Esperienza mistica dell'autoctonia - Heimat
Inviato: sab feb 13, 2016 2:05 pm
Wieviel Heimat?
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 103&t=2214
Ein Fremder hat immer
Seine Heimat im Arm
Wie eine Waise
Für die er vielleicht nichts
Als ein Grab sucht
Nelly Sachs
https://www.fabula.org/colloques/document1987.php
https://www.inventati.org/apm/abolizionismo/amery/xamery.pdf
Di quanta patria ha bisogno un uomo?
Si chiede Améry in uno dei capitoli più dolorosi del suo libro Intellettuale ad Auschwitz:
" Perché l'uomo ha bisogno di Heimat. Di quanta? E' una domanda fasulla, s'intende, utile solo a intitolare un capitolo e forse nemmeno la più indovinata. Il bisogno di Heimat dell'uomo non è quantificabile. (...) Pensiamo a Nietzsche, alle sue cornacchie che gridano e tra un frullo d'ali a stormo volano alla città, e alla neve invernale che minaccia il solitario. Weh dem, der keine Heimat hat!, dice la poesia. Non si vuole apparire troppo esaltati, e si rimuovono le reminiscenze liriche. Resta la più banale delle constatazioni : non è bene non avere una Heimat." J.Améry,cit.p.109
Parole : Heimweh è la nostalgia, Heimat è la patria ma è diversa dal concetto di Vaterland. Sprache è la lingua.
Améry ha cercato di ricostruire e comprendere che cosa abbia significato per loro, esuli dal Terzo Reich, la perdita della Heimat e della Sprache, la lingua madre.
Cosa intende l'autore per Heimat?
" La Heimat è sicurezza. Nella Heimat dominiamo perfettamente la dialettica fra il conoscere e il riconoscere, fra attesa fiduciosa e attesa assoluta: poiché la conosciamo, la riconosciamo e ci fidiamo a parlare e ad agire, perché possiamo avere ragionevolmente fiducia nella nostra capacità di conoscenza-riconoscimento. Il campo semantico dei termini affini ( fedele,fidarsi,fiducia, affidare, confidenziale,fiducioso) si riallaccia alla sfera psicologica del 'sentirsi sicuri'. (...) Vivere nella Heimat significa che quanto è a noi noto torna a riproporsi con varianti minime. E' una condizione che , se si conosce solo il proprio luogo d'origine, può condurre all'imbarbarimento, all'avvizzimento nel provincialismo, Ma se non si ha una Heimat si è vittime della mancanza di ordine, di turbamenti, della dispersione.".
E' pur vero, dice l'autore, che ci si può ricreare una Heimat anche in esilio, trovare una nuova patria, ma per chi vi giunge in età adulta la decifrazione dei segni nel paese straniero risulterà sempre un 'atto intellettuale' e non spontaneo come avviene per i " segnali che abbiamo recepito molto presto, che abbiamo imparato a interpretare mentre prendevamo possesso del mondo esterno ( che ) divengono elementi costitutivi e costanti della nostra personalità : come si apprende la lingua madre senza conoscerne la grammatica così si sperimenta l'ambiente patrio. Lingua madre e ambiente patrio crescono insieme a noi, crescono in noi e si trasformano così in quella confidenza che ci garantisce la sicurezza."
Amery, cit.pp.90-2
Améry ritorna spesso nelle citazioni di autori che hanno affrontato lo sterminato settore di quella che viene chiamata ( con un brutto termine) la 'letteratura concentrazionaria', cioè di tutti coloro che si sono occupati della Shoah. Améry come Bettelheim, Levi e i molti altri sconosciuti ,è un testimone di prima mano dell'esperienza del lager e tutti e tre sono morti suicidi. Della morte di Primo Levi non ho mai accettato la versione fornita dai giornali- io credo che si sia semplicemente sporto troppo dalla scalinata che conduceva all'appartamento dell'anziana madre, malata. Era anche lui stanco e malato e ormai anziano e forse è stato preso da vertigini. Quando, per motivi di lavoro ( è stato direttore di una fabbrica di vernici) si incontrava con dei clienti tedeschi, si scusava per il suo tedesco rozzo, poco educato - d'altra parte diceva di averlo imparato ad Auschwitz, dove fressen indicava l'atto del mangiare dei detenuti ( e degli animali). Conoscere un po' di tedesco per averlo incontrato nei testi universitari, diceva gli aveva salvato la vita nel lager, dove capire il proprio numero tatuato sul braccio era di vitale importanza nel campo, dal momento che non si aveva più un nome ma si era diventati un numero. Capire un ordine poteva decidere della vita o della morte di una persona.
