano dal Latino, ma risalgono al Paleolitico; il Latino è solo uno di questi dialetti e si imporrà sugli altri come superstrato con l’espandersi della potenza romana
...

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ca-web.jpg
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Re: Endouropei ?

Messaggioda Berto » mer feb 11, 2015 10:33 pm

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ale-11.jpg



Cap XV°
P 491

L’indoeuropeo comune e gli altri phyla linguistici come stadio I di «homo loquens»


1. Premessa

Se le conclusioni raggiunte nei precedenti capitoli fossero anche in parte corrette, la rilettura dei materiali linguistici messi a disposizione dalla linguistica comparata dovrebbe in qualche modo confermarlo.
Questi ultimi capitoli sono dedicati a questo esperimento di verifica.
Nel frattempo, tuttavia, ci siamo molto allontanati dal II millennio a.C., che avevamo raggiunto sulla base dei materiali linguistici con la TC minima. È quindi opportuno, prima di esaminare altri materiali linguistici rilevanti per la TC lunga o breve, riprendere il filo del discorso da dove lo aveamo lasciato nel IV capitolo.


1.1. Le tre conclusioni della TC minima

Le conclusioni raggiunte con la TC minima erano sostanzialmente tre:

(1)-Tre discipline, tradizionalmente del tutto separate e indipendenti — indoeuropeistica, dialettologia «moderna», e archeologia preistorica — sembrano trovarsi d’un tratto a lavorare in parallelo, e a far convergere le lenti dei loro strumenti, per la prima volta, su un campo visivo divenuto comune.
(2)-La coesistenza del Latino classico con il Latino cosiddetto volgare viene proiettata in un quadro cronologico molto più antico di quello tradizionale, e cioè fin dal II millennio.
Inoltre, invece del sincronismo, o della precedenza, del Latino classico rispetto al volgare, diventa possibile che tipi lessicali volgari precedano quelli classici, e che il Latino classico in tali casi rappresenti una fase innovativa rispetto al Latino volgare.


(3)-Non solo il Latino e le altre lingue italiche sembrano presenti in Italia già nel II millennio, ma anche altri gruppi linguistici IE nelle loro sedi storiche.

Per esempio il Germanico può essere già presente nella Germania del II millennio, e almeno alcune correnti di prestiti fra area latina (non più «romanza»!) e area germanica, che la tradizione attribuisce a periodi molto più tardi, si sarebbero già verificate in epoca preistorica.
È quella che ho chiamato la «proiezione micenea».
Accettare risultati così audaci significherebbe riscrivere in buona parte la linguistica storica.
Per questo ci era sembrato necessario verificare se la teoria tradizionale, base e fondamento di tutte le nostre conoscenze storico-linguistiche, fosse suscettibile di critica e di revisione in alcune sue parti fondamentali.
È soltanto se lo fosse ci saremmo sentiti autorizzati a sciogliere le riserve sui risultati raggiunti nel quadro della TC minima, e a continuare nella direzione intrapresa.


1.2. Le nuove conclusioni teoriche


Ora, le conclusioni teoriche raggiunte vanno molto al di là di quello che serviva per la TC minima. Riassumiamole, collegandole con le prime.

(1)-La legge della conservazione.

La legge che governa i sistemi linguistici è quella della conservazione, non quella del mutamento.
Alla legge della conservazione obbedisce anche il rinnovamento culturo-linguistico di un lessico.
Questo permette di ricostruire, attraverso la semantica storica, l'intera preistoria umana.

(2) Il carattere etno- e sociolinguistico del mutamento linguistico strutturale.

Il mutamento linguistico non è un meccanismo organico, immanente al linguaggio, ma il risultato di processi di ibridazione fra linguemi in contatto, messi in moto da interazioni di tipo demografico, socioeconomico, etnico, più tardi politico.
Cade così il pregiudizio che i linguemi tendano a cambiare nei tempi lunghi per evoluzione interna, o nei grandi spazi, a diventare irriconoscibili in quelli lunghissimi e grandissimi.
Non c’è più ragione di escludere che un linguema nei suoi elementi di base sia rimasto intatto fin dalla sua origine, tanto più che gli elementi databili alla preistoria sono presenti in ciascun linguema.
Inoltre, le condizioni per il mutamento strutturale si verificano solo in particolari circostanze, che anche se possono iniziare con la prima diaspora e con i successivi insediamenti, diventano preponderanti solo a partire dall’età dei Metalli.


(3) L’istantaneità dei mutamenti strutturali.

Non essendo più evolutivo, il mutamento strutturale non è più inesorabile e lento, ma occasionale e istantaneo. Può essere lenta, naturalmente, la sua preparazione, cioè il raggiungimento delle circostanze che lo fanno scattare.
Non vi sono dunque tempi fissi per il mutamento linguistico, ma i suoi tempi sono quelli variabili della storia che lo determina, di volta in volta diversa.

(4) Distinzione fra «antico e moderno» e «arcaico ed innovativo».

Una lingua scritta di attestazione antica non è «madre», e non rappresenta neanche uno stadio precedente di quelle parlate moderne, ma è per definizione una variante parallela ed elitaria, quindi per di più parzialmente artificiale, che può essere sia più arcaica che più innovativa di quelle moderne.
Per definizione, tuttavia, essa è sempre posteriore alle varianti contemporanee non scritte. La sua posizione rispetto alle varianti parlate moderne non è determinata dalla data esterna delle sue attestazioni, ma dall’analisi comparata delle sue varie componenti, sia formali (fonetiche, morfologiche, sintattiche) che semantiche. Passano così in primo piano i dialetti, rispetto alle lingue scritte, antiche medievali e moderne.

(5) Autodatazione lessicale.

Liberata dalla remora catastrofista, e adottato un quadro cronologico che coincide con le origini di Homo loquens e con la sua diaspora, la linguistica storica può adottare senza alcuna riserva il metodo dell’autodatazione lessicale, con le diverse procedure di controllo illustrate, secondo cui la datazione lessicale o motivazionale coincide con la datazione della nozione designata.

(6) Cronologia.

Sulla base di diversi argomenti, siamo arrivati alla conclusione che:
(i) in termini relativi, la differenziazione linguistica del mondo deve precedere non solo quella razziale ma anche quella genetica;
(ii) il primo tipo di differenziazione linguistica è quello culturo-linguistico, non legato all’ibridazione, che si manifesta nel lessico, all’inizio stesso del linguaggio, in virtù del carattere convenzionale del linguaggio;
(iii) la prima differenziazione tipologica e areale dei phyla linguistici sembra legata alla differenziazione — ancora in Africa — fra culture dei choppers (Homo loquens Ia) e culture dei bifacciali (Homo loquens Ib);
(iv) la diaspora degli IE, degli Uralici e degli altri phyla (o macrophyla) linguistici sarebbe quindi un aspetto della diaspora di Homo loquens Ib;
(v) nella TC lunga, la diaspora europea sarebbe molto più recente (ca. 500 Kaf) di quella asiatica (oltre 1 Maf); nella TC breve, tutte e due le ondate migratorie si sarebbero verificate ca. 100 Kaf;
(vi) la difficoltà se non l’impossibilità di individuare, all’interno della documentazione linguistica, dei marcatori evidenti della differenza fra stadio isolante (Ia) e stadio flessivo (Ib), impedisce una differenziazione più netta dei due stadi.

