Corusion tałiana e romana

Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » mer lug 06, 2016 6:20 am

Corruzione, blitz della finanza: 24 arresti, indagati il deputato Ncd, Marotta e l’ex sottosegretario Pizza
Al centro dell’inchiesta il faccendiere fratello del politico calabrese che era al ministero dell’Istruzione nel governo Berlusconi. Coinvolto anche Vittorio Crecco, ex direttore generale dell’Inps. Associazione per delinquere, frode fiscale, corruzione, riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita i reati contestati
di Fulvio Fiano e Redazione Roma
4 luglio 2016

http://roma.corriere.it/notizie/cronaca ... 545f.shtml

L’operazione Labirinto è scattata all’alba. Centinaia di finanzieri hanno eseguito un blitz sul territorio nazionale ordinato dal gip del Tribunale della Capitale: 24 arresti (12 ai domiciliari), 50 indagati, sequestri di beni e quote societarie per 1,2 milioni di euro. I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, corruzione e riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Al centro delle indagini le attività sospette di un consulente tributario. Fra gli indagati c’è un parlamentare Ncd-Udc , Antonio Marotta, professione avvocato: per lui la procura aveva chiesto l’arresto, ma il Gip non lo ha concesso. Indagato anche Giuseppe Pizza, ex sottosegretario all’Istruzione con Berlusconi premier e segretario della Democrazia Cristiana, mentre suo fratello Raffaele Pizza, faccendiere considerato figura centrale nell’inchiesta, è stato arrestato (e deve rispondere anche di riciclaggio). Fra gli altri nomi coinvolti figura Vittorio Crecco, ex direttore generale dell’Inps. In manette, fra gli altri, due dipendenti delle Agenzie delle entrate, smascherati peraltro con la collaborazione dell’attività ispettiva della stessa Agenzia.

La rete societaria sospetta e i fondi neri

Gli accertamenti del Nucleo valutario erano stati avviati dopo la segnalazione di alcune operazioni sospette effettuate da un consulente tributario romano intorno a un vero e proprio labirinto di società costituito forse proprio per aggirare il fisco. I finanzieri hanno infatti scoperto un giro di fatture false, con un movimento di oltre dieci milioni di euro, emesse per creare fondi neri e riserve occulte di denaro. Per ammorbidire eventuali controlli fiscali e agevolare le pratiche, il consulente tributario si avvaleva della collaborazione di alcuni dipendenti dell’Agenzia delle entrate.

Il faccendiere e lo studio in centro

Uomo-chiave dell’organizzazione è come accennato Raffaele Pizza, faccendiere romano ma di origini calabresi, attivo nel settore delle relazioni pubbliche con legami importanti nel mondo della pubblica amministrazione, con studio nei pressi del Parlamento. Come hanno spiegato gli inquirenti, il faccendiere svolgeva «un’incessante e prezzolata opera di intermediazione nell’interesse personale e di imprenditori senza scrupoli interessati ad aggiudicarsi appalti pubblici». Molti dei contatti venivano portati avanti nello studio vicino al Parlamento, dove sarebbe avvenuto anche lo scambio di denaro in varie occasioni. In tutto risultano indagate 50 persone, controlli e arresti sono stati effettuati nel Lazio, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Marche, Umbria e Toscana.

La reazione di Marotta

«Io credo di essere al di fuori di tutto al cento per cento. Credo di essere stato oggetto di un equivoco»: questo il commento di Antonio Marotta. «Sono stato avvertito dal mio avvocato - ha spiegato il parlamentare - Mi sono fatto mandare le carte perché non riesco a capire come posso essere coinvolto. Per quanto mi riguarda sono sicuro al cento per cento di non aver nulla a che fare con l’indagine». Antonio Marotta ha tre episodi di traffico di influenze, i pm gli contestano anche corruzione e associazione a delinquere ma il gip non ha accolto queste due ipotesi, per cui il parlamentare non va in carcere (pene sotto i tre anni). Inoltre gli vengono contestati tre casi di finanziamento illecito ai partiti, ma qui il gip ne riconosce uno solo. Quanto al riciclaggio di cui lo accusa la procura il gip riqualifica il reato in ricettazione. La vicenda nasce nel 2007 ma gli episodi accertati sono del 2013-2014. Non solo veniva gonfiato l’appalto del call center unificato Inps-Inail con continue proroghe, ma su questo venivano caricate fatture false per società “cartiera” attraverso le quali creare fondi neri per le tangenti.



Corruzione Roma, l’intercettazione: “Il padre di Alfano mi ha mandato 80 curriculum per assunzioni alle Poste”
Dopo il fratello, dalle carte dell'inchiesta "Labirinto" sulla corruzione spunta un altro congiunto del ministro dell'Interno. La segretaria di Raffaele Pizza, arrestato: "Mi ha detto buttali dentro, la situazione la gestiamo noi". Lo sfogo: "Gli abbiamo sistemato la famiglia"
di F. Q. | 5 luglio 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... te/2884210

Dopo il fratello, nella carte dell’inchiesta Labirinto della Procura di Roma spunta anche il padre del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Il quale, a quanto si dice in un’intercettazione contenuta nella richiesta di arresto dei pm, avrebbe mandato ben 80 curriculum per assunzioni alle Poste. Parlando del ministro e leader Ncd, una delle indagate afferma: “La sera prima mi ha chiamato suo padre… Mi ha mandato ottanta curriculum… ottanta…. dicendomi… non ti preoccupare…. tu buttali dentro… la situazione la gestiamo noi… e il fratello comunque è un funzionario di Poste…. anzi è un amministratore delegato di Poste…”. Ecco il testo dell’intercettazione del 17 maggio 2015, diffuso dall’Ansa. A colloquio sono Marzia Capaccio, indagata, segretaria di Raffaele Pizza, arrestato dalla Guardia di Finanza, e un’altra persona, Elisabetta C.

CAPACCIO: “Io ti ho spiegato cosa ci ha fatto a noi Angelino…”
ELISABETTA: “e… lo so… lo so… lo so…”.
CAPACCIO: “cioè noi gli abbiamo sistemato la famiglia… questo doveva fare una cosa…. la sera prima… mi ha chiamato suo padre…mi ha mandato ottanta curriculum… ottanta….”.
ELISABETTA: “aiuto… aiuto…”.
CAPACCIO: “ottanta… e dicendomi… non ti preoccupare…. tu buttali dentro… la situazione la gestiamo noi… e il fratello comunque è un funzionario di Poste… anzi è un amministratore delegato di Poste…”.
ELISABETTA: “si… si… lo so… lo so…”.
CAPACCIO: “e questo è un danno che ha fatto il mio capo (ndr. Pizza)… io lo sputerei in faccia solo per questo…”.
ELISABETTA: “vabbè… tanto ce ne sono tanti Marzia… è inutile dirsi… questo è il sistema purtroppo…”.
CAPACCIO: “sì ma io l’avevo già capito che questo guardava solo ai cazzi suoi… glielo avevo già detto… io a differenza tua non mi faccio coinvolgere più di tanto, perché cerco di razionalizzare un attimo di più e di valutare le persone che ho davanti… cosa che il mio capo… purtroppo in alcune circostanze nonostante la sua esperienza non è in grado di fare”.


Corruzione Roma, Pizza: “Ho fatto assumere il fratello del ministro Alfano alle Poste, gli ho fatto avere 160mila”
Dalle carte dell'inchiesta Labirinto, che ha portato all'arresto di 24 persone per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, corruzione e riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita
di F. Q. | 5 luglio 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... ro/2882156

Tra le “altissime cariche istituzionali” con cui il faccendiere Raffaele Pizza, fratello dell’ex sottosegretario del governo Berlusconi, Giuseppe, aveva “legami” e “ragioni di credito” c’era anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano o meglio con un suo familiare: il fratello. È stato il gip, nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto di 24 persone tra cui il deputato Ncd Antonio Marotta, a mettere l’accento su una liason pericolosa tra i politici corrotti e l’inquilino del Viminale. Lunedì il ministro aveva difeso Marotta dicendo: “Siamo convinti che riuscirà a dimostrare la sua assoluta estraneità”.

