Roberto Helg, arrestato per estorsione il presidente Camera commercio di Palermohttp://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03 ... ne/1471044Bloccato ieri mentre intascava una tangente di 100mila euro da un ristoratore, affittuario di uno spazio dell’aeroporto, che si era rivolto a lui per la proroga del contratto. Operazione dei carabinieri che hanno registrato richiesta e consegna della bustarella. "L'ho fatto per bisogno, ho la casa pignorata" ha detto l'indagato durante l'interrogatorio
di F. Q. | 3 marzo 2015
Chi indagava ha ascoltato la richiesta di estorsione in diretta. Non tra un mafioso e un imprenditore, ma tra il presidente della Camera di commercio di Palermo e il titolare di una pasticceria che aveva bisogno di prorogare il contratto di affitto. Per ottenere questo però l’uomo ha dovuto consegnare una tangente da 100mila euro a Roberto Helg che, a consegna registrata e avvenuta, è stato arrestato. A Helg, vicepresidente della Gesap la società che gestisce l’aeroporto di Palermo, il commerciante si era rivolto proprio come affittuario di uno spazio dell’aeroporto “Falcone e Borsellino”. Gesap è la società pubblica che gestisce l’aeroporto Falcone Borsellino. La Camera di Commercio ne possiede il 22,7%, alle spalle di Provincia (41,3%) e Comune (31,5%). Confcommercio Palermo, dopo una riunione straordinaria, ha espulso Roberto Helg dall’associazione.
Lo scorso 9 febbraio Helg aveva espresso solidarietà ad Antonello Montante, delegato per la legalità di Confindustria indagato per mafia: “Sono vicino al collega Montante e mi auguro che si possa fare chiarezza in brevissimo tempo. Chi si batte per la legalità, come lui, non può attendere a lungo che vengano chiariti i termini di una vicenda come quella che lo riguarda”. Helg aveva partecipato anche eventi contro la corruzione e il racket proponendo anche corsi contro i reati dei colletti bianchi e dei mafiosi. Il ristoratore si era rivolto a Helg per ottenere condizioni favorevoli sulla proroga triennale del contratto d’affitto. E quindi era stata registrata quella che gli investigatori dell’Arma dei carabinieri definiscono “la classica sequenza estorsiva consistente”: l’estorsore che minaccia la difficoltà dell’operazione di rinnovo se non supportata dal suo prezioso intervento e, da parte del commerciante, l’accettazione di sborsare la cifra: non solo la consegna di una somma in contanti di 50.000 euro, ma anche il vincolo di versamento di 10mila al mese con il contestuale rilascio, in funzione di garanzia dell’impegno, di un assegno in bianco del residuo importo di 50.000euro”.
Al sopraggiungere della polizia giudiziaria nella stanza di Helg attorno alle 17 di ieri, il presidente della Camera di commercio aveva già ricevuto e messo in tasca l’assegno; sulla sua scrivania c’era anche una busta con 30mila euro in contanti. Interrogato Helg ha fatto ammissioni sulle quali sono in corso indagini. All’interrogatorio ha partecipato anche procuratore capo Francesco Lo Voi. Il difensore ha già chiesto per il suo assistito, quasi ottantenne e cardiopatico, gli arresti domiciliari.
Helg, che all’inizio dell’interrogatorio ha tentato di negare, ha poi detto agli inquirenti: “L’ho fatto per bisogno, mi hanno pignorato la casa”. Per 40 anni è stato titolare di negozi d’articoli da regalo, attività aperta nel 1974 e fallita nel dicembre 2012.
La sede commerciale più prestigiosa si trovava in via Ruggero Settimo, a Palermo, e chiuse nel 2000; altri negozi, compreso quello del centro Etnapolis di Belpasso, nel Catanese, chiusero negli anni successivi. L’ultimo negozio ad abbassare le saracinesche fu quello di Carini (Palermo), inaugurato nel 2008. La causa del fallimento, spiegò Helg, stava nel drastico calo dei consumi e dai mancati incassi per vendite effettuate all’ingrosso anche all’estero, soprattutto in Tunisia.
Il contratto d’affitto del locale dell’aeroporto era scaduto il 28 febbraio, già da agosto il commerciante aveva chiesto una proroga sulla quale, proprio oggi, si sarebbe dovuto pronunciare il cda della società. Non avendo ricevuto risposta, la vittima ha contattato Helg che, giovedì scorso, gli ha chiesto la mazzetta. La vittima ha chiesto ad Helg un po’ di tempo per recuperare i soldi, ma già il giorno dopo è andato dai carabinieri a raccontare tutto. Imbottito di microspie ieri si è presentato all’appuntamento, alla camera di commercio, e ha consegnato il denaro.
Poco dopo nella stanza sono entrati i carabinieri.