Mentre la scelta fra TC lunga e breve resta aperta, e viene rinviata al giudizio dei paleoantropologi e dei genetisti, la differenza fra lo scenario di 500 Kaf della TC lunga e quello di 100 Kaf della TC breve non cambia le conseguenze primarie della TC in generale che sono le seguenti.
I)-Archeologia, comparatistica tradizionale, macrocomparatistica e dialettologia si trovano definitivamente a lavorare su un campo divenuto comune, grazie al radicale mutamento nell’orizzonte cronologico.
In particolare, la convergenza fra archeologia e dialettologia che risultava già dalla TC minima, può essere ora generalizzata e messa alla prova su scala europea. Sarà questo l’oggetto del secondo volume.
II)-Il mutamento nella cronologia riguarda:
(a) in primo luogo i macrophyla e i phyla linguistici, che diventano ora la testimonianza più arcaica che abbiamo delle parlate di Homo loquens I.
Per la TC lunga, si può partire dalle versioni più sicure e prudenti dei macrophyla, per farli coincidere con lo stadio isolante di Homo habilis o di Homo erectus, o Homo loquens Ia. E si può proseguire con la prima differenziazione, che coinciderebbe con lo stadio Ib, di Homo erectus produttore di bifaccialí.
In questo stadio si sarebbe infatti verificato l’inizio della Diaspora Antica, che sarà stata certo preceduta e seguita da notevoli mutamenti culturo-linguistici.
Nel lungo periodo della diaspora, gli attuali phyla linguistici si sarebbero potuti differenziare non solo lessicalmente ma anche tipologicamente.
(b) Il mutamento della cronologia riguarda in secondo luogo i gruppi linguistici, ora databili, sia nella TC lunga che in quella breve, al Paleolitico Superiore.
(c) Riguarda in terzo luogo i dialetti, che da medievali e moderni diventano «preistorici», come testimonianze viventi di fasi linguistiche risalenti anch'esse — nonostante e attraverso le trasformazioni — a Homo loquens I. (d) Riguarda infine anche Homo scribens, cioè gli stadi antichi — letterari — delle parlate moderne, che non valgono più tanto come prime attestazioni, quanto come «punti di riferimento» entro una sequenza tipologica e cronologica continua.


(III)-Che i dialetti moderni possano essere più arcaici delle lingue «antiche», risulta non solo dal mutamento nell’orizzonte cronologico, ma anche dalla nuova impostazione teorica, che ha sostituito il rapporto generazionale (madre e figlia) con un rapporto di sequenza evolutiva discontinua.

Abbiamo visto che se l’italiano meridionale matre risulta meno arcaico del latino matrem, lo scarto è minimo (perdita della consonante finale), rispetto al francese mère o al ligure mwè, che innovano molto di più, senza essere per altro più moderni.
Inoltre, dato il carattere istantaneo del mutamento linguistico, le varie tappe della sequenza cronologica possono essere sia molto distanti, sia contemporanee, sia molto ravvicinate fra loro.
Infine, nulla vieta di pensare ora che il sistema dialettale *patrinus/ patrina/*matrina, pendant «inferiore» (socialmente marcato) del classico patronus/patrona/matrona, sia preesistente alla formazione del Latino classico stesso.
In termini generali, quella parte del lessico romanzo, attribuita dalla tradizione al Latino volgare, non dev’essere vista come sincronica del Latino classico, ma come precedente le prime attestazioni del Latino scritto.
La fissazione di una norma linguistica, che altro non è che la scelta di uno standard linguistico e lessicale, è solidale e sincronica con la formazione dei gruppi dominanti, e penalizza in maggiore o minor misura tutti i gruppi geosociali divenuti subordinati.
(IV)-Che prestiti germanici, più precisamente «tedeschi», possano essere penetrati in territorio linguistico latino già nel II millennio, e quindi che linguemi germanici ormai differenziati fossero presenti in Germania già allora, risulta dalle stesse considerazioni teoriche che ho fatto per il Latino.


(V)-Uno dei meriti della linguistica storica tradizionale è proprio quello di aver dimostrato che un linguema ricostruito è, almeno tendenzialmente, altrettanto reale di uno attestato. Per quanto riguarda la datazione delle singole forme ricostruite, tuttavia, esse vanno ora messe a fuoco sull’«infinito», e cioè nel lunghissimo periodo della durata dei meccanismi di conversione. All’interno di questo periodo, la datazione dipende da argomenti archeologici e antropologici, e non dalla ricostruzione.
Vedremo meglio questo punto nei prossimi capitoli e nel secondo volume.


1.3. Il primato della semantica

Come abbiamo già visto, nessuna delle sottodiscipline «formali» della linguistica — fonetica, morfonologia, morfologia e sintassi — ha il potere di produrre datazioni assolute dei fenomeni linguistici.
Questo potere è esclusivamente del lessico, e più specificamente della componente semantica e motivazionale del lessico (che naturalmente «si veste» di fonetica, di fonologia, di morfologia e di morfosintassi).
Soltanto la semantica, comprensiva della motivazione, rappresenta un’interfaccia con la cultura, e quindi si pone in un rapporto strutturale con la sua storia.
Il lessico è un gigantesco deposito di sedimentazione della storia culturale della comunità dei suoi parlanti. Attraverso di esso si può ricostruire gran parte della preistoria e della storia dei suoi parlanti.
Il metodo dell'autodatazione aggiunge un supplemento di grande importanza a questo enorme potenziale storico-culturale, facendo della semantica motivazionale il principale strumento di indagine della linguistica storica.
Naturalmente, si può parlare di primato della semantica soltanto riferendosi al problema specifico della datazione, che in questo caso è fondamentale. Per aver valore, la semantica deve fondarsi sui risultati della grammatica storica tradizionale, e cioè sull’applicazione rigorosa dei sistemi di conversione.


1.4. Tre modi di vedere il passato attraverso il lessico

Vi sono almeno tre modi diversi di ricostruire il nostro passato attraverso il lessico di un linguema, o di più linguemi geneticamente affini:
(A)-partendo dalle forme r i c o-s t r u i t e dalla linguistica comparata, cioè dal passato più remoto possibile relativo ai materiali linguistici esaminati;
(B)-partendo da forme attestate antiche, ma ormai estinte;
(C)-partendo dagli strati profondi dei linguemi ancora vivi.

Seguendo questa tripartizione, nei prossimi paragrafi e nei capitoli che seguono esaminerò alla luce della TC:

(A)-materiali linguistici del PIE ricostruito, per raggiungere l'autodatazione più remota possibile, e successivamente fasi stratigrafiche meno antiche;
(B)-materiali lessicali tratti dal Latino, per verificare attraverso questo diverso prisma la stessa periodizzazione stratigrafica che va dalle origini di Homo loquens alle origini di Roma;
(C)-materiali lessicali tratti dai dialetti e dalle lingue viventi, per tornare ancora una volta, ma con un prisma ancora una volta diverso, sulla stessa periodizzazione stratigrafica.
Il quadro che si ottiene, usando questi tre prismi, è sempre lo stesso, ma allo stesso tempo è ogni volta anche notevolmente diverso. Questa è una delle innovazioni più importanti che consegue alla TC: l’uso di tre lenti diverse, la cui immagine converge sullo stesso campo focale.
Attraverso ognuna di esse la realtà del passato appare in qualche modo deformata.
Ma ognuna di esse, allo stesso tempo, conferma l'immagine ottenuta dall’altro. La sintesi di queste tre osservazioni rappresenta, a mio parere, un vero e proprio passo avanti nella nostra conoscenza del passato preistorico.
Prima di iniziare la mia illustrazione, tuttavia, vorrei ancora valutare il metodo di Benveniste, che ha utilizzato principalmente la semantica comparata IE.