Pizza, intercettato dai finanzieri – è il 9 gennaio 2015 – vantava (o millantava?) di aver fatto assumere in una società delle Poste il fratello del ministro. Stando a quanto riportano Repubblica e Corriere della Sera, le Fiamme Gialle hanno intercettato una conversazione tra Pizza e il collaboratore del ministro Davide Tedesco che parlavano appunto dell’incarico fatto avere al congiunto del leader del Nuovo Centrodestra. “Pizza sostiene di aver facilitato, grazie ai suoi rapporti con l’ex amministratore Massimo Sarmi, l’assunzione del fratello del ministro in una società del Gruppo Poste”, annota la Gdf nelle carte dell’indagine che ha fatto emergere una rete di contatti imperniata su Pizza. E Alessandro Alfano è stato nominato nel 2013 dirigente di Postecom, la società dei servizi internet di Poste italiane. Prima di arrivare a Poste il fratello del ministro era stato segretario generale di Unioncamere Sicilia (dal novembre 2006 all’agosto del 2013).

Segue la conversazione telefonica tra Pizza e Tedesco, con il primo che spiega: “Angelino lo considero una persona perbene un amico… se gli posso dare una mano… mi ha chiamato il fratello per farmi gli auguri…tu devi sapere che lui come massimo (di stipendio, ndr) poteva avere 170.000 euro… no… io gli ho fatto avere 160.000. Tant’è che Sarmi stesso gliel’ha detto ad Angelino: io ho tolto 10.000 euro d’accordo con Lino (il soprannome di Pizza, ndr), per poi evitare. Adesso va dicendo che la colpa è la mia, che l’ho fottuto perché non gli ho fatto dare i 170.000 euro… cioè gliel’ho pure spiegato… poi te li facciamo recuperare…sai come si dice ogni volta… stai attento… però il motivo che non arriviamo a 170 è per evitare che poi dice cazzo te danno fino all’ultima lira. Diecimila euro magari te li recuperi diversamente”. Tedesco allora sbotta: “Ma non lo dice come è entrato lì il “sistema” per gestire gli appalti”.

Il sistema viene illustrato da Stefano Orsini, fratello di Alberto commercialista considerato dagli inquirenti al vertice dell’organizzazione. C’è chi pensa a mettere su e nascondere i “fondi neri” con le false fatturazioni e chi si deve coccolare i politici e lavorare ai fianchi delle “altissime cariche istituzionali”. E di queste ultime si occupa Pizza che, parola del gip, è capace di favorire la nomina, ai vertici degli enti e delle società pubbliche, di persone a lui vicine, così acquisendo ragioni di credito nei confronti di queste che, dovendo successivamente essergli riconoscenti, risulteranno permeabili ai suoi metodi di illecita interferenza nelle decisioni concernenti il conferimento di appalti pubblici e attività connesse”.

A leggere le carte gli uomini del sistema non dicono soltanto di riuscire a piazzare il fratello di un ministro alle Poste, ma ad allungare la loro influenza su appalti e sub-appalti per servizi all’Inps e persino l’Agenzia delle Entrate. E dicono di avere “ottimi rapporti” con manager di primo livello come Massimo Sarmi, ma anche con il presidente dell’ente di previdenza Tito Boeri e Agostino Ragosa (Agenda digitale fino al 2014). Nella lista di nomi che contano anche quello di Marcello Dell’Utri a cui sarebbe stato pagato un viaggio nel 2010. Molto prima prima che il destino di uno dei fondatori di Forza Italia e amico di Silvio Berlusconi finisse per diventare “carcerario”.

Tra gli indagati c’è l’ex direttore generale dell’Inps, Vittorio Crecco. Per l’accusa riusciva a “veicolare gli interessi della organizzazione” grazie ai suoi incarichi facendo aggiudicare gli appalti alle imprese “designate dal sodalizio” e ricevendo in cambio non solo bustarelle ma per lui ma anche per il figlio. Di lui sempre Pizza dice: “Io sono un grande amico del Senatore Bonferroni e lui mi ruppe i c… e dice, dobbiamo andare ad Arcore, ti devo presentare il Cavaliere perché il Cavaliere deve fare una grande cosa, aprire i call center… io gli dissi, ok ci vengo e ci portai Agostino Ragosa… che poi è diventato direttore generale dell’Agenda digitale e prima era responsabile grazie a me della parte informatica delle Poste… e Vittorio Crecco… che era responsabile dell’informatica dell’Inps ok? Vi sto raccontando la storia… sei mesi prima andiamo ad Arcore, Vittorio Crecco che è un genio assoluto, è inversamente proporzionale alla sua altezza, dice al Cavaliere di dare un milione ai pensionati e gli fece tutta l’operazione 7-8 mesi prima ancora che le elezioni ci furono qui… questo è impazzito”.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » gio lug 07, 2016 7:22 am

Milano, le mani di Cosa nostra sugli appalti in Fiera ed Expo: 11 arresti, confische milionarie
Le società legate alle cosche mafiose avrebbero anche ottenuto lavori per la costruzione di alcuni padiglioni, tra cui Francia, Qatar, Guinea. Boccassini: "Un fiume di soldi in nero dalla Lombardia diretto in Sicilia, già sequestrato un milione in contanti". Il sindaco (ex commissario dell'Esposizione) Sala: "Legalità, battaglia che non si ferma mai"
di EMILIO RANDACIO
06 luglio 2016

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... ef=HRER3-1

Undici arresti per associazione a delinquere finalizzata a favorire gli interessi di Cosa nostra. Con interessi e affari con la potente Fiera - quella, per intenderci, che organizza anche la Bit, la Borsa Italiana del Turismo - ma anche con lavori per Expo. Un giro di appalti di quasi 20 milioni di euro, dal 2013 a oggi. Ma non solo. La società consortile Dominus Scarl, quella al centro dell'inchiesta, "lavora quasi esclusivamente con Nolostand spa, società interamente controllata da Fiera Milano, e si occupa di allestimento degli stand nei siti espositivi dell'ente. E proprio in virtù di tale rapporto imprenditoriale e commerciale - scrive il gip Maria Cristina Mannocci nell'ordinanza d'arresto - ha effettuato lavori di allestimento e smontaggio per Expo 2015 o presso alcuni padiglioni dell'Esposizione mondiale, sia direttamente che attraverso alcune consorziate". Gli inquirenti spiegano, comunque, che "non sono state individuate responsabilità penali in capo a Ente Fiera né Expo".

Le mani della Mafia sulla Fiera, nell'inchiesta anche quattro padiglioni di Expo

Venti milioni di appalti in tre anni. Gli uomini del Gico della Guardia di finanza di Milano hanno eseguito le 11 misure cautelari nei confronti di persone sospettate di aver ottenuto in tre anni 20 milioni di appalti per l'ente Fiera attraverso la Nolostand, società totalmente controllata dall'ente Fiera che ora è stata commissariata su richiesta della Dda dal giudice Fabio Roja. Nell'ordinanza non risultano indagati tra i dipendenti della Fiera. Gli arrestati, accusati a vario titolo anche di riciclaggio e frode fiscale, sono punto di riferimento della famiglia mafiosa di Pietraperzia (Enna). Tra le commesse ottenute, secondo le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e affidate ai pm Sara Ombra e Paolo Storari, ci sarebbero anche quattro padiglioni per Expo 2015: Francia, Qatar, Guinea Equatoriale e dello sponsor Birra Poretti. Contestualmente all'ordinanza del gip, è scattato anche un sequestro preventivo: "Circa un milione di euro in contanti" ha chiarito Boccassini.