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... a-1870.jpg
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 103&t=2214
Ein Fremder hat immer
Seine Heimat im Arm
Wie eine Waise
Für die er vielleicht nichts
Als ein Grab sucht
Nelly Sachs
https://www.fabula.org/colloques/document1987.php
https://www.inventati.org/apm/abolizionismo/amery/xamery.pdf
Di quanta patria ha bisogno un uomo?
Si chiede Améry in uno dei capitoli più dolorosi del suo libro Intellettuale ad Auschwitz:
" Perché l'uomo ha bisogno di Heimat. Di quanta? E' una domanda fasulla, s'intende, utile solo a intitolare un capitolo e forse nemmeno la più indovinata. Il bisogno di Heimat dell'uomo non è quantificabile. (...) Pensiamo a Nietzsche, alle sue cornacchie che gridano e tra un frullo d'ali a stormo volano alla città, e alla neve invernale che minaccia il solitario. Weh dem, der keine Heimat hat!, dice la poesia. Non si vuole apparire troppo esaltati, e si rimuovono le reminiscenze liriche. Resta la più banale delle constatazioni : non è bene non avere una Heimat." J.Améry,cit.p.109
Parole : Heimweh è la nostalgia, Heimat è la patria ma è diversa dal concetto di Vaterland. Sprache è la lingua.
Améry ha cercato di ricostruire e comprendere che cosa abbia significato per loro, esuli dal Terzo Reich, la perdita della Heimat e della Sprache, la lingua madre.
Cosa intende l'autore per Heimat?
" La Heimat è sicurezza. Nella Heimat dominiamo perfettamente la dialettica fra il conoscere e il riconoscere, fra attesa fiduciosa e attesa assoluta: poiché la conosciamo, la riconosciamo e ci fidiamo a parlare e ad agire, perché possiamo avere ragionevolmente fiducia nella nostra capacità di conoscenza-riconoscimento. Il campo semantico dei termini affini ( fedele,fidarsi,fiducia, affidare, confidenziale,fiducioso) si riallaccia alla sfera psicologica del 'sentirsi sicuri'. (...) Vivere nella Heimat significa che quanto è a noi noto torna a riproporsi con varianti minime. E' una condizione che , se si conosce solo il proprio luogo d'origine, può condurre all'imbarbarimento, all'avvizzimento nel provincialismo, Ma se non si ha una Heimat si è vittime della mancanza di ordine, di turbamenti, della dispersione.".
E' pur vero, dice l'autore, che ci si può ricreare una Heimat anche in esilio, trovare una nuova patria, ma per chi vi giunge in età adulta la decifrazione dei segni nel paese straniero risulterà sempre un 'atto intellettuale' e non spontaneo come avviene per i " segnali che abbiamo recepito molto presto, che abbiamo imparato a interpretare mentre prendevamo possesso del mondo esterno ( che ) divengono elementi costitutivi e costanti della nostra personalità : come si apprende la lingua madre senza conoscerne la grammatica così si sperimenta l'ambiente patrio. Lingua madre e ambiente patrio crescono insieme a noi, crescono in noi e si trasformano così in quella confidenza che ci garantisce la sicurezza."
Amery, cit.pp.90-2
Améry ritorna spesso nelle citazioni di autori che hanno affrontato lo sterminato settore di quella che viene chiamata ( con un brutto termine) la 'letteratura concentrazionaria', cioè di tutti coloro che si sono occupati della Shoah. Améry come Bettelheim, Levi e i molti altri sconosciuti ,è un testimone di prima mano dell'esperienza del lager e tutti e tre sono morti suicidi. Della morte di Primo Levi non ho mai accettato la versione fornita dai giornali- io credo che si sia semplicemente sporto troppo dalla scalinata che conduceva all'appartamento dell'anziana madre, malata. Era anche lui stanco e malato e ormai anziano e forse è stato preso da vertigini. Quando, per motivi di lavoro ( è stato direttore di una fabbrica di vernici) si incontrava con dei clienti tedeschi, si scusava per il suo tedesco rozzo, poco educato - d'altra parte diceva di averlo imparato ad Auschwitz, dove fressen indicava l'atto del mangiare dei detenuti ( e degli animali). Conoscere un po' di tedesco per averlo incontrato nei testi universitari, diceva gli aveva salvato la vita nel lager, dove capire il proprio numero tatuato sul braccio era di vitale importanza nel campo, dal momento che non si aveva più un nome ma si era diventati un numero. Capire un ordine poteva decidere della vita o della morte di una persona.
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