1.5. Il metodo di Benveniste

Emile Benveniste [1969] aveva già mostrato quanto produttiva può essere un’analisi semantica, abbinata a buone conoscenze antropologiche. Tuttavia, anche Benveniste accettava la cronologia tradizionale, e di conseguenza, non avendo approfondito la tematica dal punto di vista della preistoria europea, aveva inevitabilmente proiettato istituzioni recentissime - il re, il salario, l’affitto, la compravendita, lo schiavo ecc. - sull’IE comune.


Tuttavia, nonostante questo errore di fondo, che lascia Benveniste nell’orbita tradizionale, alcune sue acute intuizioni metodologiche sono meritevoli di elaborazione. Non parlo quindi delle sue analisi interpretative specifiche, quanto della sua impostazione generale.
Per esempio, nella sua Prefazione, Benveniste definisce prima l’IE come una famiglia di lingue, uscite da una lingua comune e differenziate per separazione graduale, e poi considera il processo di differenziazione come «un avvenimento globale e immenso (...) che si scompone nel corso dei secoli in una serie di storie distinte di cui ciascuna è la storia di una lingua particolare». Se invece di «secoli» Benveniste avesse parlato di «millenni», e se avesse sottolineato che i processi semantici della lingua indivisa lasciano necessariamente riflessi anche nelle singole lingue divise, sarei d’accordo.

Sono anche fondamentalmente d’accordo quando egli sostiene che «la maggior parte dei dati che studiamo non appartiene al vocabolario comune», e che piuttosto, «è la loro genesi e il loro rapporto indoeuropeo che noi analizziamo», ciò che conferma che il PIE è molto più limitato e allo stesso tempo più importante di quanto si pensi. Oppure quando si propone di mostrare «come vocaboli dapprima poco differenziati abbiano assunto progressivamente valori specializzati e costituiscano così degli insiemi che traducono un'evoluzione profonda delle istituzioni, l’emergere di attività o di concezioni nuove». O ancora quando afferma che «le lingue non sono indoeuropee allo stesso modo», perché «Ogni lingua procede a una nuova sistemazione della sua terminologia» [Benveniste 1969, trad. it. 1976, 239].

Benveniste insiste molto, insomma, sulla particolarità degli sviluppi di ciascuna lingua IE, e in tutto il suo libro si sforza di analizzare tali differenze sullo sfondo del patrimonio comune, alcune volte con notevoli risultati. Ciò che non ha potuto vedere è la necessità di correlare le differenze e il patrimonio comune dell’IE alla griglia cronologica dell’intera preistoria, tramite la databilità inerente di ciascuna nozione.
Certo se avesse avuto la corretta visione cronologica, la finezza delle sue analisi gli avrebbe permesso di fare passi da gigante.


1.6. L’autodatazione del protolessico

Prima di procedere nell’illustrazione di un campione del lessico che io suppongo possa appartenere a Homo loquens I (cioè a Homo habilis/erectus nella TC lunga, a Homo sapiens sapiens nella TC breve) ancora insediato in Africa, è bene precisare che mentre la comparatistica IE e uralica ha raggiunto risultati che si possono ormai considerare definitivi per la loro maggior parte, altrettanto non si può dire per la macrocomparatistica, che soltanto in questi ultimi anni è veramente decollata. Per l’IE e per l’Uralico vi sono infatti dizionari fondamentali, basati su oltre un secolo di ricerche, e riconosciuti universalmente: Walde-Pokorny, Pokorny, Buck, Rédei; per l’Euroafroasiatico (= EAA) esistono anzitutto forti riserve da parte dei comparatisti tradizionali, che non possono essere completamente ignorate, e in ogni caso la prima base seria per un tentativo di ricostruzione è quella del dizionario «nostratico» di Vladislav Markovič Illič Svityč
(1934-1966), di 353 radicali, pubblicato postumo negli anni Settanta.

Le prime elaborazioni importanti partono infatti da questa base, e sono tutte di questi ultimi anni. Inoltre, come ho già detto, occorrerà attendere la fine dell’inventarizzazione dei risultati, certamente di notevole interesse, per poter tentare di distinguere, nella nuova cronologia lunga che propongo, fra i diversi strati, non importa se genetici o acquisiti, di questo materiale.

Anche per questo, il mio tentativo di rilettura dei materiali linguistici potrà utilizzare solo occasionalmente una nozione come quella di EAA, ancora troppo incerta. Ho preferito concentrarmi sull’IE, che oltre ad offrire sicurezze molto maggiori supera quantitativamente tutti gli altri lessici ricostruiti (anche quello Uralico), e geograficamente copre la maggior parte dell’area europea. Solo quando mi è stato possibile, ho esteso l’orizzonte all’Uralico e all’EAA, senza mutare per altro le conclusioni raggiunte dall’indoeuropeistica, e anche in tali casi mi sono limitato alle affinità più sicure, che sono quelle con l'Afroasiatico, con l’Uralico, con l’Altaico.
Partiamo dunque dall’IE.
È stato calcolato che il lessico comune IE, così come è stato raccolto e interpretato nella sua silloge principale e più recente, il dizionario di Pokorny [1959-69], citato di qui in poi come P., ammonta a 2.044 termini [Bird 1987], distribuiti egualmente in diversi campi semantici.


Per apprezzare questa cifra e questa ripartizione semantica, occorre rendersi conto che un lessico simile, ancora oggi, sarebbe più che sufficiente per sostenere una conversazione a livello elementare.
Vale la pena di ricordare questo a chi, fra gli studiosi di altre discipline, non sempre bene informati in linguistica, ritiene che l’IE sia un miraggio, o un accumulo di prestiti, o un mero prodotto dell’ideologia.

Naturalmente, non tutti questi termini attribuiti al PIE sono egualmente sicuri.

Ma anche se si eliminano quelli problematici, resta un migliaio di termini, e la sostanza non cambia.
Più o meno, questo nucleo fondamentale del lessico PIE corrisponde a quello raccolto da Giacomo Devoto [1962], citato di qui in poi come D., nelle Tabelle delle sue Origini Indeuropee, che raggruppa esattamente 656 termini, utilizzabili per una prima illustrazione globale.

Con le sue Tabelle Devoto aveva infatti creato uno strumento didattico molto utile, e aveva anche utilizzato, intuendone l’importanza, la classificazione semantica introdotta fin dal 1949 da Carl Darling Buck nel suo prezioso Dictionary [1949].

Devoto suddivise il lessico PIE in 10 categorie semantiche:

i) termini generali,
ii) attività psichiche,
iii) anatomia e psicologia,
iv) meteorologia e religione,
v) famiglia e stato,
vi) economia e trasporti,
vii) tecnica,
viii) alimentazione,
ix) natura selvatica,
x) natura domestica.