Appalti Fiera Milano ed Expo, Boccassini: "Mafia anche in Lombardia, segnale preoccupante"

Il procuratore Greco: "Vicenda inquietante". "L'operazione - è il commento del procuratore capo di Milano, Francesco Greco - dimostra l'interconnessione fra organizzazioni criminali e realtà economica. Qui si parla di fondi neri, operazioni estere, evasione fiscale, che è uno dei sistemi più diffusi di accumulo di proventi illeciti". Quanto al ruolo di uomini legati a Cosa nostra negli appalti di Expo, il procuratore dice: "Le organizzazioni criminali sono riuscite a inserirsi nelle partecipate pubbliche. Questa è una circostanza inquietante".

Boccassini: "Fiume di denaro in nero da Milano fino alla Sicilia". Ilda Boccassini, a capo del dipartimento Antimafia della procura, si concentra sulla "incredibile quantità di denaro sottratto al fisco da parte di imprenditori lombardi e siciliani. Un fiume di denaro contante, prodotto e transitato in nero che partiva da Milano e arrivava in Sicilia". In particolare, "c'erano imprenditori che pagavano operai per farsi costruire in casa veri e propri imboschi per il denaro contante". Sul giro di affari delle società coinvolte, Boccassini dice: "In pochi mesi, le società osservate hanno generato proventi per 20 milioni di euro, in parte trasferiti in Slovacchia e Romania". Sul tenore criminale degli arrestati, il procuratore aggiunto dice: "Sono consistenti i legami con famiglie mafiose di Castelvetrano tra cui quella di Messina Denaro". Per quanto riguarda i flussi di denaro, l'ordinanza chiarisce che i fiumi di soldi ottenuti con gli appalti alla Fiera di Milano, tornavano in Sicilia in borse di plastica, valigie e perfino in un canotto. E pure su un camion, come quello diretto in Sicilia a bordo del quale sono stati trovati "400mila euro in contanti - spiega Boccassini - Altri 300mila erano nella disponibilità dell'avvocato di Caltanissetta, Danilo Tipo, e altri 300mila in contanti a casa di Giuseppe Nastasi".

Bindi: "La mafia ormai insediata in Lombardia"

Le figure principali dell'inchiesta. Secondo l'ordinanza, le indagini, avviate nel 2014, hanno dimostrato "una serie di elementi relativi all'infiltrazione mafiosa in seno alla Fiera di Milano spa". La figura principale dell'inchiesta è quella di Giuseppe Nastasi, "un imprenditore che si occupa di allestimenti fieristici e che, insieme ad altri soggetti che fungono da prestanome, commette una serie di reati tributari per importi assai rilevanti". Nell'ordinanza si legge che "Nastasi è apparso subito in rapporti molto stretti con Liborio Pace (con cui è socio), già imputato per appartenenza alla famiglia mafiosa di Pietraperzia e che dalle indagini appare come elemento di collegamento con detta famiglia partecipando all'attività di riciclaggio del denaro provento dei reati tributari".

"I presunti mafiosi in costanti rapporti con vertici della società controllata da Fiera". Pace e Nastasi "intrattenevano costanti rapporti con i dirigenti e gli organi di vertice della Nolostand, al fine di ottenere l'aggiudicazione o di assicurarsi il rinnovo dei contratti di appalto dei servizi di trasporto e facchinaggio dei siti fieristici". A scriverlo è il giudice Roja che si è occupato del commissariamento di Nolostand. "Pace e Nastasi - continua - avevano, quali interlocutori privilegiati, Enrico Mantica, in qualità di direttore tecnico ed ex amministratore delegato di Nolostan spa, per la risoluzione di problematiche lavorative e Marco Serioli, amministratore delegato di Nolostand spa". Entrambi i manager, allo stato, non risultano indagati.

Quando Boccassini denunciò: "Ci sono imprenditori consapevoli e interessati"

Sala: "La battaglia della legalità non si ferma mai". Dopo aver appreso dell'inchiesta, il sindaco di Milano (ed ex commissario Expo) Giuseppe Sala ha commentato: "Abbiamo lavorato e stiamo lavorando per proteggere Milano dalle infiltrazioni malavitose. Risultati importanti sono stati ottenuti, ma la la forza delle organizzazioni criminali non può essere sottovalutata. La battaglia per la legalità non deve fermarsi mai". Anche Roberto Maroni, presidente della Regione è intervenuto parlando di "grande preoccupazione". La Lombardia è azionista di Fiera.

Mafia e appalti Expo, Sala: "Nessun coinvolgimento"

Amministratori e professionisti "non hanno voluto vedere". Oltre alla responsabilità penali c'è il capitolo che ha a che fare con il controllo. Il gip Mannocci parla di "amministratori di aziende di non piccole dimensioni, consulenti, notai e commercialisti che, in sostanza, non hanno voluto vedere quello che accadeva intorno a loro (per alcuni si profila peraltro un atteggiamento che va oltre la connivenza, già di per sé gravissima, visto il ruolo professionale di costoro)". In questo senso l'aggiunto Boccassini parla del commissariamento preventivo della Nolostand come di "un messaggio ai grossi gruppi, alle multinazionali, per dire 'guardate, con i vostri comportamenti colposi state consentendo infiltrazioni di associazioni mafiose".

Cantone: "Anac non doveva controllare quegli appalti". Sull'incheista milanese e sul controllo degli appalti interviene anche il Presidennte dell'Anticorruzione, Raffaele Cantone: "Esprimo gratitudine alla Procura di Milano per l'attività svolta" e "sottolineo come le indagini non mettono in discussione la regolarità degli appalti fatti da Expo e controllati da Anac - spiega Cantone - riguardano subappalti che non dovevano essere oggetto di controllo da parte di Anac o lavori in padiglioni esteri sottratti alla legislazione nazionale".

Arresti Expo, Maroni: "Indagine utile per le zone d'ombra, verificherò anche io "

Parte un'indagine interna alla Fiera. In una nota diffusa in serata, la Fiera di Milano ribadisce "che nessuna responsabilità penale è emersa dalle indagini della
Dda in capo a Fiera Milano o a Expo spa, essendo peraltro l'indagine specificamente focalizzata sul consorzio Dominus collegato al gruppo da un mero rapporto di fornitura", assicura piena collaborazione con gli inquirenti e conclude annunciando "l'istruzione di un'indagine interna diretta a verificare in tempi rapidi, e nel caso sanzionare, eventuali comportamenti omissivi".



Quella tempistica che favorisce la sinistra
Quello che tutti temevano è successo. Puntuale, a differenza della procura di Milano
Giannino Della Frattina - Gio, 07/07/

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 80285.html

Quello che tutti temevano è successo. Puntuali come i treni al tempo di Mussolini, le mani delle famiglie mafiose si sono allungate sul mega business dell'Expo.