Sull’arresto di Roberto Helg in serata è arrivata la presa di posizione dell’associazione Addiopizzo. “Quanto è accaduto è di inaudita gravità, soprattutto perché riguarda chi ricopre ruoli di rappresentanza del mondo imprenditoriale e produttivo da cui si pretende il buon esempio – è la denuncia – Le estorsioni e qualsiasi genere di imposizione, indipendentemente da chi sono commesse, non sono accettabili e per imprimere una serie e decisa svolta sul fronte del contrasto alla mafia e a ogni forma di illegalità, chi ha ruoli di responsabilità è chiamato a essere coerente con i valori che professa”. Non solo. A sentire il movimento “l’imprenditore che ha avuto il coraggio di denunciare e che è entrato nel 2011 dentro la rete di Addiopizzo, proprio attraverso un accordo con Confcommercio, non può essere assolutamente lasciato solo da nessuno e merita tutto il sostegno perché possa proseguire la sua attività imprenditoriale – è il punto di vista dell’associazione – Infatti, la rivolta nata a Palermo non può arrestarsi ed è necessario che ciascuno, a qualsiasi ruolo e livello, non si sottragga dal fare in maniera seria e concreta la propria parte, per superare ogni forma di illegalità e respingere qualsiasi genere di imposizione mafiosa ed illecita.
Helg, Montante e gli altri: le carriere antimafia finite tra accuse e sospettihttp://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03 ... ia/1474452L'arresto del presidente della Camera di Commercio di Palermo, che denunciava le estorsioni ed è ora accusato di praticarle, riapre in Sicilia la polemica sui "professionisti dell'antimafia". Fava: "Troppe protezioni e impunità". Don Ciotti: "Solo un'etichetta". E l'impegno autentico per la legalità rischia di essere travolto
di Giuseppe Pipitone | 4 marzo 2015
Da anni predicava la necessità di combattere il “pizzo” imposto da Cosa Nostra agli esercenti palermitani, si faceva promotore di iniziative antimafia e ingaggiava rumorose polemiche per sottolineare il coraggio di chi denunciava le estorsioni dei boss. Attività che avevano consentito a Roberto Helg, da quasi dieci anni presidente della Camera di Commercio di Palermo, di entrare di diritto nei ranghi del movimento antimafia: peccato che nel frattempo sia finito in manette per aver chiesto e intascato una tangente da centomila euro da un commerciante che chiedeva il rinnovo dell’affitto di alcuni locali dell’aeroporto del capoluogo.Scalo intitolato a Falcone e Borsellino, simboli della lotta a Cosa Nostra, citati a più riprese nelle iniziative presenziate da Helg. Abbandonato oggi persino dal suo legale, che giudica “incompatibile” questa difesa. Il motivo? L’avvocato Fabio Lanfranca ha scelto da anni di assistere le vittime di estorsione: lo stesso reato denunciato da Helg, ma di cui ora è accusato.
Solo l’ultimo emblema di un pericoloso fenomeno, un cortocircuito paradossale che rischia di polverizzare l’intero fronte della lotta a Cosa Nostra: l’antimafia utilizzata come status, un carrierismo colorato da slogan e iniziative contro la criminalità organizzata che punta solo ad occupare luoghi di potere. “Occorre chiedersi cosa sia diventato oggi il fronte antimafia in Italia e come abbia prodotto e protetto troppe carriere e troppi spazi di impunità” è il commento del vice presidente della Commissione Antimafia Claudio Fava. Gli fa eco il senatore ex M5S Francesco Campanella che sottolinea come oggi “chi gestisce sacche di potere possa farlo ergendosi a paladino e professionista di un’antimafia di facciata”. Un concetto già descritto pochi mesi fa da don Luigi Ciotti: “L’antimafia – diceva il fondatore di Libera – è ormai una carta d’identità, non un fatto di coscienza. Se la eliminassimo, forse sbugiarderemmo quelli che ci hanno costruito sopra una falsa reputazione. L’etichetta di antimafia oggi non aggiunge niente. Anzi”.
E quell’ “anzi” lasciato sospeso richiama immediatamente all’allarme lanciato da Leonardo Sciascia dalle pagine del Corriere della Sera il 10 gennaio del 1987: nell’ormai celebre articolo sui professionisti dell’antimafia, lo scrittore di Racalmuto mise nel mirino gli esempi sbagliati (cioè la nomina di Borsellino a procuratore di Marsala) ma intuì prima di tutti, in tempi non ancora maturi, ciò che oggi è diventato un sistema diffuso. Parole profetiche diventate adesso più che mai attuali. Il primo caso della mafia che si fa antimafia va in scena a Villabate, nei primi anni duemila: l’associazione Addiopizzo era appena nata e Francesco Campanella, presidente del consiglio comunale della cittadina palermitana, ebbe l’idea di creare un osservatorio per la legalità, attribuendo persino un premio a Raoul Bova, interprete sul piccolo schermo del capitano Ultimo, alias Sergio De Caprio, il carabiniere che arrestò Totò Riina. Peccato che Campanella fosse un mafioso (oggi è un collaboratore di giustizia), e che l’idea dell’Osservatorio fosse solo uno stratagemma per confondere le acque: la mafia che si fa antimafia, in quel caso con l’autorizzazione diretta di Bernardo Provenzano.