Queste categorie semantiche di Devoto, pur se inadeguate (come del resto quelle di Buck) dal punto di vista classificatorio, sono forse più valide del dizionario di Pokorny a dare un’idea del senso e della quantità di lavoro fatto dagli indoeuropeisti.

Dal punto di vista della tipologia semantica generale, il lessico comune IE può essere diviso in due categorie:

(A) famiglie lessicali che mostrano una sostanziale identità di significato;
(B) famiglie lessicali che mostrano una differenziazione semantica interna.

Per l’autodatazione questa distinzione è molto importante: le famiglie lessicali semanticamente omogenee, come abbiamo già visto, non sono necessariamente ereditarie, ma possono essere anche prestiti.

Nell’ottica della TC, per garantire l’antichità del termine occorre che l‘identità semantica sia confermata dall’autodatazione.


Quando l’autodatazione non è possibile, perché i referenti non sono storicizzabili, si può presumere per default che le radici siano ereditarie, in quanto i p r e s t i t i sono d i s o l i t o l e g a t i a nozioni s t o r i c i z z a b i l i. In termini più concreti, se il nome di una nozione come «vento» è comune a tutta l‘area IE, si può presumere che sia ereditario perché non è storicizzabile, ed è di tipo primordiale.

Se il nome di una nozione come «aratro» è pan-IE si può invece presumere che si tratti di un prestito, poiché si tratta di uno strumento che risale al Neolitico avanzato, e di una tipica innovazione tecnologica.

Inutile dire, d’altra parte, che le famiglie lessicali semanticamente omogenee che si lasciano datare al PIE sono di estrema importanza perché riflettono il primo universo cognitivo di Homo loquens indoeuropaeus.
Le famiglie lessicali che mostrano differenziazione semantica interna sono anche estremamente importanti, ma per un’altra ragione. Si lasciano infatti datare in modo multiplo, per il maggior numero di nozioni che presentano al loro interno, e le diverse datazioni sono di solito molto produttive per la ricostruzione del processo di differenziazione areale.
Il problema della ricostruzione del significato originario, tuttavia, non è sempre di immediata soluzione.

Ricordo anche che il principio fondamentale della comparazione - tradotto nella TC - afferma che ciò che si rivela comune a tutti i linguemi di un phylum risale necessariamente al periodo indeterminabile precedente la diaspora.

La cronologia della TC, enormemente diversa da quella tradizionale, sia nella TC lunga che in quella breve, apre prospettive di ricerca del tutto nuove, che promettono di gettare nuova luce non solo sullo sviluppo linguistico, ma anche su quello antropologico di Homo.
Presenterò la documentazione IE prima sinteticamente, attraverso raggruppamenti semantici, e mettendo in primo piano la quantità e l’arcaicità dei materiali. Poi analiticamente, attraverso l’illustrazione di alcuni esempi di singole famiglie lessicali, per dare un’idea delle nuove prospettive di ricerca.
I raggruppamenti semantici della prima presentazione sono in parte diversi da quelli del Devoto (e del Buck), la
cui classificazione è naturalmente appiattita e deformata dall’errata cronologia.

Così, per esempio, la categoria «meteorologia e religione» di Devoto contiene da una parte termini meteorologici assolutamente elementari che certo hanno fatto parte del primo lessico di Homo loquens, dall’altra termini religiosi risalenti al Neolitico se non oltre.
Lo stesso vale per la sua categoria «famiglia e stato»: è chiaro che mentre buona parte della terminologia della famiglia matrilineare può rialire al Paleolitico, quella di tipo patriarcale risale certamente all’età dei Metalli. Inoltre, quella che Devoto chiama terminologia dello «stato» o non è tale o non è ereditaria, dato che lo stato non può appartenere al PIE neanche dal punto di vista della teoria tradizionale.
Anche la sua categoria semantica «tecnica» è molto eterogenea, perché comprende sia termini che designano operazioni del tutto elementari, e quindi potenzialmente primordiali, sia termini relativi a tecniche del Neolitico o ancora più recenti. Al contrario, termini che Devoto classifica nella categoria semantica «natura domestica», e che per definizione dovrebbero essere databili al Neolitico, potrebbero anche essere databili al Paleolitico.

Non c'è ragione di escludere, per esempio, come ha già notato Renfrew, che i nomi di certi animali domestici possano essere gli stessi delle corrispondenti specie selvatiche.
Inutile dire che queste confusioni elementari sono dovute all’errata cronologia, che ha costretto a raggruppare insieme l’antico e il recente. Effettuate queste correzioni otteniamo un quadro globale, che in una prima approssimazione si colloca necessariamente nel Paleolitico, e che in una seconda analisi si lascia forse datare più precisamente.

Avverto che gli elenchi che seguono rappresentano una prima scelta, e non il risultato di un’attenta verifica di appartenenza al PIE di ciascuna radice.
Di conseguenza, è possibile che qualche radice collocata qui possa poi risultare un prestito o un’isoglossa locale.
Avverto anche che le radici IE sono sempre date nella forma della fonte di volta in volta utilizzata, e non in una versione più recente, con laringali e/o glottalizzate.


Termini della vita fisica e fisiologica, e parti del corpo

Termini di questo tipo possono benissimo appartenere al più antico lessico di Homo loquens I (Homo habilis/erectus/sapiens arcaico nella TC lunga, H. sapiens sapiens in quella breve.

...




Chi sono gli Indoeuropei e qual era la loro patria originaria: Teoria della Continuità (TC).
Altre proposte concernenti la patria indoeuropea e la relativa cronologia.
Conclusioni.Franco Cavazza, Lezioni di indoeuropeistica, Pisa, ETS, 2001, vol. I, cap. II, pp.167-198:
http://www.continuitas.org/texts/cavazza_lezioni.pdf
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Re: Endouropei ?

Messaggioda Berto » gio feb 12, 2015 8:58 am

Carte Coulture
viewtopic.php?f=49&t=532

Carte Coulture Ouropee
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... tBR28/edit

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -di-ok.jpg



Pristoria e raixe ouropee e axiateghe de łe xenti venete - miłara e miłara de ani (miłegni e secołi ougagni e veneto-veneteghi)

viewforum.php?f=134



Na ‘olta, coanti omani ghe jera ente ła tera veneta?

viewtopic.php?f=49&t=361

https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... wtM28/edit
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Re: Endouropei ?

Messaggioda Berto » gio feb 12, 2015 8:58 am

Kurgan, Shiti, Sarmati, ... iraneghi o turco altaeghi ?
viewtopic.php?f=134&t=943

Sciti e Sarmati: iraneghi o turco altaeghi ?
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... FNYmc/edit

Orexeni turco altaeghe de łe coulture nomadego-pastorałi
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... tjWE0/edit


http://www.continuitas.org/intro.html
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Re: Endouropei ? Priendouropei ?

Messaggioda Berto » mer apr 01, 2015 9:41 pm

???

La storia genetica degli europei comincia solo nel 4.500 a.C.
maggio 23, 2013

http://ilfattostorico.com/2013/05/23/la ... -4-500-a-c

Uno studio pubblicato su Nature Communications ha fornito la prima storia genetica dettagliata dell’Europa moderna, suggerendo che gli Europei sono un popolo più giovane di quello che pensavamo.