Molto meno puntuale, forse, è stata la procura di Milano che prima di disporre 11 arresti per associazione a delinquere finalizzata a favorire gli interessi di Cosa nostra, ha aspettato che l'allora commissario Expo Giuseppe Sala, poi candidato dal centrosinistra a sindaco di Milano (e i cui più stretti collaboratori sono da tempo finiti in carcere), vincesse la sua sfida elettorale.
Di pochi voti, tanto che viene ora da chiedersi come sarebbe andata a finire la partita con Stefano Parisi se le manette per gli appalti sui padiglioni Expo fossero scattate 15 giorni prima del voto e non 15 giorni dopo.
Nervo scoperto per i magistrati, visto che ieri dopo aver convocato una conferenza stampa per raccontare le meraviglie dell'indagine, se ne sono andati seccati quando è stato chiesto loro conto di una tempistica quantomeno sospetta e di un «modello Milano» che non ha saputo tenere di fronte alle infiltrazioni della mafia.
Il solito brutto atteggiamento di magistrati che non vedono come la libertà di informazione non preveda domande buone o domande cattive, ma solo buone risposte a domande comunque legittime. A meno che ancora una volta la corporazione non abbia voluto chiudersi a riccio per difendere il collega Raffaele Cantone, quel commissario dell'Autorità nazionale anticorruzione che era stato chiamato al capezzale dell'Expo dopo la raffica di arresti e che era stato presentato come l'unico taumaturgo capace del miracolo di un grande evento mafia free. E, invece, non è stato così. Per Expo e Fiera non ci sono responsabilità penali, precisa la procura.
Ma è un fatto che i controlli non abbiano funzionato e che le responsabilità ci debbano essere se la mafia è arrivata nel cuore dell'Expo, a costruire i suoi padiglioni più importanti come quello della Francia. E vien da chiedersi dentro quale baratro sia finito il Paese se le cosche di Pietraperzia e Castelvetrano, che dette i natali a Giovanni Gentile e oggi ricorda i Messina Denaro, possono permettersi di far scorrere «un fiume di soldi in nero» dentro l'evento più importante e più sorvegliato degli ultimi decenni. Facendo diventare, alla faccia del «Modello Milano» tanto vantato da Sala e da Renzi, Expo e Fiera Milano il bancomat di Cosa nostra. Ma gettando qualche ombra anche sulla magistratura sospettata, come fatto intravedere in un'intervista l'ex procuratore Bruti Liberati, di aver concesso all'Expo una «moratoria» che ha congelato chissà quante indagini. Alla faccia dell'obbligatorietà dell'azione penale e del «non poteva non sapere». Moratoria prolungata alla chiusura di Expo a ottobre dalla decisione di Renzi di candidare Sala sindaco.
E adesso? Finisce qui o ci sono altri fascicoli nel congelatore dei magistrati da tirar fuori?
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » mer lug 13, 2016 1:49 pm

Mariti, fidanzate e amici degli amici, la parentopoli M5S
All'ombra del Campidoglio incarichi di sottogoverno distribuiti "in famiglia" e trucchi per aggirare il vincolo dei due mandati
di GIOVANNA VITALE
13 luglio 2016

http://www.repubblica.it/politica/2016/ ... -143955443

ROMA. Il Movimento di lotta si fa di governo e i vizi della vecchia politica, che a parole si dice di voler combattere, tornano puntuali come un orologio svizzero. Basta guardare cosa sta accadendo a Roma: non solo la rissa fra correnti, ma pure incarichi di sottogoverno distribuiti a go-go a mogli, fidanzate, portaborse. Il peggio del familismo amorale sempre denunciato dai grillini, ora applicato in Campidoglio con metodo scientifico. Antipasto del banchetto che verrà, visto che le nomine più pesanti, circa 300, a cominciare dallo staff della neosindaca, devono ancora venire.

L'inizio non fa ben sperare. I primi passi dei pentastellati seguono liturgie da prima Repubblica: legami di sangue, d'amore o d'amicizia trasformati in poltrone, dunque in stipendi. Specie alla periferia dell'impero, dove è più facile sfuggire ai controlli. Accade allora nel popoloso III municipio che Giovanna Teodonio, moglie di Marcello De Vito, protegé della deputata Roberta Lombardi, il più votato in assemblea capitolina di cui è diventato presidente, venga reclutata come assessore alla Sicurezza del personale e Polizia locale. Una parentela da lei stessa rivendicata su Fb. Mentre per favorire la fidanzata del bis-consigliere comunale Enrico Stefàno si è dovuto ricorrere a un escamotage: la 27enne Veronica Mammì, uscente in VI municipio, è stata traslocata in VII, dove ha ricevuto la delega al Sociale. Uno spostamento tattico, raccontano fonti interne al Movimento, necessario per aggirare il tetto dei due mandati consecutivi. Così si salta un giro, ma si riscuote comunque un incarico, in attesa delle prossime consultazioni. Che, per la Mammì, già portaborse della deputata Daga, potrebbero essere le Politiche o le Regionali, fra un anno o due.

Una strategia molto in voga fra i grillini. Alla faccia della sbandierata diversità a 5 stelle. I quali, per selezionare la classe dirigente, usano ormai lo stesso criterio degli altri partiti: la fedeltà. Alle persone che contano, prima che ai principi. Capita perciò che l'assistente alla comunicazione del deputato Enrico Baroni, Mario Podeschi, venga nominato assessore al Sociale in V municipio. Mentre l'architetto Giacomo Giujusa - consulente per le tematiche ambientali dell'onorevole Vignaroli, compagno della senatrice Taverna - conquisti la delega all'Ambiente e Lavori pubblici in XI. Con il dipendente Atac Alfredo Compagna, appena eletto presidente in XIV, a suo tempo candidato per aver condiviso i banchi di scuola con Andrea Severini, marito separato di Virginia Raggi, che proprio in quel territorio risiede. Dove è risultato eletto pure il suo avvocato, che però poi ha rinunciato.

È infatti la famiglia il canale privilegiato dei 5 stelle per entrare nelle istituzioni. La prova è l'VIII municipio: in consiglio siedono Teresa Leonardi (40 preferenze) ed Eleonora Chisena (91), madre e figlia; Giuseppe Morazzano (41 voti) e Luca Morazzano (34), padre e figlio. Basta una vasta parentela, un po' di organizzazione e il seggio è assicurato. Da declinare nella "variante Mastella", ovvero le coppie che fanno carriera insieme. Daniele Diaco e Silvia Crescimanno erano fidanzati quando, nel 2013, approfittando della doppia preferenza di genere, divennero entrambi consiglieri in XII. Nel frattempo si sono sposati: oggi lei è presidente del municipio, lui ha preso uno scranno in Campidoglio. Dove, nello staff della neosindaca, sta per
entrare Francesco Silvestri, ex collaboratore del senatore Endrizzi, già fidanzato di Ilaria Loquenzi, capo comunicazione alla Camera. In ossequi alla teoria Nugnes, verace senatrice partenopea: "Quando scegliamo il nostro esercito, i soldati devono essere fedeli".
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » gio lug 14, 2016 8:08 pm

Presentata in Senato la relazione 2015 dell'Autorità nazionale anticorruzione. "Su infrastrutture problema atavico legato a tangenti". Richiesta al governo di "sbloccare le risorse già disponibili" per far funzionare meglio l'Autorità. I nodi del whistleblowing, le inadempienze della pubblica amministrazione su trasparenza e piani anticorruzione. In un anno tremila segnalazioni su appalti e forniture pubbliche. Roma, "Metro C, decidere su prosieguo dell'opera"
di F. Q. | 14 luglio 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... 15/2904511

Il disastro ferroviario in Puglia “evidenzia purtroppo un oggettivo collegamento con i temi” di cui si occupa l’Anac. Lo afferma Raffaele Cantone, presentando in aula Koch al Senato la relazione 2015 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, presenti fra gli altri il presidente dell’assemblea di Palazzo Madama Pietro Grasso e il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Lo scontro fra due convogli, costato al vita a 23 persone, “è frutto probabilmente di un errore umano, ma anche conseguenza di un problema atavico del nostro Paese di mettere in campo infrastrutture adeguate ed una delle ragioni di ciò è da individuarsi nella corruzione”. Molte opere pubbliche, soprattutto al Sud, si sono “arenate”, come “l’anello ferroviario di Palermo che, messo a bando nel giugno 2006, nell’ottobre 2015 registrava un avanzamento fisico pari al 3% dell’importo dei lavori, e dell’autostrada A14 Bologna-Taranto, per la quale sono stati sottoscritti ben tre accordi transattivi”.