E più cresceva la coscienza antimafia, con le associazioni antiracket e le denunce pubbliche che si moltiplicavano, più si diffondevano i casi in cui il paravento della legalità veniva utilizzato per fare affari e carriere. Pochi anni dopo l’escamotage di Campanella, all’imprenditore Pino Migliore era arrivato un consiglio: iscriversi ad un’associazione antiracket. Peccato che quell’indicazione provenisse dagli stessi estortori mafiosi del commerciante palermitano. In questo senso il caso di Helg è solo la sintesi estrema. Prima della mazzetta in tasca, prima dell’assegno ottenuto come garanzia dell’estorsione futura, Helg era rimasto alla guida dei commercianti palermitani, nonostante lui stesso non lo fosse più dal 2012, e cioè da quando la catena di negozi di famiglia aveva dichiarato fallimento. Ciò nonostante, l’etichetta di frontman dell’antimafia gli ha garantito la permanenza al vertice di Confcommercio.
È così che il concetto di lotta a Cosa Nostra è diventato passepartout per fare carriera. E poco importa se si tratti di una lotta di plastica, di cartapesta. Appena poche settimane fa era toccato ad un altro leader della lotta al racket messa in campo dagli imprenditori siciliani: Antonello Montante, presidente di Confindustria sull’Isola, delegato per la legalità dell’associazione di viale dell’Astronomia, membro (poi dimessosi) del direttivo dell’Agenzia per i Beni Confiscati. Da volto moderno dell’antimafia rampante Montante è finito trascinato addirittura in un’inchiesta per concorso esterno a Cosa Nostra: ad accusarlo non ci sono prove schiaccianti come per Helg (registrato mentre estorce denaro come un “picciotto” dei boss, qui l’audio), ma i verbali di ben cinque collaboratori di giustizia. Una storia che rimane ancora oggi a metà tra il sospetto di un complotto politico giudiziario (in Sicilia si chiama “mascariamento”) e uno dei più grandi abbagli della storia antimafia recente.
A garantire l’assoluta trasparenza di Montante era stato nel settembre del 2013 il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, intervenendo ad un dibattito a Chianciano Terme, proprio al fianco del presidente degli industriali isolani. “In Sicilia – aveva tuonato il magistrato – è in corso una campagna di delegittimazione della vera antimafia da parte di centri occulti che vogliono screditare chi fa antimafia con i fatti, come Confindustria, Fai e Addiopizzo”. Poi aveva aggiunto: “Questa campagna di delegittimazione, che è anche una strategia della tensione, potrebbe tradursi in attentati e azioni eclatanti”. Oggi Montante è indagato proprio a Caltanissetta, la procura di Lari, che se è rifugiato nel no comment.
E se da Castelvetrano Giuseppe Cimarosa, cugino di secondo grado di Matteo Messina Denaro, annuncia la sua battaglia contro Cosa Nostra, ( e suo padre Lorenzo è considerato soltanto al momento un dichiarante), non ha ancora dato segni effettivi la presunta Rivoluzione di Rosario Crocetta, primo presidente di Sicilia dichiaratamente antimafioso, dopo che i suoi predecessori Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo sono finiti entrambi condannati per fatti di mafia. “La storia di Helg non ci riguarda, ma non possiamo tacere di fronte al fatto che in tanti, troppi, pensano che è venuto il momento di chiudere l’impegno antimafia, la denuncia della corruzione e che sia arrivato il tempo di una riappacificazione generale” tuona il governatore, che sembra fare dei precisi riferimenti che vanno oltre all’arresto di Helg. È noto come Crocetta abbia messo la lotta a Cosa Nostra e la battaglia per la legalità tra i primi punti del suo programma di governo: fino ad oggi non è stato sfiorato da nessuna indagine penale, ma dal Tar (sul caso Muos), fino alla Corte dei Conti ha ricevuto pesantissimi richiami a livello amministrativo. Come dire che la legalità non si annida solo nel condannare l’associazione criminale denominata Cosa Nostra. È il caso di Helg, nemico degli estortori mafiosi ed estortore freelance allo stesso tempo, secondo l’accusa. “Se un soggetto del genere parla di contrasto alla corruzione e poi viene arrestato per lo stesso reato il rischio vero è che si mette in discussione anche la battaglia oltre alle sue parole” dice oggi Raffaele Cantone, il magistrato campano che guida l’Anticorruzione.
All’orizzonte dunque sembra spuntare il pericolo maggiore, e cioè che l’utilizzo spregiudicato del brand antimafia distrugga alla fine l’unico, vero concetto di opposizione a Cosa Nostra: quello che passa dalle scuole, dalle iniziative culturali, dalle denunce serie, che non fa affari e non fa carriere. Ma la cui credibilità è minata oggi dai professionisti dell’anti-antimafia: ovvero gli utilizzatori di slogan contro Cosa Nostra per fini privati, che alla fine depotenziano la vera lotta contro la piovra e le sue connivenze. Una perversa evoluzione dell’allarme lanciato da Sciascia che solo sull’Isola dei paradossi poteva vedere la luce. E d’altra parte la Sicilia rimane sempre una Regione dove, parafrasando Enrico Deaglio, chi si ferma alla quarta versione dei fatti è un superficiale.