Il DNA recuperato da scheletri antichi rivela che il corredo genetico dell’Europa moderna si è formato intorno al 4.500 a.C., alla metà del Neolitico, e non dai primi agricoltori che sono arrivati nella zona circa 7.500 anni fa o dai precedenti gruppi di cacciatori-raccoglitori.

“La genetica dimostra che in quell’epoca qualcosa fece scomparire lo specifico patrimonio genetico delle precedenti popolazioni”, ha detto Alan Cooper, direttore del Centro australiano per il DNA antico dell’Università di Adelaide, dove è stata eseguita la ricerca. “Tuttavia, non sappiamo cosa sia successo e perché, e [la metà del Neolitico] non era stata precedentemente identificata come [un tempo] di grandi cambiamenti”. “Questa popolazione si muove all’incirca tra il 4.000 e il 5.000 a.C., ma da dove proviene rimane un mistero, dato che non vediamo niente di simile nelle zone circostanti l’Europa”.
Un gruppo di uomini tedeschi negli anni '20 (Hans Hildenbrand, National Geographic)

Un gruppo di uomini tedeschi negli anni ’20 (Hans Hildenbrand, National Geographic)

Nello studio, Cooper e i suoi colleghi hanno estratto il DNA mitocondriale, che i figli ereditano solo dalla madre, da denti e ossa di 39 scheletri trovati nella Germania centrale. Gli scheletri hanno un’età compresa tra i 7.500 e i 2.500 anni.

Il team si è concentrato su un gruppo di lignaggi mitocondriali strettamente legati – mutazioni nel DNA mitocondriale che sono simili tra loro – noti come aplogruppo H, che è portato da quasi la metà degli europei moderni (fino al 45%).

Non è chiaro come questo aplogruppo divenne dominante in Europa. Secondo alcuni scienziati si diffuse in tutto il continente in seguito a un aumento della popolazione dopo la fine dell’ultima era glaciale circa 12.000 anni fa. Ma i nuovi dati dipingono un quadro diverso: più che un singolo o pochi eventi di migrazione, l’Europa è stata occupata più volte, a ondate, da gruppi diversi, da diverse direzioni e in tempi diversi.

Cacciatori e agricoltori

I primi esseri umani moderni a raggiungere l’Europa arrivarono dall’Africa dai 35.000 ai 40.000 anni fa. A partire dai 30.000 anni fa erano diffusi in tutta l’area, mentre i loro cugini, i Neanderthal, scomparvero. Quasi nessuno di questi primi cacciatori-raccoglitori portava l’aplogruppo H nel loro DNA.

Circa 7.500 anni fa, all’inizio del Neolitico, un’altra ondata di umani si espanse in Europa, questa volta dal Medio Oriente. Portavano nei loro geni una variante dell’aplogruppo H, e nelle loro menti la conoscenza dell’agricoltura. Gli archeologi chiamano questi primi agricoltori dell’Europa centrale la cultura della ceramica lineare (LBK), così chiamata perché le loro ceramiche spesso avevano decorazioni lineari. Le prove genetiche dimostrano che la comparsa degli agricoltori LBK e i loro aplogruppi H unici coincisero con una drastica riduzione dell’aplogruppo U – l’aplogruppo dominante tra i cacciatori-raccoglitori che allora vivevano in Europa.

“I risultati mettono un punto fermo nel vecchio dibattito tra gli archeologi”, ha detto Spencer Wells, co-autore della ricerca. “La sola archeologia non può determinare se i movimenti culturali – come ad esempio un nuovo stile di ceramica o, in questo caso, l’agricoltura – siano stati accompagnati da movimenti di persone. In questo studio mostriamo che i cambiamenti nei reperti archeologici europei sono accompagnati da cambiamenti genetici, suggerendo che i cambiamenti culturali furono accompagnati dalla migrazione di persone e del loro DNA”.

Il gruppo LBK e i suoi discendenti ebbero molto successo e si diffusero rapidamente in tutta Europa. “Diventarono la prima cultura paneuropea, diciamo”, ha detto Cooper.

Dato il loro successo, sarebbe naturale pensare che i membri della cultura LBK furono dei significativi antenati genetici di molti europei moderni. Ma l’analisi genetica del team ha rivelato una sorpresa: circa 6.500 anni fa, a metà del Neolitico, la cultura LBK venne essa stessa rimpiazzata. I loro tipi di aplogruppo H improvvisamente divennero molto rari, e furono sostituiti da popolazioni con un diverso insieme di variazioni dell’aplogruppo H.

I nostri antenati

I dettagli di questo “turnover genetico” sono oscuri. Gli scienziati non sanno ciò che lo causò, né da dove venissero i nuovi colonizzatori. “Tutto quello che sappiamo è che i discendenti dei contadini LBK scomparvero dall’Europa centrale circa nel 4.500 a.C., aprendo la strada all’ascesa di popolazioni provenienti da altrove”, ha detto Cooper.

“Alla fine del V millennio ci sono stati un sacco di cambiamenti nella documentazione archeologica”, spiega Peter Bogucki, archeologo alla Università di Princeton non coinvolto nello studio, ma esperto delle prime società agricole in Europa. “Ci sono state grandi trasformazioni all’interno dell’Europa centrale che non sono stati ben spiegate”. Bogucki pensa che il cambiamento climatico sia stato un fattore della variazione genetica in Europa, ma non l’unica causa.

Una cosa che è evidente dai dati genetici è che quasi la metà degli europei moderni possono far risalire le loro origini a questo misterioso gruppo. “Nel 4.500 a.C. circa, iniziamo a vedere una diversità e una composizione del patrimonio genetico che cominciano ad assomigliare a quelle della moderna Europa [centrale]”, ha aggiunto Cooper. “Questa composizione verrà poi modificata dalle successive culture che arrivano, ma è la prima volta in cui si vede qualcosa di simile alla moderna composizione genetica europea”.

Qualunque sia stato il motivo della sostituzione “genetica” della prima cultura paneuropea, Cooper vuole saperne di più. “Successe qualcosa di importante”, ha detto, “e ora la caccia è per scoprire cosa sia stato”.

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Re: Endouropei ? Priendouropei ?

Messaggioda Berto » mer apr 01, 2015 9:50 pm

I Neandertal vivevano in piccoli gruppi isolati

aprile 24, 2014

http://ilfattostorico.com/2014/04/24/i- ... pi-isolati

Una nuova indagine genetica rivela che i nostri antichi cugini Neandertal vivevano in piccoli gruppi, isolati gli uni dagli altri. Secondo la stessa ricerca sarebbero anche stati privi di alcuni geni che nell’uomo sono legati al comportamento.

Negli ultimi anni, le ricerche sul DNA dei Neandertal hanno dimostrato che molti uomini moderni condividono una piccola percentuale di materiale genetico con questi primi esseri umani. Ora i ricercatori, confrontando il nostro codice genetico con quello neandertaliano, vogliono individuare i geni che ci rendono effettivamente umani e quelli legati all’origine di alcune malattie.