L’intervento del presidente dell’Anac in Senato è un atto d’accusa sulle troppe cose che ancora non funzionano a dovere nel contrasto alle tangenti, dall’implementazione del “whistleblowing” – la segnalazione di illeciti e malaffare dall’interno di enti e aziende – ai piani anticorruzione della pubblica amministrazione, dalla trasparenza degli enti locali alle risorse dell’Anac, a cui la mancata azione del governo impedisce “di investire risorse che l’Autorità ha già a disposizione”.

ANAC, I FONDI BLOCCATI. Si ritiene non più procrastinabile intervenire sull’articolo 19 del decreto 90 che impedisce oggi all’Autorità di investire le risorse che ha già a disposizione”, ha denunciato il magistrato. “Rimuovere questo vincolo non significa aprire il rubinetto della spesa, ma permettere all’Anac, senza oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche, di rafforzare le proprie competenze e professionalità, di offrire a cittadini e operatori del mercato strumenti e servizi indispensabili e, soprattutto, di portare avanti i tanti progetti utili per la prevenzione della corruzione”.

WHISTLEBLOWING: “PARZIALE INSUCCESSO”. Nel merito dei provvedimenti anticorruzione, Cantone rileva un un “parziale insuccesso” del whistleblowing, a tutela del quale la Camera ha approvato una legge a gennaio, che però deve ancora affrontare il passaggio in Senato. “Nel 2015 – osserva Cantone – le segnalazioni pervenute direttamente all’Anac (ben 200) sono aumentate anche se raramente si sono rivelate utili, perché provenienti in gran parte da soggetti che non avevano trovato soddisfazione con la denuncia all’autorità giudiziaria o all’interno della propria organizzazione”. Le “constatate e innegabili criticità”, però, non giustificano “l’accantonamento” della pratica, che vuole “esaltare l’importanza, anche etica, del contributo collaborativo dei pubblici dipendenti”. Anche il presidente Grasso – che ha rimarcato come il Parlamento ci abbia messo tra anni a recepire il suo testo anticorruzione – ha esortato il Parlamento ad adottare “strumenti ben più efficaci per far emergere un fenomeno così pervasivo, dannoso per l’economia, le casse dello Stato e i servizi ai cittadini”.

In generale, però, da parte dei cittadini c’è un “risveglio”, mostrato dall’aumento delle segnalazioni di anomalie su appalti di lavori, servizi e forniture, passate da circa 1.200 del 2014 a quasi 3mila nel 2015, “generando l’apertura di circa 1.880 fascicoli (con un balzo di oltre il 50% rispetto al 2014)”

PIANI ANTICORRUZIONE? FATTI SOLO PER EVITARE GUAI. Tra le note dolenti, la lentezza della pubblica amministrazione ad adeguarsi agli obblighi previsti dalla legge anticorruzione del 2012, soprattutto su fronte della prevenzione di cricche e mazzette. I Piani triennali di prevenzione della corruzione, che ogni pubblica amministrazione deve predisporre, sono stati finora di qualità “modesta”. Il Piano nazionale del 2013, ha detto Cantone, è “rimasto sostanzialmente ‘un pezzo di carta”, anche se l’Anac ne ha sfornata una nuova versione nel 2015. L’analisi del contesto esterno è assente per oltre l’84% dei casi, la mappatura dei processi delle aree a rischio obbligatorie è di scarsa qualità e analiticità in circa tre quarti dei casi, mentre le misure di trattamento del rischio sono adeguate solo in 4 casi su 10. Criticità confermate anche dall’attività di vigilanza: nel corso del 2015 sono stati aperti 929 procedimenti istruttori, alcuni relativi a importanti amministrazioni come Roma Capitale e il ministero dello Sviluppo economico. Oltre alla scarsità di risorse, Cantone evidenzia da parte dei funzionari responsabili “l’atteggiamento di mero adempimento formale, limitato ad evitare le responsabilità in caso di mancata adozione del Piano”. E i responsabili della prevenzione della corruzione? “E’ sempre più evidente” il loro “isolamento”, dovuto al “sostanziale disinteresse degli organi di indirizzo politico, che il più delle volte si limitano a ratificare il suo operato, approvando il Piano senza alcun approfondimento o supporto reale all’attività”.

TRASPARENZA? INADEMPIENZE AL 16,5%. Si registrano buchi sul fronte della trasparenza, altra medicina preventiva rispetto a mazzette e favoritismi. “Permane a oggi una piccola parte di amministrazioni (il 16,5%) che non si è dotata, all’interno del proprio sito, della sezione ‘Amministrazione trasparente‘, il contenitore di tutte le informazioni da pubblicare”.

ROMA, METRO C: “PENSARE AL PROSIEGUO DELL’OPERA”. Un capitolo della relazione è dedicato al caso Roma (il cui neosindaco Virginia Raggi era presente in Senato). A cominciare dalla grande incompiuta del Metro C, oggetto di un’inchiesta penale con 13 indagati. “Colpisce il fatto che il progetto posto a base di gara era carente di adeguate indagini preventive per una parte molto estesa del tracciato”, si legge. “Considerato il rilevante incremento di tempi e costi, l’Autorità ha invitato i soggetti coinvolti ad assumere ponderate decisioni circa il prosieguo dell’opera”. Con riferimento a Roma Capitale “le verifiche sulla gestione di ben 1.850 procedure, non ad evidenza pubblica, hanno mostrato numerosi e gravi conflitti di illegittimità”. L’Autorità ha rilevato un “ricorso generalizzato a procedure sottratte al confronto concorrenziale; la carenza/omissione della verifica dei requisiti di partecipazione alle procedure negoziate degli operatori economici; un improprio ricorso all’affidamento diretto di servizi a cooperative sociali” e “carenze/omissioni nella verifica dell’esecuzione del contratto”.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » sab lug 23, 2016 6:08 am

Corruzione, le carte dell'inchiesta Tangenti in cassette di sicurezza e a casa le sentenze da ricopiare
Fiorenza Sarzanini
Milano, 22 luglio 2016 - 00:07
Tra i documenti sequestrati, il ricorso di Berlusconi contro Bankitalia. Per i pm, i giudici del Consiglio di Stato avrebbero accontentato le richieste di politici e manager

http://www.corriere.it/cronache/16_lugl ... c077.shtml

Sentenza di accoglimento del ricorso di Silvio Berlusconi contro il provvedimento di Bankitalia che imponeva la cessione delle quote di Mediolanum. È uno dei documenti sequestrati per ordine dei magistrati romani a casa del funzionario di Palazzo Chigi Renato Mazzocchi, indagato per riciclaggio e corruzione. E tanto basta per capire quale direzione abbia imboccato l’inchiesta sulla «rete» di faccendieri e politici sospettati di aver «aggiustato» numerosi processi. Ma anche di aver pilotato appalti, assunzioni e nomine. Altre mazzette sono state trovate nella cassaforte di uno degli imprenditori arrestati il 4 luglio scorso durante il blitz del Nucleo Valutario della Guardia di Finanza. Secondo il giudice sono i «fondi neri» accantonati per pagare le tangenti necessarie ad ottenere le proroghe di un appalto dell’Inps. Sono svariati i filoni di indagine aperti dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Stefano Fava. E tutti si concentrano sui contatti e i legami di Raffaele Pizza e Alberto Orsini, ritenuti le «menti» dell’organizzazione che poteva contare sulla disponibilità di politici, manager e magistrati che avrebbero accontentato le loro richieste in cambio di soldi. L’ultimo riguarda proprio l’operato dei giudici del Consiglio di Stato.

Le sentenze e le copie a mano

Oltre ai 247 mila euro conservati nelle confezioni di spumante, Mazzocchi aveva nella propria abitazione numerose sentenze del Consiglio di Stato. Alcune sono «segnate» con appunti e «post it». Ma il sospetto maggiore riguarda il fatto che oltre agli originali (che potrebbero anche essere state scaricati dal sito internet) nei fascicoli custoditi dal funzionario c’erano anche le «minute», cioè le bozze. E dunque bisognerà scoprire in che modo si sia procurato i documenti, quali contatti abbia con i giudici di palazzo Spada e soprattutto quali compiti gli siano stati affidati dal parlamentare Ncd Antonio Marotta (indagato per associazione per delinquere, corruzione e traffico d’influenza) al quale era legato da un rapporto stretto. Anche tenendo conto che un paio di anni fa Mazzocchi avrebbe collaborato, seppur saltuariamente, proprio con uno dei magistrati amministrativi di secondo grado. Alcune sentenze non contengono l’indicazione delle parti, altre sono invece complete.

Il Cavaliere e le quote di Mediolanum

La più importante è certamente quella emessa nel marzo scorso per rispondere al ricorso di Silvio Berlusconi. Dopo la condanna definitiva a quattro anni nel processo per i diritti Tv, Bankitalia impose al Cavaliere di cedere «la propria quota in Mediolanum oltre il 9,9 per cento, ovvero il 20 circa, che valeva circa 1 miliardo di euro». Era il 7 ottobre 2014. Secondo Palazzo Koch Berlusconi non era più in possesso dei «requisiti di onorabilità» necessari per essere soci al 10 per cento in un gruppo bancario e dunque doveva cedere una parte del proprio patrimonio che Fininvest poteva conferire in un trust per poi vendere. Il leader di Forza Italia decise di ricorrere al Tar, ma gli fu dato torto. Non si arrese e presentò una nuova istanza al Consiglio di Stato. Quattro mesi fa i giudici (presidente Francesco Caringella, estensore Roberto Giovagnoli) gli danno ragione, accogliendo la tesi secondo cui le quote erano già detenute prima del passaggio dal sistema assicurativo a quello bancario. Adesso sarà Mazzocchi a dover chiarire come mai custodiva tutta la documentazione — anche riservata — relativa a quel pronunciamento, da chi l’abbia avuto e soprattutto a quale scopo.

La cassetta di sicurezza e le tangenti Inps

E diverse spiegazioni dovrà fornirle Roberto Boggio, l’imprenditore titolare della «Transcom WorldWide» che ha ottenuto l’appalto per la gestione del call center dell’Inps nel maggio 2010 ed è indagato per emissione di fatture false per oltre 210 mila euro. Nella sua cassetta di sicurezza «presso la Banca di Credito Bergamasco, Agenzia 1, sono stati trovati contati pari a 77.880 euro». Secondo le indagini Boggio ha «subappaltato fittiziamente una parte del lavoro alla “Dacom Service”». Scrive il giudice nella convalida del sequestro dei soldi: «Dagli accertamenti bancari è risultato che il beneficiario finale delle rimesse provenienti dalle società è Raffaele Pizza per l’interessamento da questi manifestato per assicurare a Boggio le proroghe dell’appalto, sino all’ultima, in scadenza a giugno 2016». Adesso si sta cercando di scoprire con chi — all’interno dell’Inps — Pizza abbia diviso le «mazzette».
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » sab lug 23, 2016 6:20 am

Nel mirino membri dello cosche reggine Maxi-operazione contro la 'ndrangheta: indagato il vice presidente del consiglio calabrese
19 luglio 2016

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 146fa.html

Nei confronti di D'Agostino viene ipotizzato il reato di intestazione fittizia di beni, aggravata dall'avere agevolato la 'ndrangheta Tweet 'Ndrangheta: Ros scopre cupola segreta, 5 arresti. Interagiva con politica e istituzioni 'Ndrangheta, 10 fermi in tutta Italia: tra gli indagati funzionari pubblici e imprenditori 'Ndrangheta, capo ultras Juventus suicida: indagine su rapporti tra cosche e curve 'Ndrangheta, in manette chi nascose e aiutò superlatitanti Crea e Ferraro. Nel covo armi e ostriche 19 luglio 2016 Il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco D'Agostino (eletto nel 2014 con la lista "Oliverio presidente") è una delle persone indagate in stato di libertà nell'inchiesta Alchemia della Dda di Reggio Calabria. Nei confronti di D'Agostino viene ipotizzato il reato di intestazione fittizia di beni, aggravata dall'avere agevolato la 'ndrangheta. D'Agostino, che stamani ha avuto perquisiti casa e ufficio, non sarebbe indagato, secondo quanto si è appreso, in qualità di politico. Interessi in settori strategici, quali il movimento terra, l´edilizia, l´import-export di prodotti alimentari, la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse on line, la lavorazione dei marmi, autotrasporti, smaltimento e trasporto di rifiuti speciali. E, tra i vari interessi, c'erano anche dei sub-appalti già aggiudicati per la realizzazione Terzo Valico, attualmente in fase di costruzione con l´avvenuta cantierizzazione di siti afferenti al settore ligure/piemontese. E, allo scopo di agevolare l´inizio dei lavori, alcuni affiliati hanno anche sostenuto il movimento "SI´ TAV". Sono solo alcuni degli aspetti della operazione della polizia di Stato e della Dia che oggi hanno eseguito 42 misure cautelari - 34 in carcere, 6 ai domiciliari e 2 interdittive dall´esercizio di un pubblico ufficio - a carico di altrettanti soggetti appartenenti ed affiliati alla `ndrangheta delle cosche reggine "Raso - Gullace - Albanese" e "Parrello - Gagliostro", indagati per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. L´inchiesta, denominata "Alchemia", si è sviluppata in due fasi operative: una condotta dal centro operativo Dia di Genova, in collaborazione con quelli di Reggio Calabria e Roma, nei confronti di elementi affiliati alla cosca mafiosa "Raso-Gullace-Albanese" di Cittanova (RC); l´altra, coordinata dal servizio centrale operativo della Polizia di Stato, condotta dalle squadre mobili delle Questure di Genova, Reggio Calabria e Savona, su appartenenti alla medesima consorteria mafiosa ed a quella denominata "Parrello-Gagliostro" di Palmi. Affiliati alla cosca cittanovese operanti in Liguria hanno confermato il loro profilo di pericolosità e di solido collegamento con la "casa madre", evidenziando ancora una volta il rilevante ruolo della Liguria nelle dinamiche e negli interessi della `ndrangheta nel Nord Italia. E´ stata anche documentata la partecipazione a diversi summit mafiosi da parte degli indagati, sancendo la loro intraneità all´organizzazione criminale di matrice calabrese. Inoltre è stata accertata la rituale affiliazione di figli di `ndranghetisti al momento del compimento della maggiore età. Sono state comprovate relazioni con esponenti della politica reggina, anche a livello nazionale, funzionali ad un reciproco scambio di favori, che hanno confermato l´interesse che le cosche hanno nel coltivare le indispensabili connessioni con il mondo politico. Altri rapporti intrattenuti con le medesime finalità sono stati riscontrati con funzionari dell´Agenzia delle Entrate e della Commissione Tributaria di Reggio Calabria. Particolarmente intensi sono stati i rapporti accertati tra le imprese della cosca "Raso - Gullace- Albanese" e gli amministratori di alcuni comuni liguri, il cui operato è stato oggetto di condizionamento, anche mediante la sollecitazione al pagamento indebito di somme di denaro, con specifico riferimento alla fornitura di servizi in materiale ambientale. Le imprese edili e di movimento terra riferibili alla cosca "Raso - Gullace - Albanese", hanno acquisito anche appalti dalla Cooperativa "Coopsette", attraverso la corruzione di dipendenti infedeli che assegnavano le commesse a seguito dell´approvazione di preventivi appositamente "gonfiati", così consentendo un maggior guadagno alle imprese mafiose e assicurarsi il pagamento di un corrispettivo. L'attività investigativa ha permesso infine di documentare gli stretti rapporti e la sussistenza di interessi economici comuni tra la cosca "Raso - Gullace - Albanese" e quella dei "Parrello-Gagliostro" di Palmi (RC), i cui affiliati gestiscono numerose società - attive prevalentemente nel settore dei servizi di igiene ambientale con sedi in Lombardia, Emilia Romagna e Calabria - intestate a prestanome che, grazie a compiacenti imprenditori e manager genovesi e romani, avevano acquisito, tra gli altri, il sub-appalto per i servizi di igiene civile e industriale di "Poste Italiane S.p.a." e "Alleanza Assicurazioni S.p.a." in provincia di Reggio Calabria. "In particolare - spiega la procura - appare interessante la tendenza della `ndrangheta ad investire i propri capitali illeciti nel settore della produzione e commercializzazione di lampade a led". Inoltre, sono stati documentati investimenti all'estero nel settore immobiliare mediante una serie di operazioni realizzate in costa Azzurra, nelle Canarie ed in Brasile, attraverso il riciclaggio di capitali di provenienza illecita e la contestuale acquisizione di disponibilità finanziarie in quei Paesi in forza di rapporti instaurati con fiduciari locali. E´ stato, infine, eseguito il sequestro preventivo di beni mobili, immobili, depositi bancari di 21 società, la maggior parte delle quali con sedi in Liguria, Piemonte, Lombardia, Lazio e Calabria, riconducibili alle consorterie mafiose per un valore complessivo di circa 40 milioni di euro. La Dda aveva chiesto l'arresto, non autorizzato dal gip, dell'onorevole Galati La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria aveva chiesto l'arresto di due parlamentari in carica nell'ambito dell'operazione che stamane ha portato in carcere 40 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. Si tratta del deputato Giuseppe Galati (Ala) e del senatore Antonio Caridi (Gal). Le richieste sono state rigettate dal Gip. Su Caridi, peraltro, pende una richiesta di autorizzazione all'arresto nell'ambito di un'altra inchiesta della Dda reggina, quella denominata "Mamma Santissima". Le richieste d'arresto sono state presentate dal procuratore Capo Federico Cafiero De Raho, dal suo aggiunto Gaetano Paci e dai sostituti Di Palma e Pantano. Secondo quanto si apprende, nel caso di Galati il Gip non aveva ritenuto sufficienti gli elementi necessari per giustificare l'arresto, mentre nel caso di Caridi, sempre secondo il Gip, le accuse sarebbero state assorbite nell'ambito della richiesta d'arresto formulata nell'inchiesta "Mamma Santissima
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » dom ago 07, 2016 8:07 pm