Stando all’ultimo studio condotto da Svante Pääbo, un pioniere nel campo della genetica antica, i geni umani legati al comportamento avrebbero raggiunto un grado di evoluzione maggiore. La ricerca di Pääbo, che lavora al Max Planck Institute in Germania, è stata pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). In particolare, i ricercatori hanno osservato che nei Neandertal i geni associati all’iperattività, al comportamento aggressivo e allo sviluppo di alcune sindromi, come l’autismo, sono assenti.

“L’articolo descrive alcune dinamiche evolutive molto interessanti”, ha commentato il paleoantropologo John Hawks della University of Wisconsin. Gli studiosi ipotizzano che nel periodo compreso tra un milione e 500 mila anni fa circa, il numero dei Neandertal si ridusse drasticamente, limitando la popolazione a un piccolo gruppo. Questo evento, spiega Hawks, ebbe un impatto negativo sui Neandertal e in particolare sui loro geni perché “la selezione naturale in popolazioni di piccole dimensioni ha meno capacità di eliminare le mutazioni genetiche negative”.

Antiche risposte

Pääbo e colleghi hanno esaminato i geni di due Neandertal, uno proveniente dalla Spagna e uno dalla Croazia. Poi hanno confrontato il DNA di questi individui con quello di un terzo Neandertal vissuto in Siberia e con quello di alcuni esseri umani moderni. “Abbiamo scoperto che i Neandertal avevamo una variabilità genetica minore rispetto a quella degli uomini moderni”, ha spiegato Pääbo. La diversità genetica tra i Neandertal, infatti, era un quarto di quella esistente oggi tra gli africani, e un terzo di quella che c’è tra gli europei o gli asiatici.

Il confronto ha anche mostrato che l’umanità moderna possiede dei geni legati alla salute del cuore e al metabolismo che erano invece assenti nei nostri antichi cugini. Possediamo anche dei geni legati al colore dei capelli e della pelle; Pääbo e colleghi, infatti, scrivono nel loro studio che “queste mutazioni potrebbero aver contribuito alle differenze nella pigmentazione preesenti tra gli esseri umani di oggi”.

Hawks, tuttavia, fa notare che il confronto tra gli esseri umani antichi e quelli moderni potrebbe essere un po’ fuorviante, “visto che gli esseri umani di recente hanno visto una massiccia crescita della popolazione”. Questa crescita demografica potrebbe impedire di differenziare le diversità genetiche che erano già patrimonio dei primi uomini moderni da quelle che comparvero solo dopo l’avvento dell’agricoltura.

Così, “se gli scienziati vogliono capire cosa ci separa realmente dai Neandertal, allora bisogna scoprire cosa abbiamo ereditato dai primi uomini cacciatori-raccoglitori e cosa proviene invece dal nostro più recente adattamento alla vita stanziale”, ha aggiunto Hawks.

Il team di Pääbo ha eseguito un confronto anche con il DNA di un uomo di Denisova, un’altra specie umana che viveva in Siberia circa 40.000 anni fa e che si conosce solo grazie al codice genetico estratto da alcuni frammenti di ossa. La principale differenza genetica che è stata trovata riguarda la curvatura della schiena: in pratica gli uomini di Neandertal avevano una curvatura della colonna vertebrale meno accentuata di quella degli altri gruppi.

Antiche domande

Gli esseri umani moderni, gli uomini di Neandertal e gli uomini di Denisova, più di mezzo milione di anni fa, condivisero un antenato comune. Tuttavia questa connessione, nei tempi più recenti è stata sicuramente oscurata dagli incroci che avvennero tra i nostri antenati, dopo che 60 mila anni fa gli uomini moderni migrarono dall’Africa verso l’Europa e l’Asia.

I moderni euro-asiatici possiedono infatti circa il 2 per cento di geni neandertaliani, mentre negli attuali melanesiani la percentuale ereditata dai denisoviani arriva addirittura al 5 per cento. Ma la storia non finisce qua, con la sola presenza di geni o mutazioni ereditate. Lo studio pubblicato su PNAS, infatti, ha riscontrato delle differenze nei geni legati all’aggressività. Gli autori, però, avvertono che “anche se se questi geni influenzano l’espressione o il livello di aggressività, non è ancora chiaro se siano in grado di aumentare o smorzare tale caratteristica“. Quindi, almeno per ora, non si può dire quale delle due specie sia la più aggressiva.

Inoltre, si deve tenere in considerazione la reale attivazione di questi geni. In un recente studio, pubblicato su Science, alcuni ricercatori israeliani hanno analizzato l’attività di alcuni geni neandertaliani, dimostrando come solo la differenza nell’espressione di alcuni geni condivisi con noi sapiens abbia portato i Neandertal a possedere mani più grandi, braccia più corte, e corporatura robusta.

“Le conclusioni secondo cui le modificazioni dello scheletro sarebbero state maggiori nei Neandertal rispetto agli uomini moderni, adesso, sembrano contrastare con la visione abituale di Homo sapiens”, ha detto Chris Stringer, ricercatore del Museo di Storia Naturale di Londra.

Rispetto agli ominidi ugualmente robusti che precedettero i Neandertal, gli esseri umani pare abbiano avuto un’evoluzione più spinta, visti i loro crani più piccoli e le loro ossa sottili. Pääbo, però, rimane cauto e preferisce non equiparare i cambiamenti genetici con una sorta di raffinatezza evolutiva: “È chiaro che i Neandertal non erano meno evoluti degli esseri umani moderni. Hanno avuto anche loro una storia e un’evoluzione, che però ha preso una strada diversa”.
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Re: Endouropei ? Priendouropei ?

Messaggioda Berto » mar gen 03, 2017 9:24 am

Radici linguistiche indoeuropee?
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... 0wLXc/edit

I fantomatici indoeuropei
http://www.homolaicus.com/linguaggi/lin ... uropee.htm
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... uropei.jpg


1) le radici indoeuropee di Pokorny

Indo-European Etymological Dictionary - Indogermanisches Etymologisches Woerterbuch (JPokorny)
http://dnghu.org/indoeuropean.html

2) raffronto con łe lingue semitiche

Delle 87 fantomatiche radici indoeuropee sottoelencate, tra le prime 10, di condivise con voci delle lenguoe dell'area semitica ve ne sono 10 (= tutte 100%)



Le radici indoeuropee di Pokorny

Per farsi una migliore idea della Teoria Linguistica Indoeuropea, posto questa tabella:
-la tabella è un'elaborazione del linguista Norman Bird, citata da Mario Alinei nella sua opera

"Le origini delle lingue europee"

Immagine


Distribuzione delle 2.044 *radici IE (indoeuropee) nei 14 gruppi IE, dal dizionario di Pokorny.

I gruppi IE in ordine alfabetico:

Albanese, Armeno, Baltico, Celtico, Frigio, Germanico, Greco, Illirico, Iranico, Italico, Ittita, Sanscrito, Slavo, Tocario.

radici attestate in.14.gruppi(tutti)...........1
radici attestate in.13...........................8
radici attestate in.12.........................28
radici attestate in.11.........................36
radici attestate in.10.........................76
radici attestate in..9..........................85
radici attestate in..8.........................112
radici attestate in..7.........................146
radici attestate in..6.........................151
radici attestate in..5.........................221
radici attestate in..4.........................297
radici attestate in..3.........................407
radici attestate in..2.........................440
radici attestate in..1.solo.gruppo............36

Totale *radici...............................= 2044

La tabella di Pokorny, in questi anni, non è cambiata di molto (quasi nulla se non in “aggiustamenti fonetici” e con l'aggiunta di qualche altra radice).