Telethon. Dirigenti pagati più di 6.000 € al mese con le offerte dei telespettatori
31/07/2016

http://www.infoa5stelle.com/telethon-di ... spettatori

Gran parte dei soldi spesi in convegni, testi e campagne. Invece che per la ricerca scientifica

MARATONA TELETHON CON RAI E BNL: RETROSCENA INQUIETANTI DENUNCIATI DAL PARTITO ANIMALISTA EUROPEO.

A rischio la credibilità delle istituzioni, si faccia chiarezza
Stefano Fuccelli, il presidente del PAE denuncia:”Telethon destina solo il 35,5% alla voce “delibere per ricerca” tutto il resto ed esattamente il 64,5% è destinato ad altre voci : personale, servizi, spese materiale e di struttura, acquisti, ammortamenti, oneri commerciali oneri finanziari, altri oneri. La voce ‘Personale’ comprende compensi, stipendi, emolumenti dei dirigenti e dello staff di segreteria e non dei medici, ricercatori o scienziati. Circa 8 milioni di euro in un anno da spartire tra poche persone; mentre la voce ‘Servizi’ e ‘Spese materiali e di struttura’ comprende i costi di locazione, utenze, noleggio auto, viaggi aerei in business class, lussuosi hotel e ristoranti, ecc. sempre riferito ai dirigenti ed allo staff di segreteria. Circa 9 milioni di euro, il tutto vergognosamente esagerato.”

di Cinzia Marchegiani

Continua far parlare di se la maratona per la raccolta dei fondi che sulla rete ammiraglia italiana sta raccogliendo soldi per la fondazione Telethon iniziata l’8 dicembre. Caustico tuona il presidente del PAE, Partito Animalista Italiano:” che è iniziata la campagna mediatica per la raccolta fondi di Telethon sulle reti Rai all’insegna della menzogna, la conduttrice del programma La Vita in Diretta, Cristina Parodi insieme al direttore generale Telethon Francesca Pasinelli, nella presentazione dell’iniziativa ha dichiarato che l’intero importo delle donazioni viene destinato totalmente alla ricerca scientifica per sconfiggere le malattie genetiche e rare. Niente di più falso.”
Nel dettaglio Fuccelli spiega il motivo:”Telethon destina solo il 35,5% alla voce “delibere per ricerca” tutto il resto ed esattamente il 64,5% è destinato ad altre voci : personale, servizi, spese materiale e di struttura, acquisti, ammortamenti, oneri commerciali oneri finanziari, altri oneri. La voce ‘Personale’ comprende compensi, stipendi, emolumenti dei dirigenti e dello staff di segreteria e non dei medici, ricercatori o scienziati. Circa 8 milioni di euro in un anno da spartire tra poche persone; mentre la voce ‘Servizi’ e ‘Spese materiali e di struttura’ comprende i costi di locazione, utenze, noleggio auto, viaggi aerei in business class, lussuosi hotel e ristoranti, ecc. sempre riferito ai dirigenti ed allo staff di segreteria. Circa 9 milioni di euro, il tutto vergognosamente esagerato.”
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » dom ago 07, 2016 8:16 pm

La grande famiglia dei dipendenti Siae - Quattro su dieci legati da «parentela»
Stipendio di 64 mila euro e benefit: bonus lavanderia e di penna. Eppure ci sono 189 cause di lavoro