La media (*) statistica (all'ingrosso) delle voci presente nei 14 gruppi (denominati indoeuropei) non arriva nemmeno al 10% del totale e se a ciò si aggiunge il fatto che gran parte di queste supposte radici indoeuropee (di tutte le *2044 e non solo del suo 10%) trovano perfetta concordanza o coincidenza (fonosemantica) con le lingue semitiche o d'area mesopotamica o del nostratico, vien da sè tutto il resto.


Le fantomateghe raixe lengoesteghe endouropee recostruie (?)

http://it.wikipedia.org/wiki/Elenco_di_ ... ndoeuropee

kive ghe nè mensionà n 87

radice significato (approssimato) esempi di parole derivate

*agro campo el ἁγρός (agrós), la ager, en acre, de. Acker

*bhares punta / setola / barba la barba, lt barzdà, ru борода boroda, en beard, de. Bart, wal. brathu (pungere)

*bheudh fare attenzione; attirare l'attenzione de Verbot (divieto), en to forbid,
sa bodhati (egli si sveglia, egli capisce) → बुद्ध Buddha (= l'illuminato, il risvegliato) el pynthanesthai (essere sveglio)

*Dyeus pater dio padre la Iuppiter (Giove) greco Zeus (deriva da Djeus, cfr il suo genitivo greco Dios)
*diw Dio, divino, lucente
la divinus e deus , hit tiuna, germanico *tiu (divinità germanica della luce, da cui en Tuesday = martedì), sanscr. deva देव

*regs- re
la rex sanscrito raja (cfr Maharaja) tedesco reich (regno)

*dom-,
*dóm-o- casa sa dam-as, el dómos, la domus, ru dom ing home

*dʰwer- porta hy dur, ru dver' , cs dveře, sa dvaras, sq derë, non dyrr, en door, cel doro, el thýra, lt durys, la foris, fores, de Tür, ga doras, xto twere

*ed mangiare, mordere de essen, en to eat, la edere, ru еда (eda) (cibo)

*gal gridare, chiamare en to call, to yell, non kalla (→ forse anche dede "schellen", risuonare)

*genu ginocchio
la genu, el γόνυ (gony = ginocchio, angolo; cfr. Poligono), hit gienu, sanscr. janu जन, de Knie, en knee sq (Dialetto Ghego) gjunë(passato in Tosco a gjurë per effetto del rotacismo)

*ghortó recinto, orto la hortus, en garden, wal. garth, nhd. Garten, sq gardh, ru город ǵorod (città, indicava inizialmente l'area circondata dalle mura)

*gno sapere, conoscere la cognoscere, el γιγνώσκω, en to know, de kennen sq njoh, ru знать (znat')

*gras[/b ]erba de gras (erba), la gra(s)men, el grástis (foraggio), eng. grass

[b]*gwi-
vivente la vita, de Quecke, keck, Quecksilber, erquicken engl. quick, greco bios e zoe (derivano entrambi da *gwios)

*hster stella
la astrum, hit šittar, el ἄστρον (ástron), eng. star, per. sitareh, de Stern,

*kaput testa
de Haupt, la caput, sv. "huvud"

*klei appoggiare altel κλίνω klino (inclinare, pendere), en ladder, de Leiter (scala a pioli)

*mánu- persona ae man-us, de Mann, en man, lt žmones, ru muž, sa manu

*me(d) misurare el μέτρον métron (misura) la metiri (misurare), de messen (misurare), Maß (misura) , lit. metas (tempo, misura), sq mas(misurare)

*nokt notte, tramonto goh naht, vedico nákt, ru ночь (noch'), hit neku ("cala la notte, l'imbrunire") el nyx, la nox, lingue iraniche antiche. nocht, wal. nos, sq natë, lit. naktìs, slv. noc, ndl. nacht, en night, isl. nótt, sanscr. nish निश

*pel piatto, piano la plenus, de Feld (campo)

*pehwr-, *berg-, *egnis- fuoco
la ignis"pirum"' goh fiur', el πῦρ (pyr), en fire, antico francese fior, hitt. pahhur (questa è la radice da cui deriva il nome della dea Brigitt e il nome Brigida

*peku averi,
ricchezza de Vieh (bestiame), la pecus,pecunia

*perd peto en to fart, la pedere, de furzen, gr. πέρδιξ (perdix = pernice → riferito al verso dell'uccello)

*sal Sale
el ἄλς hals, wal. hâl , la sal , got salt, isl. salt, en salt, de Salz

*sekw dire lit. sakyti, 'antico russo sociti (mostrare), isl. segja, engl. to say, de sagen (dire),

*ten tuono la tonare, hit tethima, antico vedico tanyū, en thunder (stessa radice del nome del dio Thor)

*uden,
*wod acqua
vedico udán, el ὕδωρ (hydor), la unda, osc utur, hit watar, antico de wazzar, pl woda, ru. вода (voda), sq ujë, ga uisce

*wers mescolare, confondere lng werra (guerra, cfr. fr antico werre, en war), en worse (peggiore), de wirren (confondere), Wurst (goh wurst = miscela)
*wid vedere Video (la "vedo"), de Wissen (sapere) (goh. wissan = aver visto), el ἰδέα - "immagine"), srp vid (vista'), sa vid विद (sapere), cs vidět (vedere), cs vědět (sapere)

*yeug giogo Yoga (sa yoga योग relazione yuj युज unire), la iugum, el ζεῦγος (zeugos), hit iúkán, en the yoke, de das Joch

*lew- separare
el lyo (io sciolgo) la (arcaico) seluere (dissolvere) en loose

*bhew- essere,
produrre el phyein (produrre), la fio (sono fatto), en be (essere), de bin (sono), sq bëj(faccio, produco)

*strt- esteso el stratià ("esercito", inteso come "gruppo di uomini schierati") e storennymi (distendo) la sternere (distendere) sa strtà (esteso) sq shtroj (distendere), shtat (altezza)

*nəm nome el onoma la nomen antico en name'dename,nomen

*ner uomo
el anèr sabino mar (cfr. aggettivo Nero, "uomo forte", da cui Nerone) la vir sa narà sq njer-i (uomo, persona)

*pəter padre
el patèr la pater en father de vater gotico fadar sa pità

*məter madre
el meter, la mater, en mother, sq motër(sorella), ru мать (mat') al genitivo матери (materi), slv matisanscrito "mitr"

*bhrəter fratello
la frater en brother el phratria (confraternita) ru брат (brat)

*swesor sorella
la arcaico sosor(passato a soror per rotacismo) en sister ru сестра (sestra), de schwester

*dughater figlia el thygater, sa duhita, en daughter, de tochter, ru дочь (doč') al genitivo дочери (dočeri)

*ker(d)- cuore
la cor el ker e kardia en heart

*ausos aurora
el eos la aurora sl zora

*wlkwos lupo
el lykos' la lupus sa vrka gotico wulfs sq ujk lituano vlkas'en wolf

*kerwos cervo
la cervus el elafos en deer

*mus topo
la mus el mys en mouse de maus sq mi ru
мышь (myš')

*kwon cane
la canis el kyon en hound

*heg- condurre el ago la ago (entrambi "io conduco")

*gwen venire el baino la venio

*ey- andare la ire el eìmi sl iti

*ghostis straniero la hostis (nemico) en guest ru гость (gost') (ospite)

*smeg- grande el megas la magnus en big sa maha

*pelw- molto el polys (molto) la plus (di più) got filù sscr purù tedesco viel

*sem uno
el ἑὶς (eis, arc. ens) en one, la unus e semel (una volta)

*duwo due
el δυο, de zwei en two, la duo, sq dy, sa dvà, sl dva

*trejes tre
la treis en three sq tre sanscr. tre el. treis deu drei

*kwetwara quattro
la quattuor el tettara en four sq katër

*penkw-, *pump-, *funf- cinque
la quinque (da questa radice derivano anche i nomi Pompeo e Pompilio) el pente, en five, sl pet

*seks sei
la sex, el (s)ex, en six, sl šest

*septm- sette
la septem el epta en seven

*hokt- otto
la octo, de acht, en eight, sl osem

*newn- nove
la novem el enne(w)a en nine
*dekm- dieci la decem el deka en ten

*kmtom- cento
la centum en hundred el hekaton

*arg- brillante la argentum el arghyros (argento) sq artë(aureo)

*rudh- rosso
la ruber el erythros en red

*gen-, *gon-, *gn- generare
la gigno el ghighnomai

*deh- dare la do el didomi ru дать

*dik- mostrare la dico (dire) el dike (giustizia) e deiknymi (io mostro)

*hekw- vedere
la oculus en ow el ofthalmos (tutti e tre "occhio"); el opteuo (vedere)

*drom- correre el trecho en run
*wek- emissione della voce la vox el (w)eipo
*tk- produrre, generare el tikto (io produco) sa takman (discendente)
*newos nuovo la novus en new de neu el neos
*segh- avere el (s)echo en have got
*dhwen- morte
el thanatos en death
*dhu- esalare el thyo(sacrificare) la suffio (profumare)
*steh- stabilire el istemi la stare en stay de stehen (stare in piedi) ru стоять (stojat')(stare in piedi)
*kr- piangere la lacrimo el klaio e dakryo en cry
*lath- nascondere el lanthano (sto nascosto) la latenter (di nascosto)
*leg- raccogliere el leghein la legere
*likw lasciare el leipo la linquo sq liq

*men- movimento mentale el mneme (memoria) en mind (mente) e remember (ricordare) la mens
*wer- vedere el orao la vereor (rispettare)
*owi- ovino
el o(w)is la ovis sa avih
*gawos- bovino la bos el bous sa gauh ing cow


De ste 87 fantomateghe raixe endouropee tra le prime 10, de condevixe co voxi de le lengoe d’ara semetega ghe nè 10
(= tute 100%):

1)
*agro = sumero agàr (canpo, canpagna), acadego ugāru, ugarru

2)
*bhares = (barba) acadego barwa

3)
*bheudh = (Verbot), en to forbid, sa bodhati (egli si sveglia, egli capisce), Buddha (= l'illuminato, il risvegliato) el pynthanesthai (essere sveglio) = acadego barû (ociàr, oservar), puqqu D (atendar a), semetego brī (vardar, ociàr)

4)
*Dyeus de (Dyeus pater) e *diw (dio, deus)
= semetego di, aramaego di-de-da, aramaego tiw, acadego tībum (*tīwu-), tebum (*tēwu-), evc.

5)
*regs- = (re, rex, reich, raja), acadego rē’ûm, rē’ium, rējûm, rā’ûm (pastore e pastore de popoli)

6)
*dom-, *dóm-o- = (caxa, patria, paexe, dimora), acadegu dū (costruire), dû (caxa de Dio), dadmū (abitasion)

7)
*dʰwer- = (porta: hy dur, ru dver' , cs dveře, sa dvaras, sq derë, non dyrr, en door, cel doro, el thýra, lt durys, la foris, fores, de Tür, ga doras, xto twere), acadego tūru (ciavega, chiusura), sumero tùr (angrèso, ingresso), tur (entrar)

8)
*ed = (magnar, de essen, en to eat, la edere, ru еда (eda) (cibo), acadego ewēsu (emēsu), ahāsu, aramaego ’ehad, atama, acadego tēnum (maxenar)

9)
*gal = (ciamàr, sigar) latin calo, en to call, to yell, non kalla (→ forse anche dede "schellen", risuonare), acadego kallû, kalliu (cofà latin kalator), qâlu (ciamar), qûlu (voxe, sigo)

10)
*genu = (xenocio, ginocchio la genu, el γόνυ (gony = ginocchio, angolo; cfr. Poligono), hit gienu, sanscr. janu, de Knie, en knee sq (dialetto Ghego) gjunë(passato in Tosco a gjurë per effetto del rotacismo) gotego kniu, acadego kinsu (xenocio)

*ghortó
*gno
*gras
*gwi-
*hster
*kaput
*klei
*mánu-
*me(d)



Dizionario assiro (accadico) di 21 volumi, appena edito e a gratis:

The Assyrian Dictionary of the Oriental Institute of the University of Chicago (CAD)
Editor-in-Charge:
Martha T. Roth

Editorial Board:
Robert D. Biggs, John A. Brinkman, Miguel Civil, Walter Farber, Erica Reiner, Martha T. Roth, Matthew W. Stolper.

http://oi.uchicago.edu/research/pubs/catalog/cad

08 giugno 2011 - 17:03

Ci sono voluti 90 anni di lavoro, ma finalmente la lingua di Hammurabi e di Sargon il Grande, che si ritiene essere il primo capo di un impero nella storia, ha un suo dizionario. Lo hanno annunciato i ricercatori dell'università di Chicago, che hanno completato la raccolta dei linguaggi e dialetti dell'antica Mesopotamia.

L'opera di 21 volumi, i cui lavori sono iniziati nel 1921 nell'università americana, raccoglie quello che si crede sia il primo sistema di scrittura mai inventato, nato tra il Tigri e l'Eufrate, e conta 28 mila vocaboli che coprono un periodo tra il 2500 avanti Cristo e il 100 d.C.. Di ogni parola sono presentati i vari significati e anche il luogo dove è riportata, dalle antiche tavolette trovate dagli archeologi alle citazioni nei documenti scritti successivamente.

Diciassette pagine, sottolineano gli autori, sono dedicate soltanto alla parola 'umu', che vuol dire 'giorno'. "Il dizionario è uno strumento indispensabile per chi studia queste antiche civiltà - ha spiegato Gil Stein, direttore dell'istituto che ha realizzato l'opera - scorrendolo si capisce che questo non era un linguaggio limitato a re e nobili, ma che era parlato dalla gente, che lo utilizzava per le necessità di tutti i giorni che non erano molto diverse dalle nostre".

L'edizione cartacea del dizionario costa quasi 2mila dollari, fanno sapere gli autori, ma si può scaricare gratuitamente da Internet alla pagina:
http://oi.uchicago.edu/research/pubs/catalog/cad .
http://www.swissinfo.ch/ita/rubriche/no ... d=30419746

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -Asiro.jpg
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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