http://www.corriere.it/dilatua/Primo_Pi ... full.shtml



ECCO IL 46° SEGNALE DELLA RIPRESA: SIAE, DOVE IMPERA LA PARENTOPOLI
di LUIGI CORTINOVIS

http://www.miglioverde.eu/46-segnale-de ... arentopoli

Senza lo Stato chi proteggerebbe i diritti d’autore? Ovviamente i dipendenti SIAE, anzi “la grande famiglia dei dipendenti Siae, dove quattro su dieci sono legati da «parentela»”. Il loro stipendio? Di 64 mila euro e benefit tipo il bonus lavanderia.
Ha scritto Sergio Rizzo, sul Corriere della Sera: “Quanti lo ritengono un privilegio anacronistico non sanno che la Società degli autori ed editori è anche tecnicamente un gruppo familiare. Al 42 per cento. Nel senso che ben 527 dei 1.257 assunti a tempo indeterminato (il 42 per cento del totale, appunto) vantano legami di famiglia o di conoscenza. Ci sono figli, nipoti, mariti e mogli di dipendenti ed ex dipendenti. Ma anche congiunti di mandatari (cioè gli esattori dei diritti) di sindacalisti e perfino di soci. E poi rampolli di compositori e parolieri, perfino delle guardie incaricate della vigilanza nella sede centrale. La lista è sterminata, con intrecci che attraversano ogni categoria. Dei 559 entrati alla Siae durante gli anni per chiamata diretta, ben 268 sono parenti. Idem 57 dei 128 reclutati tramite il collocamento obbligatorio. E 55 dei 154 che hanno superato le selezioni speciali. Ma perfino 147 dei 416 assunti per concorso hanno rapporti di parentela”.
Non c’è nessuna speranza, nessuna! L’Italia morirà di tasse, burocrazia e corruzione, inventate sulla scorta di raccomandazioni europee, volute da lobby di pseudo-imprenditori che chiedono al governo di creare lavoro per sé stessi, sostenute da pseudo amministratori-burocrati che svolgono lavori inventati per legge e che vedono nello Stato il dio assoluto, dove le leggi sono promulgate da minus habens che di mestiere fanno i politici (ergo i parassiti), che ritengono doveroso pensare al nostro bene. Infine, il tutto, e tutti quanti sopra, sponsorizzati da un’opinione pubblica fatta di soubrette del perbenismo, che aborrono il libero mercato, manco sapendo cosa sia!
Buona fortuna!
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » mar set 13, 2016 9:38 pm

Atac, gli autisti invalidi guariscono dopo la visita
L'80% dei malati è risultato idoneo
Luca Romano - Lun, 12/09/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 05557.html

Per anni avevano evitato i faticosi turni di lavoro alla guida di un bus o di una metro in quanto inidonei.

Poi, è arrivata la visita medica e - miracolo - sono stati totalmente riabilitati. Altro che invalidi. Come rivela Il Messaggero, 160 dipendenti della partecipata avevano problemi fisici che impedivano loro di lavorare come conducenti. Così l'azienda aveva deciso di ricollocarli dietro la scrivania: lavoro d'ufficio. Peccato però che poi i vertici Atac abbiano deciso di avviare una serie di controlli straordinari. Risultato? Alle visite, su oltre 100 dipendenti l'80% è risultato in perfetta forma ed è tornato a lavorare in cabina.
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Re: Corusion tałiana e romana

Messaggioda Berto » lun set 19, 2016 6:28 am

Mose, il supertestimone che ha inguaiato politici e imprenditori: “Le tangenti in laguna? Tutto parte da Roma”
Piergiorgio Baita, ex amministratore delegato della Mantovani spa, ha concluso il suo interrogatorio come imputato di reato connesso nel processo per lo scandalo veneziano: "Mazzacurati sembrava geloso dei suoi contatti”
di Giuseppe Pietrobelli | 17 settembre 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09 ... ma/3038475

Quando parla Piergiorgio Baita, ex amministratore delegato della Mantovani spa, uno dei colossi italiana delle costruzioni, bisogna sempre tenere le orecchie ben aperte. Il manager che ha accusato politici e imprenditori, contribuendo a spalancare per molti di loro le porte del carcere (dopo esserci finito lui stesso), lo ha fatto in Tribunale a Venezia, concludendo il suo interrogatorio come imputato di reato connesso nel processo per lo scandalo Mose. In quel fiume di mazzette, pagamenti in nero, corruzioni pianificate, ha avuto un ruolo di primo piano. E questa volta, ai consueti verbali ha aggiunto una notazione non di poco conto: “Tutto parte da Roma, perché la salvaguardia di Venezia è un caso nazionale”.

Lo scandalo è esploso due anni fa per merito dei pubblici ministeri veneziani Carlo Nordio, Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola Tonini. Le sole persone coinvolte nella prima retata sono state 35. Ma mentre è in corso il dibattimento per 8 posizioni residue (ma non marginali, l’ex ministro Altero Matteoli, l’ex sindaco Giorgio Orsoni, l’ex eurodeputato Lia Sartori) su quel malaffare sembra da tempo calato il disinteresse dell’opinione pubblica. Quasi che la razzia di denaro pubblico per un’opera che sta costando alla collettività qualcosa come 5 miliardi e mezzo di euro (e non è ancora conclusa) fosse una questione locale. Ora le parole di Baita riportano all’attenzione il tema di una regia centrale o perlomeno di una grande distrazione istituzionale, che ha consentito al cancro di crescere attorno a un’opera come il Mose e dentro l’elargizione di denaro pubblico.

Sembrano tornati i tempi di Tangentopoli, in cui tutti rubavano e incassavano in sede locale, protetti da un accordo di spartizione a livello centrale tra Democrazia Cristiana, Partito Socialista e anche (seppur in forme originali) Partito Comunista. Baita, in Tribunale, ha alzato il tiro, dicendo quella che solo in apparenza è una ovvietà. Gli intrecci del sistema creato da Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, dalle società che vi facevano parte e da Baita era tutt’altro che locale. Non poteva esserlo. Per reggersi, per non essere smascherato sul nascere, non poteva che avere una copertura nazionale.
La prova? I personaggi coinvolti, al di là del fatto che abbiano patteggiato, confessato, negato, o siano ancora in attesa di una sentenza. Prendete due ministri della Repubblica, Giancarlo Galan e Altero Matteoli del Pdl. Oppure un consigliere del ministro dell’Economia, come Marco Mario Milanese. Due presidenti del Magistrato alle Acque di Venezia, Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva. Un generale della guardia di Finanza, Emilio Spaziante. Il sindaco di una città come Venezia, Giorgio Orsoni (centrosinistra). L’assessore ai trasporti di lungo corso della Regione Veneto, Renato Chisso (Pdl). Un consigliere regionale del Pd, Giampietro Marchese. Un magistrato della Corte dei Conti, Vittorio Giuseppone. Un parlamentare europeo, come Lia Sartori (Pdl). E un manipolo tra imprenditori, amministratori delegati, funzionari pubblici, al cui vertice va collocato Mazzacurati, “padre” del Mose, il sistema di dighe mobili che dovrebbe salvare Venezia dalle acque alte.

Attorno al Mose non hanno funzionato i controlli, un po’ in tutti i settori, a cominciare dalla presidenza del consiglio e dal ministero dei Lavori Pubblici, con tutte le strutture collegate. La frase di Baita conferma sospetti che aleggiano da tempo e tirano in ballo un livello politico alto in quell’assalto alla diligenza che portava miliardi di euro in laguna. Baita ha spiegato che Mazzacurati andava ogni settimana a Roma, per cercare finanziamenti. Chi incontrava? Quali erano i suoi referenti politici? Baita ha fatto solo qualche accenno in aula ai contatti ministeriali di Mazzacurati. Di certo riguardavano il ministero dei Lavori Pubblici (per il progetto) e dell’Economia (per i finanziamenti), come dimostrato da molti verbali d’interrogatorio.

Sul punto è stato parco di parole: “Mazzacurati non ne parlava, sembrava geloso dei suoi contatti”. Ad esempio, l’ingegnere del Consorzio era amico di Gianni Letta, sottosegretario nei governi Berlusconi, ma ha sempre negato di avergli versato denaro, anche se da molti verbali risultano le visite per ottenere un aiuto per il Mose. Infatti, Letta non è mai stato indagato. A differenza dell’ex ministro Matteoli, che si trova sul banco degli imputati per il disinquinamento di Porto Marghera e i lavori concessi alla Socostramo, dell’imprenditore romano Erasmo Cinque. Entrambi sono accusati di corruzione. Baita ha ribadito che la Socostramo incassava gli utili dei lavori e i pm sostengono che quello era il prezzo della corruzione di Matteoli. Quest’ultimo, con una dichiarazione spontanea, ha rintuzzato Baita: “Come ministro dell’Ambiente non mi sono mai occupato di Mose e non ho mai chiesto favori per qualche azienda”.
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